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2. Per una definizione

Nato non per imposizione arbitraria dall'alto e in base a un disegno astratto, bensì dal fluire stesso della vita, dall'incarnarsi e articolarsi dei princìpi informatori di un'epoca, dal solidificarsi di una consuetudine che tardi raggiunge la codificazione in testi scritti e tardi conosce la riflessione sistematica dei giuristi, il feudalesimo pone indubbiamente alcune difficoltà a chi voglia tentare una definizione. Questa, tuttavia, è necessaria per chiunque si preoccupi della correttezza del discorso (8); ed è d'altronde possibile ove si ricerchino i tratti costanti, i denominatori comuni, senza perdersi nelle differenze locali e temporali, le quali, pur interessanti e significative, appartengono - variazioni sul tema - alla storia interna del fenomeno e non concorrono, quindi, alla sua definizione.

Secondo la prospettiva qui assunta non può essere vista l'essenza del feudalesimo nell'immunità, cioè nella esenzione amministrativa, fiscale e giuridica che spesso, e in modo crescente, si accompagnò ai feudi. Siamo, in questo caso, di fronte a una delle conseguenze più significative e interessanti del fenomeno, ma non già alla sua genesi o alla sua essenza (9). E, a rigore, tale carattere non può essere riconosciuto neppure al beneficio, cioè all'elemento cessione terriera, data non in libera e assoluta proprietà, ma in godimento: anche il beneficio è, preso isolatamente, insufficiente a dare un'idea precisa del feudalesimo, pur essendone indubbiamente un aspetto.

Ciò che è veramente centrale è il rapporto di vassallaggio, ossia la diffusione e istituzionalizzazione di un tipo particolare di rapporti personali e bilaterali ai diversi livelli della struttura sociale.

Molto opportunamente lo storico francese Robert Boutruche da inizio alla sua ampia opera sulla signoria e sul feudalesimo con questo quadro: "Ogni anno, dal IX al XVI secolo, migliaia di volte nella maggior parte dell'Occidente, si ripeteva questo rito. Davanti ai testimoni riuniti nella sala grande di un castello o di una residenza ecclesiastica, si fronteggiavano due personaggi: uno destinato ad obbedire, l'altro a comandare. Il primo, a testa nuda e disarmato, pone le sue mani giunte tra quelle del secondo, si dichiara suo uomo, suo vassallo e qualche volta scambia con lui un bacio sulla bocca. Poi giura, "toccando cuti la mano destra" una reliquia o un Vangelo, di rimanergli fedele. A sua volta il signore promette di essere buono e leale. Di solito la cerimonia è chiusa da un ultimo atto [...]: il subordinato ottiene l'investitura di un feudo [...]. Spesso i due contraenti sono dei potenti di questo mondo; ma possono essere anche modesti signori e poveri vassalli" (10).

Questo è veramente l'elemento generatore e comune che ci consente di parlare, in epoche e luoghi diversi della Cristianità, di feudalesimo. Questo è anche il punto dal quale prendere le mosse per la comprensione del fenomeno. E', del resto, l'elemento che ritroviamo alla base della definizione data dallo storico belga Ganshof: "Il feudalesimo [la féodalité] può essere definito come un insieme di istituzioni legate a obblighi di obbedienza e di servizio principalmente militare da parte di un uomo libero, detto "vassallo", verso un uomo libero, detto "signore", e da obblighi di protezione e di mantenimento da parte del "signore" nei confronti del "vassallo"" (11).

Intorno a questo sistema di relazioni si articolò tutta una società, caratterizzata, sempre secondo le definizioni di Ganshof, dallo sviluppo dei rapporti tra uomo e uomo, dalla esistenza di un ceto militare specializzato, da uno spezzettamento estremo del diritto di proprietà e da un frazionamento del potere pubblico che dette vita "a una gerarchia di istanze autonome" (12). In questo senso è preferibile parlare non più di feudalesimo in senso proprio e ristretto bensì di società feudale (13).


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