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Cattolici e armeni, comune professione di fede in Gesù. Il contenzioso cristologico risaliva al Concilio di Calcedonia
di Andrea Lonardo (tratto da Roma-sette, Supplemento di Avvenire del 9 febbraio 1997)

“Con l’antica Chiesa di Armenia esisteva un contenzioso cristologico risalente al Concilio di Calcedonia (451), cioè ad oltre 1500 anni fa. Incomprensioni teologiche, difficoltà linguistiche, diversità culturali avevano per tutti questi secoli impedito un vero dialogo. Il Signore ci ha concesso, con nostra profonda gioia, di confessare finalmente insieme la stessa fede in Gesù Cristo vero Dio e vero uomo. Di Lui, nella Dichiarazione comune, abbiamo riconosciuto che è “Dio perfetto nella sua divinità, uomo perfetto nella sua umanità; la Sua divinità è unita alla Sua umanità nella Persona dell’Unigenito Figlio di Dio, in una unione che è reale, perfetta, senza confusione, senza alterazione, senza divisione, senza forma di separazione alcuna”.
Così il Santo Padre ha sintetizzato, in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani del 1997, il significato della visita alla Santa Sede di S.S.Karekin I Sarkissian, Catholicos di tutti gli Armeni, avvenuta il 13 dicembre 1996, a cui ha fatto seguito la visita, il 25 gennaio del 1997, di S.S.Aram I Keshishian, Catholicos di Cilicia degli Armeni, per la firma di una Dichiarazione analoga. Fino a questo importantissimo incontro, la Chiesa Armena era annoverata fra le Chiese cosiddette nestoriane o monofisite, le Chiese che non avevano accolto la definizione dogmatica del Concilio di Calcedonia. Ora, per la prima volta dopo quell’evento, nell’anno di preparazione al Giubileo dedicato all’approfondimento della persona e dell’opera di Gesù Cristo, una comune professione di fede cristologica viene espressa dalle due Chiese, che pure restano in una comunione non ancora totale. Questo accordo va ad aggiungersi agli altri con le cosiddette “antiche Chiese d’Oriente” che il Papa Giovanni Paolo II ha sintetizzato nel numero 62 della sua enciclica “Ut Unum sint”: “Dal Concilio Vaticano II in poi, la Chiesa cattolica, con modalità e ritmi diversi, ha riallacciato fraterne relazione anche con quelle antiche Chiese dell’Oriente che hanno contestato le formule dogmatiche dei concili di Efeso e di Calcedonia. Tutte queste Chiese hanno inviato osservatori delegati al Concilio Vaticano II; i loro Patriarchi ci hanno onorato della loro visita e con essi il Vescovo di Roma ha potuto parlare come a dei fratelli che, dopo lungo tempo, si ritrovavano nella gioia. “La ripresa delle relazioni fraterne con le antiche Chiese dell’Oriente, testimoni della fede cristiana in situazioni spesso ostili e tragiche, è un segno concreto di come Cristo ci unisca nonostante le barriere storiche, politiche, sociale e culturali. E proprio per quanto riguarda il tema cristologico abbiamo potuto dichiarare insieme ai Patriarchi di alcune di queste Chiese la nostra fede comune in Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo. Papa Paolo VI di venerata memoria aveva firmato delle dichiarazioni in questo senso con Sua Santità Shenouda III, Papa e Patriarca copto ortodosso; e con il Patriarca siro-ortodosso d’Antiochia, Sua Santità Jacoub III. Io stesso ho potuto confermare tale accordo cristologico e trarne delle conseguenze: per lo sviluppo del dialogo con il Papa Shenouda, e per la collaborazione pastorale con il Patriarca siro d’Antiochia Mar Ignazio Zakka I Iwas.
Con il venerato Patriarca della Chiesa d’Etiopia, Abuna Paulos, che mi ha fatto visita a Roma l’11 giugno 1993, abbiamo sottolineato la profonda comunione esistente tra le nostre due Chiese: “Noi condividiamo la fede ricevuta dagli Apostoli, gli stessi sacramenti e lo stesso ministero radicato nella successione apostolica [...]. Oggi infatti possiamo affermare di avere la stessa fede in Cristo, allorché per lungo tempo essa è stata causa di divisione tra di noi”.
Più recentemente, il Signore mi ha dato la grande gioia di sottoscrivere una dichiarazione comune cristologica con il Patriarca assiro dell’Oriente, Sua Santità Mar Dinkha IV, che ha voluto per questo motivo farmi visita a Roma nel mese di novembre 1994. Tenendo conto delle formulazioni teologiche differenziate, abbiamo così potuto professare insieme la vera fede in Cristo”.
Fin qui le parole di Giovanni Paolo II. Noi ci uniamo alla lode che è stata espressa al termine della firma della dichiarazione, sottoscritta il 25 gennaio 1997:
In questo ultimo scorcio del secondo millennio cristiano, e nell’imminenza del diciassettesimo centenario della Chiesa Armena, Sua Santità Papa Giovanni Paolo II e Sua Santità Aram I ringraziano e glorificano la Santa Trinità che dà la forza spirituale per aderire fermamente agli imperativi della fede apostolica e della missione pastorale.

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