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Il "caso" Savonarola e Papa Borgia

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    00 15/11/2008 08:06
    Exclamation Il Caso Savonarola E Papa Borgia



    Diciamo subito che due sono le cose: o si ama la Chiesa Cattolica e si soffre per i suoi peccati....oppure la si odia...non si scappa........a me piace pensare più la prima considerazione in tutta questa vicenda.....

    Alessandro Borgia effettivamente non fu mica un santo, il vero dramma della Chiesa sarebbe stato se lo avesse presentato come santo.....e mentre papa Borgia è ricordato nella storia non certo come uomo pio...il Savonarola, frate domenicano, E' STATO RIABILITATO.....ed è ricordato come un santo predicatore......
    In entrambi i casi...è forse venuta meno la Chiesa? .......

    Premetto anche che questo spazio non vuole assolutamente sostituirsi al giudizio della Chiesa.....questo sia ben chiaro!

    Quel che non si vuole comprendere è che la nomina di un papa...non INCLUDE LA NOMINA DI UN SANTO.....perchè santi ci si diventa....
    Papa Borgia, ad ogni modo, seppur CONDANNABILE NELLA CONDOTTA non ha mai minato la Chiesa nella dottrina....non ha proclamato dogmi.......non ha legittimato la sua corruzione.....E LE PORTE DEGLI INFERI NON PREVARRANNO...Cristo ha mantenuto la sua promessa......nonostante la corruzione di alcuni.....la CHIESA E' ANCORA VIVA E ANCORA CONTINUA A SFORNARE SANTI......

    Diventato priore del convento domenicano di S. Marco di Firenze nel 1491, Gerolamo è animato da una fede ardente e guidato da una dottrina severa.
    Dopo il dolce Francesco D'Assisi che aveva sedotto Innocenzo III, e prima di Martin Lutero che metterà a disposizione della Riforma la potenza del suo temperamento, anche Savonarola è scandalizzato dalla decadenza degli AMBIENTI del papato..... questa è la prima verità da raccontare senza temere nulla....

    Egli rivolge alla sua Chiesa questi rimproveri:

    Hai profanato i sacramenti con la simonia.
    La tua lussuria ti ha reso una prostituta.
    Sei un mostro abominevole.
    Hai edificato una casa di tolleranza.
    Ti sei trasformata da cima a fondo in una casa infame.
    E che cosa fa la prostituta?
    Fa segno a tutti i passanti: chiunque ha del danaro entra e fa tutto quello che desidera, mentre chi vuole comportarsi bene viene buttato fuori.
    E' così, o Chiesa prostituta, la vergogna di cui ti sei macchiata appare agli occhi dell'intero universo, e il tuo fiato avvelenato è salito fino al cielo.


    Le parole sono crude è vero, ma segno tangibile di una situazione che degenererà con Lutero il quale punterà il suo dito accusatorio alla stessa maniera, ma la fine di entrambi così diversa la dice lunga sulla santità di uno e sul divorzio dell'altro..........

    Al cospetto della corrotta Roma, egli vuol fare di Firenze, la sua città, una «nuova Gerusalemme», instaurare una contro-società senza corruzione, senza lussuria, senza crimini, una «monarchia» teocratica, il cui re senza corona deve essere Cristo. MA NON VI RIUSCIRA'.....

    Lo si scambia per un profeta quando, prima dell'occupazione di Firenze da parte del re di Francia Carlo VIII, egli annuncia l'arrivo del «nuovo Ciro» destinato a rimettere in sesto l'Italia.
    La sua popolarità cresce. Egli denuncia il sistema dittatoriale dei Medici che governano la città e reclama la riforma della Costituzione, della giustizia e del fisco. Il palazzo della Signoria cede davanti alla sua intransigenza.

    Savonarola instaura a Firenze un severo regime di austerità che durerà quattro anni (1494-1498), vieta il gioco e le feste profane.
    Questa dittatura morale, però, finisce per scontentare il popolo, diviso fra gli «arrabbiati» che combattono Savonarola e i suoi amici, chiamati per derisione «piagnoni».

    Il vento gira. Il suo scontro diretto con il papa finisce male
    . Nel 1495, viene accusato di insubordinazione e gli viene vietato di predicare. Roma tenta prima di allontanarlo, poi di acquistarne il silenzio offrendogli un cappello cardinalizio.

