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SOLA SCRIPTURA "Nella vanità delle loro menti" di John Whiteford

Ultimo Aggiornamento: 18/11/2008 20:24
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18/11/2008 20:21

La ragione stessa della nascita di un movimento protestante era la protesta contro gli abusi papali, ma prima della rottura dell’Occidente romano dall’Oriente ortodosso questi abusi non esistevano. Molti teologi protestanti moderni hanno recentemente preso a rivedere questo primo millennio di cristianità indivisa, e stanno iniziando a riscoprire il grande tesoro che l’Occidente ha perduto (e non pochi stanno diventando ortodossi come risultato). [19]

Ovviamente, solo una di queste tre dichiarazioni può essere vera: o (1) non esiste alcuna corretta Tradizione e le porte dell’inferno hanno prreviewso sulla Chiesa, e perciò sia i Vangeli che il Credo di Nicea sono in errore; o (2) la vera fede si trova nel papismo, con i suoi dogmi sempre crescenti e mutevoli emanati dall’infallibile "vicario di Cristo;" o (3) la Chiesa ortodossa è la Chiesa fondata da Cristo e ha mantenuto fedelmente la Tradizione apostolica. E così la scelta per i protestanti è chiara: il relativismo, il Romanismo, o l’Ortodossia.

La maggior parte dei protestanti, siccome la loro base teologica della Sola Scriptura può produrre solo disunione e litigi, ha abbandonato da lungo tempo l’idea della vera unità cristiana, e ha considerato come ipotesi ridicola l’esistenza di un’unica Fede. Di fronte ad affermazioni tanto forti sull’unità della Chiesa come quella sopra citata, reagiscono spesso con orrore, sostenendo che tali attitudini sono contrarie all’amore cristiano. Trovandosi privi di una vera unità si sono sforzati di crearne una falsa, sviluppando la filosofia relativistica dell’ecumenismo, in cui la sola fede da condannare è quella che avanza pretese esclusive alla Verità. Però questo non è l’amore della Chiesa storica, ma sentimentalismo umanistico. L’amore è l’essenza della Chiesa. Cristo non venne a mettere le basi di una nuova scuola di pensiero, ma piuttosto disse Egli stesso di essere venuto a edificare la sua Chiesa, contro la quale le porte dell’inferno non prevarranno (Matteo 16:17). Questa nuova comunità della Chiesa creava "un’unità organica, piuttosto che un’unificazione meccanica di persone internamente divise." [20] Quest’unità è possibile solo tramite la nuova vita portata dallo Spirito Santo, e misticamente sperimentata nella vita della Chiesa.

La fede cristiana unisce il fedele a Cristo, componendo così un corpo armonioso da individui separati. Cristo costituisce il corpo comunicandosi a ogni membro e donando loro lo Spirito della Grazia in un modo efficace e tangibile.... Se il legame con il corpo della Chiesa viene reciso, allora la personalità che viene in tal modo isolata e racchiusa nel proprio egoismo sarà privata della benefica e abbondante influenza dello Spirito Santo che dimora nella Chiesa. [21]

La Chiesa è una poiché è il Corpo di Cristo, ed è un’impossibilità ontologica che si possa dividere. La Chiesa è una, così come Cristo e il Padre sono uno. Anche se questo concetto di unità può sembrare incredibile, così non sembra a quanti sono andati al di là del concetto e sono entrati nella sua realtà. Anche se questa può essere una di quelle "parole dure" che non tanti sanno accettare, è una realtà nella Chiesa ortodossa, per quanto richieda a tutti molto diniego di sé, umiltà e amore. [22]



