Benvenuto in Famiglia Cattolica
Famiglia Cattolica da MSN a FFZ
Gruppo dedicato ai Cattolici e a tutti quelli che vogliono conoscere la dottrina della Chiesa, Una, Santa, Cattolica e Apostolica Amiamo Gesu e lo vogliamo seguire con tutto il cuore........Siamo fedeli al Magistero della Chiesa e alla Tradizione Apostolica che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre. Ti aspettiamo!!!

 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

DISCORSO AI VESCOVI BRASILIANI DELLA REGIONE SUL 3 E SUL 4 05.12.2009

Ultimo Aggiornamento: 10/12/2009 07:53
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 31.493
Registrato il: 02/05/2009
Registrato il: 02/05/2009
Sesso: Maschile
06/12/2009 08:17

[brasile.jpg] 

VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" DEGLI ECC.MI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL BRASILE (REGIONE SUL 3 E SUL 4), 05.12.2009

Alle ore 12.00 di oggi, nella Sala del Concistoro, il Santo Padre Benedetto XVI incontra gli Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale del Brasile (Regione SUL 3 e SUL 4), ricevuti in questi giorni, in separate udienze, per la Visita "ad Limina Apostolorum" e rivolge loro il discorso che pubblichiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Pubblichiamo qui di seguito una nostra traduzione in italiano del discorso pronunciato dal Papa:

Venerati fratelli nell'episcopato,

Dò il benvenuto e saluto tutti e ciascuno di voi, nel ricevervi collegialmente nell'ambito della vostra visita ad limina.
Ringrazio monsignor Murilo Krieger per le parole di devota stima che mi ha rivolto a nome di tutti voi e del popolo affidato alle vostre cure pastorali nelle regioni ecclesiastiche Sul 3 e 4, esponendo anche le vostre sfide e le vostre speranze. Nell'ascoltare queste cose, sento levarsi dal mio cuore azioni di rendimento di grazie al Signore per il dono della fede misericordiosamente concesso alle vostre comunità ecclesiali e da esse zelantemente conservato e coraggiosamente trasmesso, in obbedienza al mandato che Gesù ci ha lasciato di portare la sua Buona Novella a ogni creatura, cercando di pervadere di umanesimo cristiano la cultura attuale.
Riguardo alla cultura, il pensiero si volge a due ambiti classici in cui essa si forma e comunica - l'università e la scuola -, fissando l'attenzione principalmente sulle comunità accademiche che sono nate all'ombra dell'umanesimo cristiano e che s'ispirano a esso, onorandosi del nome di "cattoliche". Ora "è proprio nel riferimento esplicito e condiviso da tutti i membri della comunità scolastica - sia pure in grado diverso - alla visione cristiana, che la scuola è "cattolica", poiché i principi evangelici diventano in essa norme educative, motivazioni interiori e insieme mete finali" (Congregazione per l'Educazione Cattolica, La scuola cattolica, n. 34). Possa essa, in una convinta sinergia con le famiglie e con la comunità ecclesiale, promuovere quella unità fra fede, cultura e vita che costituisce l'obiettivo fondamentale dell'educazione cristiana.
Anche le scuole statali, secondo diverse forme e modi, possono essere aiutate nel loro compito educativo dalla presenza di professori credenti - in primo luogo, ma non esclusivamente, i professori di religione cattolica - e di alunni formati cristianamente, come pure dalla collaborazione delle famiglie e della stessa comunità cristiana. In effetti, una sana laicità della scuola non implica la negazione della trascendenza, e neppure una mera neutralità dinanzi a quei requisiti e valori morali che si trovano alla base di un'autentica formazione della persona, includendo l'educazione religiosa.
La scuola cattolica non può essere pensata né vivere separata dalle altre istituzioni educative. Essa è al servizio della società: svolge una funzione pubblica e un servizio di pubblica utilità, non riservato solo ai cattolici, ma aperto a tutti coloro che desiderano usufruire di una proposta educativa qualificata. Il problema della sua equiparazione giuridica ed economica alla scuola statale potrà essere correttamente impostato solo se partiamo dal riconoscimento del ruolo primario delle famiglie e da quello sussidiario delle altre istituzioni educative. Nell'articolo 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo si legge: "I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli". L'impegno plurisecolare della scuola cattolica va in questa direzione, spinto da una forza ancora più radicale, ossia dalla forza che fa di Cristo il centro del processo educativo.
Questo processo, che ha inizio nelle scuole primaria e secondaria, si realizza in modo più alto e specializzato nelle università. La Chiesa è stata sempre solidale con l'università e con la sua vocazione di condurre l'uomo ai più alti livelli della conoscenza della verità e del dominio del mondo in tutti i suoi aspetti. Mi compiaccio di esprimere la mia viva gratitudine ecclesiale alle diverse congregazioni religiose che fra di voi hanno fondato e sostenuto rinomate università, ricordando loro tuttavia che queste non sono proprietà di chi le ha fondate o di chi le frequenta, ma espressione della Chiesa e del suo patrimonio di fede.
In tal senso, amati fratelli, vale la pena ricordare che, lo scorso agosto, ha compiuto venticinque anni
l'Istruzione Libertatis nuntius della Congregazione per la Dottrina della Fede, su alcuni aspetti della teologia della liberazione; in essa si sottolineava il pericolo che comportava l'accettazione acritica da parte di alcuni teologi di tesi e metodologie provenienti dal marxismo.