    Ma Savonarola, con la sua abituale veemenza, risponde al papa:
    «
    Non voglio nessun cappello, nessuna mitria grande o piccola che sia.
    Non voglio altro se non ciò che tu hai dato ai tuoi santi: la morte.
    Un cappello rosso, un cappello di sangue: questo è ciò che desidero.
    »

    La macchina infernale è ormai in moto. Nel maggio del 1497, Savonarola viene scomunicato per disobbedienza (una disobbedienza mai provata dal momento che il Savonarola terminò le sue prediche pubbliche e sempre si chinò davanti al papa). Firma la sua ultima lettera indirizzata al papa con queste parole: «Servitore inutile di Cristo».

    Il 18 febbraio dell'anno successivo, predica per l'ultima volta nel duomo di San Marco.
    Nel corso dello stesso mese viene arrestato con altri due frati, Silvestro da Firenze e Domenico da Pescia.

    La Signoria riceve il 12 aprile un breve del papa che l'autorizza ad agire contro Savonarola e i suoi compagni.
    Il 22 maggio, viene condannato a morte con gli altri due frati da un tribunale civile alla presenza di due delegati ecclesiastici. Gerolamo, Silvestro e Domenico vengono strangolati e poi bruciati il 23 maggio 1498.

    La riabilitazione di Gerolamo Savonarola da parte della Chiesa cattolica è in corso; questo è indicativo del cammino di pentimento che il papa Giovanni Paolo II ha voluto far percorrere alla Chiesa.

    Da una predica del Savonarola emerge questo TRISTE QUADRO......

    < ....I preti ci riempiono le orecchie di Aristotele, Platone, Virgilio e Petrarca, e non si preoccupano della salvezza delle anime.
    Perché tanti libri in luogo di quello che nella sua unicità racchiude la legge e la vita? (si osservi, oltre alle accuse...come i rimproveri di Savonarolo sono anche di una attualità sconvolgente )
    Cristiani, voi dovreste avere sempre con voi il Vangelo; non intendo dire il libro, ma il suo spirito. [...]
    La carità cristiana non abita nei libri.
    I veri libri di Cristo sono gli apostoli e i santi, e la vera vita consiste nell'imitazione della Sua vita.
    In questi periodo, invece, quegli uomini sono diventati libri del diavolo.
    Essi parlano contro l'orgoglio e l'ambizione, ma vi ci sono immersi fino alle orecchie. Predicano la castità e mantengono delle amanti.
    Esigono l'osservanza del digiuno e vivono nel lusso. [...]
    I prelati [= i membri dell'alto clero] si rinchiudono nella loro dignità e disprezzano gli altri; pretendono che ci si inchini davanti a loro; essi vogliono occupare le prime cattedre [= posti] nelle scuole e le chiese italiane.
    Amano che si vada loro incontro, il mattino, al mercato, che li si saluti con l'appellativo di «maestro» [...]
    Non pensano ad altro che alla terra ed alle cose terrene; delle anime non si preoccupano minimamente.
    Nei primi periodi della Chiesa, i calici [= quelli del vino della messa] erano di legno ed i prelati d'oro; oggi invece, la Chiesa ha calici d'oro e prelati di legno.


    Oggi, la Chiesa cattolica, non solo ha riabilitato il monaco contestatore, ma si propone altresì di elevarlo agli onori degli altari.
    Chi ha detto che il dissenso e la contestazione devono essere banditi dalla Chiesa?

    Gli eventi della storia dimostrano, ancora una volta, che quando essi sono fondati sulla verità costituiscono il suo più idoneo strumento di purificazione.....
    Purificazione di cui la Chiesa non cessa di aver bisogno. Gesù del resto aveva messo in guardia i suoi, non ha promesso uomini santi, ma uomini che avrebbero e dovranno CONQUISTARSI LA SANTITA', perchè la Chiesa, quale Progetto, la guida lo Spirito Santo, gli uomini posti visibilmente alla guida, non nascono santi....La Chiesa è in continuo cammino ed in continua TRASFORMAZIONE, alla ricerca della SUA SANTITA' VISIBILE.....la Chiesa NON crollerà mai...e non crollerebbe per un Papa immorale, ma semmai per le membra se fossero TUTTE CONTRO LA RICERCA DELLA SANTITA'....perchè la Chiesa diventa INFALLIBILE soprattutto in riflesso delle SUE MEMBRA......e non in una singola persona.....
    Va così specificato che Papa Borgia non è stato affatto quel "cattivone" di cui lo si accusa, ma che la questione Savonarola ruota attorno alla borghesia del suo tempo.....la quale rifiutò il Savonarola stesso alimentando la sua condanna.....

