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Omelia e Angelus del Papa nella Domenica delle Palme

Ultimo Aggiornamento: 29/03/2010 20:31
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OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,
cari giovani!

Il Vangelo della benedizione delle palme, che ascoltiamo qui riuniti in Piazza San Pietro, comincia con la frase: “Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme” (Lc 19,28). Subito all’inizio della liturgia di questo giorno, la Chiesa anticipa la sua risposta al Vangelo, dicendo: “Seguiamo il Signore”. Con ciò il tema della Domenica delle Palme è chiaramente espresso. È la sequela.

Essere cristiani significa considerare la via di Gesù Cristo come la via giusta per l’essere uomini – come quella via che conduce alla meta, ad un’umanità pienamente realizzata e autentica. In modo particolare, vorrei ripetere a tutti i giovani e le giovani, in questa XXV Giornata Mondiale della Gioventù, che l’essere cristiani è un cammino, o meglio: un pellegrinaggio, un andare insieme con Gesù Cristo. Un andare in quella direzione che Egli ci ha indicato e ci indica.

Ma di quale direzione si tratta? Come la si trova? La frase del nostro Vangelo offre due indicazioni al riguardo. In primo luogo dice che si tratta di un’ascesa. Ciò ha innanzitutto un significato molto concreto. Gerico, dove ha avuto inizio l’ultima parte del pellegrinaggio di Gesù, si trova a 250 metri sotto il livello del mare, mentre Gerusalemme – la meta del cammino – sta a 740-780 metri sul livello del mare: un’ascesa di quasi mille metri. Ma questa via esteriore è soprattutto un’immagine del movimento interiore dell’esistenza, che si compie nella sequela di Cristo: è un’ascesa alla vera altezza dell’essere uomini.

L’uomo può scegliere una via comoda e scansare ogni fatica. Può anche scendere verso il basso, il volgare. Può sprofondare nella palude della menzogna e della disonestà. Gesù cammina avanti a noi, e va verso l’alto.

Egli ci conduce verso ciò che è grande, puro, ci conduce verso l’aria salubre delle altezze: verso la vita secondo verità; verso il coraggio che non si lascia intimidire dal chiacchiericcio delle opinioni dominanti; verso la pazienza che sopporta e sostiene l’altro.

Egli conduce verso la disponibilità per i sofferenti, per gli abbandonati; verso la fedeltà che sta dalla parte dell’altro anche quando la situazione si rende difficile. Conduce verso la disponibilità a recare aiuto; verso la bontà che non si lascia disarmare neppure dall’ingratitudine. Egli ci conduce verso l’amore – ci conduce verso Dio.

“Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme”. Se leggiamo questa parola del Vangelo nel contesto della via di Gesù nel suo insieme – una via che, appunto, prosegue sino alla fine dei tempi – possiamo scoprire nell’indicazione della meta “Gerusalemme” diversi livelli. Naturalmente innanzitutto deve intendersi semplicemente il luogo “Gerusalemme”: è la città in cui si trovava il Tempio di Dio, la cui unicità doveva alludere all’unicità di Dio stesso. Questo luogo annuncia quindi anzitutto due cose: da un lato dice che Dio è uno solo in tutto il mondo, supera immensamente tutti i nostri luoghi e tempi; è quel Dio a cui appartiene l’intera creazione. È il Dio di cui tutti gli uomini nel più profondo sono alla ricerca e di cui in qualche modo tutti hanno anche conoscenza. Ma questo Dio si è dato un nome. Si è fatto conoscere a noi, ha avviato una storia con gli uomini; si è scelto un uomo – Abramo – come punto di partenza di questa storia. Il Dio infinito è al contempo il Dio vicino. Egli, che non può essere rinchiuso in alcun edificio, vuole tuttavia abitare in mezzo a noi, essere totalmente con noi.

