Le meditazioni scritte dal cardinale Camillo Ruini per la Via Crucis che sarà presieduta da Benedetto XVI al Colosseo la sera di Venerdì Santo

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
S_Daniele
00mercoledì 31 marzo 2010 08:13
Le meditazioni scritte dal cardinale Camillo Ruini per la Via Crucis che sarà presieduta da Benedetto XVI al Colosseo la sera di Venerdì Santo

Non chiudiamo gli occhi di fronte alla sofferenza


Le meditazioni sulle quattordici stazioni della Via Crucis saranno introdotte dalla seguente meditazione e dalla successiva preghiera  che  sarà  recitata  da  Benedetto XVI.

Quando l'Apostolo Filippo gli chiese:  "Signore, mostraci il Padre", Gesù rispose:  "Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto...? Chi ha visto me, ha visto il Padre" (Giovanni, 14, 8-9). Questa sera, mentre accompagniamo nel nostro cuore Gesù che cammina sotto la croce, non dimentichiamoci di queste sue parole. Anche quando porta la croce, anche quando muore sulla croce, Gesù è il Figlio che è una cosa sola con Dio Padre. Guardando il suo volto distrutto dalle percosse, dalla fatica, dalla sofferenza interiore, noi vediamo il volto del Padre. Anzi, proprio in questo momento la gloria di Dio, la sua luce troppo forte per ogni occhio umano, si fa maggiormente visibile sul volto di Gesù. Qui, in questo povero essere che Pilato ha mostrato ai Giudei, nella speranza di indurli a pietà, con le parole "Ecco l'uomo!" (Giovanni, 19, 5), si manifesta la vera grandezza di Dio, quella grandezza misteriosa che nessun uomo poteva immaginare.
Ma in Gesù crocifisso si rivela anche un'altra grandezza, la nostra grandezza, la grandezza che appartiene a ogni uomo per il fatto stesso di avere un volto e un cuore umano. Scrive Sant'Antonio di Padova:  "Cristo, che è la tua vita, sta appeso davanti a te, perché tu guardi nella croce come in uno specchio (...) Se guarderai lui, potrai renderti conto di quanto grandi siano la tua dignità (...) e il tuo valore (...) In nessun altro luogo l'uomo può meglio rendersi conto di quanto egli valga, che guardandosi nello specchio della croce" (Sermones Dominicales et Festivi, iii, pp. 213-214). Sì, Gesù, il Figlio di Dio, è morto per te, per me, per ciascuno di noi, e così ci ha dato la prova concreta di quanto grandi e preziosi noi siamo agli occhi di Dio, gli unici occhi che superano tutte le apparenze e vedono fino in fondo la realtà delle cose.
Partecipando alla Via Crucis, chiediamo a Dio di dare anche a noi questo suo sguardo di verità e di amore, per diventare, uniti a lui, liberi e buoni.

Preghiera

Signore, Dio Padre onnipotente, tu sai tutto, tu vedi l'enorme bisogno di te che si nasconde nel nostro cuore. Dona a ciascuno di noi l'umiltà di riconoscere questo bisogno.
Libera la nostra intelligenza dalla pretesa, sbagliata e un poco ridicola, di poter dominare il mistero che ci circonda da ogni parte.
Libera la nostra volontà dalla presunzione, altrettanto ingenua e infondata, di poter costruire da soli la nostra felicità e il senso della nostra vita.
Rendi penetrante e sincero il nostro occhio interiore, in modo da riconoscere, senza ipocrisie, il male che è dentro di noi. Ma donaci anche, nella luce della croce e della risurrezione del tuo unico Figlio, la certezza che, uniti a lui e sostenuti da lui, potremo anche noi vincere il male con il bene. Signore Gesù, aiutaci a camminare con questo animo dietro alla tua croce.

Prima Stazione

Gesù è condannato a morte

Meditazione

Perché Gesù è stato condannato a morte, lui, che "passò facendo del bene" (Atti degli Apostoli, 10, 38)? Questa domanda ci accompagnerà lungo la Via Crucis come ci accompagna per tutta la vita.
Nei Vangeli troviamo una risposta vera:  i capi dei Giudei hanno voluto la sua morte perché hanno compreso che Gesù si riteneva il Figlio di Dio. E troviamo anche una risposta che i Giudei hanno usato come pretesto, per ottenere da Pilato la sua condanna:  Gesù avrebbe preteso di essere un re di questo mondo, il re dei Giudei.
Ma dietro a queste risposte si spalanca un abisso, sul quale gli stessi Vangeli e tutta la Sacra Scrittura ci fanno aprire lo sguardo:  Gesù è morto per i nostri peccati. E ancora più profondamente, è morto per noi, è morto perché Dio ci ama e ci ama al punto di dare il suo Figlio unigenito, affinché noi abbiamo la vita per mezzo di lui (cfr. Giovanni, 3, 16-17).
È a noi stessi, dunque, che dobbiamo guardare:  al male e al peccato che abitano dentro di noi e che troppo spesso fingiamo di ignorare. Ma ancora di più dobbiamo volgere lo sguardo al Dio ricco di misericordia che ci ha chiamato amici (cfr. Giovanni, 15, 15). Così il cammino della Via Crucis e tutto il cammino della vita diventa un itinerario di penitenza, di dolore e di conversione, ma anche di gratitudine, di fede e di gioia.