    Savonarola e poi Lutero...entrambi comunque denunciarono una grave realtà....e forse grazie proprio a talune denuncie la Chiesa HA POTUTO RIFIORIRE attraverso il Concilio di Trento e con san Pio V ed altri Pontefici appunto, veramente lungimiranti contro quella corruzione.....come oggi respira la Chiesa attraverso il vento del Concilio Vaticano II....


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    Un breve quadro generale sul concetto di riabilitazione...

    Di: Roberto Beretta

    "Informazione filosofia e teologia: Rassegna Stampa"

    Cottier: mea culpa sì, ma senza riabilitazione
    Padre Georges Cottier O.P., teologo pontificio e segretario della Commissione teologica internazionale che ha preparato - fra l'altro - le sessioni vaticane di studio su Inquisizione e Shoà, parteciperà al convegno di Napoli su Giordano Bruno.

    D- Allora, padre, la parola d'ordine sembra una sola: riabilitare il Nolano.

    R- "No, non parlerei di "riabilitazione". Questo è un termine che riguarda il giudizio corretto sulla vita e sul pensiero di una persona e può essere applicato per esempio al Savonarola, che forse sarà anche beatificato. Giordano Bruno invece non può essere riabilitato come pensatore cattolico semplicemente perché il suo pensiero non è mai stato cattolico; egli fin dall'inizio negava idee come il dogma della Trinità, o l'unicità dell'anima personale... Il problema è semmai che il filosofo nolano fu condannato al rogo, mentre oggi sappiamo che non si può usare la pena di morte per punire un uomo che sostiene - seppure pubblicamente e con qualche provocazione - posizioni anti-cristiane".

    D- Dunque un mea culpa relativo al modo, non ai contenuti...


    R- "Nel caso di Bruno la domanda di perdono a Dio da parte della Chiesa riguarda i mezzi usati per la difesa della verità. La Chiesa deve sempre sostenere la fede, ma non col braccio secolare".

    D- Tra l'altro, pare che il processo al domenicano fu regolare.

    R- "Sì, il processo durò 7 anni e fu fatto secondo le norme, con la volontà di salvare l'imputato".

    D- E tuttavia il caso di Bruno è divenuto ideologicamente esemplare.


    R- "Perché così l'hanno fatto diventare. Il Nolano è stato preso come simbolo della libertà di pensiero dagli anticlericali del secolo scorso. Ma il vero Bruno non era un libero pensatore nel senso moderno della parola: era piuttosto un uomo del Rinascimento che difendeva le ragioni della filosofia contro la teologia... Nel suo caso vedo perciò parecchi miti da ridimensionare e il lavoro degli storici sarà molto importante per determinare chi era davvero Giordano Bruno".

    D- Secondo lei?


    R- "Era un brillante scrittore, non sempre facile, che esprime teorie scientifiche interessanti...".

    D- La scienza, appunto: si può istituire un confronto fra il trattamento usato dalla Chiesa verso Bruno e il processo di poco successivo a Galileo?


    R- "No. Galileo era un credente ed è stato accusato per proposizioni scientifiche all'epoca ritenute incompatibili con la visione cristiana del mondo. Ma con lui non ci fu mai questione di fede. Con Bruno, invece, questo non si può dire".

    D- Ma il ripensamento della Chiesa sul rogo non sarà interpretato come una marcia indietro sui contenuti?


    R- "No. Anzitutto il simposio di Napoli non è organizzato dalla Chiesa, ma da una facoltà di teologia. Poi non sarà una richiesta di perdono, bensì un'occasione per studiare il caso e ristabilire la verità storica. Certo, ci saranno manifestazioni tendenti ad accreditare Bruno come martire del libero pensiero; ma noi non vogliamo entrare in questa polemica".

    D- Bruno piace pure al dissenso cattolico. Il teologo Drewermann, ad esempio, si identifica volentieri con lui, anche perché ridusse le religioni a mito.


    R- "Bruno pensava che le religioni fossero un fatto sociale e si equivalessero tra loro. Ma ciò non è affatto il segno della modernità. Anzi, oggi la ragione si trova bene con la fede".

    D- Il fatto che Bruno fosse ecclesiastico aumenta la responsabilità della Chiesa nei suoi confronti?


    R- "In un certo senso sì: non capisco infatti come fu accettato nell'Ordine domenicano, dal momento che già al noviziato dimostrava forti difficoltà sulla fede".