Se Gesù insieme con l’Israele peregrinante sale verso Gerusalemme, Egli ci va per celebrare con Israele la Pasqua: il memoriale della liberazione di Israele – memoriale che, allo stesso tempo, è sempre speranza della libertà definitiva, che Dio donerà. E Gesù va verso questa festa nella consapevolezza di essere Egli stesso l’Agnello in cui si compirà ciò che il Libro dell’Esodo dice al riguardo: un agnello senza difetto, maschio, che al tramonto, davanti agli occhi dei figli d’Israele, viene immolato “come rito perenne” (cfr Es 12,5-6.14).

E infine Gesù sa che la sua via andrà oltre: non avrà nella croce la sua fine. Sa che la sua via strapperà il velo tra questo mondo e il mondo di Dio; che Egli salirà fino al trono di Dio e riconcilierà Dio e l’uomo nel suo corpo. Sa che il suo corpo risorto sarà il nuovo sacrificio e il nuovo Tempio; che intorno a Lui, dalla schiera degli Angeli e dei Santi, si formerà la nuova Gerusalemme che è nel cielo e tuttavia è anche già sulla terra, perché nella sua passione Egli ha aperto il confine tra cielo e terra. La sua via conduce al di là della cima del monte del Tempio fino all’altezza di Dio stesso: è questa la grande ascesa alla quale Egli invita tutti noi. Egli rimane sempre presso di noi sulla terra ed è sempre già giunto presso Dio, Egli ci guida sulla terra e oltre la terra.

Così, nell’ampiezza dell’ascesa di Gesù diventano visibili le dimensioni della nostra sequela – la meta alla quale Egli vuole condurci: fino alle altezze di Dio, alla comunione con Dio, all’essere-con-Dio. È questa la vera meta, e la comunione con Lui è la via. La comunione con Lui è un essere in cammino, una permanente ascesa verso la vera altezza della nostra chiamata.

Il camminare insieme con Gesù è al contempo sempre un camminare nel «noi» di coloro che vogliono seguire Lui. Ci introduce in questa comunità. Poiché il cammino fino alla vita vera, fino ad un essere uomini conformi al modello del Figlio di Dio Gesù Cristo supera le nostre proprie forze, questo camminare è sempre anche un essere portati.

Ci troviamo, per così dire, in una cordata con Gesù Cristo – insieme con Lui nella salita verso le altezze di Dio. Egli ci tira e ci sostiene. Fa parte della sequela di Cristo che ci lasciamo integrare in tale cordata; che accettiamo di non potercela fare da soli. Fa parte di essa questo atto di umiltà, l’entrare nel «noi» della Chiesa; l’aggrapparsi alla cordata, la responsabilità della comunione – il non strappare la corda con la caparbietà e la saccenteria. L’umile credere con la Chiesa, come essere saldati nella cordata dell’ascesa verso Dio, è una condizione essenziale della sequela. Di questo essere nell’insieme della cordata fa parte anche il non comportarsi da padroni della Parola di Dio, il non correre dietro un’idea sbagliata di emancipazione. L’umiltà dell’«essere-con» è essenziale per l’ascesa. Fa anche parte di essa che nei Sacramenti ci lasciamo sempre di nuovo prendere per mano dal Signore; che da Lui ci lasciamo purificare e corroborare; che accettiamo la disciplina dell’ascesa, anche se siamo stanchi.

Infine, dobbiamo ancora dire: dell’ascesa verso l’altezza di Gesù Cristo, dell’ascesa fino all’altezza di Dio stesso fa parte la Croce. Come nelle vicende di questo mondo non si possono raggiungere grandi risultati senza rinuncia e duro esercizio, come la gioia per una grande scoperta conoscitiva o per una vera capacità operativa è legata alla disciplina, anzi, alla fatica dell’apprendimento, così la via verso la vita stessa, verso la realizzazione della propria umanità è legata alla comunione con Colui che è salito all’altezza di Dio attraverso la Croce. In ultima analisi, la Croce è espressione di ciò che l’amore significa: solo chi perde se stesso, si trova.