Le sue conseguenze più o meno visibili fatte di ribellione, divisione, dissenso, offesa, anarchia, si fanno ancora sentire, creando nelle vostre comunità diocesane grande sofferenza e una grave perdita di forze vive.

Supplico quanti in qualche modo si sono sentiti attratti, coinvolti e toccati nel proprio intimo da certi principi ingannatori della teologia della liberazione, di confrontarsi nuovamente con la suddetta Istruzione, accogliendo la luce benigna che essa offre a mani tese; a tutti ricordo che "la "regola suprema della propria fede" (della Chiesa) ... proviene dall'unità che lo Spirito ha posto tra la Sacra Tradizione, la Sacra Scrittura e il magistero della Chiesa in una reciprocità tale per cui i tre non possono sussistere in maniera indipendente" (Giovanni Paolo II, Fides et ratio, n. 55). Che, nell'ambito degli organismi e comunità ecclesiali, il perdono offerto e accolto in nome e per amore della Santissima Trinità, che adoriamo nei nostri cuori, ponga fine alla sofferenza dell'amata Chiesa che peregrina nelle terre della Santa Croce.
Venerati fratelli nell'episcopato, nell'unione con Cristo ci precede e ci guida la Vergine Maria, tanto amata e venerata nelle vostre diocesi e in tutto il Brasile. In Lei troviamo, pura e non deformata, la vera essenza della Chiesa e così, attraverso di Lei, impariamo a conoscere e ad amare il mistero della Chiesa che vive nella storia, ci sentiamo profondamente parte di essa, diveniamo a nostra volta "anime ecclesiali", imparando a resistere a quella "secolarizzazione interna" che minaccia la Chiesa e i suoi insegnamenti.
Mentre chiedo al Signore di effondere l'abbondanza della sua luce su tutto il mondo brasiliano della scuola, affido i suoi protagonisti alla protezione della Vergine Santissima e imparto a voi, ai vostri sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai laici impegnati, e a tutti i fedeli delle vostre diocesi, una paterna benedizione apostolica.

© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana

(©L'Osservatore Romano - 6 dicembre 2009)
OFFLINE
Post: 31.493
Registrato il: 02/05/2009
Registrato il: 02/05/2009
Sesso: Maschile
06/12/2009 08:18

Il Papa ai vescovi brasiliani: di fronte alle divisioni portate dalla teologia della liberazione, riscoprire il valore fondamentale dell’unità della Chiesa

I rischi insiti nella teologia della liberazione e l'importanza dell’educazione cattolica per la formazione della persona umana sono stati i temi forti del discorso di Benedetto XVI ai vescovi del Brasile, regione Sud 4, ricevuti stamani in Vaticano in occasione della visita ad Limina. Il Papa ha messo l’accento sulla sana laicità e sul contributo delle istituzioni culturali cattoliche per lo sviluppo della società brasiliana. Il servizio di Alessandro Gisotti:


