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VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE A BRESCIA E CONCESIO (I COMMENTI)

Ultimo Aggiornamento: 14/11/2009 13:48
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09/11/2009 09:40

Il Papa sulla scia di Paolo VI: «Chiesa libera e povera»

di Andrea Tornielli

nostro inviato a Brescia

Sarà lui, Gesù, «a sedare la tempesta». Benedetto XVI, nel corso del suo pellegrinaggio a Brescia sulle orme di Paolo VI – il Papa che nel 1977 lo scelse, giovane e brillante teologo, per la guida della diocesi di Monaco e lo creò cardinale – sta celebrando la messa di fronte a dodicimila fedeli.
Piove a dirotto.
E nell’omelia ricorda una frase di Montini ancora oggi attualissima. Era il 7 dicembre 1968, alle difficoltà del burrascoso periodo post-conciliare si sommavano ai fermenti della contestazione giovanile. Il Concilio si era chiuso ormai da tre anni, ma invece di «una giornata di sole» era venuta, come lo stesso Papa Montini avrebbe in seguito drammaticamente constatato, «una giornata di nuvole, di tempesta, di buio, di incertezza». Tutto sembrava messo in dubbio.
Ricevendo gli alunni del Seminario lombardo, alla fine di quel Sessantotto, Paolo VI disse: «Tanti si aspettano dal Papa gesti clamorosi, interventi energici e decisivi. Il Papa non ritiene di dover seguire altra linea che non sia quella della confidenza in Gesù Cristo, a cui preme la sua Chiesa più che non a chiunque altro. Sarà lui a sedare la tempesta... Non si tratta di un’attesa sterile o inerte: bensì di attesa vigile nella preghiera. È questa la condizione che Gesù ha scelto per noi, affinché egli possa operare in pienezza. Anche il Papa ha bisogno di essere aiutato con la preghiera».
Allora, nel pieno della burrasca, tanti criticavano aspramente il Papa. Tanti lo accusavano: chi di essere troppo conservatore e autoritario, chi di essere troppo progressista e debole nel governo ecclesiale.
Da quelle parole dette agli alunni del Lombardo, emerge uno sguardo così diverso da certe concezioni che anche oggi interpretano la Chiesa alla stregua di una multinazionale e dipingono il Papa come un manager o un monarca assoluto, dimenticando che egli è innanzitutto il «vicario» di qualcun altro. Una delle affinità tra Paolo VI e Benedetto XVI è rappresentata dallo sguardo di profonda fede che traspare in quelle parole.
In questa confidenza, e non nella bravura del Pontefice super-governatore della compagine ecclesiale o nella capacità organizzativa e nell’efficienza della Curia da lui guidata, sta ieri come oggi il segreto del servizio di Pietro.
La giornata bresciana era cominciata con una sosta nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta a Botticino Sera, dove il Papa, giunto in aereo da Roma insieme al sottosegretario Gianni Letta, ha venerato il corpo di sant’Arcangelo Tadini (1846-1912), fondatore della Congregazione delle Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth. Poi Benedetto XVI è arrivato a Brescia. Ha voluto passare per Piazza della Loggia e ha fatto fermare la papamobile per sostare qualche istante in preghiera davanti alla lapide che ricorda l’attentato del 28 maggio 1974, nel quale persero la vita otto persone e molte altre rimasero ferite.
Sulla piazza Paolo VI, di fronte a una folla di fedeli che lo hanno atteso sotto la pioggia battente, Ratzinger ha celebrato la messa ricordando la figura del predecessore e il suo grande amore alla Chiesa. Una Chiesa che, ha ricordato riecheggiando le parole di Montini, deve essere «povera e libera».
Nel pomeriggio, dopo il pranzo con i vescovi, al quale ha partecipato anche il cardinale Martini, il Papa si è spostato a Concesio, il paese dove Montini nacque nel settembre 1897. Qui ha visitato la casa natale del Pontefice bresciano e ha visitato la nuova sede dell’Istituto Paolo VI, dove sono raccolti manoscritti e libri di Montini.
Ratzinger, dopo aver consegnato il premio internazionale Paolo VI alla collana francese «Sources Chrétiennes», ha tratteggiato la figura di Montini educatore, formatore di coscienze: per lui, ha ricordato il Papa, il giovane andava educato «a giudicare l’ambiente in cui vive e opera, a considerarsi come persona e non numero nella massa: in una parola, va aiutato ad avere un “pensiero forte” capace di un “agire forte”».

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09/11/2009 09:41

La sfida educativa per il Papa: offrire un "pensiero forte" ai giovani
Raccoglie l'eredità intellettuale di Paolo VI nella sua terra natale

BRESCIA, domenica, 8 novembre 2009 (ZENIT.org).

Raccogliendo l'eredità intellettuale di Papa Paolo VI durante la visita nella sua terra natale, Benedetto XVI ha considerato questa domenica pomeriggio che la sfida educativa consiste nell'offrire ai giovani un "pensiero forte".
Il Pontefice ha affrontato l'attuale "emergenza educativa", che sperimentano genitori ed educatori, alla luce degli insegnamenti di Giovanni Battista Montini durante l'inaugurazione della nuova sede dell'Istituto Paolo VI a Concesio.
Nel suo lungo e articolato discorso, Benedetto XVI, nominato Arcivescovo di Monaco e creato Cardinale da quel "grande Papa", ha deciso di concentrarsi sulla sua "capacità educativa" come studente, sacerdote, Vescovo e Papa.
Ha scelto questo approccio, ha confessato, perché "viviamo in tempi nei quali si avverte una vera 'emergenza educativa'. Formare le giovani generazioni, dalle quali dipende il futuro, non è mai stato facile, ma in questo nostro tempo sembra diventato ancor più complesso".
"Si vanno diffondendo un'atmosfera, una mentalità e una forma di cultura che portano a dubitare del valore della persona, del significato della verità e del bene, in ultima analisi della bontà della vita. Eppure si avverte con forza una diffusa sete di certezze e di valori".
"Occorre allora trasmettere alle future generazioni qualcosa di valido, delle regole solide di comportamento, indicare alti obiettivi verso i quali orientare con decisione la propria esistenza - ha constatato - . Aumenta la domanda di un'educazione capace di farsi carico delle attese della gioventù; un'educazione che sia innanzitutto testimonianza e, per l'educatore cristiano, testimonianza di fede".
In questo contesto, raccogliendo l'eredità intellettuale e spirituale di Papa Montini, Benedetto XVI ha spiegato che "il giovane va educato a giudicare l'ambiente in cui vive e opera, a considerarsi come persona e non numero nella massa: in una parola, va aiutato ad avere un 'pensiero forte'".
"Il pensiero forte", ha aggiunto, è "capace di un 'agire forte', evitando il pericolo, che talora si corre, di anteporre l'azione al pensiero e di fare dell'esperienza la sorgente della verità".
Ha quindi sintetizzato questa visione di Paolo VI con le parole che questi pronunciò quando era Papa: "L'azione non può essere luce a se stessa. Se non si vuole curvare l'uomo a pensare come egli agisce, bisogna educarlo ad agire com'egli pensa. Anche nel mondo cristiano, dove l'amore, la carità hanno importanza suprema, decisiva, non si può prescindere dal lume della verità, che all'amore presenta i suoi fini e i suoi motivi".
Constatando "nelle nuove generazioni una ineludibile domanda di significato, una ricerca di rapporti umani autentici", Benedetto XVI ha proposto una famosa frase di Montini: "L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni".
Per questa ragione, il Papa ha concluso presentando il suo predecessore come un "maestro di vita e coraggioso testimone di speranza", anche se "non sempre capito, anzi più di qualche volta avversato e isolato da movimenti culturali allora dominanti".
"Ma, solido anche se fragile fisicamente, ha condotto senza tentennamenti la Chiesa - ha concluso -; non ha perso mai la fiducia nei giovani, rinnovando loro, e non solo a loro, l'invito a fidarsi di Cristo e a seguirlo sulla strada del Vangelo".

