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Maria immagine e primizia della Chiesa

Ultimo Aggiornamento: 05/06/2009 20:44
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Maria Sempre Vergine

"Nato dalla Vergine Maria": questa formula del Credo ha un fondamento biblico.
I due racconti dell'infanzia di Gesù, in Matteo ( cf. 1,18-25) e Luca ( cf. l, 26-38) giustificano questa affermazione. Secondo il racconto dell'Annunciazione in Luca, Maria chiede all'angelo che le annuncia l'incarnazione dell'Emanuele nel suo seno: "Come è possibile? non conosco uomo." (Lc 1,34) Ciò indica bene come non sia sposata.
La risposta dell'angelo spiega la concezione di Gesù Cristo in Maria come un'azione creatrice straordinaria dello Spirito di Dio: "Nulla è impossibile a Dio"(Lc 1,37). Il racconto di Matteo è ancora più chiaro.

In sogno, un angelo spiega a Giuseppe, il fidanzato di Maria, come questa diventerà madre: "Quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo" (Mt 1,20). Matteo vede in ciò il compimento della promessa dell' Antico Testamento, che cita secondo una traduzione greca: " la vergine concepirà e partorirà un figlio" (Is 7,14).

Benché chiaramente fondata , la fede nella nascita verginale di Gesù in questi due testi , solleva oggi numerose difficoltà, dovute al fatto che si interpretano i testi biblici applicando loro senza discernimento i metodi della critica storica moderna. Presentiamo qui tre difficoltà. 1.I racconti di Matteo e Luca non sono dei racconti storici nel senso attuale del termine. Non sono però, da scartare come leggende senza fondamento storico; vanno compresi come racconti edificanti (haggada che attualizzano la tradizione del vecchio Testamento alla luce del suo compimento nel Nuovo).
L'avvenimento e la sua interpretazione teologica, il racconto e la professione di fede sono qui mischiati indissolubilmente. Questi racconti contengono un nocciolo storico. Tuttavia, non vi si deve cercare anzitutto il fatto storico, ma le affermazioni di fede. Perciò ci si è chiesto se il tema della nascita verginale era semplicemente un modo di enunciare una verità di fede, o faceva lui stesso parte dell'enunciato di fede. 2.

Ci sono scritti del Nuovo Testamento, particolarmente le epistole di san Paolo che, a differenza di Matteo e Luca, non parlano della nascita verginale di Gesù. Nei vangeli, Gesù è, talvolta, chiamato "figlio di Giuseppe" ( cf. Mt 13,55; Il 4,22; Jn 1,45; 6,42); o anche si parla dei "genitori di Gesù" al plurale. ( cf. Lc 2,27.41.43.48). La nascita verginale potrebbe apparire allora come una tradizione particolare o relativamente tardiva. Se tutte le tradizioni del Nuovo Testamento non conoscono la nascita verginale di Gesù, la fede in Cristo non potrebbe, oggi, ugualmente esprimersi senza farne riferimento? 3.

In Matteo e Luca, la nascita verginale si situa nel prolungamento di una tradizione più vasta. Il Vecchio Testamento riporta tutta una serie di nascite miracolose a proposito delle grandi figure della storia d'Israele: Isacco, Sansone, Samuele e finalmente Giovanni Battista. Questa tradizione è ripresa ed allo stesso tempo superata con il racconto della nascita verginale; Gesù è così presentato come il compimento del Vecchio Testamento.
Certi ricercatori hanno fatto, peraltro, dei confronti ellenistici o egiziani. Il tema della nascita verginale non è un procedimento letterario più o meno corrente all'epoca, che potrebbe essere compreso come un semplice modo di esporre una verità di fede? Non possiamo qui che abbozzare la risposta a queste domande. Abbiamo indicato già che la forma letteraria dei vangeli dell'infanzia non permette di concludere alla non storicità dei fatti che rievocano. Il loro genere letterario non esclude per niente una comprensione obiettiva, e non c'è dubbio che i loro autori volessero riportare fatti obiettivi. L'argomento che, nella loro forma attuale, questi testi non appartengono ai più vecchi strati redazionali dei vangeli, non è determinante.