    D- Bruno ebbe problemi anche coi protestanti. Le risulta che costoro abbiano in programma qualche revisione storica nei suoi confronti?


    R- "In effetti il filosofo aderì alla riforma calvinista, ma ebbe difficoltà e dovette fuggire da Ginevra, poi ancora dalla Germania. Tuttavia la vicenda di Bruno ha pesato molto più sulla storia italiana che su quella dei protestanti. E comunque, per adesso, sono solo i cattolici a fare autocritica". (così come i protestanti non si sono ancora pronunciati ufficialmente con un autocritica per aver anch'essi condannato Galileo da parte di Calvino ....nè è giunta un autocritica per la discriminazione verbale di Lutero nei confronti degli Ebrei....)

    *************

    ma quella di G.Bruno è un altra storia.....ora riprendiamo il Savonarola......

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    00 15/11/2008 08:07
    Non voglio minimizzare la moralità piuttosto discutibile di Papa Borgia...tanto meno fare processi, non è mio compito.... , tuttavia non sono pochi gli storici che asseriscono una leggenda nera attorno alla sua figura, resa palese durante la Controriforma.... Questo è doveroso dirlo per non addossare proprio tutta la colpa al Papa sul caso Savonarola.....

    Non deve scandalizzarci il fatto che taluni Papi avessero dei figli o che taluni papi praticassero la sessualità, i costumi dell'epoca non erano certo santi....e non possono essere giudicati con la mentalità di oggi, forse per questo il gran numero dei santi che si ebbero fa capire l'enorme differenza degli stili di vita.... quasi una sorta di "cartina tornasole" usata dal Cristo per far splendere comunque sia la Sua Sposa..... Proviamo a fare anche un quadro generale per comprendere il carattere di vita di quell'epoca.

    La gestione nepotistica e familistica del pontificato non è affatto una particolarità dei Borgia.... È tipica piuttosto del carattere del papato rinascimentale.... Pensiamo ai Della Rovere, che erano diventati duchi d'Urbino, o ai Farnese elevati a duchi di Parma..... Eppure i Borgia sono passati alla storia come un esempio particolarmente negativo.....

    La pratica degli intrighi, dei tradimenti, delle congiure, degli avvelenamenti era diffusa.... E in fondo è una pratica diffusa in tutti i tempi..... A volte si fa con il veleno, altre magari con la tv o Internet... la diffamazione politica poi del nostro tempo non ha nulla da invidiare a quel passato....

    Romeo De Maio, professore di Storia del Rinascimento all'Universita di Napoli dice: «Alessandro VI è sconcertante. Da una parte ti trovi davanti un uomo fortemente scettico. Dall'altra un uomo dalla religiosità convinta. Quando si rivolge ai pittori che decoreranno gli Appartamenti, esprime idee che addirittura anticipano l'ecumenismo, il bisogno del dialogo tra le varie religioni. E mostra una grande sensibilità al problema dell'evangelizzazione della terre americane appena scoperte».

    Ma perché allora si è imposto questo giudizio storico cosí negativo?

    «Sui Borgia c'è un pregiudizio da "leggenda nera". La storiografia sui Borgia è in gran parte contraffatta da questo pregiudizio. Ed è da sempre divisa in due correnti. Machiavelli, storico laico, dà un giudizio positivo, Guicciardini tende già verso il moralismo. Lo stesso si puó dire con il filosofo Friedrich Nietzsche e lo storico Jacob Burckhardt. I Borgia vanno giudicati con una grande forza filologica, non con l'ipersensibilità moralistica che viene dopo la Controriforma». Alessandro VI, quando parlava di Gesú piangeva come un bambino.

    Ora inserisco una lettera dal Magistero di questo Papa, ....ed è utile a noi leggerlo per capire, o cercare di capire, la complessità del "Caso Savonarola"..e le gesta prettamente cattoliche di questo Pontefice...



    Bolla "Inter caetera"

    Sull’educazione cattolica da impartire ai popoli pagani contattati in occasione delle conquiste - Alessandro VI

    4 maggio 1493

    ALESSANDRO, VESCOVO, SERVO DEI SERVI DI DIO, AGLI ILLUSTRI SOVRANI, IL NOSTRO DILETTO FIGLIO IN CRISTO FERDINANDO, RE, E LA NOSTRA DILETTA FIGLIA IN CRISTO, ISABELLA, REGINA DI CASTIGLIA, LEÓN, ARAGONA, SICILIA E GRANADA, SALUTE E BENEDIZIONE APOSTOLICA.