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09/11/2009 10:07

Il Papa nel cuore di Brescia

Dieci ore in terra bresciana per incontrare la Comunità ecclesiale, per venerare la figura di sant'Arcangelo Tadini, per far memoria di Giovanni Battista Montini ed inaugurare la sede dell'Istituto Paolo VI. Ottantamila i fedeli bresciani che - dall'atterraggio a Ghedi alle 9.35 fino al decollo dallo stesso aeroporto alle 19.20 - hanno seguito la giornata bresciana di papa Benedetto XVI.

Sulle strade di casa nostra la papamobile - tra due ali di folla che non si è fatta spaventare dalla pioggia inclemente - ha percorso complessivamente 45 chilometri. Da Ghedi il corteo papale ha infatti raggiunto la parrocchiale di Botticino Sera, dove riposano le spoglie mortali del parroco Arcangelo Tadini che lo stesso Benedetto XVI ha canonizzato nell'aprile scorso. Qui il pontefice - rompendo il cerimoniale previsto - ha voluto rivolgere alla comunità un saluto fermandosi poi a stringere le mani di bambini e fedeli.
Quindi la ripresa del viaggio fino alla città, dove - dopo un momento di preghiera del Papa davanti alla stele che ricorda le vittime della strage di piazza Loggia - attorno alle 11 ha preso il via la Messa concelebrata con il vescovo Luciano Monari e con 400 sacerdoti bresciani. La cerimonia è stata seguita da dodicimila persone accorse in piazza Paolo VI e da altre migliaia assiepate davanti ai maxischermi di piazza Loggia e largo Formentone.
Nell'omelia ampi i riferimenti di papa Ratzinger al magistero montiniano.
E proprio la lezione di Giovanni Battista Montini è stata al centro dell'intero programma pomeridiano.
Dopo il pranzo al Centro pastorale di via Gezio Calini infatti Benedetto XVI ha raggiunto Concesio per visitare la casa natale del pontefice bresciano e per inaugurare la nuova sede dell'Istituto Paolo VI. Qui, presente il presidente dell'Istituto Giuseppe Camadini, ha consegnato il Premio Paolo VI alla rivista francese "Sources Chrétiennes".

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09/11/2009 10:51

La città di Paolo VI conquistata dal papa tedesco

di Andrea Tornielli

nostro inviato a Brescia

Una giornata tutta bresciana, sulle orme di Paolo VI, per incontrare la diocesi e la città. Una messa celebrata sotto la pioggia battente, che non ha impedito a dodicimila fedeli di gremire la piazza Paolo VI per assistere al rito, concelebrato da Ratzinger con i vescovi della Lombardia e con i cardinali Dionigi Tettamanzi, Giovanni Battista Re e Paul Poupard. Il Papa ha pranzato con loro e a loro si è aggiunto il cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo emerito di Milano, malato di Parkinson.
Benedetto XVI è arrivato in mattinata all’aeroporto militare di Ghedi. Sull’aereo ad accompagnarlo c’era il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Nel tragitto in auto verso Brescia, il Papa si è fermato nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta a Botticino Sera, per venerare il corpo di sant’Arcangelo Tadini (1846-1912), che fu parroco di Botticino Sera dal 1887 fino alla morte ed è stato il fondatore della Congregazione delle Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth. Tadini è stato canonizzato da Ratzinger lo scorso 26 aprile. Non erano previsti discorsi, ma all’uscita dalla chiesa il Pontefice ha salutato la folla ricordando Sant'Arcangelo Tadini per «il dono che ha dato all’umanità. Ha insegnato ad amare Dio, amare Cristo e la Madonna per fare nascere un mondo fraterno in cui ognuno vive non per sé ma per gli altri».
Arrivando in città, Benedetto XVI ha voluto attraversare in papamobile Piazza della Loggia, fermandosi davanti alla lapide che ricorda l’attentato del 28 maggio 1974, nel quale persero la vita otto persone e molte altre rimasero ferite. Una sosta breve ma significativa per la memoria delle vittime e per i loro familiari. Dopo essere stato salutato sul sagrato del duomo dal vescovo Luciano Monari e dal sindaco Adriano Paroli, il Papa è stato accolto in chiesa dai canonici e ha sostato davanti al monumento dedicato a Paolo VI, opera dello scultore Lello Scorzelli. Ha quindi venerato le reliquie di Sant’Andrea e di San Benedetto, ha pregato davanti al tabernacolo e infine ha salutato i seminaristi delle diocesi e gli ammalati presenti all’interno.
Poi ha celebrato la messa in piazza. Nel gruppo di persone salite sull'altare per l'offertorio, c’erano anche tre operai di tre aziende bresciane pesantemente colpite dalla crisi economica (Tessival, Ideal Standard, Brandt Italia). I tre operai hanno presentato al Pontefice i doni per il sacrificio eucaristico e si sono fermati alcuni secondi a conversare con lui. Nel pomeriggio, dopo il pranzo con i vescovi e un breve riposo, il Papa è andato a Concesio, paese natale di Paolo VI, dove ha inaugurato la nuova sede dell’Istituto dedicato a Montini, sorto accanto alla casa di famiglia. Qui Benedetto XVI ha pronunciato un discorso tutto incentrato sulla figura di Montini educatore, attualizzandone l’esempio in un momento in cui l’Italia vive un’«emergenza educativa». Infine, prima di lasciare la città, il Papa ha voluto pregare nella chiesa parrocchiale di Concesio davanti al fonte battesimale dove Paolo VI venne battezzato.