Riassumiamo: la sequela di Cristo richiede come primo passo il risvegliarsi della nostalgia per l’autentico essere uomini e così il risvegliarsi per Dio. Richiede poi che si entri nella cordata di quanti salgono, nella comunione della Chiesa. Nel «noi» della Chiesa entriamo in comunione col «Tu» di Gesù Cristo e raggiungiamo così la via verso Dio. È richiesto inoltre che si ascolti la Parola di Gesù Cristo e la si viva: in fede, speranza e amore. Così siamo in cammino verso la Gerusalemme definitiva e già fin d’ora, in qualche modo, ci troviamo là, nella comunione di tutti i Santi di Dio.

Il nostro pellegrinaggio alla sequela di Cristo non va verso una città terrena, ma verso la nuova Città di Dio che cresce in mezzo a questo mondo. Il pellegrinaggio verso la Gerusalemme terrestre, tuttavia, può essere proprio anche per noi cristiani un elemento utile per tale viaggio più grande.

Io stesso ho collegato al mio pellegrinaggio in Terra Santa dello scorso anno tre significati. Anzitutto avevo pensato che a noi può capitare in tale occasione ciò che san Giovanni dice all’inizio della sua Prima Lettera: quello che abbiamo udito, lo possiamo, in certo qual modo, vedere e toccare con le nostre mani (cfr 1Gv 1,1). La fede in Gesù Cristo non è un’invenzione leggendaria. Essa si fonda su di una storia veramente accaduta. Questa storia noi la possiamo, per così dire, contemplare e toccare. È commovente trovarsi a Nazaret nel luogo dove l’Angelo apparve a Maria e le trasmise il compito di diventare la Madre del Redentore. È commovente essere a Betlemme nel luogo dove il Verbo, fattosi carne, è venuto ad abitare fra noi; mettere il piede sul terreno santo in cui Dio ha voluto farsi uomo e bambino. È commovente salire la scala verso il Calvario fino al luogo in cui Gesù è morto per noi sulla Croce. E stare infine davanti al sepolcro vuoto; pregare là dove la sua santa salma riposò e dove il terzo giorno avvenne la risurrezione. Seguire le vie esteriori di Gesù deve aiutarci a camminare più gioiosamente e con una nuova certezza sulla via interiore che Egli ci ha indicato e che è Lui stesso.

Quando andiamo in Terra Santa come pellegrini, vi andiamo però anche – e questo è il secondo aspetto – come messaggeri della pace, con la preghiera per la pace; con l’invito a tutti di fare in quel luogo, che porta nel nome la parola “pace”, tutto il possibile affinché esso diventi veramente un luogo di pace. Così questo pellegrinaggio è al tempo stesso – come terzo aspetto – un incoraggiamento per i cristiani a rimanere nel Paese delle loro origini e ad impegnarsi intensamente in esso per la pace.

Alla fine del Vangelo per la benedizione delle palme udiamo l’acclamazione con cui i pellegrini salutano Gesù alle porte di Gerusalemme. È la parola dal Salmo 118 (117), che originariamente i sacerdoti proclamavano dalla Città Santa ai pellegrini, ma che, nel frattempo, era diventata espressione della speranza messianica: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore” (Sal 118[117],26; Lc 19,38). I pellegrini vedono in Gesù l’Atteso, che viene nel nome del Signore, anzi, secondo il Vangelo di san Luca, inseriscono ancora una parola: “Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore”. E proseguono con un’acclamazione che ricorda il messaggio degli Angeli a Natale, ma lo modifica in una maniera che fa riflettere. Gli Angeli avevano parlato della gloria di Dio nel più alto dei cieli e della pace in terra per gli uomini della benevolenza divina. I pellegrini all’ingresso della Città Santa dicono: “Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!”.

Sanno troppo bene che in terra non c’è pace. E sanno che il luogo della pace è il cielo – sanno che fa parte dell’essenza del cielo di essere luogo di pace. Così questa acclamazione è espressione di una profonda pena e, insieme, è preghiera di speranza: Colui che viene nel nome del Signore porti sulla terra ciò che è nei cieli. La sua regalità diventi la regalità di Dio, presenza del cielo sulla terra. La Chiesa, prima della consacrazione eucaristica, canta la parola del Salmo con cui Gesù venne salutato prima del suo ingresso nella Città Santa: essa saluta Gesù come il Re che, venendo da Dio, nel nome di Dio entra in mezzo a noi. Anche oggi questo saluto gioioso è sempre supplica e speranza.