    Tra le altre opere gradite alla Divina Maestà e dilette al nostro cuore, questa con certezza è la più elevata, che nei nostri tempi specialmente la fede cattolica e la religione cristiana siano esaltate e dovunque vengano aumentate e diffuse, che si abbia a cuore la salvezza delle anime, e che le nazioni barbariche siano rovesciate e condotte alla stessa fede. Poiché, in virtù della clemenza divina, noi, nonostante i nostri meriti insufficienti, siamo stati chiamati a questa Santa Sede di Pietro, riconoscendo che, come veri re e principi cattolici quali abbiamo sempre saputo che voi siete, e come dimostrano le vostre illustri azioni note già a quasi tutto il mondo, voi non soltanto ardentemente desiderate, ma con ogni sforzo, zelo e diligenza, senza riguardo alle difficoltà, alle spese, ai pericoli, persino a costo dello spargimento del vostro sangue, siete impegnati in questo fine; riconoscendo inoltre che da molto tempo avete consacrato a questo scopo la vostra anima e tutti i vostri sforzi, come testimoniato in questi tempi dalla riconquista del regno di Granada dal giogo dei saraceni, a gloria del Nome Divino; noi dunque siamo a ragione condotti, e lo riteniamo anzi nostro dovere, ad assicurarvi il nostro accordo e, a vostro favore, quelle cose che, con fatica ogni giorno, vi rendano possibile, per l'onore di Dio stesso e la diffusione della regola cristiana, conseguire il vostro santo e lodevole proposito così gradito al Dio immortale."

    Abbiamo anche appreso che voi, che per lungo tempo avete inteso cercare e scoprire alcune isole e terre remote e sconosciute e non ancora scoperte da altri fino a quel momento al punto da poter guadagnare al culto del nostro Redentore e alla professione della fede cattolica i loro residenti ed abitanti, essendo stati fino al momento presente impegnati intensamente nell'assedio e nella restaurazione del regno stesso di Granada, siete stati impossibilitati a realizzare questo santo e lodevole proposito; ma essendo stato il suddetto regno da tempo riacquistato, come è piaciuto al Signore, voi, col voto di realizzare il vostro desiderio, avete scelto il nostro amato figlio, Cristoforo Colombo, un uomo di certo valore e delle più alte credenziali e dotato per una impresa così imponente, e lo avete fornito di navi e uomini equipaggiati per questi disegni, non senza le più ardue difficoltà, pericoli, e spese, per fare una ricerca accurata di queste remote e sconosciute lande ed isole per mare, dove finora nessuno ha navigato; ed essi con l'aiuto divino e con la massima diligenza navigando per l'oceano, hanno scoperto certe isole molto remote ed anche continenti che finora non erano stati scoperti da altri; lì dimorano moltissimi popoli che vivono in pace e, come è stato riferito, che vanno in giro nudi e non mangiano carne.

    Inoltre, come ritengono i vostri suddetti inviati, questi popoli che vivono nelle dette isole e paesi credono in un unico Dio, creatore nei cieli, e sembrano sufficientemente disposti ad abbracciare la fede cattolica e ad essere educati nella buona morale. E si spera che, una volta istruiti, il nome del Salvatore, nostro Signore Gesù Cristo, possa facilmente essere introdotto nelle dette terre e isole.

    Inoltre, su una delle isole maggiori il suddetto Cristoforo Colombo è già riuscito a mettere insieme e costruire una fortezza ben equipaggiata, dove ha posto come guarnigione alcuni cristiani, suoi compagni, che hanno il compito di cercare altre isole e continenti remoti e sconosciuti. Nelle isole e terre già scoperte sono stati trovati oro, spezie, molte altre cose preziose di diverso tipo e qualità. Per tutto ciò, com'è proprio di. re e principi cattolici, dopo serissima considerazione di tutti gli argomenti, specialmente del sorgere e della diffusione della fede cattolica, e come è stato uso dei vostri antenati, re di rinomata memoria, voi vi siete posti il fine, con il favore della divina clemenza, di mettere sotto la vostra influenza i suddetti continenti e isole con i loro residenti e abitanti e di condurli alla fede cattolica.