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09/11/2009 11:24

IL PONTEFICE A BRESCIA PREGA PER LE VITTIME DELLA STRAGE DI PIAZZA DELLA LOGGIA

Le frasi


Giovani, l’allarme del Papa

“C’è una emergenza educativa, come avvenne nel Sessantotto”

GIACOMO GALEAZZI

INVIATO A BRESCIA

«I cristiani siano coraggiosi e coerenti con il Vangelo», raccomanda Benedetto XVI dalla terra di papa Montini, dove significativamente, ha anche avuto (fuori programma) un colloquio privato con il cardinale Carlo Maria Martini, leader mondiale dell’episcopato progressista.
Secondo Ratzinger «il mondo ha bisogno di una Chiesa povera e libera e alla Chiesa serve il dialogo con il mondo moderno», un rapporto «assolutamente centrale» per affrontare i problemi odierni: crisi economica, immigrazione, educazione dei giovani.
Coscienza, rinnovamento e collaborazione, a suo giudizio, dovrebbero ispirare le relazioni tra Chiesa e società, sulla base di «vita interiore, povertà e carità». Prendendo spunto dalla preghiera sulla tomba di Sant’Arcangelo Tadini, a Botticino Sera, Benedetto XVI ha esortato a lavorare «perché nasca un mondo fraterno in cui ognuno non viva per sé ma per gli altri». Un invito alla solidarietà rivolto prima di tutto alla stessa Chiesa, chiamata ad avere «coscienza di se stessa» e umiltà davanti alle scelte. «Anche il Papa ha bisogno di essere aiutato con la preghiera» anche se «tanti si aspettano» da lui «gesti clamorosi, interventi energici e decisivi», ma «sarà Cristo a sedare la tempesta».
Sotto una pioggia battente, Benedetto XVI non ha rinunciato ad una sosta davanti alla stele che ricorda la strage di piazza della Loggia e, con il ministro dell’Istruzione Gelmini ad ascoltarlo in prima fila, ha richiamato l’emergenza educativa e la necessaria attenzione alle nuove generazioni. Il modello è Paolo VI, papa «non sempre capito anzi spesso avversato e isolato da movimenti culturali allora dominanti», ma che fu invece per molti giovani nel travagliato Sessantotto «maestro di vita e coraggioso testimone di speranza».
In «momenti burrascosi e travagliati», Paolo VI seppe «indicare con coraggio la fede come esperienza educativa liberante e unica vera risposta ai desideri e alle aspirazioni dei giovani, divenuti vittime dell'ideologia». Giovani «ammaliati da un conformismo che piega inconsciamente la libertà al dominio automatico di correnti esterne di pensiero, di sentimento, di azione, di moda; e poi, presi da un gregarismo che dà l’impressione di essere forti, trasformando talvolta in ribelli in gruppo, in massa, senza spesso sapere perché». Oggi, come allora, spiega Benedetto XVI, «emerge nelle nuove generazioni una ineludibile domanda di significato, una ricerca di rapporti umani autentici», rispetto ai quali gli insegnamenti di Paolo VI si mostrano ancora validi.
Attimi di paura, poi, quando una donna incinta che stava partecipando alla messa papale ha avuto un malore ed è stata ricoverata all’Ospedale Civile dove ha partorito un bambino. Prima di lasciare Brescia Ratzinger ha invitato i cristiani a non dimenticare il senso del sacro: «Non è facile essere cristiani, ci vuole coraggio e tenacia per non conformarsi alla mentalità del mondo, per non lasciarsi sedurre dai richiami talvolta potenti dell’edonismo e del consumismo». Per questo occorre «restare saldamente uniti alla Chiesa, pure quando vediamo nel suo volto qualche ombra e qualche macchia», amandola «come nostra vera madre» traducendo questo amore in «gesti concreti all’interno delle nostre comunità». Senza cedere alla «tentazione dell’individualismo e del pregiudizio, superando ogni rivalità e divisione».

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09/11/2009 16:26

«Benedetto XVI, il coraggio della verità»

LE REAZIONI.

Numerose le personalità e i rappresentanti istituzionali che hanno asisstito in piazza Paolo VI alla concelebrazione di papa Ratzinger

Tarantini: «Pone domande vere» Bordonali: «Ore indimenticabili»

Daniele Bonetti

Qualcuno, come Mario Labolani, è arrivato in piazza Paolo VI tra i primi.
Troppo l'entusiasmo per assistere alla visita del Papa, troppo il desiderio di voler conquistare un posto, tra quelli riservati alle autorità, che gli garantisse una vista migliore. Il rovescio della medaglia, è stato un surplus di pioggia e freddo che non ha risparmiato nessuno.
«È una grande gioia aver assisito all'arrivo del Papa - ha voluto sottolineare l'assessore ai lavori pubblici Labolani - : penso che si tratti di un grande Papa, a livello teologico, con ogni probabilità è il migliore di sempre perchè credo sia davvero preparato e perfetto per il momento storico attuale. Penso che sia significativo il fatto che la visita di Benedetto XVI sia coincisa con la polemica del crocifisso nei luoghi pubblici: io credo che debba esserci, e la risposta dei bresciani all'arrivo del Papa testimonia la voglia di fede di questa città e credo sarebbe sbagliato non voler esternare questa religiosità».
Graziano Tarantini, presidente di A2A, punta invece sulla «realtà» da cui Benedetto XVI non prescinde: «Questo Papa ha il coraggio di porre al mondo domande reali: io lo sento fare domande vere, la gente ha da sempre paura della nuda realtà e lui sta avendo un grande impatto sulle persone. Penso che per Brescia sia una giornata molto importante, penso anche che il Papa non parli solo ai credenti ma a tutte le persone. Non capita spesso di vivere delle giornate così intense».
SIMONA BORDONALI invece preferisce ricordare «la grande emozione vissuta per un evento così importante per Brescia e non solo - ricorda - : è stato molto bello, l'unico neo, ovviamente, il fatto che le condizioni meteorologiche non abbiano aiutato una giornata che altrimenti sarebbe stata davvero perfetta. Ma senza dubbio le migliaia di bresciani che hanno visto Benedetto XVI, non dimenticheranno mai questo giorno».
In piazza, dopo l'intervento ufficiale, Adriano Paroli ha sottolineato come «la visita del Papa sia un onore per tutta la città che, proprio attraverso la fede, ha vissuto momenti di grande importanza storica».
DAVANTI a Benedetto XVI Andrea Arcai, assessore alla pubblica istruzione, avrebbe voluto vedere qualche bambino in più. «Ci sono pochi giovanissimi ed è un peccato - ha sottolineato - : la prossima volta, se sarò ancora io assessore all'Istruzione, vedremo di studiare qualcosa per permettere a scolari e studenti di venire a pochi passi dal Papa».

