L'intervento del cardinale presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani a «Renovabis 2009»

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Cattolico_Romano
00venerdì 4 settembre 2009 19:15
L'intervento del cardinale presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani a «Renovabis 2009»

Nel dialogo ecumenico il futuro dell'Europa


Si conclude sabato 5 a Frisinga, in Germania, il congresso internazionale "Renovabis 2009" che ha per tema "Cercare l'unità - Salvare la pluralità. Dialogo ecumenico tra Oriente e Occidente". Pubblichiamo, in una nostra traduzione dal tedesco, ampi stralci della relazione del cardinale presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani dal titolo "L'Europa respira con due polmoni. L'impatto delle Chiese orientali sull'Europa".

di Walter Kasper

Il cristianesimo è venuto dall'Est e in primo luogo si è formato e sviluppato nella parte orientale dell'Europa attuale. Ex oriente lux! Tutti gli antichi concili, Nicea, Costantinopoli, Efeso, Calcedonia, che fino ad oggi hanno definito le basi della comune fede cristiana, si sono svolti in oriente. La musica è risuonata in oriente. L'impero romano che in occidente ha affrontato i disordini delle migrazioni già nel VI secolo, è durato in oriente quasi mille anni e ancora oggi vive nella mentalità e nel diritto ecclesiastico di molti uomini di Chiesa e teologi ortodossi. Dopo il crollo definitivo (1453) della Roma d'Oriente, Costantinopoli, la Grecia e i balcani appartennero per cinquecento anni all'impero ottomano. Anche questo lungo periodo non è trascorso senza lasciare traccia nella cultura di questi Paesi.
Dopo la caduta di Costantinopoli, la Russia con Mosca conquistò il potere ortodosso come terza Roma, come si direbbe oggi. L'attività missionaria fra le popolazioni slave era già cominciata nel IX secolo grazie ai fratelli Cirillo e Metodio e al battesimo della Rus' di Kiev nel 988, quindi in un periodo in cui Roma e Costantinopoli erano ancora in comunione ecclesiale. Ci sono dunque radici comuni. Tuttavia il Patriarca di Mosca, riconosciuto definitivamente nel 1590, comparve in un momento in cui la divisione era stata attuata da tempo e fu coinvolto poi, per secoli, in guerre contro la Polonia, la potenza latina in oriente. Roma condivide una storia millenaria con Costantinopoli, ma non certo con Mosca. Lo si percepisce ancora oggi nei rapporti con Costantinopoli e con Mosca. Senza dubbio la Russia offre una eccezionale sintesi - sinfonia - fra eredità bizantina e mentalità slava, fra Chiesa e nazione - e non fra Chiesa e Stato come spesso erroneamente si pensa! Si pensi alle icone, ai canti liturgici, alla musica e alla letteratura, di cui oggi in Russia si va giustamente fieri. Senza dubbio è impressionante l'opera svolta dopo il 1989 dal compianto Patriarca Alessio, ma le ferite inferte da settanta anni di comunismo richiedono molto tempo per guarire. Inoltre, i problemi sociali della Russia sono enormi e il nuovo Patriarca Cirillo ne è ben consapevole.

