00 09/11/2008 11:18
Dall'ascolto viene la fede e la fede porta con sé il dono della salvezza. La pedagogia di Paolo trova qui il suo primo e in sostituibile fondamento. Dobbiamo solo ricordare che per Paolo l'ascolto equivale a obbedienza, come risulta anche da Romani, 1, 5:  "Abbiamo ricevuto la grazia dell'apostolato per ottenere l'obbedienza della fede" (vedi anche Romani, 15, 18; 16, 26).
Non solo, ma per poter dire di aver imparato Cristo occorre anche sottomettersi a ogni forma di istruzione (didachè), la quale è completa solo se abbraccia tutto il mistero di Gesù, senza decurtazioni e senza aggiunte. Considerando il fatto che solo qui Paolo usa l'espressione "in Gesù" si potrebbe pensare che egli si scaglia contro certi oppositori, forse esponenti della tendenza gnostica, per i quali il salvatore degli uomini non si identificava con la persona di Gesù. Siamo così invitati ad accogliere il mistero dell'incarnazione e a entrare nel suo profondo dinamismo salvifico. Anche se non parla spesso di questo mistero, Paolo in tutte le sue lettere dimostra di averne assimilato lo spessore storico e su di esso fonda il suo metodo pedagogico.
Certo, il mistero di Gesù va accettato nella sua interezza:  non è lecito perciò fare a pezzi ciò che di sua natura è indivisibile. Da un lato non si può sottovalutare la redenzione dal peccato, che Gesù ha operato mediante la sua passione morte e risurrezione, qualificandola come "teologia negativa"; dall'altro lato non è consentito esaltare l'incarnazione di Dio come se essa bastasse per la salvezza dell'umanità, qualificandola come "teologia positiva". Le due tappe dell'unico mistero esigono di essere armonizzate in un unico atto di fede e quindi anche in un unico progetto educativo.

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