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Il ritorno del sacro e del bello

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2009 10:13
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Il ritorno del sacro e del bello


Intervista al portavoce del Master in Architettura, Arti sacre e Liturgia


di Antonio Gaspari

(ZENIT.org).-

Si svolgerà giovedì 29 maggio, alle ore 11:00, a Roma, presso la Sala Convegni dell'Istituto "Maria SS. Bambina" (Via Paolo VI n. 21), l'Open Day del Master in Architettura, Arti Sacre e Liturgia 2008-2009 dell'Università Europea di Roma (UER) e dell'Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum” (APRA).

I Rettori della UER – padre Paolo Scarafoni, L.C. – e dell’APRA – padre Pedro Barrajon, L.C. –, il rev. prof. Uwe Michael Lang, d.O., coordinatore accademico del Master 2008-2009 e l'arch. Aldo Cianfarani, coordinatore organizzativo, analizzeranno i risultati del Master appena concluso e presenteranno le novità di quello a venire.

Il Master in Architettura, Arti Sacre e Liturgia si propone di promuovere un linguaggio artistico-architettonico che valorizzi l'esperienza del sacro, tenendo conto della tradizione cristiana, soprattutto in merito alla bellezza e alla creatività artistica.

Attraverso lo studio della tradizione e l'attenta valutazione della molteplice realtà delle esperienze artistiche di oggi, il Master ha come obiettivo di sviluppare un linguaggio contemporaneo non privo di quei significati simbolici che rinviano l'uomo al trascendente attraverso la "via pulchritudinis".

Per comprendere meglio le ragioni e le finalità di questo programma didattico, ZENIT ha intervistato don Salvatore Vitiello, coordinatore dell’ambito filosofico-teologico e portavoce del Master.

Perché questo Master? Quali sono le ragioni che vi hanno spinto a dar vita ad un progetto formativo che mette insieme tre ambiti: architettura, arti sacre e liturgia?

Vitiello: Più che progettare un Master, abbiamo cercato insieme la risposta ad una pressante domanda. Da molte parti, e con una certa insistenza, si chiedeva e si ricercava un “luogo” che fosse non solo di giusta ricerca tecno-scientifica, ma che potesse essere un reale “spazio umano formativo”, nel quale architetti ed artisti, provenienti anche da storie e sensibilità molto differenti, potessero incontrarsi, conoscersi, confrontarsi e, soprattutto, essere posti di fronte ad una proposta culturale certa, costruttivamente critica ed in fedele ascolto del Magistero liturgico del Santo Padre Benedetto XVI.

E’ un dato di fatto che l’innovazione architettonica delle nuove Chiese non ha dato grandi risultati. Anzi in molti casi, l’allontanamento dalla Tradizione e dalla liturgia ha generato anche un allontanamento dal bello. Come pensate di recuperare l’umanesimo cristiano del vero, del buono e del bello?

Vitiello: Ciò che nei secoli ha generato lo straordinario patrimonio artistico dell’Occidente, ed in particolare dell’Italia, patrimonio al quale tutto il mondo guarda con profonda ammirazione, è stata la fede! Allora si capiscono le cose. È la fede del Popolo e la fede dei “sapienti” che, insieme, hanno dato vita, per esempio, alla grande stagione delle Cattedrali. Il recupero dell’umanesimo cristiano non riguarda appena la progettazione di Edifici Sacri; da esso dipende la sopravvivenza stessa dell’Europa che, come da molte parti è già stato riconosciuto, o tornerà cristiana o, semplicemente, non sarà.              

In che modo e perché la liturgia si collega all’arte sacra e all’architettura?

Vitiello: La liturgia è fondamentalmente un atto di adorazione di Dio. Atto personale e comunitario al tempo stesso, che pone l’uomo in contatto con il Mistero. In questo senso, l’architettura e l’arte sacra, in tutti i loro ambiti, sono chiamate ad esprimere e a favorire l’identità della liturgia, ponendone in evidenza, principalmente, il senso trascendente.

Una certa modernità tende a relativizzare e cancellare il sacro, mentre il Master fonda il suo progetto formativo proprio nell’universale ricerca del sacro. Perché?

Vitiello: Perché, contrariamente a quanto falsamente propagandato da certa ideologia, il sacro, o meglio, il senso religioso, è un dato antropologico universale. Esso non dipende dall’educazione ricevuta o dal tipo di cultura nella quale si è nati. Questi fattori possono condizionare l’espressione del senso religioso, ma esso, in quanto tale, riguarda ogni uomo. La cosiddetta “riscoperta del sacro”, pur con tutti i limiti e le purificazioni di cui necessita, dimostra esplicitamente il fallimento di chi voleva ridurre l’uomo a semplice materia.