La veracità di un racconto non è difatti, necessariamente in funzione della sua anzianità. Del resto, questi testi, così come risulta dal loro linguaggio a forte colorazione semitica, riprendono loro stessi una tradizione molto più vecchia che risale ai primi anni del cristianesimo palestinese. La loro credibilità si trova irrobustita ancora dal fatto che Matteo e Luca attestano indipendentemente l'uno dall'altro questa stessa tradizione. Peraltro, il fatto che Gesù, in parecchi passaggi del Nuovo Testamento, sia chiamato "figlio di Giuseppe", non è un'obiezione decisiva. Difatti, secondo il diritto ebraico, i figli adottati portavano anche il nome del padre. Resta l'argomento tirato della storia delle religioni. L'ipotesi dell'influenza di tradizioni ellenistiche o egiziane non resiste ad un esame approfondito.

Ci sono molte leggende imparentate, ma non dei confronti reali. Queste analogie non implicano una genealogia. Cosa diversa quando si parla delle corrispondenze tra i racconti evangelici e quelli del Vecchio Testamento che sono di un'importanza capitale. Ma il Nuovo Testamento non si accontenta di ripetere il vecchio; lo supera compiendolo. Si discute la questione di sapere se, nel testo ebraico originale, Isaia (7,14) parla esplicitamente di una "vergine", come l'hanno compreso la versione greca dei Settanta ed i Padri della Chiesa, o semplicemente di una ragazza in età di sposarsi, come lo pensano la maggior parte degli esegeti attuali. Comunque sia, Isaia annuncia una nascita che segna una nuova tappa nelle relazioni tra Dio e il suo popolo, e che, per il suo carattere inatteso, costituisce un segno per la fede. Questo miracolo, il Nuovo Testamento lo vede realizzato nella nascita verginale di Gesù.
 
L'insegnamento della chiesa non afferma solamente la nascita verginale di Gesù. Il quinto concilio ecumenico, riunito a Costantinopoli nel 553, ha proclamato il dogma della verginità perpetua di Maria. Maria è restata non solo vergine prima, ma anche durante e dopo la nascita di Gesù. (cf. DS 422; 427; 437; FC 318; 322; 330). Lutero che affermava fermamente questa dottrina (Articoli di Smalkalda) non è seguito su questo punto dalla maggior parte dagli esegeti protestanti attuali. Questi rinviano ai passaggi della scrittura che parlano di fratelli e di sorelle di Gesù, (cf. Io 6,3; Mt 27,56; l Co 9,5) e che indicano particolarmente che Giacomo di Gerusalemme era il "fratello del Signore" ( cf. Ga 1,19).

Gli esegeti cattolici hanno replicato che bisogna interpretare queste espressioni conformemente al linguaggio dell'epoca e comprendere che designavano i parenti stretti di Gesù, per esempio cugini e cugine. Da tutto ciò, non consegue che si possa provare storicamente la nascita verginale di Gesù, ma solamente che gli argomenti storici che si vorrebbe opporre non sono per niente costrittivi.

Possiamo dire dunque che i testi del Nuovo Testamento autorizzano, da un punto di vista puramente storico, l'interpretazione dei Padri della Chiesa che si è fissata nel Credo. In fin dei conti, questi testi ci consegnano un mistero che non è accessibile ad un approccio puramente scientifico. Questo mistero si manifesta a noi solo se leggiamo i testi biblici con la Chiesa ed alla luce della sua tradizione, così come è consegnata nel Credo. Solo la professione di fede della Chiesa può portarci qui chiarezza e certezza.

Il Nuovo Testamento attesta la nascita verginale di Gesù come un miracolo operato da Dio. La vera domanda è dunque questa: crediamo che Dio è realmente il Padre onnipotente? Escludere a priori la possibilità di una nascita verginale, risolleverebbe di nuovo la domanda su Dio e sulla natura della fede. Si verrebbe a dire che il mondo viene compreso come un sistema disperatamente chiuso in se stesso.