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La nostra fede nell’unità della Chiesa ha due aspetti: è un’unità al tempo stesso storica e presente. ciò significa che quando gli Apostoli, per esempio, lasciarono questa vita, non lasciarono l’unità della Chiesa. Essi sono parte della Chiesa ora tanto quanto lo erano quando vi erano presenti nella carne. Quando celebriamo l’Eucaristia in qualsiasi Chiesa locale, non la celebriamo da soli, ma con l’intera Chiesa, sia in terra che in cielo. I Santi del cielo ci sono perfino più vicini di coloro che possiamo vedere e toccare. Così, nella Chiesa Ortodossa non abbiamo come insegnanti solo quelle persone che Dio ci ha messo accanto nella carne, ma tutti gli insegnanti della Chiesa in cielo e in terra. Siamo oggi alla scuola di San Giovanni Crisostomo allo stesso modo che a quella del nostro vescovo. Tutto ciò fa sì che il nostro approccio alla Scrittura non sia di interpretazione privata (II Pietro 1:20), ma come Chiesa. Questo approccio alla Scrittura ebbe la sua definizione classica per mano di San Vincenzo di Lerino:

"Qui, forse, qualcuno può chiedere: Poiché il canone della Scrittura è completo e più che sufficiente in sé, perché è necessario aggiungervi l’autorità dell’interpretazione ecclesiastica? Di fatto, [dobbiamo rispondere,] la Sacra Scrittura, a causa della sua profondità, non è universalmente accettata nello stesso senso. Lo stesso testo è interpretato in modo differente da persone differenti, cosicché può quasi venire l’impressione che vi siano tante interpretazioni diverse quanti sono gli uomini.... Così, è a causa delle molte e grandi distorsioni causate da vari errori, che è invero necessario che l’interpretazione degli scritti profetici e apostolici sia diretta in accordo con la regola del significato ecclesiastico e cattolico.

Nella stessa Chiesa Cattolica, bisogna preoccuparsi con ogni cura di mantenere ciò che è stato creduto sempre, ovunque e da tutti. Ciò è veramente e propriamente 'cattolico,' come indicano la forza e l'etimologia del nome stesso, che comprende tutto ciò che è veramente universale. Questa regola generale verrà realmente applicata se seguiamo i principi di universalità, antichità e consenso. Seguiamo il principio di universalità se confessiamo vera solo quella fede che l’intera Chiesa confessa in tutto il mondo. Seguiamo il principio di antichità se non deviamo in alcun modo da quelle interpretazioni che i nostri antenati e padri hanno manifestamente dichiarato inviolabili. Seguiamo il principio di consenso se, in questa stessa antichità, adottiamo le definizioni e proposte di tutti, o quasi tutti, i vescovi." [23]

In questo approccio alle Scritture, non è compito dell’individuo sforzarsi di essere originale, ma piuttosto di comprendere quanto è già presente nelle tradizioni della Chiesa. Noi siamo obbligati a non andare al di là dei limiti posti dai Padri della Chiesa, ma a tramandare fedelmente la tradizione che abbiamo ricevuto. Fare ciò richiede molto studio e pensiero, ma ancor più, se vogliamo davvero comprendere le Scritture, dobbiamo entrare profondamente nella vita mistica della Chiesa. Ecco perché, quando Sant’Agostino spiega come si dovrebbero interpretare le Scritture [La Dottrina Cristiana, Libri i-iv], passa più tempo a parlare del tipo di persona che ci vuole per studiare la Scrittura, che sulla conoscenza intellettuale che questa persona dovrebbe possedere: [24]

1. Uno che ama Dio con tutto il suo cuore, e che è privo di orgoglio,

2. Che è motivato alla ricerca della conoscenza della volontà di Dio da fede e riverenza, piuttosto che da orgoglio o avidità,

3. Che ha un cuore soggiogato dalla pietà, una mente purificata, e morta al mondo; e che non teme gli uomini, né cerca di compiacerli,

4. Che non cerca altro che conoscenza e unione con Cristo,

5. Che ha fame e sete di giustizia,

6. E che si adopera con diligenza in opere di misericordia e di amore.

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18/11/2008 20:23

Con requisiti così alti, dovremmo tanto più umilmente appoggiarci alla guida dei santi Padri che hanno evidenziato tali virtù, e non deluderci pensando di essere più capaci di loro in un’acuta interpretazione della Santa Parola di Dio.