Preghiamo il Signore affinché porti a noi il cielo: la gloria di Dio e la pace degli uomini. Intendiamo tale saluto nello spirito della domanda del Padre Nostro: “Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra!”. Sappiamo che il cielo è cielo, luogo della gloria e della pace, perché lì regna totalmente la volontà di Dio. E sappiamo che la terra non è cielo fin quando in essa non si realizza la volontà di Dio. Salutiamo quindi Gesù che viene dal cielo e lo preghiamo di aiutarci a conoscere e a fare la volontà di Dio.

Che la regalità di Dio entri nel mondo e così esso sia colmato con lo splendore della pace. Amen.

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LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 28.03.2010

Al termine della solenne celebrazione liturgica della Domenica delle Palme e della Passione del Signore, il Santo Padre Benedetto XVI recita l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PAROLE DEL SANTO PADRE


Mentre ci avviamo a concludere questa celebrazione, il pensiero non può non andare alla Domenica delle Palme di 25 anni fa. Era il 1985, che le Nazioni Unite avevano dichiarato “Anno della Gioventù”. Il Venerabile Giovanni Paolo II volle cogliere quella occasione e, commemorando l’ingresso di Cristo in Gerusalemme acclamato dai suoi giovani discepoli, diede inizio alle Giornate Mondiali della Gioventù. Da allora, la Domenica delle Palme ha acquisito questa caratteristica, che ogni due o tre anni si manifesta anche nei grandi incontri mondiali, tracciando una sorta di pellegrinaggio giovanile attraverso l’intero pianeta alla sequela di Gesù. 25 anni or sono, il mio amato Predecessore invitò i giovani a professare la loro fede in Cristo che “ha preso su di sé la causa dell’uomo” (Omelia, 31 marzo 1985, nn. 5, 7: Insegnamenti VIII, 1 [1985], 884, 886). Oggi io rinnovo questo appello alla nuova generazione, a dare testimonianza con la forza mite e luminosa della verità, perché agli uomini e alle donne del terzo millennio non manchi il modello più autentico: Gesù Cristo. Consegno questo mandato in particolare ai 300 delegati del Forum Internazionale dei Giovani, venuti da ogni parte del mondo, convocati dal Pontificio Consiglio per i Laici.

Chers pèlerins francophones, rassemblés en ce dimanche des Rameaux, je vous salue cordialement, particulièrement vous, les jeunes, en cette vingt-cinquième Journée Mondiale de la Jeunesse. Accueillez avec joie l’appel à suivre le Christ, à l’aimer par-dessus tout et à le servir dans ses frères ! N’ayez pas peur de répondre avec générosité, s’il vous invite à le suivre dans la vie sacerdotale ou dans la vie religieuse. Tout au long de cette Semaine Sainte, avec Marie, suivez Jésus qui nous conduit vers la lumière de la Résurrection ! À tous, bonne montée vers Pâques !

I greet all the English-speaking pilgrims and visitors at this Angelus, especially the young people present who are celebrating the twenty-fifth World Youth Day. Today we also begin Holy Week, the Church’s most intense time of prayer and reflection, by recalling Jesus’s welcome into Jerusalem by the children. Let us make their joy our own, by welcoming Christ into our lives, our hearts and our families. Upon you and your loved ones, I gladly invoke the strength and peace of our Lord Jesus Christ.

