Una nuova edizione dell'«Adversus Iudeos» dello Pseudo Cipriano

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Cattolico_Romano
00giovedì 9 luglio 2009 18:33
Una nuova edizione dell'«Adversus Iudeos» dello Pseudo Cipriano

La vera battaglia del II e del III secolo


di Giorgio Otranto

Il periodo compreso tra la guerra giudaica del 66-70 e la rivolta di Bar-Kochbah (132-135) contro i romani fu decisivo per la formazione sia del giudaismo rabbinico che del cristianesimo e segnò, in definitiva, il prevalere di due delle tante correnti o sette che caratterizzavano il giudaismo del tempo di Gesù:  quella farisaica e, appunto, quella cristiana.

È negli anni finali di questo periodo e ancora lungo tutto il II secolo che venne consumandosi la separazione del cristianesimo dalla sua matrice giudaica e si avviò il faticoso processo di autodefinizione dell'identità cristiana:  un processo che si è realizzato gradualmente, in relazione alla diversità dei contesti socio-ambientali e religiosi e in uno scenario complesso nel quale il paganesimo costituiva una realtà ben viva e vitale.



In questa decisiva fase delle loro relazioni, fatte di continuità e di rottura, di contrasti e di convergenze, ebrei e cristiani avevano ancora in comune pratiche cultuali e credenze che richiamano il tema del giudeocristianesimo nella sua duplice accezione etnica e dottrinale, con riferimento al diverso atteggiamento tenuto dai cristiani, primi fra tutti Pietro e Paolo, verso l'Antico Testamento.

Questo era patrimonio comune a ebrei e cristiani e, quindi, loro naturale terreno di incontro e scontro:  la vera battaglia del II secolo si è svolta sull'interpretazione dell'Antico Testamento. L'unico corpus scritturistico riconosciuto all'epoca come ispirato venne sottoposto dagli autori cristiani a una costante opera di cristianizzazione per il tramite di una esegesi cristologica - cristocentrica, tipologica, messianica - talvolta anche molto ardita, che nell'Antico Testamento mirava a "cercare il senso figurato", secondo l'espressione di Ireneo (Adversus Haereses, 4, 31, 1).

D'altra parte, le radici ebraiche del cristianesimo erano così profonde che ogni tentativo di definire la nuova religione comportava un confronto con l'ebraismo. Di qui il rapido sviluppo di una ricca produzione letteraria antiebraica, che si è espressa attraverso vari generi letterari:  il dialogus (Giustino, Evagrio), l'epistola (Barbara), il tractatus (Tertulliano, Ammonio Sacca, Agostino), i testimonia (Cipriano, Pseudo Gregorio di Nissa), l'apologia (Milziade, Apollinare di Gerapoli), l'homilia (Afraate, Efrem), il sermo (Giovanni Crisostomo).

Tra II e III secolo furono composte, sia in Oriente che in Occidente, diverse opere antigiudaiche, alcune delle quali anonime o di dubbia attribuzione. Tra queste va annoverata l'Adversus Iudaeos, una breve omelia arbitrariamente attribuita sin dall'antichità a Cipriano, il vescovo di Cartagine martire sotto Valeriano (258), alla cui ricca produzione letteraria sono stati aggiunti altri due scritti antigiudaici:  l'Ad Vigilium de iudaica incredulitate e il De duobus montibus Sina et Sion. Quest'ultima opera è stata edita e commentata nel 1994 da Carla Burini, docente dell'università di Perugia, il cui gruppo, negli ultimi anni, ha dato sicuri contributi alla conoscenza del corpus pseudociprianeo.

E dello stesso gruppo fa parte Norma Boncompagni che ha curato l'edizione dell'Adversus Iudaeos, corredata di introduzione, traduzione e commento, per la collana "Biblioteca Patristica", diretta da Carlo Nardi e Manlio Simonetti (Bologna, Centro editoriale dehoniano, 2008, pagine 162, euro 16, n. 45).