Seconda Stazione

Gesù è caricato della Croce


Meditazione

Dopo la condanna viene l'umiliazione. Quello che i soldati fanno a Gesù ci sembra disumano. Anzi, è senz'altro disumano:  sono atti di scherno e di disprezzo nei quali si esprime una oscura ferocia, incurante della sofferenza, anche fisica, che viene inflitta senza motivo a una persona già condannata al supplizio tremendo della croce. Tuttavia questo comportamento dei soldati è anche, malauguratamente, fin troppo umano. Mille pagine della storia dell'umanità e della cronaca quotidiana confermano che azioni di questo genere non sono affatto estranee all'uomo. L'Apostolo Paolo ha messo bene in luce questo paradosso:  "Io so (...) che in me, (...) nella mia carne, non abita il bene:  ... infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio" (Romani, 7, 18-19).
È proprio così:  nella nostra coscienza è accesa la luce del bene, una luce che in molti casi diventa evidente e dalla quale, fortunatamente, ci lasciamo guidare nelle nostre scelte. Ma spesso accade il contrario:  quella luce viene oscurata dai risentimenti, da desideri inconfessabili, dalla perversione del cuore. E allora diventiamo crudeli, capaci delle cose peggiori, perfino di cose incredibili.
Signore Gesù, ci sono anch'io tra quelli che ti hanno deriso e percosso. Tu hai detto infatti:  "tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Matteo, 25, 40). Signore Gesù, perdonami.

Terza Stazione

Gesù cade la prima volta sotto la Croce


Meditazione

I Vangeli non ci parlano delle cadute di Gesù sotto la croce, ma questa antica tradizione è profondamente verosimile. Ricordiamo soltanto che, prima di essere caricato della croce, Gesù era stato fatto flagellare da Pilato. Dopo tutto quello che gli era accaduto a partire dalla notte nell'orto degli ulivi, le sue forze dovevano essere praticamente esaurite.
Prima di soffermarci sugli aspetti più profondi e interiori della passione di Gesù, prendiamo atto semplicemente del dolore fisico che egli ha dovuto sopportare. Un dolore enorme e tremendo, fino all'ultimo respiro sulla croce, un dolore che non può non fare paura.
La sofferenza fisica è la più facile da sconfiggere, o almeno da attenuare, con le nostre attuali tecniche e metodologie, con le anestesie e le altre terapie del dolore. Anche se per molte cause, naturali o dipendenti da comportamenti umani, una gigantesca massa di sofferenze fisiche rimane presente nel mondo.
In ogni caso, Gesù non ha rifiutato il dolore fisico e così si è fatto solidale con tutta la famiglia umana, specialmente con quella grande parte di essa la cui vita, anche oggi, è segnata da questa forma di dolore. Mentre lo vediamo cadere sotto la croce, gli chiediamo umilmente il coraggio di allargare, con una solidarietà fatta non solo di parole, gli spazi troppo ristretti del nostro cuore.


Quarta Stazione

Gesù incontra sua Madre


Meditazione

Nei Vangeli non si parla direttamente di un incontro di Gesù con sua Madre lungo il cammino della croce, ma della presenza di Maria sotto la croce. E qui Gesù si rivolge a lei e al discepolo prediletto, l'evangelista Giovanni. Le sue parole hanno un senso immediato:  affidare Maria a Giovanni, perché si prenda cura di lei. E un senso molto più ampio e profondo:  sotto la croce Maria è chiamata a dire un secondo "sì", dopo il sì dell'Annunciazione, con il quale è diventata Madre di Gesù, aprendo così la porta alla nostra salvezza.
Con questo secondo sì Maria diventa madre di tutti noi, di ogni uomo e di ogni donna per i quali Gesù ha versato il suo sangue. Una maternità che è segno vivente dell'amore e della misericordia di Dio per noi. Per questo sono tanto profondi e tenaci i vincoli di affetto e di fiducia che uniscono a Maria il popolo cristiano; per questo ricorriamo spontaneamente a lei, soprattutto nelle circostanze più difficili della vita.
Maria, però, ha pagato a caro prezzo questa sua universale maternità. Come  ha profetizzato su di lei Simeone nel tempio di Gerusalemme, "a te una spada trafiggerà l'anima" (Luca, 2, 35).
Maria, Madre di Gesù e madre nostra, aiutaci a sperimentare nelle nostre anime, questa sera e sempre, quella sofferenza piena di amore che ti ha unito alla croce del tuo Figlio.