Nel passato gli ingegneri e gli architetti disponevano di minori tecnologie e di materiali meno malleabili, eppure raggiungevano il bello, con una coscienza più aperta al trascendente ed anche più legata alla scienza classica. Che cosa manca al mondo moderno per un Rinascimento delle arti sacre?


Vitiello: La fede. Le arti sacre dipendono essenzialmente dalla consapevolezza di fede di una determinata epoca. Per questa ragione il Master ha un’ampia sezione teologica che intende offrire, agli iscritti, almeno un orizzonte di riferimento fondamentale, per comprendere quale sia l’ambito in cui pensare e realizzare un progetto architettonico. Il Master si prefigge lo “scopo alto” di fare scuola, in ascolto umile e fecondo del magistero del Santo Padre, per dar vita ad un rinnovato modo di intendere il servizio di architetti ed artisti alla divina liturgia.

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Verità, giustizia e bellezza per tornare al sacro


Padre Lang spiega i fondamenti liturgici per l’architettura e l’arte sacra


di Antonio Gaspari

ROMA, giovedì, 12 giugno 2008 (ZENIT.org).-

“Oggi, più che mai, la Chiesa ha bisogno di proclamare al mondo la bellezza di Dio che brilla nelle opere d’arte che la fede ha generate”, sostiene padre Uwe Michael Lang.

 Con queste parole, il sacerdote, membro della Congregazione dell'Oratorio di San Filippo Neri di Londra e officiale della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, ha spiegato a ZENIT, gli obiettivi del Master dell’Università Europea di Roma in “Architettura, arti sacre e liturgia”.

Padre Lang è anche docente e coordinatore per il prossimo anno accademico 2008/2009 del Master in questione. Sul tema liturgico ha pubblicato prima in tedesco, poi in inglese, italiano, francese, ungherese e spagnolo, il libro “Rivolti al signore” (Cantagalli editore), con la prefazione dell’allora cardinale Joseph Ratzinger.

Recentemente, padre Lang curato il volume "Die Anaphora von Addai und Mari: Studien zu Eucharistie und Einsetzungsworten” (Nova & Vetera, Bonn 2007).

Secondo il coordinatore accademico del Master, “nella Chiesa sono nati i grandi capolavori d’arte sacra e di musica sacra che hanno il potere di sollevare i nostri cuori e di condurci al di là di noi stessi verso Dio, che è la bellezza stessa”.

Di fronte a quella che sembra una grande riscoperta dell’arte religiosa, padre Lang ha voluto precisare una distinzione fra “arte religiosa” e “arte sacra”.

L’arte religiosa, ha detto, è caratterizzata dall’espressione soggettiva e nasce “dal modo di sentire la religione da parte di una persona di qualsiasi luogo o tempo”, mentre “l’arte sacra tende ad una ‘traduzione’ di una realtà che oltrepassa i limiti dell’individualità umana e contiene dati anche oggettivi che nascono ‘dalla meditazione della verità di una religione positiva e storica’ dalla parte dell’artista”.

“L’arte sacra – ha aggiunto – è destinata alla lode e alla gloria di Dio e, allo stesso tempo, è popolare, perché deve e può essere capita e toccare i cuori dei fedeli, anche dei fedeli semplici. Nella storia, l’arte della Chiesa funzionava anche come una Biblia pauperum”.

Facendo riferimento all'importanza data dal Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica riconosce all’arte sacra e all'utilizzo di molte opere d’arte come veicolo dei misteri della fede, padre Lang ha sottolineato che “oggi più che mai, nella civiltà dell’immagine, l’immagine sacra può esprimere molto di più della stessa parola, dal momento che è oltremodo efficace il suo dinamismo di comunicazione e di trasmissione del messaggio evangelico”.

In merito alla relazione che intercorre tra verità, bellezza e arte sacra, l’officiale della Congregazione del Culto Divino ha rilevato che “la fondazione più profonda dell’arte sacra è la bellezza che è attributo di Dio”.

 “Secondo la formula tomistica, il bello, il vero e il buono sono commutabili. Quindi, l’arte come espressione del bello manifesta la realtà, la verità e la bontà di Dio”.

Ma l’arte sacra è in crisi. Ed è un sintomo che, come ha rilevato il Cardinale Ratzinger nel libro “Spirito della Liturgia”, rivela la “crisi dell’umanità”, una sorta di “accecamento dello spirito”.

Per padre Lang, “si tratta di una crisi dalle radici profonde, una crisi che ha travolto, ancora prima dell’arte, la stessa bellezza di cui dovrebbe essere portatrice. Infatti, la stessa concezione delle ‘belle arti’ di cui parla la Costituzione conciliare sulla Sacra Liturgia è contestata”.