Ein herzliches „Grüß Gott” sage ich allen deutschsprachigen Pilgern und Besuchern, und ganz besonders den jungen Menschen, die am heutigen Palmsonntag den 25. Weltjugendtag in den Diözesen feiern. Voll Freude sehen wir, daß auch in unserer Zeit viele Jugendliche Jesus Christus mit Begeisterung die Tore ihres Lebens öffnen und sich ohne Scheu zu ihrem Herrn und König bekennen. Der Blick auf die liebende Hingabe Jesu, die wir in den Geheimnissen der Karwoche betrachten werden, schenke uns allen die Kraft, nicht vor den Ansprüchen der Nachfolge Christi zurückzuschrecken. Der Herr segne euch und eure Familien.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española presentes en esta oración mariana. Con la celebración del Domingo de Ramos, la Iglesia conmemora la Entrada Triunfal del Señor en Jerusalén, iniciándose así esta Semana grande y santa, donde celebraremos los misterios de la Pasión, Muerte y Resurrección de Nuestro Señor. Os invito, queridos hermanos, a participar con especial fervor en las celebraciones litúrgicas de los próximos días, para experimentar y gozar de la infinita misericordia de Dios, que por amor nos libra del pecado y de la muerte. Buenas y santas fiestas. Muchas gracias.

Pozdravljam dijake Škofijske klasične gimnazije v Šentvidu in vse druge slovenske romarje! Želim vam, da bi vedno z navdušenjem sprejemali Jezusa kot odrešenika in mu sledili – če treba tudi preko trpljenja – do zmage vstajenja. Naj vas spremlja moj blagoslov!


[Saluto gli alunni del Liceo Classico Diocesano di Šentvid e tutti gli altri pellegrini sloveni! Vi auguro cordialmente di accogliere Gesù come Salvatore sempre con entusiasmo e di seguirlo – se necessario anche attraverso la sofferenza – fino alla vittoria della risurrezione! Vi accompagni la mia Benedizione!]

Pozdrawiam pielgrzymów polskich, szczególnie młodych, którzy przybyli do Rzymu z okazji Światowego Dnia Młodzieży. Raz jeszcze zadajemy Chrystusowi pytanie: „Nauczycielu dobry, co mam czynić, aby osiągnąć życie wieczne?” (Mk 10, 17). Przeżycia Wielkiego Tygodnia, które w szczególny sposób ukazują wielką miłość Boga do człowieka, niech pomogą nam znaleźć właściwą odpowiedź. Życzę wszystkim głębokiej zadumy nad męką, śmiercią i zmartwychwsta niem Chrystusa.


[Saluto i pellegrini Polacchi e, in modo particolare, tutti i giovani che sono venuti a Roma in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù. Ancora una volta chiediamo a Gesù: "Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?" (Mc 10,17). I misteri della Settimana Santa, che in modo particolare ci mostrano il grande amore di Dio verso l’uomo, ci aiutino a trovare la giusta risposta. Auguro a tutti di meditare in profondità la passione, la morte e la risurrezione di Cristo.]

Infine, saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i giovani venuti da varie città e diocesi. Cari amici, non temete quando il seguire Cristo comporta incomprensioni e offese. Servitelo nelle persone più fragili e svantaggiate, in particolare nei vostri coetanei in difficoltà. A questo proposito, desidero assicurare anche una speciale preghiera per la Giornata mondiale dei portatori di autismo, promossa dall’ONU, che ricorrerà il prossimo 2 aprile.

In questo momento, il nostro pensiero e il nostro cuore si dirigono in modo particolare a Gerusalemme, dove il mistero pasquale si è compiuto. Sono profondamente addolorato per i recenti contrasti e per le tensioni verificatisi ancora una volta in quella Città, che è patria spirituale di Cristiani, Ebrei e Musulmani, profezia e promessa di quell’universale riconciliazione che Dio desidera per tutta la famiglia umana. La pace è un dono che Dio affida alla responsabilità umana, affinché lo coltivi attraverso il dialogo e il rispetto dei diritti di tutti, la riconciliazione e il perdono. Preghiamo, quindi, perché i responsabili delle sorti di Gerusalemme intraprendano con coraggio la via della pace e la seguano con perseveranza!

Cari fratelli e sorelle! Come fece Gesù con il discepolo Giovanni, anch’io vi affido a Maria, dicendovi: Ecco la vostra madre (cfr Gv 19,27). A Lei ci rivolgiamo tutti con fiducia filiale, recitando insieme la preghiera dell’Angelus.


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VATICAN CITY, VATICAN - MARCH 28:  Pope Benedict XVI attends Palm Sunday Mass on March 28, 2010 in Vatican City, Vatican. The Pope is now facing pressure over abuse allegations which involved the German, the American and the Irish Catholic Church.