    Perciò, affidando di cuore al Signore questo vostro obiettivo santo e lodevole, e nel desiderio che esso sia doverosamente realizzato, e che il nome del nostro salvatore sia portato in quelle regioni, vi esortiamo molto seriamente e vi ingiungiamo, nel Signore e in virtù del vostro santo battesimo, con il quale siete vincolati ai nostri comandi apostolici, e grazie alla misericordia di nostro Signore Gesù Cristo, a che, con lo stesso grande zelo per la vera fede con cui progettate di equipaggiare e inviare questa spedizione, vi proponiate anche, conformemente al vostro dovere, di condurre le popolazioni che risiedono in quelle isole e terre ad abbracciare la religione cristiana; ed in ogni momento non lasciate che i pericoli e le difficoltà vi scoraggino, con ferma speranza e fiducia nei vostri cuori che Dio onnipotente vi accompagnerà nelle vostre imprese.

    E, affinché voi possiate intraprendere un'impresa così grande con maggiore prontezza ed entusiasmo, con il beneficio del nostro favore apostolico, noi, di nostra volontà, non su vostra richiesta né su richiesta di nessun altro a vostro riguardo, ma per nostra sola generosità e conoscenza e in virtù della pienezza del nostro potere apostolico, grazie all'autorità di Dio onnipotente conferitaci in san Pietro e della vicaria di Gesù Cristo che noi deteniamo sulla terra, noi vi facciamo questi doni; se alcuna di queste isole dovesse essere trovata dai vostri inviati e capitani, questo dà, assicura e assegna a voi e ai vostri eredi e successori re di Castiglia e di León, per sempre - insieme con tutti i loro domini, città, campagne, luoghi e villaggi, e tutti i diritti, giurisdizioni e annessi - tutte le isole e i continenti trovati e ancora da trovare, scoperti e ancora da scoprire, verso l'ovest e il sud, tracciando una linea dal polo Artico, cioè dal nord, verso il polo antartico, cioè verso il sud, senza badare se le suddette isole o continenti siano stati trovati o si troveranno nella direzione dell'India o verso altre direzioni, la detta linea dovendo essere distante 100 leghe verso ovest e sud dalle isole comunemente conosciute come Azzorre e Capo Verde.

    Con la clausola tuttavia che nessuna delle isole e dei continenti, da trovare o già trovati, da scoprire o già scoperti oltre la detta linea verso ovest e sud, sia possesso di re o principe cristiano fino al passato compleanno di nostro Signore Gesù Cristo con il quale comincia l'anno corrente 1493.

    E noi nominiamo e deleghiamo voi, e i vostri suddetti eredi e successori, signori di essi con pieno e libero potere, autorità e giurisdizione, di ogni tipo; con la clausola che con questo nostro dono, premio e assegnamento nessun diritto acquisito da nessun principe cristiano che possa essere in attuale possesso delle dette isole e continenti da prima del detto compleanno di nostro Signore Gesù Cristo, dev'essere inteso come ritirato o annullato.

    Inoltre vi ordiniamo, in virtù della santa obbedienza, che, impiegando la dovuta diligenza nelle premesse, anche voi promettiate - né qui noi mettiamo in dubbio la vostra compiacenza in accordo con la vostra fedeltà e con la regale grandezza di spirito - di nominare nei suddetti continenti e isole uomini valorosi, timorosi di Dio, colti, abili e esperti, allo scopo di istruire i suddetti abitanti e residenti nella fede cattolica e di educarli nella buona morale.

    Inoltre, sotto pena di scomunica latae sententiae che verrebbe emanata ipso facto per chiunque contravvenisse, vietiamo assolutamente a tutte le persone di qualsivoglia rango, persino imperiale o regio, o di qualunque stato, grado, condizione, ordine, di osare, senza il vostro permesso speciale o quello dei vostri suddetti eredi e successori, di recarsi per scopi commerciali o per altre ragioni nelle suddette isole e continenti, trovati o da trovare, scoperti o da scoprire, verso ovest e verso sud, tracciando e stabilendo una linea dal polo Artico al polo Antartico, senza badare se le isole e i continenti si trovano in direzione dell'India o verso altre terre, dovendo essere la detta linea distante 100 leghe verso ovest e sud come già detto, dalle isole comunemente conosciute come Azzorre e Capo Verde; nonostante costituzioni apostoliche e ordinanze e altri decreti che dicessero il contrario.