 Il coordinatore accademico del Master ha sottolineato, citando Hans Urs von Balthasar, che “insieme alla perdita del bello, si sono persi anche il bene e il vero” cosicché “da un lato c’è un falso tipo di bellezza che non ci innalza verso Dio e il suo Regno, ma invece ci trascina verso il basso e suscita desideri disordinati” e dall’altro bisogna opporsi a ciò che Remo Bodei ha chiamato “l’apoteosi del brutto”, in cui si afferma che “tutto ciò che è bello sia un inganno e che solo la rappresentazione di ciò che è crudo sia la verità”.

“Questo culto del brutto non fa meno danni alla fede cattolica che la falsa bellezza”, ha osservato.

Ricordando poi le parole di Fyodor Dostoevskij, secondo cui “Il mondo sarà salvato dalla bellezza”, padre Lang ha precisato che Dostoevskij non intende qualsiasi bellezza, ma “si riferisce alla bellezza redentrice di Cristo” che è la “bellezza della verità” che “abbraccia anche il dolore, e persino la morte, e che la bellezza può essere trovata solo nell’accettare la sofferenza e la croce”.

A questo proposito, in un testo del 2002, l’allora Cardinale Ratzinger parla di “bellezza redentrice di Cristo” come di una “paradossale bellezza”.

Per quanto riguarda la frattura tra la Chiesa, le arti ed il sacro, così evidente in certe chiese di nuova costruzione, padre Lang ha riportato una frase celebre del poeta tedesco Friedrich Hölderlin: “Dove c’è pericolo cresce anche ciò che salva”, per sottolineare che ci troviamo in “un momento propizio per lanciare di nuovo la ricerca di un’arte sacra a servizio del culto cristiano”.

Ed è proprio per questo che è stato ideato un progetto formativo come il Master in Architettura, arti sacre e liturgia.

“Il suo scopo – ha sostenuto padre Lang – è di dare risposte a domande provenienti da molti ambienti ecclesiali e artistici per l’istituzione di un corso dove i progettisti, ma anche i committenti, possano ricevere una formazione adeguata”.

In conclusione, il padre oratoriano ha ribadito che “la prospettiva del Master è di andare al di là di una visione solo 'normativa' della progettazione verso una maggior consapevolezza e devozione a ciò di cui ci si occupa, quando si agisce nell’ambito dell'architettura e delle arti sacre”.

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PER UN’ARTE CRISTIANA “SECONDO LO SPIRITO”

di don Nicola Bux
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Si diffonde sempre più la tendenza ad affidare i progetti di chiese e di opere d’arte alle “grandi firme”, architetti, artisti, compositori ecc., a prescindere dal loro credo o dalla loro moralità. E’ lecito? La costruzione di un edificio sacro cristiano o una composizione musicale per la liturgia non sono un annuncio permanente di Gesù Cristo all’uomo, con le nostre parole e la nostra vita? Come si può prescindere dalla fede e dalla morale? San Paolo ha esortato i cristiani a conoscere Cristo “secondo lo Spirito” e a non conformarsi alla mentalità mondana, a non secolarizzarsi. Vuol dire che la conoscenza interiore di Gesù porta alla conversione e all’abbandono di ogni accorgimento mondano. Quando uomini di Chiesa lo dimenticano, compiono un tradimento e una retrocessione, si collocano all’opposto dell’invito dell’Apostolo, favoriscono un’arte “secondo la carne”.

E poi, una questione pastorale: la tanto conclamata appartenenza alla Chiesa, alla comunità - si pensi a come nei sacramenti si tenga a che i padrini siano testimoni di fede e di morale - , perché dovrebbe essere accantonata nell’atto di progettazione di un tempio da dedicare al Signore? Siamo tanto intransigenti nell’amministrare i sacramenti solo a chi ha fede e poi facciamo costruire le chiese a chi addirittura non si sa se crede in Dio? Un artista non credente può giungere a realizzare una chiesa se, operando, si immedesima nel mistero della fede pur commettendo alcune ingenuità o alfine ne scopre la grazia: la sua arte allora diventa testimonianza del vero ricercato e alfine trovato agendo: come Matisse che nella cappella del Rosario a Vence vicino Nizza, disegnò l’architettura, l’iconografia, gli arredi, i paramenti. Tuttavia, ciò è possibile grazie ad un incontro, al rapporto con la presenza di Cristo, tramite qualcuno che ti introduce ad un diverso modo di conoscere la realtà. L’arte per su natura non può essere lontana dalla fede, se non a causa di progetti ben calcolati e pagati.