Quinta Stazione

Gesù è aiutato dal Cireneo a portare la Croce

Meditazione

Gesù doveva essere veramente sfinito e così i soldati rimediano prendendo il primo malcapitato che incontrano e caricandolo della croce. Anche nella vita di ogni giorno la croce, sotto tante diverse forme - da una malattia a un grave incidente alla perdita di una persona cara o del lavoro - si abbatte, spesso improvvisa, su di noi. E noi vediamo in essa soltanto una sfortuna, o nei casi peggiori una disgrazia.
Gesù però ha detto ai suoi discepoli:  "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Matteo, 16, 24). Non sono parole facili; anzi, nella vita concreta sono le parole più difficili del Vangelo. Tutto il nostro essere, tutto ciò che vi è dentro di noi, si ribella contro simili parole.
Gesù tuttavia continua dicendo:  "chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà" (Matteo, 16, 25). Fermiamoci su questo "per causa mia":  qui c'è tutta la pretesa di Gesù, la coscienza che egli aveva di se stesso e la richiesta che rivolge a noi. Lui sta al centro di tutto, lui è il Figlio di Dio che è una cosa sola con Dio Padre (cfr. Giovanni, 10, 30), lui è il nostro unico Salvatore (cfr. Atti degli Apostoli, 4, 12).
Effettivamente, quella che all'inizio sembrava solo una sfortuna o una disgrazia si rivela poi, non di rado, una porta che si è aperta nella nostra vita e ci ha portato un bene più grande. Ma non sempre è così:  tante volte, in questo mondo, le disgrazie rimangono soltanto perdite dolorose. Qui di nuovo Gesù ha qualcosa da dirci. O meglio, a lui è accaduto qualcosa:  dopo la croce, egli è risorto dai morti, ed è risorto come primogenito di molti fratelli (cfr. Romani, 8, 29; 1 Corinzi, 15, 20). Sì, la sua croce non può essere separata dalla sua risurrezione. Solo credendo nella risurrezione possiamo percorrere in maniera sensata il cammino della croce.

Sesta Stazione

La Veronica asciuga il volto di Gesù

Meditazione

Quando la Veronica ha asciugato il volto di Gesù con una pezzuola, quel volto non doveva certo essere attraente:  era un volto sfigurato. Però, quel volto non poteva lasciare indifferenti, quel volto turbava. Poteva provocare scherno e disprezzo, ma anche compassione e perfino amore, desiderio di venire in aiuto. La Veronica è il simbolo di questi sentimenti.
Per quanto sfigurato, il volto di Gesù è pur sempre il volto del Figlio di Dio. È un volto sfigurato da noi, dal cumulo enorme della malvagità umana. Ma è anche un volto sfigurato per noi, che esprime l'amore e la donazione di Gesù e che è specchio della misericordia infinita di Dio Padre.
Nel volto sofferente di Gesù vediamo, inoltre, un altro cumulo gigantesco, quello delle sofferenze umane. E così il gesto di pietà della Veronica diventa per noi una provocazione, una sollecitazione urgente:  diventa la richiesta, dolce ma imperiosa, di non voltarci dall'altra parte, di guardare anche noi coloro che soffrono, vicini e lontani. E non solo di guardare, ma di aiutare. La Via Crucis di questa sera non sarà passata invano se ci porterà a gesti concreti di amore e di solidarietà operosa.


Settima Stazione

Gesù cade per la seconda volta

Meditazione

Gesù cade di nuovo sotto la croce. Certo era sfinito fisicamente, ma era anche ferito a morte nel suo cuore. Pesava su di lui il rifiuto di coloro che, fin dall'inizio, si erano opposti ostinatamente alla sua missione. Pesava il rifiuto che, alla fine, gli aveva opposto quel popolo che era sembrato pieno di ammirazione e anche di entusiasmo per lui. Perciò, guardando la città santa che tanto amava, Gesù aveva esclamato:  "Gerusalemme, Gerusalemme, (...) quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia raccoglie i suoi  pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto!" (Matteo, 23, 37). Pesava terribilmente il tradimento di Giuda, l'abbandono  dei discepoli nel momento  della  prova suprema, pesava in particolare il triplice rinnegamento di Pietro.
Sappiamo bene che pesava su di lui anche la massa innumerevole dei nostri peccati, delle colpe che accompagnano attraverso i millenni l'intera vicenda umana.
Perciò chiediamo a Dio, con umiltà ma anche con fiducia:  Padre ricco di misericordia, aiutaci a non rendere ancora più pesante la croce di Gesù. Infatti, come ha scritto Giovanni Paolo II del quale questa sera ricorre il quinto anniversario della morte:  "il limite imposto al male, di cui l'uomo è artefice e vittima, è in definitiva la Divina Misericordia" (Memoria e identità, p. 70).

Ottava Stazione

Gesù incontra le donne di Gerusalemme che piangono su di lui

Meditazione

Gesù, dunque, è lui ad avere compassione delle donne di Gerusalemme, e di tutti noi. Anche mentre porta la croce, Gesù rimane l'uomo che ha compassione delle folle (Marco, 8, 2), che scoppia in pianto davanti alla tomba di Lazzaro (cfr. Giovanni, 11, 35), che proclama beati coloro che piangono, perché saranno consolati (cfr. Matteo, 5, 4).
Proprio così Gesù si mostra l'unico che conosce davvero il cuore di Dio Padre e che può farlo conoscere anche a noi:  "nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo" (Matteo, 11, 27).
Fin dai tempi più remoti l'umanità si è domandata, spesso con angoscia, quale sia veramente l'atteggiamento di Dio verso di noi:  un atteggiamento di sollecitudine provvidenziale, o invece di sovrana indifferenza, o perfino di sdegno e di odio? A una domanda di questo genere non possiamo dare una risposta certa con le sole risorse della nostra intelligenza, della nostra esperienza e nemmeno del nostro cuore.
Per questo Gesù - la sua vita e la sua parola, la sua croce e la sua risurrezione - è la realtà di gran lunga più importante di tutta la vicenda umana, la luce che brilla sul nostro destino.