Due sistemi ecclesiali

(...) Quindi, prima di chiederci come può svilupparsi l'Europa, guardiamo innanzitutto all'occidente! Come ha affermato giustamente il concilio Vaticano ii, l'occidente ha accolto fin dall'inizio il cristianesimo sotto un'altra forma. L'occidente, diversamente dall'oriente, non pensava secondo categorie metafisiche e mistiche, ma giuridiche. Le debolezze e il rapido declino dell'impero romano d'occidente permisero al Vescovo di Roma maggiori libertà e indipendenza, che però lo costrinsero anche a esercitare funzioni statali. Quindi in occidente, diversamente da quanto accadde in oriente, non si pervenne a una "sinfonia" eccessivamente sacrale fra Chiesa e impero, ma alla nascita di due sistemi distinti e autonomi. Ne scaturirono due diversi sistemi ecclesiali.
(...) La divisione fra Est e Ovest è il risultato di un lungo e duraturo estraniamento. La divisione non si può far risalire a una data certa. (...) Se si vuole proprio trovare una data per la divisione, allora non si tratta del 1054, ma del 1204, quando, durante la quarta crociata, non Gerusalemme, ma Costantinopoli fu conquistata, devastata in modo barbaro e le sue chiese, i paramenti liturgici, le reliquie furono profanati. I greci questo non lo hanno ancora dimenticato, anche se sono trascorsi ottocento anni. La creazione di Chiese d'oriente unite a Roma, cominciata con l'Unione di Brest (1594), ha generato di nuovo questa sfiducia.
Anche oggi, vent'anni dopo la caduta del Muro, esistono queste tendenze a causa di pregiudizi locali e cliché apparsi nel XIX secolo:  in oriente a causa di occidentali decadenti, libertini e atei e in occidente a causa di un oriente retrivo, che si è irrigidito in una liturgia arcaica e che noi dovremmo aiutare a passare alla modernità. Questi preconcetti si trovano proprio nel XIX secolo da una parte fra gli slavofili russi e dall'altra fra i liberali occidentali.
(...) Sebbene Est e Ovest abbiano accolto il cristianesimo fin dall'inizio in forma diversa e sebbene nel primo secolo si siano verificati differenti sviluppi e molte tensioni e scismi, ci si sentiva e ci si considerava un'unica cristianità e un'unica Chiesa. Est e Ovest condividono soprattutto un'unica immagine cristiana dell'uomo, la dignità inalienabile di ogni essere umano e la sua unione solidale nella famiglia, in un solo popolo e in una sola umanità. Si schierano a favore della dignità e del valore della famiglia e del rispetto reciproco fra le culture e le religioni e per la giustizia e per la pace nel mondo.
I dogmi fondamentali, soprattutto la confessione di fede, sono elementi comuni. Abbiamo gli stessi sacramenti, in particolare l'eucaristia. Abbiamo la stessa idea sacramentale di Chiesa con la costituzione episcopale e veneriamo molti santi comuni, in particolare la Madre di Dio, Maria. Queste sono affinità profonde che differenziano la divisione della Chiesa fra Est e Ovest da quella tutta occidentale del XVI secolo.
Questa consapevolezza di comunione si mantenne fino all'alto medioevo. L'ultima messa ad Hagia Sophia, prima della caduta di Costantinopoli (1453), fu celebrata da greci e da latini. Nel XVII-XVIII secolo esisteva ancora in parte una comunione sacramentale, che proseguì, nonostante le differenze sorte nel secondo secolo riguardo all'idea di primato, nella questione dell'aggiunta del Filioque al Credo (1014) e nei nuovi dogmi di Maria (1854 e 1950). Nonostante queste e altre differenze, l'Est e l'Ovest, infatti, si sentivano un'unica Chiesa e si considerano così anche oggi, sebbene non vi sia una piena comunione ecclesiale. (...) Dopo l'unità nel primo secolo e la divisione nel secondo, ci viene trasmessa nel terzo una unità nella diversità. L'Ovest e l'Est non possono né assorbirsi né integrarsi reciprocamente. Perciò il movimento ecumenico del XX secolo, rispetto al processo di estraniamento durato mille anni, ha avviato un processo di riconciliazione. Ora si sviluppa insieme ciò che si ha in comune. Possiamo solo sperare che la riconciliazione non duri tanto a lungo quanto l'estraniamento precedente.
A che punto siamo oggi? (...) Alla svolta politica del 1989-1990 Papa Giovanni Paolo II ha reagito nel 1991 e poi ancora una volta nel 1999 con un sinodo per l'Europa. Purtroppo la svolta non ha reso il dialogo più facile come, invece, ci si aspettava, ma anzi l'ha messo in una grave crisi. Le Chiese hanno avuto difficoltà con il dono ricevuto nel 1989. La Chiesa cattolica in Ucraina e in Romania, brutalmente perseguitata e gettata nell'illegalità da Stalin, è potuta uscire dalle catacombe e tornare alla vita pubblica. Ha preteso la restituzione delle vecchie chiese. Questo ha suscitato negli ortodossi antiche paure e riserve. Da allora la Chiesa cattolica continua a essere rimproverata di uniatismo e proselitismo. Quindi l'incontro a Baltimora nel 2000 è stato un insuccesso, il peggior incontro ecumenico mai realizzato. Sono sorte divergenze con Mosca per l'erezione di quattro diocesi cattoliche (11 febbraio 2002) nella Federazione russa. Così l'atmosfera è stata glaciale.
Ci sono voluti molti colloqui per riprendere i rapporti e il dialogo. Alla fine, nel 2006 a Belgrado e nel 2007 a Ravenna quest'ultimo è ricominciato. ll Patriarca ecumenico vi ha contribuito in maniera decisiva. Anche il nuovo pontificato di Papa Benedetto XVI, iniziato nel 2005, vi ha contribuito positivamente. Ravenna è stata un grande successo. Per la prima volta la questione della Chiesa universale e della differenza decisiva, quella del primato di Roma, sono state affrontate positivamente, sebbene sia mancato ancora qualcosa. È stata una buona occasione per gettare le fondamenta per i successivi colloqui, che si svolgeranno in ottobre, a Cipro, sulla base di un testo elaborato durante l'anno a Creta. Vi parteciperà anche Mosca. Abbiamo dunque motivo di sperare.
Il tema a Cipro sarà "Il ruolo del Vescovo di Roma nella Chiesa universale nel primo secolo". Ci chiediamo se e fino a che punto il primo millennio comune con la sua unità nella molteplicità può essere un modello per il terzo millennio. Entrambe le parti ne sono convinte. Per rispondere in maniera valida alla domanda, dobbiamo però chiederci se, dopo il secondo millennio con i concili Vaticani i e ii, potremo nei prossimi anni ottenere una sorta di consenso. Questa è la dura prova che ci attende. Sarebbe un miracolo, se ci riuscissimo.