Quindi, essere contrari alle “grandi firme” non significa che i progetti di un architetto non credente o non cristiano o cattolico non praticante siano inutili e sempre fuorvianti. Possono invece risultare quali premesse o ‘ prove di stampa ’ per un dialogo che porti alla conversione o come si suole dire a un cammino di fede, prima che a progetti di edifici sacri veri e propri.Perché con un artista si dovrebbe fare eccezione? Tuttavia l’appartenenza ecclesiale non è un requisito secondario per costruire un edificio sacro.
La prima ‘regola’ per fare arte sacra, sia essa architettonica o musicale, è appartenere alla Chiesa. Questo per l’Oriente cristiano è ovvio.
L’abate Christopher Zielinski, vicepresidente della Pontificia Commissione per l’Arte Sacra, ha affermato ad Assisi che l’arte sacra deve orientare al Signore e non celebrare il grande artista; di qui egli fa scaturire le altre ‘regole’.

L’artista cristiano è umile e quasi non deve comparire: a lui come a tutti è richiesta la conversione. Joseph Ratzinger ricorda che per essere condotti ad un nuovo modo di vedere, prima si deve cambiare il cuore: a partire dal centro interiore che è la croce e la risurrezione(Cfr Introduzione allo spirito della liturgia, p 117). Perciò gli orientali esigono che per fare una icona ci voglia il digiuno. E’ la seconda ‘regola’: senza conversione non si può produrre arte sacra adatta alla liturgia.
Ecco perché, la terza ‘regola’ dell’artista è la conoscenza della liturgia: come potrebbe un architetto che non conosce il Triduo sacro della Pasqua progettare una chiesa in cui esso trova solenne svolgimento?

La quarta ‘regola’ è la conoscenza della Scrittura e la continuità con la tradizione e col magistero di due millenni: l’artista cristiano non lavora da solo ma in comunione con la comunità ecclesiale di tutti i tempi. Una chiesa odierna non può essere in rottura con le forme consacrate dalla tradizione, pur innovandole e sviluppandole dall’interno. Non basta il consulente liturgico: questa è una figura propria di una Chiesa concepita come azienda.

Una quinta ‘regola’ è la bellezza divina, che costituisce la fondazione ontologica dell’arte sacra. La caratteristica della liturgia è l’intima connessione di celebrazione rituale col suo simbolismo, di disposizione architettonica e iconografica e di mistagogia o interpretazione liturgica.Perché nella liturgia Dio si rivela all’uomo.

Perciò ne segue una sesta ‘regola’: l’artista è ministro della bellezza, perché la Chiesa è casa di Dio e del popolo che gli appartiene.
Settima ‘regola’: se l’artista è umile, non c’è bellezza migliore che lasciarsi trasformare da Cristo. Solo così la bellezza può salvare il mondo mettendo ordine, l’ordine dell’amore. Per questo alla fine “solo l’amore è credibile”. Come può un artista costruire una chiesa immagine del corpo di Cristo senza l’amore teologale?

Dunque l’arte sacra cristiana – cioè un’arte ordinata alla liturgia - si fonda su uno sguardo che si apre in profondità, poggia sulla dimensione ecclesiale della fede condivisa, chiede che l’artista sia formato interiormente nella Chiesa(cfr Ibidem, p 127-131). La libertà dell’arte non significa arbitrio. Senza fede non c’è arte adatta per la liturgia, ma un conoscere Cristo “secondo la carne”.
La fede rende capace di pensare, di vedere e conoscere Cristo “secondo lo Spirito”. Solo da questo percorso ecclesiale possono nascere le “grandi firme”. Delle celebri cattedrali di cui è disseminata l’Europa, spesso non si conoscono i progettisti: “i loro nomi sono scritti nel cielo” e non negli albi delle celebrità di questo mondo. Bill Congdon pensava che l' arte è un avvenimento per chi la crea e per chi la deve osservare.Non appena bella o brutta, ma o è oppure non è . Non è una questione estetica ma di verità, di totalità con cui l'autore ha guardato le cose, la realtà.

Giovanni Paolo II scrive: "L'arte della Chiesa deve mirare a parlare il linguaggio dell'Incarnazione, ad esprimere con gli elementi della materia, Colui che si è degnato di abitare nella materia e di operare la nostra salvezza attraverso la materia" ( Lettera Apostolica Duodecimum saeculum (per il centenario del concilio secondo di Nicea 787), n 11: AAS 80(1988),p 241-252; cfr S.Giovanni Damasceno, Discorso sulle immagini, 1,16 ).Io penso che tutto questo sia proprio della vera arte - anche l'arte dello scrivere - e valga tout-court per l'arte sacra, quella cristiana in specie.

Quanto il Papa dice circa il valore dell'incarnazione per il modello di arte cristiana trova una perfetta corrispondenza in un testo precedente di diversi anni, che diceva semplicemente che il Cristianesimo essendo la Religione di un Dio incarnato non può produrre un'arte che non sia figurativa, implicando tra le righe che l'arte cristiana non figurativa, sarà arte, ma non cristiana. Il suo autore era Titus Burkardt e il testo attualmente pubblicato in Italia in un'agile raccolta dal titolo L'arte sacra in Oriente e in Occidente
.


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