    Noi confidiamo in Lui, da cui procedono imperi e governi e ogni cosa buona, e nel vostro intraprendere, con la guida del Signore, questa impresa santa e lodevole, in breve tempo le vostre difficoltà e sfide raggiungeranno l’esito più felice, per la felicità e la gloria di tutta la cristianità. Ma poiché sarebbe difficile inviare queste lettere a tutti i luoghi che si vorrebbero, desideriamo, e con simile accordo e conoscenza decretiamo che copie di esse, firmate dalla mano di un pubblico notaio a questo incaricato, e sigillate con il sigillo di un ufficiale ecclesiastico o della corte ecclesiastica, venga osservato nella corte e fuori lo stesso rispetto che dovrebbe essere attribuito altrove a queste lettere se venissero mostrate o esibite.

    Perciò non consentite ad alcuno di infrangere o contravvenire con grave baldanza questa nostra raccomandazione, esortazione, richiesta, dono, premio, assegnazione, costituzione, delega, decreto, mandato, proibizione e volontà. Se qualcuno presumesse di attentarvi, sia noto a costui che incorrerà nella maledizione di Dio onnipotente e dei santi apostoli Pietro e Paolo.

    Dato a Roma, San Pietro, nell'anno dell'incarnazione di nostro Signore, 1493, il quattro di maggio, primo anno del nostro pontificato.

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    La Teologia Del Savonarola

    Savonarola....." ebbe una solida formazione tomista ed in Tommaso d’Aquino vide rappresentato il vero umanesimo di contro all’umanesimo platonizzante che si andava affermando proprio in Firenze "....

    SAVONAROLA E PRATO COME PROBLEMA DI STORIA DELLA CULTURA.

    1. Il centro della problematica di Gerolamo Savonarola (1452-1498) è costituito dalla città Firenze, dal suo ruolo storico e dal suo possibile ruolo spirituale . Si è ricostruito e si potrà in futuro ricostruire la fisionomia di personaggi e di episodi che legano la sua figura alla storia di Prato , ma non si potrà alterare il dato essenziale che quella di Savonarola fu una teologia del luogo e che essa trovò in Firenze quel simbolo decisivo che sembrava poterla esprimere. Una ragione storica e dottrinale fonda questa condizione del pensiero di Savonarola. Egli ebbe una solida formazione tomista ed in Tommaso d’Aquino vide rappresentato il vero umanesimo di contro all’umanesimo platonizzante che si andava affermando proprio in Firenze. In questo senso egli intuì quello che Firenze sarebbe stata per la modernità e tentò di operare su questo simbolo.

    Non era del resto una visione pretestuosa, quella che riconosceva in Tommaso il padre dell’umanesimo: la sua antropologia dava in effetti alla persona una centralità argomentata in modo ben articolato e innovativo, a partire dall’idea dell’uomo come infinita finitudine; a partire dall’idea, cioè, del suo essere necessariamente posto nell’orizzonte dell’essere, tra tempo ed eterno, tra finito ed infinito. L’infinita finitudine dell’uomo (un ossimoro che esprimeva un certo tipo di mistica) diveniva lo spazio in cui l’esperienza spirituale della persona si configurava come altissima. L’idea di anima elaborata da Tommaso corrispondeva a queste intuizioni, che davano un volto divino all’uomo: l’anima era la forma nascosta del corpo (non sua prigioniera); invisibile nella sua realtà ma gloriosa nelle sue azioni e funzioni, per questo corporeità e storicità si vedevano a loro volta riconosciuta la realtà di essere lo spazio specifico della creature perfetta.

    Tutto ciò corrispose ad una parallela consapevolezza teologica secondo la quale l’esperienza di Cristo doveva ritenersi il culmine della conoscenza di Dio e non un momento passaggio verso un’ulteriore conoscenza, come molta della tradizione medievale voleva. L’antropologia di Tommaso si era potuta affermare dopo una lunga preparazione, anche erudita, compiuta nell’Ordine dei Predicatori: culturalmente essa riuniva la tradizione psicologica aristotelica con la tradizione teologica pseudodionigiana (le due grandi raccolte testuali di cui a cominciare da Alberto Magno si iniziò il commento integrale).

    Si trattava di un’idea, assai innovativa, ed ebbe bisogno di essere difesa dall’Ordine Domenicano fino al Concilio di Vienne, nel 1312, quando fu riconosciuta come unica ortodossa. Noi abbiamo sufficiente documentazione per dire che, durante il secolo XIV, essa divenne la base della formazione teologica e della pastorale .