La vera obiezione di molti nostri contemporanei contro la fede nella nascita verginale non è fondata su argomenti scientifici, ma procede dal modo di concepire il mondo così come è comunemente inteso. In questa prospettiva, la nascita verginale appare se non come assolutamente impossibile, almeno come altamente inverosimile. Non ammessa oggi come anche nel passato. Ma ciò che appare inverosimile agli uomini, è impossibile a Dio, oppure è vero che niente è impossibile a Dio, (cf. Lc 1,37) ?

Ciò non significa che la fede debba augurarsi il più grande numero possibile di miracoli ed accettarli senza esaminarli. Le azioni miracolose di Dio hanno per scopo l'avvento del suo Regno. Questo Regno è per eccellenza il miracolo che Dio solo può compiere, e che è cominciato con la venuta di Gesù Cristo. La nascita verginale di Gesù significa nel dominio del corpo che l'azione di Dio apre un'era nuova all'umanità.

È un segno dell'impotenza umana e dell'incapacità dell'uomo a salvarsi da sé. In una situazione dove gli uomini non vedevano più nessuna uscita, Dio, in modo meraviglioso, ha introdotto un dato nuovo per il potere creatore del suo Spirito. Non è un caso se, nel Nuovo Testamento, si parli sempre di verginità nel contesto dell'avvento del Regno di Dio. (cf. Mt 19,12; l Co 7,7.32-34).

La verginità di Maria è anche in relazione stretta con la sua maternità divina. Non è senza ragione che Dio ha scelto di non seguire per l'incarnazione di suo Figlio la via normale della generazione umana. La via particolare della nascita verginale esprime simbolicamente il fatto che in Gesù, è Dio che si incarna. La nascita verginale manifesta, con un chiarezza insuperabile che Gesù, in quanto Figlio di Dio, deve unicamente la sua esistenza al Padre dei cieli, e che è tutto ciò che è a partire da lui e per lui.

La nascita verginale è un segno di ciò che Gesù è : veramente il figlio di Dio. Il dogma della verginità permanente di Maria ( non solo prima, ma anche durante e dopo la nascita di Gesù), ha anche un significato simbolico. Disgraziatamente il dogma della verginità inerente alla nascita ha dato purtroppo, talvolta luogo, in certi vangeli apocrifi, ad affabulazioni altamente fantasiose. Gonfiando il meraviglioso, si ignora il senso profondo di questa affermazione dal punto di vista della storia della salvezza.

Secondo la Genesi (3,16), il parto tra i dolori è un segno del fatto che la vita umana è stata perturbata profondamente dal peccato originale. Nel momento in cui la vita nuova appare e l'uomo sfugge a questo decadimento ereditario che è il frutto del peccato, la vita non viene più al mondo sotto il segno foriero della morte che è la sofferenza. La creatura fino ad allora straziata nel più profondo di se stessa ritrova la sua unità ed il suo equilibrio. Non è la realtà fisiologica della nascita che è stata differente nel caso di Gesù, ma il modo di cui Maria ha vissuto questa nascita, come un segno della salvezza dell'uomo tutto intero, corpo ed anima. Per questo la tradizione parla della gioia senza mescolanza di Maria alla nascita di suo Figlio.

L'antico canto Ave maris Stella ( IX' secolo), chiama Maria "felix caeli porta", quella che ci ha aperto il cielo nella gioia. La verginità di Maria dopo la nascita di Gesù significa che Maria è restata vergine e non ha dato la vita ad altri bambini. Questa verità di fede è un ultimo bagliore del suo sì e della sua disponibilità totale alla volontà di Dio. Maria era interamente votata alla sua missione nella storia della salvezza. Così la verginità perpetua di Maria è un segno della sua santità, cioè del fatto che è stata messa a parte per il servizio di Dio e del suo popolo. Nella storia, questa verità di fede ha aiutato i cristiani a comprendere il senso dell'ideale del celibato liberamente scelto.

Questo ideale non implica per niente un deprezzamento del matrimonio, ma al contrario la sua valorizzazione come un servizio particolare reso alla chiesa ed alla società. È per questo che , secondo la concezione cattolica, la dignità della verginità e l'elevazione del matrimonio alla dignità di sacramento, vale a dire segno di salvezza, sono legati indissolubilmente.

(Dal catechismo della Chiesa Cattolica tedesca)
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