Benedetto XVI conclude gli esercizi spirituali in Vaticano

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S_Daniele
00domenica 28 febbraio 2010 06:09
 



CONCLUSIONE DEGLI ESERCIZI SPIRITUALI DELLA CURIA ROMANA, 27.02.2010

Alle ore 9 di questa mattina, nella Cappella Redemptoris Mater del Palazzo Apostolico Vaticano, con il canto delle Lodi e la Meditazione finale, si sono conclusi gli Esercizi Spirituali alla presenza del Santo Padre Benedetto XVI.
Quest’anno le Meditazioni sono state proposte dal Rev.do Don Enrico dal Covolo, S.D.B., sul tema: “Lezioni” di Dio e della Chiesa sulla vocazione sacerdotale.

Pubblichiamo di seguito le parole che il Santo Padre ha rivolto ai presenti a conclusione degli Esercizi Spirituali:

PAROLE DEL SANTO PADRE

Cari Fratelli,
Caro Don Enrico,

A nome di tutti noi qui presenti vorrei di tutto cuore dire grazie a Lei, Don Enrico, per questi esercizi, per il modo appassionato e molto personale col quale ci ha guidato nel cammino verso Cristo, nel cammino di rinnovamento del nostro sacerdozio.

Lei ha scelto come punto di partenza, come sottofondo sempre presente, come punto di arrivo — lo abbiamo visto adesso — la preghiera di Salomone per «un cuore che ascolta». In realtà mi sembra che qui sia riassunta tutta la visione cristiana dell’uomo.

L’uomo non è perfetto in sé, l’uomo ha bisogno della relazione, è un essere in relazione. Non è il suo cogito che può cogitare tutta la realtà. Ha bisogno dell’ascolto, dell’ascolto dell’altro, soprattutto dell’Altro con la maiuscola, di Dio. Solo così conosce se stesso, solo così diviene se stesso.

Dal mio posto qui ho sempre visto la Madre del Redentore, la Sedes Sapientiae, il trono vivente della saggezza, con la Sapienza incarnata sul grembo. E come abbiamo visto, san Luca presenta Maria proprio come donna dal cuore in ascolto, che è immersa nella Parola di Dio, che ascolta la Parola, la medita (synballein) la compone e la conserva, la custodisce nel suo cuore. I padri della Chiesa dicono che nel momento della concezione del Verbo eterno nel grembo della Vergine lo Spirito Santo è entrato in Maria tramite l’orecchio. Nell’ascolto ha concepito la Parola eterna, ha dato la sua carne a questa Parola. E così ci dice che cosa è avere un cuore in ascolto.

Maria è qui circondata dai padri e dalle madri della Chiesa, dalla comunione dei santi. E così vediamo e abbiamo capito proprio in questi giorni che non nell’io isolato possiamo realmente ascoltare la Parola: solo nel noi della Chiesa, nel noi della comunione dei santi.

E Lei, caro Don Enrico, ci ha mostrato, ha dato voce a cinque figure esemplari del sacerdozio, cominciando con Ignazio d’Antiochia fino al caro e venerabile Papa Giovanni Paolo II. Così abbiamo realmente di nuovo percepito che cosa vuol dire essere sacerdote, divenire sempre più sacerdoti.

Lei ha anche sottolineato che la consacrazione va verso la missione, è destinata a divenire missione. In questi giorni abbiamo approfondito con l’aiuto di Dio la nostra consacrazione. Così, con nuovo coraggio, vogliamo adesso affrontare la nostra missione.

Il Signore ci aiuti. Grazie a Lei per il suo aiuto, Don Enrico.

© Copyright 2010 – Libreria Editrice Vaticana

S_Daniele
00domenica 28 febbraio 2010 06:10
La «predica dei ricordi» di don Enrico dal Covolo

Il primato della contemplazione sull'azione


"Senza la preghiera e la diaconia della parola non ci può essere un servizio autentico della carità". Nella predica conclusiva degli esercizi spirituali al Papa e alla Curia Romana, il salesiano don Enrico dal Covolo ha ribadito "il primato dell'ascolto, della contemplazione" nella vita del presbitero, evidenziando come esso rappresenti l'unico "antidoto" contro il rischio dell'attivismo fine a se stesso.
Nella cappella Redemptoris Mater, prima della riflessione del Papa, il predicatore ha offerto agli esercitandi le ultime raccomandazioni. Lo ha fatto prendendo spunto dal sesto capitolo degli Atti degli Apostoli, che racconta l'ordinazione dei primi sette diaconi, istituiti dalla comunità di Gerusalemme per il servizio delle mense. Un servizio - ha spiegato - che "presuppone il primato della dimensione contemplativa". Per don dal Covolo appare evidente, infatti, come il servizio della carità venga subordinato alla preghiera e al servizio della parola. I Dodici - ha detto - avevano compreso che "l'impegno del discernimento per realizzare vere opere di carità deve essere sostenuto dall'intimità con il Signore:  dalla confidenza e dall'amicizia profonda con Lui".
Attualizzando il discorso, oggi il rischio per chi serve nella Chiesa è quello di cui Luca parla nel decimo capitolo del suo Vangelo; quello di chi - come Marta - si lascia prendere dai "molti servizi, fino al punto di smarrire la giusta scala dei valori". Ma "l'episodio narrato da Luca stabilisce anche l'antidoto, il farmaco salutare all'agitazione di Marta, e suggerisce a chi serve nella carità il metodo per superare tale rischio:  è l'ascolto della Parola, definito come la parte migliore, l'unica necessaria, al vertice dunque della scala dei valori".
Per il predicatore c'è quindi un primato da salvare a tutti i costi:  quello dell'ascolto, "pena il nonsenso e la degenerazione dell'agire". Chi serve nella carità dovrebbe perciò impegnarsi a realizzare "una sintesi matura tra le mille esigenze della carità e la contemplazione di Dio". Ed è un equilibrio che i pastori dovrebbero - ha esortato don dal Covolo - "sempre cercare fino all'ultimo giorno della vita". Del resto capita spesso di dover "vivere di necessità nella molteplicità dei servizi" e di uscirne "un po' tesi e stanchi". Ma ciò che più conta - ha puntualizzato - "è avere il giusto senso dei valori. È capire che il servizio fondamentale rimane quello della preghiera e della Parola; e che il punto di partenza di ogni diaconia autentica della carità è il cuore di Gesù Cristo, ricco di misericordia e di perdono".
Quindi il presbitero salesiano ha invitato i presenti a chiedere al Signore la grazia di continuare a pascere il gregge secondo le modalità e gli impegni caratteristici della vocazione di ciascuno, "con fede e amore, con premura e umiltà, senza mai cedere alle tentazioni del ripiegamento su noi stessi, dell'accaparramento, della strumentalizzazione".


(©L'Osservatore Romano - 28 febbraio 2010)
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