Nona Stazione

Gesù cade per la terza volta

Meditazione

Ecco il motivo più profondo delle ripetute cadute di Gesù:  non solo le sofferenze fisiche, non solo i tradimenti umani, ma la volontà del Padre. Quella volontà misteriosa e umanamente incomprensibile, ma infinitamente buona e generosa, per la quale Gesù si è fatto "peccato per noi", su di lui sono trasferite tutte le colpe dell'umanità e si compie quel misterioso scambio che rende noi peccatori "giustizia di Dio".
Mentre cerchiamo di immedesimarci in Gesù che cammina e cade sotto la croce, è ben giusto che proviamo in noi  sentimenti di pentimento e di dolore. Ma  ancora  più  forte  deve  essere la gratitudine che invade la nostra anima.
Sì, o Signore, tu ci hai riscattato, tu ci hai liberato, con la tua croce ci hai resi giusti davanti a Dio. Anzi, ci hai unito così intimamente a te da fare anche di noi, in te, i figli di Dio, i suoi familiari e amici. Grazie, Signore, fa' che la gratitudine verso di te sia la nota dominante della nostra vita.

Decima Stazione

Gesù è spogliato delle sue vesti

Meditazione

Gesù è spogliato delle sue vesti:  siamo all'atto finale di quel dramma, iniziato con l'arresto nell'orto degli ulivi, attraverso il quale Gesù è spogliato della sua dignità di uomo, prima ancora che di Figlio di Dio.
Gesù, dunque, è offerto nudo allo sguardo della gente di Gerusalemme e allo sguardo dell'intera umanità. In un senso profondo, è giusto che sia così:  egli infatti si è spogliato completamente di se stesso, per sacrificarsi per noi. Perciò il gesto di spogliarlo delle vesti è anche l'adempimento di una parola della Sacra Scrittura.
Guardando Gesù nudo sulla croce avvertiamo dentro di noi una necessità impellente:  guardare senza veli dentro a noi stessi; denudarci spiritualmente davanti a noi, ma ancor prima davanti a Dio, e anche davanti ai nostri fratelli in umanità. Spogliarci della pretesa di apparire migliori di quello che siamo, per cercare invece di essere sinceri e trasparenti.
Il comportamento che, forse più di ogni altro, provocava lo sdegno di Gesù era infatti l'ipocrisia. Quante volte egli ha detto ai suoi discepoli:  non fate "come fanno gli ipocriti" (Matteo, 6, 2.5.16), o a coloro che contestavano le sue buone azioni:  "guai a voi ipocriti" (Matteo, 23, 13.15.23.25.27.29).
Signore Gesù nudo sulla croce, aiutami  ad  essere  anch'io  nudo  davanti a te.

Undicesima Stazione

Gesù è inchiodato sulla Croce

Meditazione

Gesù è inchiodato sulla croce. Una tortura tremenda. E mentre è appeso alla croce sono in molti a deriderlo e anche a provocarlo:  "Ha salvato altri e non può salvare se stesso! (...) Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti:  "Sono Figlio di Dio"!" (Matteo, 27, 42-43). Così è derisa non solo la sua persona ma anche la sua missione di salvezza, quella missione che Gesù proprio sulla croce stava portando a compimento.
Ma, nel suo intimo, Gesù conosce una sofferenza incomparabilmente maggiore, che lo fa prorompere in un grido:  "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Marco, 15, 34). Si tratta certo delle parole di inizio di un Salmo, che si conclude con la riaffermazione della piena fiducia in Dio. E tuttavia sono parole da prendersi totalmente sul serio, che esprimono la prova più grande a cui è stato sottoposto Gesù.
Quante volte, di fronte a una prova, pensiamo di essere stati dimenticati o abbandonati da Dio. O perfino siamo tentati di concludere che Dio non c'è.
Il Figlio di Dio, che ha bevuto fino in fondo il suo amaro calice e poi è risorto dai morti, ci dice invece, con tutto se stesso, con la sua vita e la sua morte, che dobbiamo fidarci di Dio. A lui possiamo credere.
 

Dodicesima Stazione

Gesù muore sulla Croce

Meditazione

Quando la morte giunge dopo una dolorosa malattia, si usa dire con sollievo:  "Ha finito di soffrire". In certo senso, queste parole valgono anche per Gesù. Sono però parole troppo limitate e superficiali, di fronte alla morte di qualsiasi uomo e ben di più di fronte alla morte di quell'uomo che è il Figlio di Dio.
Infatti, quando Gesù muore, il velo del tempio di Gerusalemme si squarcia in due e accadono altri segni, che fanno esclamare al centurione romano che stava di guardia alla croce:  "Davvero costui era Figlio di Dio!" (cfr. Matteo, 27, 51-54).
In realtà, nulla è così oscuro e misterioso come la morte del Figlio di Dio, che insieme a Dio Padre è la sorgente e la pienezza della vita. Ma nulla è anche così luminoso, perché qui risplende la gloria di Dio, la gloria dell'Amore onnipotente e misericordioso.
Di fronte alla morte di Gesù la nostra risposta è il silenzio dell'adorazione. Così ci affidiamo a lui, ci mettiamo nelle sue mani, chiedendogli che niente, nella nostra vita come nella nostra morte, ci possa mai separare da lui (cfr. Romani, 8, 38-39).