Ma che fare dell’opera degli studiosi biblici protestanti? Finché ci aiuta a comprendere il contesto storico e il significato dei punti oscuri, in questo è in linea con la Santa Tradizione e può essere usata.

Come dice San Gregorio Nazianzeno quando parla di letteratura pagana: "Così come abbiamo preparato medicine salutari dal veleno di certi rettili, così abbiamo ricevuto dalla letteratura secolare i principi di ricerca e di ragionamento, mentre ne abbiamo respinto l’idolatria..." [25] Così, finché evitiamo di adorare i falsi dei dell’individualismo, della modernità e della vanagloria accademica, e finché riconosciamo gli assunti che vengono utilizzati in tale lavoro e usiamo ciò che davvero getta luce storica o linguistica sulle Scritture, allora comprenderemo la Tradizione in modo più completo. Ma fintanto che gli studiosi protestanti fanno speculazioni al di là dei testi canonici, e proiettano idee estranee sulle Scritture, obiettando alla Santa Tradizione, la fede del "sempre e ovunque" della Chiesa, essi si sbagliano.

Se i protestanti dovessero ritenere ciò arrogante o ingenuo, che considerino dapprima l’arroganza e l’ingenuità di quegli studiosi che pensano di essere qualificati a trascurare (o più solitamente, a ignorare del tutto) due millenni di insegnamento cristiano. Forse l’acquisizione di un dottorato biblico offre una sapienza dei misteri di Dio superiore a quella di milioni su milioni di fedeli credenti e Padri e Madri della Chiesa che servirono Dio con fede, sopportando orribili torture e martirio, derisione e prigioni, per la fede? Il cristianesimo si apprende nella tranquillità dello studio personale, o portando la croce sulla quale si sarà uccisi? L’arroganza sta in quanti, senza prendere neppure il tempo di imparare che cosa sia davvero la Santa Tradizione, decidono di saperne di più, ora che è finalmente arrivato qualcuno che ha rettamente compreso ciò che vogliono davvero dire le Scritture.


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18/11/2008 20:24

CONCLUSIONE


Le Sacre Scritture sono forse il vertice della Santa Tradizione della Chiesa, ma la grandezza delle vette a cui le Scritture ascendono è dovuta alla grande montagna su cui risiedono. Tolta dal suo contesto entro la Santa Tradizione, la solida roccia della Scrittura diviene una mera palla di creta, che può essere modellata in qualsiasi forma desiderino i suoi manipolatori. Abusare delle Scritture e distorcerle non è un modo di onorarle, anche se ciò è fatto con l'intento di esaltarne l'autorità. Dobbiamo leggere la Bibbia; è la santa Parola di Dio. Ma per comprendere il suo messaggio, sediamoci umilmente ai piedi dei santi che si sono mostrati "facitori della Parola e non uditori soltanto" (Giacomo 1:22), e sono stati provati per le loro vite come degni interpreti delle Scritture. Andiamo da coloro che conobbero gli Apostoli, come i Santi Ignazio di Antiochia e Policarpo, se abbiamo una domanda sugli scritti degli Apostoli. Ascoltiamo dalla Chiesa, e non cadiamo nell'arroganza dell'auto-delusione.

NOTE

1. George Mastrantonis, trad., Augsburg and Constantinople: the Correspondence between the Tubingen Theologians and Patriarch Jeremiah II of Constantinople on the Augsburg Confession (Brookline, Mass.: Holy Cross Orthodox Press, 1982), 114.

2.The Illustrated Bible Dictionary, vol. 2 (Wheaton: Tyndale House Publishers, 1980), "Jannes and Jambres," di A. F. Walls, 733 -734.

3. Invero questa lista non intendeva nemmeno comprendere tutti i libri che la Chiesa ha mantenuto dall’antichità, considerandoli parte della più ampia Tradizione. Per esempio, il libro di Enoch, anche se è citato nei libri canonici, non fu incluso esso stesso nel canone. Non pretenderò di sapere il perché, ma per qualche ragione la Chiesa ha scelto di conservare questo libro, eppure non lo ha assegnato a essere letto in chiesa, né lo ha posto a fianco dei libri canonici.