Sul piano della critica del testo il lavoro della Boncompagni rappresenta un sicuro progresso sia rispetto alla classica edizione di William Hartel del lontano 1871, fondata solo su quattro manoscritti e deturpata da numerosi errori (Simonetti), sia rispetto alle recenti edizioni di Dirk Van Damme (1969) e Gustav Diercks (1972), basate su un più cospicuo numero di testimoni e notevolmente migliorate sul piano del metodo.

La Boncompagni adotta come testo base quello di Diercks, talvolta discostandosene, valorizza opportunamente la tradizione indiretta (Incmaro di Reims) e collaziona sette manoscritti sulla cui base giunge a ipotizzare l'esistenza di un archetipo.

Nell'introduzione vengono affrontate numerose altre questioni, poi parzialmente riprese nel commento, quali il contesto storico della polemica antigiudaica, l'autore, la data e il luogo di composizione dell'Adversus Iudaeos, il contenuto e la struttura dello scritto, con particolare riferimento alla lingua, che appare semplice e dall'andamento scorrevole.

I temi presenti nell'Adversus Iudaeos sono quelli classici della polemica antiebraica, dal rifiuto del letteralismo giudaico nell'interpretazione dell'Antico Testamento al rigetto di ogni forma di legalismo o precetto rituale, al superamento dell'antica Legge in nome della nuova, alla condanna della incredulitas e del tradimento degli ebrei, considerati responsabili della morte del Cristo. Si tratta di una polemica unilaterale piuttosto dura - e di questo deve tener conto il lettore - cui l'anonimo autore dello scritto, per condannare gli ebrei, aggiunge motivazioni di carattere giuridico, in verità non sempre convincenti.

Per la mancanza di elementi storici precisi, l'Adversus Iudaeos, oltre che a Cipriano, è stato di volta in volta attribuito a Ippolito, Melitone di Sardi, Novaziano e persino a Sisto II (257-258). Sulla base di un'attenta disamina del testo, di alcuni confronti con opere coeve e della bibliografia critica, la Boncompagni, sia pure ipoteticamente, riconduce l'Adversus Iudaeos all'ambiente africano della metà del III secolo.

E credo che una conferma a tale ipotesi possa essere data dalla vitalità del giudaismo e del cristianesimo in quell'epoca a Cartagine, città culturalmente ed economicamente tra le più importanti del Mediterraneo e perciò sede di fiorenti comunità sia ebraiche che cristiane.

Già Tertulliano, tra la fine del II e gli inizi del III secolo, vi aveva svolto una ferma polemica sia direttamente in un'opera scritta ex professo contro gli ebrei (Adversus Iudaeos) sia indirettamente in altre opere che presentano numerosi spunti antiebraici.
E qualche decennio dopo Tertulliano, Cipriano dedicò il primo dei suoi tre libri dei Testimonia proprio alla polemica antigiudaica.

Va ricordato che la comunità ebraica di Cartagine disponeva di proprie sinagoghe e di almeno un cimitero di età imperiale (II-III secolo), quello di Gamart, che ha restituito diverse iscrizioni ebraiche in latino - ma ve ne sono anche in greco ed ebraico - corredate talvolta da simboli della religione giudaica, come il candelabro a sette bracci, il coltello che allude alla circoncisione, le tavole della legge, il cedro, il lulab.
Il rinvenimento di tombe e iscrizioni cristiane nello stesso cimitero ha dato luogo a un vivace dibattito con posizioni diversificate. Il dato che a me sembra sicuro è che a Cartagine le due comunità, quella ebraica e quella cristiana, inizialmente abbiano intrattenuto nel complesso rapporti meno duri che in altre aree dell'impero.

Gradualmente poi le posizioni si sarebbero irrigidite e avrebbero dato luogo a una consistente polemica letteraria, che trova nell'Adversus Iudaeos pseudociprianeo e in altri scritti autentici di Cipriano un evidente riscontro.


(©L'Osservatore Romano - 10 luglio 2009)
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