Tredicesima Stazione

Gesù è deposto dalla Croce e consegnato alla Madre

Meditazione

Adesso l'ora di Gesù si è compiuta e Gesù è deposto dalla croce. Puntuali, ad accoglierlo, vi sono le braccia di sua Madre. Dopo aver assaporato fino in fondo la solitudine della morte, subito Gesù ritrova - nel suo corpo esanime - il più forte e il più dolce dei suoi legami umani, il calore dell'affetto di sua Madre. I più grandi artisti, pensiamo alla Pietà di Michelangelo, hanno saputo intuire ed esprimere la profondità e la tenacia indistruttibile di questo legame.
Ricordando che Maria, ai piedi della croce, è diventata madre anche di ciascuno di noi, le chiediamo di mettere nel nostro cuore i sentimenti che la uniscono a Gesù. Per essere veramente cristiani, infatti, per poter seguire davvero Gesù, bisogna essere legati a lui con tutto quello che c'è dentro di noi:  la mente, la volontà, il cuore, le nostre piccole e grandi scelte quotidiane.
Soltanto così Dio potrà stare al centro della nostra vita, non ridursi a una consolazione che dovrebbe essere sempre disponibile, senza interferire però con gli interessi concreti in base ai quali operiamo.

Quattordicesima Stazione

Gesù è deposto nel sepolcro

Meditazione

Con la pietra che chiude l'ingresso del sepolcro tutto sembra davvero terminato. Poteva però rimanere prigioniero della morte l'Autore della vita? Perciò il sepolcro di Gesù, da allora fino ad oggi, non è solo diventato l'oggetto della più commossa devozione, ma ha anche provocato la più profonda divisione delle intelligenze e dei cuori:  qui si dividono le strade tra i credenti in Cristo e coloro che invece in lui non credono, anche se spesso lo ritengono un uomo meraviglioso.
Quel sepolcro, infatti, ben presto è rimasto vuoto e mai si è potuto trovare una spiegazione convincente del perché sia rimasto vuoto, se non quella che hanno dato, da Maria di Magdala a Pietro agli altri Apostoli, i testimoni di Gesù risorto dai morti.
Davanti al sepolcro di Gesù sostiamo in preghiera, chiedendo a Dio quegli occhi della fede che ci consentano di unirci ai testimoni della sua risurrezione. Così il cammino della croce diventa anche per noi sorgente di vita.


(©L'Osservatore Romano - 31 marzo 2010)
S_Daniele
00mercoledì 31 marzo 2010 08:14
Intervista al Vicario generale emerito per la diocesi di Roma

Quei tradimenti che ancora pesano sulle spalle di Cristo


di Mario Ponzi


Nessuna allusione ai fatti che hanno scosso la vita della Chiesa in questo periodo, né riferimenti particolari alla situazione della Chiesa e della società civile in Italia. Le meditazioni formulate dal cardinale Camillo Ruini per la Via Crucis che, come di consueto sarà presieduta dal Papa al Palatino la sera del Venerdì Santo, sono ispirate esclusivamente "da quanto effettivamente accaduto a Gesù nei giorni della sua passione". Certo, è significativa la riproposizione dei tradimenti, narrati nei quattro Vangeli, che hanno pesantemente "gravato sulle spalle e nel cuore di Cristo" mentre saliva il Golgota con la croce del suo martirio, prendendo sulle sue spalle proprio i tradimenti e i peccati del mondo. A parlarne è lo stesso cardinale Camillo Ruini in questa intervista al nostro giornale.

 Qual è il filo conduttore delle meditazioni che propone per la Via Crucis di quest'anno e cosa ha determinato la scelta?

Quando il cardinale segretario di Stato mi ha chiesto di scrivere i testi della Via Crucis sono rimasto sorpreso e, spontaneamente, ho cercato di schermirmi:  pensavo infatti di non essere la persona giusta per un simile compito. Questa sensazione mi ha accompagnato a lungo, quando la mente ritornava all'incarico che mi attendeva. Poi, quando all'inizio di febbraio sono stato finalmente libero da altri impegni, ho riletto alcuni commenti alla Via Crucis che più mi avevano colpito negli anni recenti, ma soprattutto mi sono dedicato a una lettura meditativa di una vecchia sinossi dei quattro Vangeli, che usavo assiduamente quando ero studente di teologia e che era stata realizzata da padre Lagrange. In concreto, ho letto le pagine nelle quali sono riportati, in un'ottica unitaria, i quattro racconti della passione. Terminata questa lettura, mi è apparso chiaro che dovevo semplicemente cercare di rendere, con parole dirette e non difficili, sia quello che era effettivamente accaduto a Gesù in quel giorno, sia il significato di questo evento, un significato che ha, per così dire, diversi livelli di profondità. L'idea che mi ha guidato è dunque quella formulata magistralmente all'inizio del n. 22 della Gaudium et spes:  "In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo. (...) Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione". La passione, insieme alla risurrezione, è infatti il centro del mistero del Verbo incarnato:  qui giunge al suo culmine la rivelazione del vero volto di Dio e dell'uomo.

Negli ultimi due anni le Via Crucis sono state affidate a un cardinale cinese e a un presule indiano che hanno dato voce alla realtà - spesso segnata da persecuzioni e difficoltà di varia natura - delle loro Chiese particolari. Nelle sue riflessioni si può leggere qualche riferimento alla situazione della Chiesa in Italia?

