LITURGIA FRA MUTABILITA' E IMMUTABILITA'

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S_Daniele
00sabato 17 ottobre 2009 06:53

LITURGIA FRA MUTABILITA' E IMMUTABILITA'


di don Matteo De Meo

La Costituzione Sacrosanctum Concilium del Vaticano II subito dopo aver affermato il desiderio di una riforma generale della liturgia, ne evidenzia la natura essenziale.
Nel Proemio ribadisce subito che essa si radica nel mistero della Chiesa pellegrina nel tempo : «...tutto questo in modo tale, però, che ciò che in essa è umano sia ordinato e subordinato al divino, il visibile all’invisibile, l’azione alla contemplazione, la realtà presente alla città futura, verso la quale siamo incamminati. ...» (SC, 2).
Per cui la sua natura è essenzialmente misterica (umano-divina).

Poi prosegue chiarendo ulteriormente:«...Questa infatti consta di una parte immutabile, perchè di istituzione divina, e di parti suscettibili di cambiamento, che nel corso dei tempi possono o addirittura devono variare, qualora si siano introdotti in esse elementi meno rispondenti alla intima natura della liturgia stessa, oppure queste parti siano diventate non più idonee. ...» (SC, 21).In seguito precisa anche il criterio con cui queste “eventuali” variazioni, -che non riguardano la natura immutabile della liturgia- devono avvenire: «...l’ordinamento dei testi e dei riti deve essere condotto in modo che le sante realtà che essi significano, siano espresse più chiaramente e il popolo cristiano possa capirne più facilmente il senso e possa parteciparvi con una celebrazione piena, attiva e comunitaria...» (SC, 21) e in che senso è da attuarsi un “innovazione” se non in connessione con la “sana Tradizione”: «...non si introducano innovazioni se non quando lo richieda una vera e accertata utilità della Chiesa, e con l’avvertenza che le nuove forme scaturiscano organicamente, in qualche maniera, da quelle già esistenti...» (SC, 23).

Si delineano subito tre elementi che devono essere tenuti in assoluta considerazione per una riforma liturgica autenticamente attenta allo spirito del Concilio:

-la natura essenzialmente misterica: il primato è di Dio che agisce, è della grazia;
-l’immutabilità della “intima natura” della liturgia come paradigma di quelle eventuali parti variabili, finalizzate ad esprimere “più chiaramente quelle sante realtà che significano”;
-il criterio di continuità con la Tradizione come terreno naturale da cui “le nuove forme” devono organicamente scaturire.

Quindi un progresso che deve avvenire -come è sempre stato nella storia della liturgia- con una logica di continuità e non di rottura con il passato.

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