4. Per esempio, non c’è alcun passo in cui si parli in dettaglio della questione dell’inerranza delle Scritture, precisamente perché questa non era una questione disputata. Oggi, col sorgere dello scetticismo religioso, di questo si discute molto, e se l’epistola fosse scritta oggi, si parlerebbe di sicuro di questo argomento da qualche parte. Sarebbe sciocco concludere che, dato che non se ne parla specificamente, allora i primi cristiani non pensavano che l’inerranza delle Scritture fosse importante, o che non vi credevano.

5. Alexander Schmemann, Introduction to Liturgical Theology (Crestwood NY: St Vladimir's Seminary Press, 1986), 51 n.

6. E di fatto, questo è ciò che ha fatto il mondo accademico protestante. Anche se il protestantesimo fu fondato sulla base della credenza che la Bibbia sia l’unica autorità di fede e pratica, il moderno mondo accademico protestante è ora dominato da modernisti che non credono più nell’ispirazione o inerranza delle Scritture. Ora essi si sentoono al di sopra della Bibbia e scelgono di usarne solo quelle parti che ritengono adatte, scartando il resto come " mitologia primitiva e leggende." La sola autorità che ancora riconoscono sono se stessi.

7. I valdesi erano una setta fondata nel dodicesimo secolo da Pietro Valdo, e che in alcuni modi anticipava la Riforma protestante. A causa di persecuzioni da parte della Chiesa cattolica romana, questa setta sopravvisse soprattutto nelle aree di montagna dell’Italia nord-occidentale. Con l’avvento della Riforma protestante, i valdesi entrarono sotto l’influenza del movimento della riforma, ed essenzialmente vi si allearono. Molti tra i primi storici protestanti sostennero che i valdesi rappresentavano un resto dei "veri" cristiani esistiti fin da prima di Costantino. Anche se oggi nessuno storico credibile farebbe una simile asserzione senza prove, molti fondamentalisti e sette come i testimoni di Geova continuano a vantare una discendenza dalla chiesa primitiva attraverso i valdesi - nonostante il fatto che i valdesi esistono ancora oggi, e che certamente non riconoscono come propria discendenza i testimoni di Geova.

8. Mastrantonis, 115.

9. Ibid., 198.

10. Ibid., 115.

11. Il temine 'positivismo' viene dal francese positif, vale a dire 'sicuro,' o 'certo.' Questo termine fu usato per la prima volta da Auguste Comte. I sistemi positivisti sono costruiti sull'assunto che qualche fatto o istituzione sia la base ultima della conoscenza - nella filosofia di Comte, l'esperienza o la percezione sensoriale costituiva tale base, e pertanto egli fu il precursore dell'empirismo moderno [Cfr. Encyclopaedia of Religion and Ethics, 1914 ed., s.v. "Positivism," di S.H. Swinny; e Wolfhart Pannenburg, Theology and Philosophy of Science, trad. Francis McDonagh (Philadelphia: Westminster Press, 1976), p. 29].

12. Per esempio, un metodo per determinare la realtà degli eventi passati, tra gli studiosi di indirizzo empirico, è il principio di analogia. Poiché la conoscenza è basata sull'esperienza, allora il modo in cui uno capisce ciò che non gli è familiare è di metterlo in relazione a ciò che gli è familiare. Sotto la maschera di analisi storica essi giudicano la probabilità di un presunto evento passato (e.g. la risurrezione di Gesù) basandola su ciò che sappiamo avere luogo nella nostra esperienza. E poiché questi storici non hanno mai osservato alcunché che siano disposti a considerare soprannaturale, allora determinano che quando la Bibbia parla di un evento miracoloso, sta soltanto narrando un mito o una leggenda. Ma poiché per l'empirista un 'miracolo' comporta una violazione di una legge naturale, allora non possono esistere miracoli (per definizione) poiché le leggi naturali sono determinate dalla nostra osservazione di quanto sperimentiamo; pertanto, se tale empirista fosse coinvolto nella moderna analogia di un miracolo, quensto non sarebbe più considerato un miracolo, poiché non costituirebbe più una violazione della legge naturale. E così gli empiristi non producono risultati che negano la realtà trascendente o i miracoli; sono piuttosto i loro presupposti, fin dal principio, a negare la possibilità di tali cose. [cfr. G. E. Michalson, Jr., "Pannenburg on the Resurrection and Historical Method," Scottish Journal of Theology 33 (April 1980): 345-359.]