Non ci sono riferimenti particolari, cosa che certamente può meravigliare, dato che sono conosciuto soprattutto per le mie prese di posizione riguardo all'Italia e alla Chiesa in Italia. C'è però in me un altro aspetto, meno conosciuto al grande pubblico ma ben noto nelle parrocchie di Roma, e prima nella  diocesi  di  Reggio  Emilia-Guastalla, che ho visitato nel mio ministero. Nelle mie omelie, fatte per lo più "a braccio", mi sono costantemente concentrato sulla sostanza della nostra fede, quindi su Gesù Cristo, su Dio Padre, sul destino dell'uomo, sulla Chiesa come corpo di Cristo e dimora di Dio tra gli uomini. I temi di attualità nelle mie omelie erano soltanto sfiorati. E ho visto che, quanto più andavo all'essenziale, tanto più l'attenzione cresceva. Non vorrei però parlare di me. Il motivo della mia scelta nello scrivere i testi della Via Crucis è quello che ho indicato prima. Alla Via Crucis al Colosseo partecipa direttamente un grandissimo numero di persone delle più diverse provenienze. E poi ci sono i milioni di persone che partecipano attraverso la televisione:  penso che sia una grande occasione per aiutare queste persone a entrare più profondamente nel cuore della nostra fede, o a riscoprirla qualora se ne fossero allontanate.

Cinque anni fa, l'allora cardinale Ratzinger dettò le sue meditazioni parlando anche della necessità di mondare la Chiesa dalla "sporcizia" che "c'è - scrisse - anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente" a Cristo. Alla luce di quella raccomandazione, come si può interpretare quanto sta accadendo in questo periodo nella vita della Chiesa?

Se ci riferiamo soprattutto alla gravissima questione degli abusi sui minori, l'interpretazione giusta, e vorrei dire completa, l'ha data lo stesso Benedetto XVI nella recentissima lettera pastorale ai cattolici d'Irlanda. Le mie brevi meditazioni sulle stazioni della Via Crucis non alludono ad alcuna questione specifica, ma mettono in luce, semplicemente seguendo il racconto dei Vangeli, quei tradimenti che hanno particolarmente pesato sulle spalle e sul cuore di Cristo mentre portava la croce:  il tradimento di Giuda, l'abbandono dei discepoli fuggiti nel momento della prova, il triplice rinnegamento di Pietro. Percorrendo con Gesù il cammino della croce ciascuno di noi è chiamato a guardare in faccia con sincerità anzitutto i propri peccati.

Quali sensazioni ha provato nello scrivere le meditazioni della Via Crucis ripensando a tutte le volte che lei ha portato quella croce dal Colosseo al Palatino?

Anzitutto, di nuovo, la sensazione di non essere adeguato a scrivere queste meditazioni. Il ricordo che mi ha accompagnato con maggiore insistenza è stato però quello di Giovanni Paolo II che, nelle ultime occasioni in cui ha potuto fare egli stesso il cammino dal Colosseo al Palatino, arrivato all'ultima parte di esso, cioè alla scala piuttosto disagiata che porta al Palatino, si aggrappava alla ringhiera con forza, sofferenza e tenacia, nella volontà di non rinunciare a seguire anche fisicamente il suo Signore.

Ha un ricordo particolare?

Il ricordo più intenso è quello che ho appena menzionato. Ma ce ne sono tanti altri, ad esempio i volti delle persone accalcate lungo le transenne che delimitano il percorso della Via Crucis. Visi di varia umanità e atteggiamenti assai diversificati, tuttavia ciascuno a suo modo mostrava di vivere un'esperienza che lo toccava dentro, di avvertire che la Via Crucis era una domanda rivolta anche a lui. La mia speranza è che ciò che ho scritto possa non essere un ostacolo a questo desiderio, ma un piccolo aiuto a dare quella risposta personale che Gesù crocifisso aspetta da ognuno di noi.


(©L'Osservatore Romano - 31 marzo 2010)
S_Daniele
00sabato 3 aprile 2010 12:00
 



DISCORSO DEL SANTO PADRE AL TERMINE DELLA VIA CRUCIS, 02.04.2010

ROMA, venerdì, 2 aprile 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il discorso pronunciato questo da Benedetto XVI al termine della “Via Crucis” al Colosseo per il Venerdì Santo.

* * *

Cari fratelli e sorelle,

in preghiera con animo raccolto e commosso abbiamo percorso questa sera il cammino della croce, con Gesù siamo saliti al Calvario e abbiamo meditato sulla sua sofferenza riscoprendo quanto profondo sia l’amore che egli ha avuto ed ha per noi.

Ma in questo momento non vogliamo limitarci ad una compassione dettata solo dal nostro debole sentimento, vogliamo piuttosto sentirci partecipi della sofferenza di Gesù, vogliamo accompagnare il nostro maestro condividendo la sua Passione nella nostra vita, nella vita della Chiesa, per la vita del mondo, perché sappiamo che proprio nella croce, nell’amore senza limiti che dona tutto se stesso sta la sorgente della grazia, della liberazione, della pace, della salvezza.

I testi, le meditazioni, le preghiere della Via Crucis ci hanno aiutato a guardare questo mistero della Passione per apprendere l’immensa lezione di amore che Dio ci ha dato sulla croce, perché nasca in noi un rinnovato desiderio di convertire il nostro cuore vivendo ogni giorno lo stesso amore, l’unica forza capace di cambiare il mondo.

Questa sera abbiamo contemplato Gesù nel suo volto pieno di dolore, deriso, oltraggiato sfigurato dal peccato dell’uomo, domani notte lo contempleremo nel suo volto pieno di gioia, raggiante e luminoso.
 

