Il Papa Lucio III, cacciato da Roma dagli insulti ripetuti dei romani, nel 1184 si trovava a Verona, quando andò a trovarlo l'Imperatore Federico I, accompagnato da un gran numero di vescovi e di signori. Fu tenuto allora un gran concilio; ed il Fleury nella sua Histoire de l'Eglise fa a nostro proposito la seguente riflessione: «Io credo, egli dice, di trovar là l'origine dell'inquisizione contro gli eretici, essendosi allora ordinato ai vescovi d'informarsi da loro stessi, o per mezzo di commissari delle persone sospette d'eresia, secondo che dice la, voce del pubblico o le denunzie particolari; ed essendosi stabilite differenti pene pei sospetti, pei convinti, pei penitenti, pei recidivi, non rilasciando al braccio secolare i colpevoli, se non dopo aver loro applicato tutte le pene spirituali». E non v'ha dubbio che le prime tracce dell'inquisizione, quantunque a uno stato ancora informe, siano da ritrovarsi là: là la ricerca degli eretici per mezzo di commissari; là l'applicazione graduata delle pene spirituali, l'abbandono al braccio secolare in caso di manifesta ribellione, il concorso simultaneo dei laici, e dei vescovi. Non manca che l'ultima forma, cioè l'elezione del tribunale a cui spetti esercitare questo, nuovo genere di giustizia: cosa alla quale si pensò, non molto dopo.
Difatti nel 1198, dieci anni appena dal Concilio di Verona, comparvero i primi commissari inquisitori, di cui la storia abbia conservato il nome. Furono due monaci dell'ordine Cisterciense, Ranieri e Guido, inviati dal Papa Innocenzo III nella Linguadoca per la ricerca e la conversione degli eretici albigesi. Il Fleury nella sua Histoire de l'Eglise e D. Valssette nella Histoire du Languedoc danno loro senza distinzione il titolo di inquisitori. Parimente i tre legati dell'Ordine Cisterciense, che S. Domenico e il vescovo di Osma trovarono a Montpellier verso la fine del 1205, erano commissari inquisitori.
Così abbiamo che già da ventun'anno nel Concilio di Verona erano state poste le prime basi dell'inquisizione, quando Domenico comparve in scena; e chiamati ad esercitare tal nuovo ufficio nella sua forma primitiva ed incompleta furono i Cisterciensi.
D'altronde, in qual modo Domenico si presenta ai Legati?. «Lasciate, dice loro, ogni equipaggio, i valletti, le insegne, il lusso, che ad altro non servono se non a render gli eretici sempre più ostinati; ed andiamo a piedi a cercarli, a parlar loro, a soffrire e morire per loro». Cosa inaudita! Il razionalismo ha preso la storia tutta al rovescio. Nella terribile guerra contro gli Albigesi che sta a capo di tutto, chi presiede alle assemblee dei vescovi e dei cavalieri, chi raccoglie tutte le forze spirituali e temporali contro gli eretici sono gli abati di Citeaux e non S, Domenico. Questi in tali frangenti apparisce invece ciò che noi oggi chiameremmo un uomo novello. Mai prende parte ai consigli, molto meno ai combattimenti: prega, digiuna, predica, libera un giovane dall'ultimo supplizio col profetizzare che sarà un giorno un gran santo. Una povera donna gli manifesta che non le è possibile lasciare l'eresia, altrimenti non avrebbe di che vivere, e S. Domenico è pronto a vendersi come schiavo per procurarle il pane. Egli raccoglie insieme tenere giovanette per liberarlo dalla tentazione della miseria: fonda un ordine religioso, non già per affrontare gli eretici colla forza, ma con la predicazione e la scienza divina. E fra tutti i contemporanei che hanno scritto di lui, Teodoro d'Apolda, Costantino d'Orvieto, Bartolomeo vescovo di Trento, il B. Umberto, Niccolò Trevet, nessuno gli attribuisce un solo atto relativo all'inquisizione. Tutti lo rappresentano come le Cortes spagnole del 1812, senza altre armi alla mano che la preghiera, la pazienza e l'istruzione, salvo che non vi aggiungano qualche miracolo, cosa che non fece certo male ad alcuno.
Nel 1215 Domenico assisté al quarto Concilio ecumenico Lateranense: propizia occasione per mettere innanzi gli affari dell'inquisizione, s'egli avesse voluto immischiarvisi; invece neppur se ne tratta. Durante i cinque anni che ancora sopravvisse, ricevé dalla Santa Sede vari Brevi e Diplomi, ma nessuno gli dà il titolo d'inquisitore. Otto anni dopo la di lui morte fu ordinato a Tolosa un concilio sotto la presidenza di un delegato apostolico, e furono rinnovati in forma più completa i decreti del concilio di Verona relativi all'inquisizione. Ebbene! in questa stessa città di Tolosa, dove S. Domenico era tanto conosciuto, dove aveva avuto origine il suo Ordine e vi aveva preso ormai piede, il concilio non affida l'ufficio d'inquisitore ai Frati Predicatori, ma dice: «I vescovi sceglieranno in ciascuna parrocchia un prete e due o tre secolari di buon nome, e li faranno giurare di ricercare diligentemente gli eretici etc.». Sarebbe stato possibile un simile decreto, se S. Domenico fosso stato veramente il fondatore ed il promotore dell'inquisizione, se l'avesse lasciata ai suoi come parte della sua eredità? D'altra parte il nome stesso di Frati Predicatori è un'immortale conferma dello scopo propostosi da S. Domenico, come il nome di Frati Minori è una conferma immortale dello scopo propostosi da S. Francesco d'Assisi: ambedue gli uomini nuovi dei loro tempi. Essi per salvare la Chiesa inalberarono altro vessillo, che non' quello dell'umana potenza; ed è appunto per questo che gli spiriti i più indipendenti di quel tempi hanno esaltato sempre la, loro memoria. Quando S. Domenico e S. Francesco si incontrarono a Roma, si riconobbero senza, essersi mai veduti, e si gettarono l'uno al collo dell'altro. Erano le due forze eterne della Chiesa che si abbracciavano: la povertà e la parola.
Dopo le prove da noi addotte, prenderemo ad esame le ragioni dei nostri avversari, inserite nell'Histoire de l'Inquisition da Filippo di Lymborch, al capitolo decimo del primo libro. Il Lymborch aveva un mezzo facilissimo per stabilire la sua tesi contro S. Domenico: citare gli autori contemporanei. Ma siccome neppure uno degli autori contemporanei attribuisce a S. Domenico i fatti che ili si imputano dai protestanti e dal razionalisti, il Lymborch credé meglio limitarsi alle strane prove che ora addurremo.
La prima eccola: - il palazzo dell'inquisizione in Tolosa è un palazzo che era stato donato a San Domenico; dunque S. Domenico fu il primo inquisitore. - Ora, la casa di cui parla il Lymborch, fu donata a S. Domenico da Pietro Cellani l'anno 1215, e non divenne palazzo dell'inquisizione che nel 1233, vale a dire dodici anni dopo la morte di San Domenico, allorché Pietro Cellani, antico proprietario della casa, e che era allora Frate Predicatore, dal Papa Gregorio IX fu nominato inquisitore di Tolosa. Questi fatti sono riportati nella cronaca contemporanea di Guglielmo di Puy Laurens, cappellano del conte di Tolosa Raimondo VII.
continua..............