Benedetto XVI ha ricordato la recente ricorrenza del 25.mo anniversario dell’Istruzione
Libertatis nuntius
della Congregazione per la Dottrina della fede su alcuni aspetti della teologia della liberazione. Un documento, ha rammentato ai vescovi brasiliani, che sottolineava “il rischio che comportava l’assunzione acritica, fatta da alcuni teologi di tesi e metodologie provenienti dal marxismo”. Ed ha ricordato che la ribellione, la divisione, il dissenso, l’anarchia che provocò quel movimento ha creato nelle comunità diocesane del Brasile “grande sofferenza e una grave perdita di forze vive”:

“Suplico a quantos de algum modo se sentiram atraídos…”

Dal Papa l’invito, dunque, a quanti si sono sentiti “attratti, coinvolti e toccati nel proprio intimo da certi principi ingannevoli della teologia della liberazione che si confrontino nuovamente” con quella Istruzione. Ed ha sottolineato, riprendendo la Fides et Ratio, che la “regola suprema” della fede della Chiesa “le proviene dall'unità che lo Spirito ha posto tra la Sacra Tradizione, la Sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa in una reciprocità tale per cui i tre non possono sussistere in maniera indipendente”. Il Papa ha quindi dedicato gran parte del suo discorso alla cultura cattolica, riferendosi in particolare all’università e alla scuola, volgendo l’attenzione alle comunità accademiche nate all’ombra dell’umanesimo cristiano:

“Possa ela, numa convicta sinergia com as famílias…”

La scuola cattolica, è stato il suo auspicio, possa “in una convinta sinergia con le famiglie e con la comunità ecclesiale promuovere quella unità tra fede, cultura e vita che costituisce la finalità fondamentale dell’educazione cristiana”. Pure le scuole statali, “secondo forme e modalità diverse”, è stata la riflessione del Pontefice, possono essere aiutate nel loro compito educativo “dalla presenza di professori credenti - in primo luogo, ma non esclusivamente i docenti di religione cattolica - e da alunni formati cristianamente”, così come attraverso la collaborazione della famiglia e delle comunità cristiane. Ed ha ribadito che “una sana laicità della scuola non implica una negazione della trascendenza, né una mera neutralità di fronte a quei requisiti e valori morali” che sono alla base di una autentica formazione della persona, inclusa l’educazione religiosa.

“A escola católica não pode ser pensada nem vive separada…”

La scuola cattolica, ha proseguito il Pontefice, non può vivere separata dalle altre istituzioni educative. E’ infatti “a servizio della società”, svolgendo un servizio di pubblica utilità “non riservato soltanto ai cattolici”, ma aperto a tutti coloro che desiderano usufruire di una proposta educativa qualificata. Il problema della sua parità giuridica ed economica con la scuola statale, ha detto ancora, potrà essere impostato correttamente “se partiamo dal riconoscimento” del ruolo primario della famiglia, come indicato anche dall’articolo 26 della Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo, per il quale “i genitori hanno diritto di priorità nella scelta di istruzione da impartire ai loro figli”.

“O empenho plurissecular da escola católica situa-se nesta direção…”

L’impegno plurisecolare della scuola cattolica, ha affermato Benedetto XVI, si situa in questa direzione, spinti dalla forza che fa di Cristo “il centro del nostro processo educativo”. Ha così rivolto il pensiero all’università. La Chiesa, ha rammentato il Papa, “è sempre stata solidale con l’università e con la sua vocazione di condurre l’uomo ai più alti livelli di conoscenza della verità”. Ed ha ringraziato le diverse Congregazioni religiose che hanno fondato e dirigono rinomate università, ricordando al contempo che esse non appartengono a chi le ha fondate o a chi le frequenta, ma sono espressione della Chiesa e del suo patrimonio di fede.