Da quando Gesù è sceso nel sepolcro la tomba e la morte non sono più luogo senza speranza dove la storia si chiude nel fallimento più totale, dove l’uomo tocca il limite estremo della sua impotenza. Il Venerdì Santo è il giorno della speranza più grande, quella maturata sulla croce, mentre Gesù muore, mentre esala l’ultimo respiro gridando a gran voce: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23, 46). Consegnando la sua esistenza, donata nelle mani del Padre, egli sa che la sua morte diventa sorgente di vita. Come il seme nel terreno, deve rompersi perché la pianta possa nascere. Se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo, se invece muore produce molto frutto. Gesù è il chicco di grano che cade nella terra, si spezza, si rompe, muore e per questo può portare frutto. Dal giorno in cui Cristo vi è stato innalzato la croce che appare come il segno dell’abbandono, della solitudine, del fallimento è diventata un nuovo inizio. Dalla profondità della morte s’innalza la promessa della vita eterna, sulla croce brilla già lo splendore vittorioso dell’alba del giorno di Pasqua.

Nel silenzio di questa notte, nel silenzio che avvolge il Sabato Santo, toccati dall’amore sconfinato di Dio, viviamo nell’attesa dell’alba del terzo giorno, l’alba della vittoria dell’amore di Dio, l’alba della luce che permette agli occhi del cuore di vedere in modo nuovo la vita, le difficoltà, la sofferenza.

I nostri insuccessi, le nostre delusioni, le nostre amarezze che sembrano segnare il crollo di tutto sono illuminate dalla speranza. L’atto di amore della croce viene confermato dal Padre e la luce sfolgorante della Risurrezione tutto avvolge e trasforma. Dal tradimento può nascere l’amicizia, dal rinnegamento il perdono, dall’odio l’amore.

Donaci Signore di portare con amore la nostra croce, le nostre croci quotidiane, nella certezza che esse sono illuminate dal fulgore della tua Pasqua. Amen.

[Trascrizione a cura di ZENIT]

© Copyright 2010 – Libreria Editrice Vaticana

S_Daniele
00sabato 3 aprile 2010 23:24
La Passione del Signore nella basilica Vaticana e la Via Crucis al Colosseo

Le celebrazioni del Venerdì Santo presiedute da Benedetto XVI


 E alla fine quell'applauso spontaneo levatosi dalla folla, spettatrice e protagonista nella riproposizione della via dolorosa nei luoghi del martirio nell'antica Roma, ha restituito, nella serata del Venerdì Santo 2010, il senso vero alla speranza cristiana. Quella che segna la definitiva vittoria dell'amore sulla morte, minaccia, questa, per l'anima ancor prima che per il corpo.
Forse mai come quest'anno la Via Crucis, vissuta al Palatino con il Papa nel venerdì che precede la Pasqua, è stata così intensa e vissuta con tanta intima partecipazione. E non solo dalle decine di migliaia di persone accalcate nell'ampio spazio tra il Colosseo e il colle romano, ma anche da quanti, nei sessanta Paesi collegati in mondovisione, sono rimasti per oltre un'ora davanti ai teleschermi.

Del resto anche quest'anno non poche sofferenze sono state appese a quel legno, divenuto sempre di più un segno di contraddizione nella storia dell'umanità. A ricordarle, queste sofferenze, l'Ufficio delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice ha chiamato dei "cirenei" rappresentativi:  due seminaristi di Haiti, un disabile aiutato da un'assistente e da un barelliere dell'Unione nazionale italiana trasporto ammalati a Lourdes e santuari internazionali (Unitalsi), una famiglia romana con due bambini, due seminaristi iracheni, una religiosa della Repubblica Democratica del Congo, una giovane vietnamita nel suo sgargiante e coloratissimo abito tradizionale, due frati minori della Custodia francescana di Terra Santa.
Evidente il riferimento alle tante tragedie che hanno segnato quest'ultimo scorcio di tempo:  dal tremendo terremoto che ha causato tante vittime e tanta distruzione nell'isola caraibica, al mistero della sofferenza umana, alle minacce portate alla famiglia, alla persecuzione nei confronti delle comunità cristiane in alcune zone dell'Iraq, così come in altre dell'Africa e dell'Asia, per finire con il dolore causato dall'esodo degli stessi cristiani dalla Terra Santa.

L'atmosfera tra i fedeli dava l'esatta dimensione della consapevolezza del momento da vivere. Lo si è intuito sin dai primi, composti arrivi della marea dei fedeli. Marco, Andrea, Giulia, suor Cathrine e le consorelle americane hanno conquistato la prima fila giungendo nei pressi del percorso, disegnato tra l'anfiteatro Flavio e il colle, quando ancora non era scoccato il mezzogiorno. Gli ultimi hanno trovato posto sui muraglioni ai margini delle strade che scorrono più in alto, attorno al piazzale.
A ognuno di loro è stata distribuita una fiaccola. L'hanno accesa non appena il Papa è giunto sul Palatino. Mancava qualche minuto alle 21.15. Lo accompagnavano gli arcivescovi Fernando Filoni, sostituto della Segreteria di Stato, James Michael Harvey, prefetto della Casa Pontificia, il vescovo Paolo De Nicolò, reggente della Prefettura della Casa Pontificia, i monsignori Peter Bryan Wells, assessore, Georg Gänswein, segretario particolare, e Alfred Xuereb, della segreteria particolare.