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09/11/2009 16:28

L'omaggio alle vittime di piazza della Loggia

nostro servizio
Brescia

Piove su piazza della Loggia, sulla stele che ricorda le vittime dell'attentato di 35 anni fa: 8 morti e 162 feriti. Il Papa arriva con l'auto bianca, davanti al portico. Si ferma e getta lo sguardo su quella colonna che porta ancora i segni delle schegge della bomba nascosta in un cestino. È il cuore ferito di Brescia, memoriale di un dramma che non passa, perché ancora oggi non si sa tutto di quella strage, una delle tante di quell'Italia tragica degli anni '70, anni di terrorismo, di violenza politica diventata sciagurata normalità.
Era il 28 maggio 1974: a piazza della Loggia i sindacati avevano organizzato una manifestazione antifascista dopo episodi di violenza. Pochi giorni prima era esplosa una bomba ad un giovane del circolo della Fenice, organizzazione semiclandestina di stampo neonazista: la stava trasportando in motorino e morì nell'esplosione. In città la preoccupazione era altissima. Il manifesto che convocò la manifestazione è ancora sul portico, protetto da un vetro perché nessuno dimentichi. La bomba venne nascosta nel cestino sotto i portici. C'era tanta gente, operai, impiegati, insegnanti con i loro studenti. Una mattina piovosa, anche quel giorno. Tra i morti e i feriti molti erano professori delle scuole. Ora i loro nomi sono incisi nella pietra che ha la forma di una croce, simbolo universale della sofferenza infinita, che oggi purtroppo un'Europa che dimentica e che nasconde le icone del dolore vorrebbe abolire dal nostro orizzonte.
Già Giovanni Paolo II, nelle due visite che fece a Brescia nel 1982 e nel 1998, si fermò qui davanti in preghiera. Non si può dimenticare il dolore e il Papa lo sa. Lo sapeva Wojtyla, lo sa Joseph Ratzinger. L'auto si ferma. Lui si alza in piedi. Avrebbe voluto scendere, ma la pioggia è battente. Si abbassa il finestrino della papamobile. Benedetto XVI osserva e abbassa lo sguardo. Prega in silenzio. Poi alza il braccio e benedice quella croce e quei nomi. Lo aveva chiesto Manlio Milani, presidente della Casa della memoria, al vescovo Monari che il Papa facesse una breve sosta in piazza della Loggia. Lui ha perso la moglie, Livia Bottardi, nella strage. Ora raccoglie insieme ad altri cittadini dell'associazione tutti i documenti sulla vicenda, ma soprattutto va nelle scuole per evitare che la memoria degli anni di piombo si stemperi nell'oblio e per insegnare ai giovani che la violenza come strumento politico va sempre contrastata. E sono loro che seguono i processi che ancora sono in corso.
Il 19 maggio 2005 la Cassazione ha confermato la richiesta di arresto per Delfo Zorzi, a suo tempo militante di Ordine Nuovo, latitante in Giappone e considerato uno dei mandanti della strage. Il 15 maggio dell'anno scorso sono stati rinviati a giudizio altri cinque militanti di Ordine Nuovo. Ma sulla strage non è stata mai fatta veramente luce. Si parla con insistenza di coinvolgimenti di apparati deviati dello Stato. Ma non c'è per ora alcuna verità. Quest'anno, a primavera, s'è aperto un altro processo, che continua con due udienze alla settimana.
Al. Bo.

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09/11/2009 16:48

Ratzinger sulla scia di Montini: attenti all'oblio di Dio

La visita a Brescia: folla, malati e operai in Cattedrale
«Una Chiesa libera per parlare ai contemporanei»


Alberto Bobbio

E' stato un grande Papa, ma – come ha detto il vescovo di Brescia monsignor Luciano Monari in un'intervista nei giorni scorsi – anche un «grande italiano».
Brescia è il simbolo di questo patrimonio operoso, di gente e di fede. La città, che ieri ha accolto il Papa, è consacrata alla fedeltà della fede e alla giustizia, due parole care a Montini, il Papa dell'Ecclesiam Suam e della Populorum Progressio, il Papa che ha firmato i sedici documenti del Concilio Vaticano II.
Nel motto della città, iscritto su Palazzo della Loggia, si legge: «Brixia fidelis fidei et justitiae sacravit».
Il Papa vi scorre sotto in auto. Qui la fede cristiana ha plasmato la cultura e nutrito la vita della città, la spiritualità dei suoi preti, la vivacità dei suoi laici, l'intelligenza e l'intraprendenza delle sue istituzioni.
Qui è nato Giovanni Battista Montini, figlio del direttore del «Cittadino di Brescia», il quotidiano cattolico della città del tempo, amico di don Luigi Sturzo, negli anni difficili per i cattolici a cavallo tra Ottocento e Novecento, anni di «non expedit», ma ciò nonostante di impegno politico che si formava sotto traccia nel Paese. Benedetto XVI arriva nella piazza davanti al Duomo. Il palco è bianco e sobrio per non impedire la vista delle architetture. All'interno della cattedrale sono raccolti i malati che non possono seguire la Messa sulla piazza al freddo e sotto la pioggia.
Il Papa entra e li saluta. Si vede subito che per lui sarà una giornata di grande emozione. Ha la voce appena rotta da una leggera raucedine, che tuttavia nel corso della giornata, a causa del freddo e dell'umidità, si farà più rauca. Eppure Papa Benedetto non rinuncia a parlare, a salutare la folla, a stringere mani che si protendono oltre le transenne. È un viaggio nella memoria del suo predecessore che lo nominò arcivescovo di Monaco e gli impose la berretta cardinalizia. Sarà una giornata che avrà accenti di accorata commozione. Lo si capisce subito dall'inizio, dall'omelia della Messa celebrata in piazza Paolo VI. Esclama Joseph Ratzinger: «Carissimi, che dono inestimabile per la Chiesa la lezione del servo di Dio Paolo VI!».
L'omelia è un contrappunto di citazioni sapienti del suo predecessore.
È lo stile con il quale ha scritto tutti e tre i discorsi del viaggio e anche l'Angelus, che pronuncia alla fine della Messa. Ripropone non solo i concetti, ma anche le parole degli insegnamenti di Paolo VI. La sua è una scelta precisa. Avvicina ancora di più quel Papa morto nel 1978. La lezione che sceglie Ratzinger è quella sulla Chiesa. Cita l'Ecclesiam suam, la prima enciclica di Montini e cita il «Pensiero alla morte», il testamento del Pontefice bresciano, inno di amore alla Chiesa, prosa di straordinaria bellezza e profondità: «Potrei dire che l'ho sempre amata e che per essa, non per altro, mi pare d'aver vissuto. Vorrei abbracciarla, salutarla, amarla, in ogni essere che la compone». E poi quelle parole sulla Chiesa che deve camminare «povera, cioè libera, forte e amorosa verso Cristo».
Da qui Ratzinger trae la lezione. Chiede: «Cosa si può aggiungere a parole così alte e intense?». Rileva che di una Chiesa così c'è bisogno ancora oggi: «Così deve essere la comunità ecclesiale, per riuscire a parlare all'umanità contemporanea». Poi mette in fila le parole, parole di Paolo VI, ma ancora oggi attuali: «Coscienza, rinnovamento, dialogo». Sono indispensabili, osserva il Papa, alla Chiesa per «approfondire la coscienza di se stessa», ma anche per «rinnovarsi e purificarsi guardando al modello che è Cristo» e poi anche per impostare le «sue relazioni con il mondo».
Benedetto XVI spiega che questo è il modo corretto per impostare la «questione della Chiesa», la sua «necessità nel disegno di salvezza» e nel «suo rapporto con il mondo». Era una questione centrale ai tempi di Paolo VI, ma lo rimane ancora oggi. Anzi, aggiunge Joseph Ratzinger: «Gli sviluppi della secolarizzazione e della globalizzazione l'hanno resa ancora più radicale, nel confronto con l'oblio di Dio da una parte e con le religioni non cristiane dall'altra».
Alla fine dell'omelia il Papa accenna alla crisi economica e anche qui afferma che negli insegnamenti di Paolo VI si possono trovare indicazioni «preziose» per affrontare «le sfide del presente», soprattutto in ordine alla crisi economica, all'immigrazione e all'educazione dei giovani. Anche Brescia sta vivendo drammaticamente la riduzione dei posti di lavoro e la chiusura delle fabbriche.
All'altare, all'offertorio, sono saliti – perché nessuno dimentichi il dramma di molte famiglie – tre operai di altrettante aziende in crisi (Tessival, Ideal Standard, Brandt Italia) e durante la preghiera dei fedeli si è pregato per loro.