© Copyright Radio Vaticana
OFFLINE
Post: 31.493
Registrato il: 02/05/2009
Registrato il: 02/05/2009
Sesso: Maschile
06/12/2009 08:24

OFFLINE
Post: 31.493
Registrato il: 02/05/2009
Registrato il: 02/05/2009
Sesso: Maschile
10/12/2009 07:49

«Ribellione, divisione, dissenso, offesa, anarchia». Il Papa ricorda i venticinque anni dalla condanna della «teologia della liberazione»

di Massimo Introvigne

Il regnante Pontefice ha un’attenzione tutta particolare agli anniversari, di cui fa continua occasione di una pedagogia attenta alla continuità della Chiesa e del Magistero nella storia. Il 5 dicembre 2009 Benedetto XVI ha ricordato il venticinquesimo anniversario dell’istruzione Libertatis nuntius da lui firmata nel 1984 come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede in cui condannava la teologia della liberazione e l’«assunzione acritica fatta da alcuni teologi di tesi e metodologie provenienti dal marxismo. Le sue conseguenze più o meno visibili fatte di ribellione, divisione, dissenso, offesa, anarchia si fanno sentire ancora oggi creando […] grande sofferenza» (Benedetto XVI, Discorso ai Vescovi della Conferenza Episcopale del Brasile (Regione SUL 3 e SUL 4) in visita «ad Limina Apostolorum», del 5-12-2009). Parlando – e la circostanza non è poco significativa – a vescovi del Paese in cui più danni ha fatto la teologia della liberazione, il Brasile, il Papa ha aggiunto: «Supplico quanti in qualunque modo si sentissero attratti, coinvolti o raggiunti nel loro intimo da certi principi ingannatori della teologia della liberazione perché si confrontino nuovamente con la citata Istruzione, accogliendo la luce benigna che essa offre con la mano tesa; a tutti ricordo che “la ‘regola suprema della propria fede’ (cattolica) proviene dall'unità che lo Spirito ha posto tra la Sacra Tradizione, la Sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa in una reciprocità tale per cui i tre non possono sussistere in maniera indipendente” ([Giovanni Paolo II, 1978-2005,] Fides et Ratio [1998], 55)».

La Chiesa – come ricordava Papa Pio XI (1922-1939) nell’enciclica Divini Redemptoris del 1937 (n. 4) – ha condannato il comunismo già prima che fosse pubblicato, nel 1848, il Manifesto del Partito Comunista, precisamente nel 1846 con l’enciclica Qui pluribus del Beato Pio IX (1846-1878). La stessa Divini Redemptoris – pubblicata cinque giorni dopo l’enciclica sul nazional-socialismo Mit brennender Sorge per evitare l’uso propagandistico della condanna dell’avversario da parte dell’uno come dell’altro regime – costituisce la più articolata analisi del fenomeno comunista da parte della Chiesa. Ma i documenti sono letteralmente centinaia, e l’istruzione Libertatis nuntius, del 6 agosto 1984, è particolarmente importante.

Questo documento infatti aiuta a rispondere alla domanda fondamentale: perché la Chiesa ha condannato il comunismo? Le risposte «perché insegna e diffonde l’ateismo» e «perché perseguita la Chiesa» non sono di per sé sbagliate, ma sono inadeguate e incomplete. Dall’istruzione Libertatis nuntius – letta, come si deve sempre fare, in tutto il contesto del Magistero sul comunismo – emergono quattro punti che vale la pena di ricordare e di meditare.

(1) Il comunismo è un sistema intrinsecamente perverso, per sua natura anti-religioso e contro l’uomo.

Va sicuramente di moda oggi – a fronte, è vero, di un involgarimento delle dottrine politiche – riconoscere al comunismo almeno una certa coerenza interna ed eleganza di sistema. È un giudizio che si sente enunciare anche da cattolici e da uomini di Chiesa. Non tutto è falso in questo riconoscimento. Ma c’è il rischio che faccia dimenticare l’essenziale: il comunismo è «intrinsecamente perverso» (Divini Redemptoris, n. 58), e non lo è per caso, per circostanze storiche, per malvagità individuale di qualcuno. Le atrocità del comunismo non sono «un fenomeno transitorio solito ad accompagnarsi a qualunque grande rivoluzione, isolati eccessi di esasperazione comuni ad ogni guerra; no, sono frutti naturali del sistema» (ibid., n. 21).