13. Rev. Robert T. Osborn, "Faith as Personal Knowledge," Scottish Journal of Theology 28 (February 1975): 101-126.

14. Gerhard Hasel, Old Testament Theology: Basic Issues in the Current Debate (Grand Rapids: Eerdman's Publishing Company, 1982), p. 9.

15. Ibid., p. 7.

16. Ho discusso il Protestantesimo liberale solo per dimostrare la fallacia dell'esegesi "storica". Un cristiano ortodosso verrà molto più facilmente a confronto con un fondamentalista conservatore o un pentecostale, per il semplice motivo che questi prendono la loro fede abbastanza sul serio da cercare di convertire a essa altre persone. Le denominazioni protestanti liberali hanno già abbastanza da fare per cercare di conservare i propri fedeli, e non brillano per zelo di evangelismo.

17. Per una critica più profonda degli eccessi del metodo storico-critico, cfr. Thomas Oden, Agenda for Theology: After Modernity What? (Grand Rapids: Zondervan, 1990) pp 103-147.

18. Cleveland Coxe, trans., Ante-Nicene Fathers, vol. i, The Apostolic Fathers with Justin Martyr and Irenaeus (Grand Rapids: Eerdmans Publishing Company, 1989), p 315.

19. Di fatto una recente opera di teologia sistematica in tre volumi, di Thomas Oden, è basata sul presupposto che il "consenso ecumenico" del primo millennio debba essere normativo per la teologia [cfr. The Living God: Systematic Theology Volume One, (New York: Harper & Row, 1987), pp ix & xiv.]. Se solo Oden porta la propria metodologia alle sue logiche conseguenze, anche lui diventerà ortodosso.

20. Santo neo-martire Arcivescovo Hilarion (Troitsky), Christianity or the Church? (Jordanville: Holy Trinity Monastery, 1985), p. 11.

21. Ibid., p. 16.

22. Ibid., p. 40.

23. "In ipsa item Catholica Ecclesia magnopere curandum est ut id teneamus quod semper, quod ubique, quod ab omnibs creditum est. Hoc est etenim vere proprieque catholicum, quod ipsa vis nominis ratioque declarat, quae omnia fere universaliter comprehendit. Sed hoc ita demum fiet, si sequamur universitatem, antiquitatem, consensionem. Sequemur autem universitatem hoc modo, si hanc unam fidem vera esse fateamur quam tota per orbem terrarum confitetur Ecclesia; antiquitatem vero ita, si ab his sensibus nullatenus recedamus quos sanctos majores ac patres nostros celebrasse manifestum est; consensionem quoque itidem si, in ipsa vetustate, omnium vel certe pene omnium sacerdotum pariter et magistrorum definitiones sententiasque sectemur." San Vincenzo di Lerino, trad. Rudolph Morris, The Fathers of the Church vol.7, (Washington D.C.: Catholic University of America Press, 1949), pp. 269-271.

24. Sant'Agostino, "Sulla dottrina cristiana," A Selected Library of the Nicene and Post-Nicene Fathers. series 1, vol. ii, eds. Henry Wace and Philip Schaff, (New York: Christian, 1887-1900), pp. 534-537.

25. San Gregorio Nazianzeno, "Orazione 43, panegirico su San Basilio," A Selected Library of the Nicene and Post-Nicene Fathers of the Christian Church, series 2, vol. vii, eds. Henry Wace and Philip Schaff (New York: Christian, 18871900), p. 398n.


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