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«Paolo VI grande educatore dei giovani»

Ratzinger mostra il profilo di un Pontefice che ha saputo guardare molto lontano


Carlo Dignola

Suonano in continuazione le campane, di solito Cristiana non le ama molto ma stasera alza le spalle sotto il cappello nero e allarga le braccia: quando ci vuole ci vuole.
Il signor Federico si definisce «non praticante; ma credo in Gesù Cristo nostro Signore, ci mancherebbe!».
In Chiesa - ammette - ci va poco perché «non sono mica un prete». Sono dodici giorni però che è «in ballo» come volontario per preparare la visita papale: ha aiutato gli «artificieri» della Sicurezza a perlustrare tutti i tombini e i pozzi della zona, tanto per stare tranquilli. Oggi si è tolto la tuta e si è messo il vestito bello: «Se questo Papa è qui - dice - è merito di Montini. Non me lo sarei mai aspettato: non è che il Papa va dappertutto. L'organizzazione è stata veramente "doc". Sa quante volte in questi giorni abbiamo cambiato le bandiere, che si continuavano a inzuppare d'acqua? Tre volte».
Sono 51 anni che Federico vive nel Bresciano ma non ha perso l'accento, e l'orgoglio, calabrese: «Adesso piove, ma qua negli anni '60 a ottobre ci trovava mezzo metro di neve. Non avevano i bagni in casa. Glieli abbiamo portati su noi. Nella mia famiglia siamo nati muratori, i miei figli sono cresciuti nella malta». Ha visto crescere dal nulla tutta questa zona di «trafilerie, fonderie, laminatoi, officine», alternate a centinaia di villini uno attaccato all'altro che di cancello in cancello scendono praticamente fino a Brescia. «Qui cinquant'anni fa era una miniera d'oro» spiega: «Se al Sud guadagnavi 15 mila lire, a Lumezzane ne prendevi 100. I bresciani sono gente che lavora sodo: dai sassi sono stati capaci di fare il pane».
La mattinata era finita molto in ritardo. Benedetto XVI ha pranzato al Centro Paolo VI con i vescovi lombardi. Fra di loro c'era naturalmente anche l'ordinario di Bergamo, Francesco Beschi, e c'erano anche quattro cardinali, uno in più che in piazza: oltre a Re, Tettamanzi, Poupard un po' a sorpresa a tavola, seduto accanto al Papa, c'era il cardinale Carlo Maria Martini. Sul tavolo un carpaccio di Fassona condito al tartufo nero ed erba cipollina come antipasto, un risotto ai fiori di zucca, zafferano e formaggella di Tremosine, come secondo stinco bollito con una grattata di rafano.
Alle 16.10 il corteo si è mosso verso Nord, tra i canti dei bresciani che facevano la posta anche sotto l'Istituto Paolo VI. Prima di inaugurare il Centro di Concesio dedicato a Papa Montini Benedetto XVI ha voluto visitare la sua casa natale, che si trova lì accanto, accolto dai parenti e anche dal banchiere Giovanni Bazoli e dal ministro Mariastella Gelmini.
Il notaio Giuseppe Camadini lo ha accompagnato nella visita del nuovo, bellissimo Centro, gli ha fatto firmare il Libro degli ospiti con la stessa penna usata da Giovanni Paolo II nella sua visita dell'82.
Ratzinger ha detto subito di voler ricordare Paolo VI «non tanto dal punto di vista agiografico e celebrativo», di volerlo far conoscere meglio perché più lo si conosce e più «viene apprezzato e amato». È stato un «grande Papa», Benedetto XVI ieri non faceva che ripeterlo, e per tutto il pomeriggio a Brescia, città in cui «tutto parla della ricchezza della sua personalità e della sua vasta dottrina» sembra non abbia voluto far altro che parlare con le parole del suo predecessore, rileggere i suoi discorsi «memorabili», farli risuonare uno dopo l'altro perché se ne avvertisse di nuovo l'attualità. Cancellare un po' l'immagine un po' plumbea del Papa degli anni '70, chiuso tra le immagini drammatiche del rapimento e dell'uccisione di Aldo Moro, quella di una sorta di Amleto della fede che gli hanno cucito addosso e che non gli si attaglia affatto. E ha voluto mostrare il profilo di un Papa che seppe guardare lontano: il primo ad aver visitato la Terra Santa, il primo ad aver introdotto i sinodi dei vescovi, sulla scia del Concilio, il primo ad aver messo piede all'Onu, il primo ad essere andato a trovare gli operai in un'acciaieria, quasi inginocchiandosi per salutarli dal palco.
«Sono lieto» dice Ratzinger, e si vede. Fa recitare la liturgia in latino a Tettamanzi e Monari, ma il suo messaggio su Paolo VI ha un sapore molto nuovo. Lo descrive come il Papa che ha voluto rinnovare i rapporti fra la Chiesa e il mondo, ma soprattutto ha voluto che la Chiesa capisse che cos'è veramente, mistero di fragilità umana e di grandezza. Paolo VI è il Pontefice che ha insegnato agli stessi Papi a essere i pastori della Chiesa, più che i suoi capi.
A Concesio Benedetto XVI ha sottolineato molto la «capacità educativa» di Montini.
«Viviamo in tempi nei quali si avverte una vera "emergenza educativa". Formare le giovani generazioni non è mai stato facile, ma in questo nostro tempo sembra diventato ancor più complesso». Già nel '33 il sacerdote bresciano annotava che «nel campo profano, gli uomini di pensiero, anche e forse specialmente in Italia, non pensano nulla di Cristo. Egli è un ignoto, un dimenticato, un assente in gran parte della cultura contemporanea». Paolo VI «avvertì sempre la necessità di una presenza cristiana qualificata nel mondo della cultura, dell'arte e del sociale, una presenza radicata nella verità di Cristo, e, al tempo stesso, attenta all'uomo».
In uno dei primi scritti dedicato alla scuola italiana, Giovanni Battista Montini osservava: «Non domandiamo altro che un po' di libertà per educare come vogliamo quella gioventù che viene al cristianesimo attratta dalla bellezza della sua fede e delle sue tradizioni».
In quegli anni in cui «le difficoltà del post-Concilio si sommavano con i fermenti del mondo giovanile» - dice Benedetto XVI - nei «momenti burrascosi e travagliati, come il '68» Montini non scelse mai la strada di «gesti clamorosi» ma «con coraggio, indicò la strada dell'incontro con Cristo come esperienza educativa liberante e unica vera risposta ai desideri e alle aspirazioni dei giovani, divenuti vittime dell'ideologia». Nel '68, già nel '68, vedeva «un conformismo» che «piega inconsciamente - diceva ai ragazzi - la vostra libertà al dominio automatico di correnti esterne di pensiero, di opinione, di sentimento, di azione, di moda»;più che grandi rivoluzioni notava «un gregarismo» avanzare.
Lui invece - dice il suo successore - è stato «maestro di vita e coraggioso testimone di speranza, non sempre capito, anzi più di qualche volta avversato e isolato da movimenti culturali allora dominanti. Ma, solido anche se fragile fisicamente, ha condotto senza tentennamenti la Chiesa».
Prima di ripartire per Roma Benedetto XVIha voluto ancora passare dalla parrocchia di Concesio, Sant'Antonino. È arrivato a bordo della Papamobile assieme al suo segretario personale don Georg Gaenswein e al vescovo di Brescia Luciano Monari.
Qui Giovanni Battista Montini fu battezzato il 30 settembre 1897 «e - dice il Papa - qui, probabilmente, ha meglio compreso la voce del divino Maestro che lo ha chiamato a seguirlo».
Ratzinger ormai ha la voce molto roca, gli altoparlanti sono più raffreddati di lui e sul sagrato non si sente quasi niente. Il Papa ricorda «l'importanza del Battesimo nella vita di ogni cristiano». Oggi «non è facile essere cristiani!» dice. «Ci vuole coraggio e tenacia per non conformarsi alla mentalità del mondo, per non lasciarsi sedurre dai richiami talvolta potenti dell'edonismo e del consumismo». Occorre «restare saldamente uniti alla Chiesa, pure quando vediamo nel suo volto qualche ombra e qualche macchia. È lei che ci ha rigenerati alla vita divina. Amiamola e serviamola con un amore fedele».
Il Papa con l'ultimo filo di voce si ferma a salutare anche la gente che è rimasta fuori, sul sagrato: «Grazie per la vostra accoglienza. Buona notte a tutti, e buona settimana». Salta su una Mercedes e fila via verso Ghedi. Lascia la luce dell'abitacolo accesa, perché la gente per la strada possa ancora vederlo per un attimo, salutare quell'uomo bianco che nella macchina nera vola via.