Passi incoraggianti

Già quello che abbiamo ottenuto negli ultimi cinquanta anni è quasi un miracolo. Ciò che oggi è possibile e reale un millennio fa era inimmaginabile. Non si tratta soltanto di incontri al vertice politici e teologici di importanti delegazioni in particolari avvenimenti. I rapporti si sono molto ampliati e diffusi alla base. Numerose diocesi hanno stretto collaborazioni. Sono sorte amicizie. Si sono svolte innumerevoli visite. Renovabis e "Kirchen in Not" vi contribuiscono. Le Chiese ortodosse, presenti da noi, nell'Europa occidentale, ma anche negli Stati Uniti, in Canada e in Australia, intrattengono rapporti amichevoli e fraterni con la Chiesa cattolica del luogo. Da decenni il Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani conduce un programma di studi grazie al quale giovani sacerdoti ortodossi a Roma o in altri posti dell'occidente studiano e conseguono il dottorato e così possono conoscere la nostra Chiesa più da vicino.
(...) Chiediamoci dunque:  come proseguire? Innanzitutto ecco una dichiarazione, che può deludere alcuni, ma che, secondo me, realisticamente va fatta:  non bisogna porre limiti allo Spirito di Dio. Sorprende sempre! Dal punto di vista umano, in riferimento a una piena comunione ecclesiale fra Roma, Costantinopoli e Mosca non dovremmo aspettarci alcun avvicinamento. Porterebbe solo a delusione, rassegnazione e frustrazione. La storia millenaria non inverte la rotta all'improvviso.
Nessuna Chiesa può mettere a disposizione la sua impegnativa tradizione e in oriente l'idea ecumenica incontra in molti casi ancora riserve, per non dire opposizioni vere e proprie. Per alcuni l'ecumenismo è un insulto e una supereresia. Quindi c'è ancora molto da fare. Tuttavia anche Roma deve muoversi. Roma deve chiedersi se può chiarire agli orientali il rapporto fondamentale, la relazione fra primato, sinodalità e collegialità dopo il Vaticano ii. Chi conosce i dibattiti durante il concilio, sa quanto potrebbe essere difficile da parte nostra. (...) Per quanto riguarda l'importante dialogo teologico possiamo e dobbiamo collaborare praticamente in numerosi campi. Est e Ovest si trovano attualmente a dover affrontare grandi sfide comuni. La secolarizzazione moderna e post-moderna ha scalzato il comune fondamento dell'Europa. Dunque la secolarizzazione non è solo un problema dell'occidente. Nell'Est, settanta o quarant'anni di politica, educazione e propaganda atee non sono trascorsi senza conseguenze. Oggi dobbiamo impegnarci per restituire all'Europa la sua anima cristiana. La Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse possiedono nell'etica e nella dottrina sociale le stesse, o almeno simili, idee e quindi possono collaborare. Quello della collaborazione è stato il tema del congresso comune del maggio 2006 a Vienna. (...) Alla collaborazione in Europa si aggiunge la responsabilità comune per la pace, la giustizia, i diritti dell'uomo e la tutela del creato così come l'impegno contro il terrorismo e un islamismo ideologicamente radicalizzato e incline alla violenza. In particolare bisogna menzionare la comune preoccupazione per la situazione e per la pace nel vicino e medio oriente. Siamo preoccupati per la forte emigrazione, soprattutto di giovani cristiani che nella loro patria, che spiritualmente è anche la nostra, non intravedono alcun futuro.
Affinché questa collaborazione possa essere efficace, dovremo perfezionare gli strumenti istituzionali che abbiamo a disposizione ed eventualmente crearne altri. Da parte cattolica esiste il Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee e da parte delle altre chiese è attiva la Conferenza delle Chiese Europee. Entrambi questi organismi collaborano regolarmente. Per quanto riguarda un'eventuale intensificazione di questa collaborazione, sia Costantinopoli sia Mosca hanno presentato proposte che nelle prossime settimane e mesi discuteremo.
(...) Termino. Gesù, congedandosi, pregò per l'unità dei cristiani. Aggiunse alla preghiera "perché tutti siano uno" la frase "affinché il mondo creda". L'unità della Chiesa non è un obiettivo fine a se stesso, ma è segno e strumento di unità e di pace nel mondo. Il servizio all'unità della Chiesa è anche un servizio per la pace nel mondo, in Europa e in ogni popolo. L'ecumenismo non è dunque un lusso, che va ad aggiungersi alla normale attività ecclesiale e pastorale, ma un dovere essenziale e al contempo molto attuale della Chiesa e di tutti i cristiani. Oggi si tratta di una condizione fondamentale affinché l'Europa, la nostra Europa possa avere un futuro.



(©L'Osservatore Romano - 5 settembre 2009)
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