Due elementi tra loro strettamente collegati, «l’ateismo e la negazione della persona umana, della sua libertà e dei suoi diritti, sono centrali nella concezione marxista» (Libertatis nuntius, n. 9). «Il disconoscimento della natura spirituale della persona porta a subordinare totalmente quest’ultima alla collettività e a negare, così, i principi di una vita sociale e politica conforme alla dignità umana» (ibidem). Né varrebbe obiettare che esistono diversi marxismi, che il marxismo di questo o quel partito o pensatore è diverso e più «moderato». «È vero che il pensiero marxista fin dai suoi inizi, ma in maniera più accentuata in questi ultimi anni, si è diversificato per dare vita a varie correnti che divergono considerevolmente le une dalle altre. Nella misura in cui restano realmente marxiste, queste correnti continuano a ricollegarsi ad un certo numero di tesi fondamentali incompatibili con la concezione cristiana dell’uomo e della società» (ibid., n. 8).

(2) Il comunismo è un blocco: non si può separare il materialismo storico dal materialismo dialettico

Benché uno dei fondatori della «teologia della liberazione», padre Clodovis Boff O.S.M., in un articolo autocritico del 2007 che ha fatto molto rumore («Teologia da Libertação e volta ao fundamento», Revista Eclesiástica Brasileira, vol. 67, n. 268, ottobre 2007, pp. 1001-1022), abbia sostenuto che questa teologia ha portato lentamente ma inesorabilmente i suoi più conseguenti promotori verso l’ateismo, la maggioranza dei simpatizzanti cattolici del marxismo non si dichiara atea. Afferma di rifiutare nel marxismo il materialismo dialettico – cioè la filosofia atea – e di accettare il materialismo storico, cioè l’analisi economica e sociale. Sostiene non solo che questa analisi è utile ma che, una volta separato dal materialismo dialettico, il materialismo storico potrebbe dare frutti positivi e sfuggire a quelle conseguenze negative che si sono manifestate nei regimi comunisti, le quali dipenderebbero dagli elementi filosofici e non dalla teoria economica e sociale. Ma in realtà, come insegna Papa Paolo VI (1897-1978) nella lettera apostolica del 1971 Octogesima adveniens (n. 34), non è possibile separare materialismo storico e materialismo dialettico, analisi e ideologia: «sarebbe illusorio e pericoloso giungere a dimenticare l’intimo legame che tali aspetti radicalmente unisce, accettare gli elementi dell’analisi marxista senza riconoscere i loro rapporti con l’ideologia».

Spiega la Libertatis nuntius, nel linguaggio filosofico rigoroso che è tipico del cardinale Ratzinger: «il pensiero di [Karl] Marx [1818-1883] costituisce una concezione totalizzante del mondo nella quale numerosi dati di osservazione e di analisi descrittiva sono integrati in una struttura filosofico-ideologica, che predetermina il significato e l’importanza relativa che si riconosce loro. Gli a priori ideologici sono presupposti alla lettura della realtà sociale. Così la dissociazione degli elementi eterogenei che compongono questo amalgama epistemologicamente ibrido diventa impossibile, per cui mentre si crede di accettare solo ciò che si presenta come un’analisi, si è trascinati ad accettare la stessa filosofia o ideologia» (Libertatis nuntius, n. 6).

(3) Anche il materialismo storico, ipoteticamente separato dal materialismo dialettico, è intrinsecamente perverso, è una ricetta non per la giustizia ma per l’oppressione e la vergogna

La risposta alla domanda «è possibile separare il materialismo storico dal materialismo dialettico?» è negativa. Ma immaginiamo per un momento una realtà parallela in cui questa separazione fosse possibile. Il giudizio del Magistero sul materialismo storico – accompagnato da una filosofia non atea, anzi eventualmente favorevole alla religione o anche dichiaratamente cristiana – sarebbe per questo positivo? Niente affatto. La Chiesa Cattolica non difende solo la religione contro l’ateismo. Insegna pure una dottrina sociale, che è parte integrante del suo Magistero, in base alla quale il comunismo – anche se fosse possibile esaminarlo prescindendo dall’ateismo – è, nei suoi aspetti economici e sociali, una ricetta per l’oppressione e per la miseria.