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L'accoglienza di «Brescia fedele»


dal nostro inviato Gianluca Biccini


Brixia fidelis
, "Brescia fedele" ha accolto con entusiasmo Benedetto XVI in visita pastorale domenica 8 novembre. Nonostante la giornata piovosa, lungo il tragitto - dall'aeroporto di Ghedi a Botticino Sera, alla città capoluogo, a Concesio - migliaia di persone si sono riversate nelle strade per salutare il Pontefice, venuto a rendere omaggio a Papa Paolo VI.
La diocesi che ha dato i natali al servo di Dio, la terra in cui Giovanni Battista Montini maturò la sua vocazione sacerdotale, ha vissuto una giornata di festa e di preghiera con Papa Ratzinger, che ha voluto ricordare "il legame di affetto e devozione" con il Pontefice bresciano, risalente - come egli stesso ha spiegato - "agli anni del Concilio". E Benedetto XVI in occasione del suo diciassettesimo viaggio apostolico in Italia ha reso onore alla memoria di questo "maestro di vita e coraggioso testimone di speranza", esaltandone "la personalità e la dottrina", la sua lezione che rappresenta ancora oggi "un dono inestimabile per la Chiesa".

Un viaggio - il secondo in Lombardia, dopo quello a Vigevano e Pavia del maggio 2007 - tutto nel segno del predecessore, che il Pontefice ha voluto suggellare inaugurando la nuova sede dell'Istituto Paolo VI a Concesio, proprio nella casa dove il futuro Papa nacque. In dono ha portato due manoscritti montiniani. Sono i testi del discorso per l'udienza in occasione del iv centenario della Pia Opera dei Bresciani in Roma, del 12 novembre 1969, e dell'omelia nella basilica vaticana nell'ottantesimo anniversario della Rerum novarum, del 16 maggio 1971.

Durante le dieci ore trascorse a Brescia e a Concesio, Benedetto XVI ha anche sostato a Botticino Sera, dove ha pronunciato un discorso non previsto uscendo dalla chiesa parrocchiale in cui riposano i resti mortali di sant'Arcangelo Tadini (1846-1912), il sacerdote bresciano canonizzato in San Pietro il 26 aprile scorso.

L'elicottero con a bordo il Pontefice e  il  suo  seguito  aveva  lasciato  l'eliporto vaticano alle ore 8, diretto allo scalo di Roma-Ciampino, da dove Benedetto XVI era partito in aereo alla volta di Brescia. Lo accompagnavano il cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi, originario della diocesi lombarda; gli arcivescovi Fernando Filoni, sostituto della Segreteria di Stato, e James Michael Harvey, prefetto della Casa Pontificia; il vescovo Paolo De Nicolò, reggente della Prefettura, monsignor Georg Gänswein, segretario particolare del Papa; il medico personale, Patrizio Polisca; il vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede, il passionista Ciro Benedettini; e il direttore del nostro giornale.

All'arrivo allo scalo militare di Ghedi, l'accoglienza del vescovo di Brescia Luciano Monari e, in rappresentanza del Governo italiano, del sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri Gianni Letta - che per la seconda volta, dopo Cagliari, ha viaggiato sul volo papale - accompagnato dall'Ambasciatore presso la Santa Sede, Antonio Zanardi Landi; del presidente della regione Roberto Formigoni, del sindaco di Brescia Adriano Paroli.

Nel percorso compiuto in papamobile, prima di raggiungere Botticino, Benedetto XVI ha attraversato Visano, Castenedolo, Virle e Rezzato. Ovunque fedeli incuranti del tempo inclemente che sventolavano bandierine con i colori del Vaticano. "Ne abbiamo distribuite ventimila", ha riferito uno degli organizzatori. Sulla soglia della chiesa dove ha speso la sua vita sacerdotale Arcangelo Tadini, hanno accolto il Papa il parroco don Raffaele Licini e il sindaco Mario Sonetti. Con i tanti bambini raccoltisi sul sagrato, le suore operaie della Santa Casa di Nazareth, la congregazione religiosa fondata dal santo.

Poi l'ingresso a Brescia - dove era già stato da cardinale il 22 marzo 1986 - passando attraverso il quartiere periferico di Sant'Eufemia:  striscioni lungo i viali, tanta gente alla finestra e dietro le transenne, gioiose manifestazioni di benvenuto, come il suono delle campane del seminario comboniano e le percussioni improvvisate da un gruppo di africani davanti alla chiesa dei santi Faustino e Giovita, patroni della diocesi. Rappresentavano il desiderio di integrazione dei tanti immigrati in questa laboriosa provincia.

Il Pontefice è anche transitato, benedicendola, davanti alla stele che in Piazza della Loggia ricorda l'attentato terroristico del 28 maggio 1974, in cui morirono otto persone e novantaquattro rimasero ferite.

Giunto sul sagrato del Duomo, quando la pioggia si faceva più fitta, il Papa ha ricevuto i fragorosi saluti dei tanti giovani presenti e quelli ufficiali del vescovo e del primo cittadino. Quindi è entrato nel tempio - dov'erano ad attenderlo i canonici - per una breve sosta davanti al monumento bronzeo di Paolo VI. All'interno del duomo si trovavano i seminaristi, con i quali ha posato per la foto ricordo; e gli ammalati, che hanno seguito la celebrazione al coperto attraverso gli schermi e che alla fine hanno ricevuto la sua benedizione.

Con il Papa in piazza Paolo VI hanno concelebrato monsignor Monari e i cardinali Re, Dionigi Tettamanzi, arcivescovo metropolita di Milano, e Paul Poupard, gli arcivescovi Filoni e Harvey, il vescovo De Nicolò, monsignor Gänswein, una trentina di presuli lombardi e quattrocento sacerdoti locali.