Ad attenderlo c'erano i cardinali Darío Castrillón Hoyos e Antonio Cañizares Llovera, il vescovo Marcelo Sánchez Sorondo. Erano presenti il neoeletto presidente della regione Lazio, Renata Polverini, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, il prefetto Salvatore Festa e il direttore del nostro giornale.
Dalla cattedra posta sul colle Palatino il Pontefice ha presieduto lo svolgersi dell'itinerario della Via Crucis, iniziatosi, come di consueto, all'interno del Colosseo. Il cardinale Agostino Vallini, suo vicario per la diocesi di Roma, sorreggeva la croce. Accanto a lui due giovani romani portavano le torce accese. Alle loro spalle l'arcivescovo vicegerente con i vescovi ausiliari di Roma.

Alla seconda stazione la croce è passata nelle mani di Joseph Venel, il primo dei due seminaristi di Haiti. Poi, stazione dopo stazione, nelle mani dei novelli "cirenei", in rappresentanza, oltreché dell'America, dell'Europa, del Medio Oriente, dell'Africa e dell'Asia. Solo alla quattordicesima stazione la croce è tornata nelle mani del cardinale Vallini affinché fosse lui stesso a consegnarla nelle mani di Benedetto XVI, che l'ha mostrata alla folla di fedeli e al mondo intero. È stato in quel momento che è scoppiato, fragoroso, l'applauso. Il Papa, poco prima, aveva ricordato proprio come la storia dell'uomo vede nella croce "il limite estremo della sua impotenza" e dunque l'uomo guarda a essa come "segno dell'abbandono, della debolezza e del fallimento". Con la morte di Cristo però "è diventata il segno del nuovo inizio, dell'amore sconfinato di Dio". E l'applauso che ha accompagnato l'apparire della croce accanto al Papa ha in un certo senso come anticipato il giorno della gloria pasquale, quando cioè "le nostre amarezze - ha ricordato il Pontefice - vengono illuminate dalla speranza".

 Di fronte alla croce Benedetto XVI si era raccolto in silenziosa adorazione anche nella basilica di San Pietro, dove nel pomeriggio si era svolta la celebrazione della Passione del Signore.
Il rito solenne e austero ha avuto il suo momento più intenso proprio nella venerazione della croce, posta davanti all'altare della Confessione spoglia di fiori e di arredi sacri. A piedi scalzi, con indosso solo il camice bianco e la stola rossa, il Pontefice si è inginocchiato e ha baciato il crocifisso ligneo. Il gesto è stato poi ripetuto da cardinali, arcivescovi, vescovi, prelati della Curia, canonici della basilica, e da una rappresentanza di sacerdoti, religiosi e laici.
La celebrazione presieduta da Benedetto XVI dalla cattedra sistemata nella navata centrale della basilica, di fronte alla statua di san Pietro, è iniziata con un momento di preghiera silenziosa. Il Papa si è inginocchiato dinanzi all'altare della Confessione sostando per lunghi istanti in segno di perdono e di penitenza. È seguita la liturgia della Parola, culminata nel racconto della Passione del Signore tratto dal Vangelo di Giovanni (18,1 - 19,42), che è stato cantato in latino da tre diaconi, con intermezzi eseguiti dalla Cappella Sistina diretta dal maestro Giuseppe Liberto. Al termine il predicatore della Casa Pontificia, il cappuccino Raniero Cantalamessa, ha tenuto l'omelia.

Successivamente il Pontefice ha guidato la preghiera universale, scandita da dieci intenzioni tramandate dall'antica liturgia romana e proclamate in francese, inglese, polacco, russo, tedesco, portoghese, filippino, swahili, arabo e spagnolo. Si è pregato per la Chiesa, per il Papa, per gli ordini sacri e i fedeli, per i catecumeni, per l'unità dei cristiani, per gli ebrei, per i non cristiani, per quanti non credono in Dio, per i governanti e per i tribolati. A proporre le intenzioni sono stati gli alunni di alcuni Pontifici Collegi:  Maria Mater Ecclesiae, Americano del Nord, Polacco, Germanico-Ungarico, Filippino e Urbano de Propaganda Fide.

Conclusa la preghiera, ha avuto inizio la seconda parte della celebrazione. Un diacono che ha portato all'altare il crocifisso, coperto da un drappo rosso. Il Pontefice ha scoperto l'immagine sciogliendo i tre nastri che legavano il drappo, mentre per tre volte l'assemblea ha intonato l'Ecce lignum Crucis. Al  termine  dell'adorazione,  Benedetto XVI ha alzato la croce, presentandola alla venerazione dei fedeli. Quindi un altro diacono ha portato processionalmente le specie eucaristiche per la comunione, che è stata amministrata dal Papa ai cardinali presenti al rito e da novanta sacerdoti all'assemblea dei fedeli.
Ad assistere Benedetto XVI durante la celebrazione sono stati i cardinali diaconi Raffaele Farina e Giovanni Coppa. Il servizio liturgico è stato svolto da ministranti dei Servi del Cuore Immacolato di Maria. Erano presenti 27 porporati, fra i quali il decano del collegio cardinalizio Angelo Sodano e il segretario di Stato Tarcisio Bertone.

Con il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede - guidato dal decano, l'ambasciatore di Honduras Alejandro Emilio Valladares Lanza - erano il sostituto, il segretario per i Rapporti con gli Stati, l'arcivescovo Dominique Mamberti, l'assessore, il sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati, monsignor Ettore Balestrero, e il capo del Protocollo, monsignor Fortunatus Nwachukwu.


(©L'Osservatore Romano - 4 aprile 2010)
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 21:41.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com