VATICAN CITY, VATICAN - MARCH 28:  Pope Benedict XVI waves to the faithful gathered in St Peter's Square at the end of the Palm Sunday Mass on March 28, 2010 in Vatican City, Vatican. The Pope is now facing pressure over abuse allegations which involved the German, the American and the Irish Catholic Church.

VATICAN CITY, VATICAN - MARCH 28:  A view of St Peter's Square during the Palm Sunday Mass celebrated by Pope Benedict XVI on March 28, 2010 in Vatican City, Vatican. The Pope is now facing pressure over abuse allegations which involved the German, the American and the Irish Catholic Church.

Pope Benedict XVI waves to the faithful as he leaves at the end of the Palm Sunday procession in Saint Peter square at the Vatican, on March 28, 2010. The Palm Sunday marks the holy week of Easter in celebration of the crucifixion and resurrection of Jesus Christ.

Pope Benedict XVI waves to his faithful as he leaves at the end of the Palm Sunday mass in Saint Peter's Square at the Vatican March 28, 2010.

VATICAN CITY, VATICAN - MARCH 28:  Pope Benedict XVI attends Palm Sunday Mass on March 28, 2010 in Vatican City, Vatican. The Pope is now facing pressure over abuse allegations which involved the German, the American and the Irish Catholic Church.

VATICAN CITY, VATICAN - MARCH 28:  Pope Benedict XVI attends Palm Sunday Mass on March 28, 2010 in Vatican City, Vatican. The Pope is now facing pressure over abuse allegations which involved the German, the American and the Irish Catholic Church.
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Migliaia di rami di ulivo per ricordare l'ingresso di Gesù in Gerusalemme


 Giovani provenienti da ogni parte del mondo, con in mano rami di ulivo e di palma, hanno aperto la processione che si è snodata dal portone di bronzo a piazza San Pietro. In questa domenica mattina 28 marzo, nella quale si celebra la passione del Signore, ricorre anche il XXV anniversario della Giornata mondiale della gioventù istituita nel 1985. Al canto dell'Osanna, Benedetto XVI ha guidato la processione assistito dai cardinali diaconi Leonardo Sandri e Renato Raffaele Martino. Giunto sotto l'obelisco, il Papa ha introdotto il rito e ha benedetto i rami di ulivo e di palma. Dopo la lettura del brano del Vangelo di Luca che ricorda l'ingresso di Gesù in Gerusalemme, il Pontefice in papamobile ha raggiunto il sagrato della basilica, dove ha celebrato l'Eucaristia. Con lui hanno concelebrato i cardinali Vallini, vicario generale per la diocesi di Roma, Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, l'arcivescovo Moretti, vicegerente della diocesi di Roma, e il vescovo Clemens, segretario del Pontificio Consiglio per i Laici. Hanno prestato servizio liturgico i giovani studenti universitari della città, mentre i canti sono stati eseguiti dal coro con orchestra della diocesi di Roma, diretto da monsignor Frisina. Ventitré i porporati presenti, con il decano del collegio cardinalizio Sodano. Tra i numerosi membri della Curia Romana, gli arcivescovi Filoni, sostituto della Segreteria di Stato, e Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati, i monsignori Wells, assessore, Balestrero, sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati, e Nwachukwu, capo del Protocollo. Hanno accompagnato il Papa l'arcivescovo Harvey, il vescovo De Nicolò, i monsignori Gänswein, segretario di Benedetto XVI, e Xuereb della segreteria particolare. Fra i presenti, il direttore del nostro giornale e il direttore emerito. I rami di ulivo utilizzati nella celebrazione provenivano dalle Ville Pontificie, quelli di palma sono stati donati dal cammino neo-catecumenale e i "palmurelli" - foglie di palma artisticamente intrecciate - dai comuni di Sanremo e Bordighera, mentre l'addobbo degli ulivi è stato offerto dalla regione Puglia.


(©L'Osservatore Romano - 29-30 marzo 2010)
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