Alla preghiera dei fedeli, un'intenzione per le famiglie colpite dalla crisi economica. Al termine del rito, con un'ora di ritardo sul programma, il Papa ha guidato l'Angelus. Tra i dodicimila presenti, anche il ministro italiano dell'istruzione, università e ricerca, Mariastella Gelmini. Altri hanno seguito attraverso i maxischermi collocati negli spazi adiacenti.

La mattina del Papa si è conclusa nel cuore della città, al Centro pastorale Paolo VI, dove ha salutato il comitato organizzatore, capace di mobilitare ben duemila volontari. Diretta da monsignor Gianfranco Mescher, la struttura ha ospitato l'Istituto Paolo VI fino al recente trasferimento a Concesio. Al pranzo ha partecipato anche il cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo emerito di Milano.

Nel pomeriggio, la visita alla cittadina dove il 26 settembre 1897 vide la luce Giovanni Battista Montini. Qui capannelli di gente si sono formati anche lungo i tratti del percorso che non erano stati transennati. Nella casa natale del futuro Pontefice - dov'è stato accolto dal sindaco Stefano Retali e del presidente dell'Istituto Paolo VI Giuseppe Camadini - Benedetto XVI ha incontrato le Figlie di Maria Ausiliatrice, che se ne prendono cura, e alcuni discendenti della famiglia Montini. Poi ha visitato le varie stanze divenute un museo della memoria di Paolo VI e a piedi ha raggiunto la nuova sede dell'Istituto intitolato al Papa bresciano, realizzata nel terreno adiacente. Benedetto XVI ha firmato il libro degli ospiti di casa Montini con la stessa penna stilografica usata nel 1982 da Giovanni Paolo II. Centro internazionale per i ricercatori interessati all'approfondimento della conoscenza della figura e dell'opera del Pontefice lombardo, l'Istituto ha avuto come primo segretario generale Nello Vian.
Nell'Auditorium della moderna struttura si è svolta la cerimonia per l'inaugurazione, durante la quale è stato assegnato alla collana francese "Sources Chrétiennes" il sesto Premio internazionale Paolo VI, ritirato dal direttore Bernard Meunier.

Infine Benedetto XVI si è recato nella frazione di Concesio Pieve, accolto dal parroco monsignor Dino Osio nella chiesa di Sant'Antonino, dove Montini fu battezzato. Qui il Papa si è congedato dalla comunità, prima del trasferimento all'aeroporto di Ghedi, il decollo alla volta di Ciampino, l'atterraggio e il rientro in auto in Vaticano.


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Sotto il segno di Montini


Giovanni Battista Montini lasciò la sua terra ancora molto giovane, poco dopo l'ordinazione sacerdotale, e alla piccola patria bresciana - dov'erano le sue radici familiari - restò sempre legatissimo, tornandovi ogni volta che poteva. Eletto nel conclave del 1963 e divenuto Paolo VI, come Papa non visitò più quella Brixia fidelis alla quale rivolse, parlando a un pellegrinaggio in visita a Roma, l'augurio portato nel cuore:  di mantenere sempre "una grande vitalità e una grande fedeltà".
Nella diocesi lombarda - quasi a compensare la delicata discrezione montiniana - sono però voluti significativamente tornare due successori del Pontefice bresciano:  per ben due volte, nel 1982 e nel 1998, Giovanni Paolo II, e ora Benedetto XVI, entrambi legati a Paolo VI sin dai tempi del Vaticano ii ed entrambi sue "creature", cardinali ab eo creati. Come con gratitudine ha ricordato il Papa, evocando questo legame di "affetto e devozione".
All'omaggio a Paolo VI si sono uniti tantissimi bresciani, che hanno saputo accogliere Benedetto XVI con un calore che ha ravvivato la grigia giornata autunnale:  a Botticino, ricordando l'ultimo santo della diocesi, don Arcangelo Tadini, poi in città, con la preghiera per le vittime del terrorismo, e infine a Concesio, dove nel 1897 Montini nacque e fu battezzato. Qui si è appena trasferito, in una sede magnifica inaugurata dal Papa, l'Istituto Paolo VI che ha dato quest'anno il suo premio, vero Nobel cattolico, alle "Sources chrétiennes", la collana francese che da  quasi  settant'anni  pubblica  i più  antichi  testi  della  tradizione cristiana.
Davanti al Duomo dove Montini fu ordinato sacerdote, circondato dai vescovi della Lombardia guidati dal loro metropolita, Benedetto XVI ha presieduto una celebrazione eucaristica impressionante per la solenne compostezza, che nemmeno la pioggia continua è riuscita ad alterare. Spiegando le Scritture e ricordando ai fedeli il dono "inestimabile" rappresentato dalla lezione, che permane, del "grande Papa".
Per tutta la vita Paolo VI ha reso testimonianza alla verità, cercando l'incontro con l'umanità contemporanea che allora, come oggi, imponeva il confronto dei cattolici con la dimenticanza di Dio e con le religioni non cristiane. Di fronte alle difficoltà postconciliari Montini dichiarò che il Papa non riteneva "di dover seguire altra linea che non sia quella della confidenza in Gesù Cristo, a cui preme la sua Chiesa più che non a chiunque altro". Allo stesso modo, appena eletto, il suo successore ha esposto il suo "vero programma di governo":  quello "di non perseguire mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore". Affinché "sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia".

g. m. v.


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La lunga giornata del Papa

Gli applausi scroscianti della comunità di Concesio


Nella tappa finale della visita pastorale il Papa si è recato alla Pieve di S. Antonino Il ricordo del Battesimo di Paolo VI e l’invito «a restare saldamente uniti alla Chiesa»