Quello che è successo nei Paesi comunisti non è – insegna Benedetto XVI nell’enciclica Spe salvi del 2007 – il risultato di una cattiva interpretazione di Marx. Al contrario, rivela «l'errore fondamentale di Marx», il quale «supponeva semplicemente che con l'espropriazione della classe dominante, con la caduta del potere politico e con la socializzazione dei mezzi di produzione si sarebbe realizzata la Nuova Gerusalemme. Allora, infatti, sarebbero state annullate tutte le contraddizioni, l'uomo e il mondo avrebbero visto finalmente chiaro in se stessi. Allora tutto avrebbe potuto procedere da sé sulla retta via, perché tutto sarebbe appartenuto a tutti e tutti avrebbero voluto il meglio l'uno per l'altro. Così, dopo la rivoluzione riuscita, [Vladimir Il’ic] Lenin [1870-1924] dovette accorgersi che negli scritti del maestro non si trovava nessun'indicazione sul come procedere. Sì, egli aveva parlato della fase intermedia della dittatura del proletariato come di una necessità che, però, in un secondo tempo da sé si sarebbe dimostrata caduca. Questa “fase intermedia” la conosciamo benissimo e sappiamo anche come si sia poi sviluppata, non portando alla luce il mondo sano, ma lasciando dietro di sé una distruzione desolante» (Spe salvi, n. 21).

Distruzione, dunque, e vergogna. Scrive la Libertatis nuntius: «Milioni di nostri contemporanei aspirano legittimamente a ritrovare le libertà fondamentali di cui sono privati da parte dei regimi totalitari e atei che si sono impadroniti del potere per vie rivoluzionarie e violente, proprio in nome della liberazione del popolo. Non si può ignorare questa vergogna del nostro tempo: proprio con la pretesa di portare loro la libertà, si mantengono intere nazioni in condizioni di schiavitù indegne dell’uomo. Coloro che, forse per incoscienza, si rendono complici di simili asservimenti tradiscono i poveri che intendono servire» (Libertatis nuntius, n. 10).

 (4) Il comunismo non nasce da una nobile lotta contro l’ingiustizia, ma da un vizio morale e ideologico

Si sente spesso dire che almeno nel comunismo sarebbe positivo il momento esigenziale di lotta per la giustizia di fronte alla miseria e allo sfruttamento. Come si è visto, il Magistero fa notare che il comunismo ha provato storicamente di non risolvere il problema della miseria ma di aggravarlo. Il momento esigenziale esiste sicuramente in alcuni militanti e simpatizzanti ingenui. Non è però alle origini dell’ideologia, che nasce da un vizio di carattere morale: con le premesse del marxismo «viene messa radicalmente in causa la natura stessa dell’etica. Infatti, nell’ottica della lotta di classe viene implicitamente negato il carattere trascendente della distinzione tra il bene e il male, principio della moralità» (ibid., n. 9). Dove viene meno la moralità s’instaura il vizio. E il vizio non nasce dai problemi reali dei poveri, li sfrutta. Sul punto si era già espresso correttamente lo storico comunista, poi ex-comunista, Arthur Rosenberg (1889-1943): «Marx non si rifece […] dal proletariato, dai suoi bisogni e dalle sue sofferenze, dalla necessità di liberarnelo, per trovare poi, come unica via della salvezza del proletariato, la Rivoluzione. Al contrario, egli camminò proprio all'inverso […]. Nel cercare la possibilità della Rivoluzione, Marx trova il proletariato» (Storia del Bolscevismo, trad. it., Sansoni, Firenze 1969, p. 3).

I teologi della liberazione cattolici – che, come afferma il Papa nel 2009, continuano a fare danni oggi – partono dunque da giudizi completamente sbagliati sul comunismo. Le conseguenze della loro azione nella Chiesa sono state e sono «ribellione, divisione, dissenso, offesa, anarchia». Tra le righe si legge anche una critica di tanti vescovi ibero-americani (e non solo), colpevoli – per dire il meno – di omessa vigilanza. E il Papa conclude con una impressionante «supplica» a quanti sono ancora coinvolti nei «principi ingannatori» della teologia della liberazione perché si ravvedano, smettano di proporre idee che hanno avuto e hanno conseguenze distruttive per la Chiesa e per la società, e tornino ad accogliere in modo ubbidiente e fedele il Magistero. La storia recente induce purtroppo a dubitare dell’accoglienza che i sostenitori della teologia della liberazione sapranno fare alla mano che tende loro il Papa. Ma la speranza cristiana è più forte anche della «vergogna del nostro tempo».

Fonte

[Modificato da S_Daniele 10/12/2009 07:53]
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi
Cerca nel forum

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 18:33. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com