Anna Della Moretta

Applausi lunghissimi e scroscianti, quelli che la comunità di Concesio ha regalato al Santo Padre nell’ultima tappa prima della partenza per Città del Vaticano. Ed il nome Benedetto scandito, con gioia ed affetto, ad accogliere una figura che traccia più di altre la continuità con Papa Paolo VI che proprio nella chiesa di sant’Antonino è stato battezzato il 30 settembre 1897.
Alla fonte battesimale la preghiera del Pontefice, con i fedeli che a fatica trattenevano gli applausi e la voglia di trasmettere la loro gioia e il loro calore all’illustre ospite.
Nella stessa chiesa, l’arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini tornò 50 anni orsono. «Ricordando il suo Battesimo, si interrogava su come aveva custodito e vissuto questo grande dono del Signore e, pur riconoscendo di non averlo nè compreso abbastanza, nè abbastanza assecondato, confessava: "Vi voglio dire che la fede che ho ricevuto in questa chiesa con il sacramento del Santo Battesimo è stata per me la luce della vita...la lampada della mia vita"».
Ed ha proseguito: «Ricordandolo, mi piace salutare con affetto tutti voi suoi compaesani, il vostro parroco e il sindaco insieme a mons. Luciano Monari e a quanti hanno voluto essere presenti a questo breve eppure intenso momento di intimità spirituale». Il discorso del santo Padre, davanti a centinaia di fedeli nella Pieve di S. Antonino di Concesio (presenti anche i fedeli delle parrocchie di S. Andrea, Stocchetta, Costorio e S. Vigilio), ha fatto eco alle parole di Paolo VI, per poter domandare: «Come vivo io il mio Battesimo?».
Il sacramento del Battesimo, dunque, è stato il filo conduttore del discorso di commiato del Papa, pronunciato con una voce provata dalla lunga e intensa giornata bresciana.
«Cari fratelli e sorelle, non dimentichiamo il dono immenso ricevuto il giorno in cui siamo stati battezzati! In quel momento Cristo ci ha legati per sempre a sé, ma, da parte nostra, continuiamo a restare uniti a Lui attraverso scelte coerenti con il Vangelo?».
«Non è facile essere cristiani! Ci vuole coraggio e tenacia per non conformarsi alla mentalità del mondo, per non lasciarsi sedurre dai richiami talvolta potenti dell'edonismo e del consumismo, per affrontare, se necessario, anche incomprensioni e talora persino vere persecuzioni - ha detto il Pontefice -. Vivere il Battesimo comporta restare saldamente uniti alla Chiesa, pure quando vediamo nel suo volto qualche ombra e qualche macchia. È lei che ci ha rigenerati alla vita divina e ci accompagna in tutto il nostro cammino: amiamola, come nostra vera madre! Amiamola e serviamola con un amore fedele, che si traduca in gesti concreti all'interno delle nostre comunità, non cedendo alla tentazione dell'individualismo e del pregiudizio, e superando ogni rivalità e divisione. Così saremo veri discepoli di Cristo!». Poi, ancora parole di gratitudine per l’accoglienza ricevuta, prima di incamminarsi verso l’uscita dalla navata principale della Pieve. Un cammino lento, trattenuto dai fedeli, dalla loro commozione e dal loro entusiasmo. Molti gli occhi umidi tra le persone che sono riuscite a stringere le mani del Papa; molti i segnali di devozione, di una fede sincera e profonda che bada alla sostanza delle cose.
«Solo se trova la luce che lo illumina e gli dà pienezza di significato, l’essere umano è veramente felice. Questa luce è la fede in Cristo, dono che si riceve nel Battesimo e che va riscoperta costantemente per essere trasmessa agli altri»: parole del Santo Padre, pronunciate davanti a fedeli felici di vedere in lui il testimone di Cristo.

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14/11/2009 13:48

Monari: «Il Papa a Brescia ha dato e ricevuto gioia»

IL BILANCIO. Di ritorno da Assisi il vescovo parla della visita papale


La beatificazione di Paolo VI? «Non poteva dire di più» La frase-chiave? «Quella sulla Chiesa povera e libera»

Massimo Tedeschi

«Abbiamo provato la gioia dell'incontro col Papa. Speriamo di aver fatto capire al Papa la gioia di averlo con noi».

Brescia è riuscita a comunicare questo messaggio? Il vescovo, in cuor suo, non ha dubbi: «Volevamo far sentire l'affetto al Papa e l'affetto c'era, ed era caloroso. Sono riusciti a trasmetterlo i bambini, i malati, i volontari e, in fondo, tutti noi che eravamo lì».
Il vescovo è la persona che è stata più vicina al Papa nella sua giornata bresciana: «Credo - dice - che sia andato via contento, con la serenità nel cuore, con la gioia di aver incontrato Brescia».
Di ritorno dall'assemblea della Cei ad Assisi, alla vigilia del consiglio pastorale di oggi, e poi del consiglio presbiterale che tireranno le somme della visita papale, il vescovo mons. Luciano Monari ha fatto ieri un proprio bilancio della lunga giornata di domenica. Un bilancio fatto anche di sentimenti personali: «La visita - confessa - mi ha lasciato un senso di familiarità inconsueto. Aver condiviso lunghi momenti con il Papa mi ha fatto sentire una comunione personale». Il vescovo evoca, da parte del Papa, «frasi di stupore per la presenza delle persone, dei bambini, anche sotto l'acqua. Se il Papa ha gioito dell'incontro è stato per la presenza di tante persone». Da qui il «grazie» convinto del vescovo a «tutti i bresciani» perchè «tutti hanno permesso che tutto andasse liscio e facile». La diocesi pronuncerà il suo «grazie» ai volontari in un incontro al PalaBrescia il 9 dicembre, mentre il pellegrinaggio a Roma per ringraziare il Papa si svolgerà a maggio.
IL VESCOVO traccia un ritratto umanissimo di Benedetto XVI «visto da vicino»: «Il Papa - spiega - ha una sensibilità molto delicata, non urla, non fa gesti impressionanti, però capisce ed ha la delicatezza di sentimenti pudichi: sentimenti che si sentono dentro e lo portano a sorridere, a tendere la mano, ad ascoltare. È una sensibilità che dà serenità, fiducia, pace».
Monari interpreta poi il «silenzio» di Benedetto XVI circa la causa di beatificazione di Paolo VI. Ratzinger poteva sbilanciarsi di più? La risposta di Monari è «no»: «Il Papa ha parlato molto di Paolo VI, l'ha ricordato sempre con le sue parole. È emerso che Benedetto XVI ha una grande riconoscenza verso Paolo VI, lo considera un Papa straordinario per l'apertura alla cultura contemporanea e la fedeltà senza riserve alla tradizione cattolica». Nonostante questo «una spinta alla beatificazione non c'è stata». Ma secondo Monari Benedetto XVI «non ne poteva parlare. Il Papa è il Papa». Cioè non può auspicare una cosa che, in definitiva, dipende solo da lui. «Ma in lui c'è un rispetto grande per la responsabilità delle persone, in questo caso per la Congregazione dei santi che fa il suo lavoro secondo un suo iter preciso. By-passare queste cose non è nello stile di Benedetto XVI».
Un messaggio centrale che Benedetto XVI affida a Brescia riguarda, secondo Monari, il ruolo della Chiesa, il cui compito è «immettere Gesù Cristo nella Storia perchè gli uomini nella Storia abbiano una capacità di amore più grande. La ricerca di risposte ai problemi è un cammino che richiede il massimo di lucidità e coerenza. Ma in questo cammino la Chiesa è chiamata prima di tutto a dare motivi di speranza. È questa la strada più feconda rispetto al cammino dell'uomo perchè lo esalta, gli dà motivazioni più profonde, gli dà coraggio».
Anche la scarsità di riferimenti al Concilio non è sfuggita al vescovo. Che però ricorda che il tema del discorso all'Istituto Paolo VI, l'educazione, chiamava in causa fatalmente i discorsi di Montini assistente della Fuci, «dunque pre-Concilio», e quelli sull'emergenza educativa. Ma c'è di più. «La linea di Benedetto XVI è quella dell'interpretazione del Concilio come continuità rispetto alla storia della Chiesa. Su questo punto ci sono due scuole di pensiero: quella di Alberigo, insiste sulla rottura. Paolo VI era per la continuità e il suo sforzo per cercare il massimo di consenso dei vescovi sui documenti conciliari, anche con compromessi, andò in questa direzione».
Infine: a quale frase consegnare il sugo di questa visita? Monari una sua idea ce l'ha: «È quell'immagine di Paolo VI ripresa da Benedetto, della Chiesa povera, cioè libera». Una frase da cui, obbediente e inquieta, la Chiesa bresciana è chiamata a ripartire.

© Copyright Il Brescia Oggi, 14 novembre 2009 consultabile online anche
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