    Non si può comprendere Savonarola senza aver presente questa sua fedeltà, tanto più che negli anni del Concilio ecumenico di Firenze e Ferrara (per l’appunto le città madri del Savonarola), tra 1439 e 1445, il ruolo di Tommaso nella costituzione della moderna episteme umanistica era stato messo in discussione, difeso ed attaccato, nel dibattito con i dotti teologi bizantini, nell’ambito della più ampia discussione sulla possibile concordia tra Platone ed Aristotele . Savonarola intuisce dunque che la vocazione di Firenze è l’umanesimo e qui deve porre il suo progetto di umanesimo cristiano. Egli muove il suo primo passo nella verifica storica di come il vero umanesimo non possa esprimersi in quel platonismo ficiniano, che solo gli appariva essere una teologia del tiranno, in concreto la teologia di Cosimo dei Medici.

    2. Prato c’entra poco in questa storia. O meglio ci sarebbe entrata poco se Savonarola non fosse stato ucciso, il giorno 23 del maggio 1498. Il macabro rituale dell'impiccagione e del rogo di fra Gerolamo, di fra Domenico Buonvicini da Pescia e di fra Silvestro Maruffi, culminò nel gesto osceno dello spargimento delle ceneri dei tre giustiziati in Arno. Il fatto provocò grandissima impressione sulla folla e travolse gli amici del Savonarola. Nell'Officio liturgico che ben presto venne composto in memoria dei tre frati e clandestinamente recitato in San Marco a Firenze e in San Vincenzo a Prato, nella ricorrenza della morte, quello spargimente è ricordato due volte .

    Nella Lectio si dice appunto: "Igne denique corpora consumuntur, cineres in Arnum mittuntur". Si sa che i discepoli cercarono di sottrarre al fuoco e al fiume quello che potevano dei poveri resti del frate e li difesero nei decenni successivi. A loro volta, i Medici fecero di tutto per riappropriarsene e distruggerne il ricordo. La resistenza ebbe successo soprattutto perché le reliquie vennero portate ai margini del margine, cioè nel giovane convento femminile pratese di San Vincenzo, fondato nel 1504 . La vera storia del Savonarola a Prato è perciò la sua storia post mortem. E’ la storia delle reliquie conservate ed obliate nel convento di San Vincenzo.

    Tre fatti di questa storia sono di rilievo:

    - il primo è che intorno alla difesa delle reliquie costruì la sua esperienza spirituale santa Caterina de’ Ricci (che prese l’abito religioso Domenicano nel 1535), e seppe difenderle meglio di quanto non abbiano saputo e potuto fare i piagnoni fiorentini (ed infatti le reliquie del Savonarola le si possono toccare anche oggi nel convento che a lei si intitola);

    - il secondo è che nel corso di quella lotta, Caterina seppe ottenere per tutte le reliquie custodite nel suo convento (tra cui vi erano quelle savonaroliane), documenti ecclesiastici di protezione, il che può rappresentare una sorta profezia del riconoscimento canonico del culto di Gerolamo;

    - in terzo luogo Caterina compì il gesto rituale di gettare alcune imprecisate reliquie nella fondamenta della nuova chiesa, l’attuale basilica che sarà a lei intitolata, e credo si debba porre l’ipotesi che questa chiesa sia stata fondata anche su reliquie di Savonarola.

    Ma quale significato storiografico fa parlare del corpo santo di Savonarola a Prato? Ovvero: che cosa mostrano di aver capito Caterina e le altre suore pratesi della profezia del Savonarola? Esse hanno creduto di difendere il vero umanesimo, fedeli all’insegnamento del loro maestro: ma allora quale rapporto c’è tra l’umanesimo e le reliquie? Si sa che il culto delle reliquie nella chiesa cristiana è molto più antico. Ma esso ha una sua storia, in cui aspetti diversi di volta in volta emergono. Il culto pratese delle reliquie di Savonarola si pone in una vicenda culturale e spirituale che va da Caterina da Siena e arriva fino a Filippo Neri.

    Un secolo prima di Savonarola, Caterina da Siena aveva centrato la sua azione politica e spirituale sull’intuizione dell’avvento di quello che ella chiamava "il tempo dei martiri novelli". Ella pretese allora che il papa tornasse a Roma (da Avignone) perché sentiva in maniera vivissima «l’odore del sangue» dei suoi martiri: per questo Roma è il centro del mondo e deve essere la sede della Chiesa, perché quella città era stata il luogo in cui si era compiuto il massimo scontro tra l’impero e i primi cristiani.

    Al capo opposto del percorso troviamo Filippo Neri. Lui pure era stato cacciato da Firenze con la sua famiglia, nel 1517, e aveva trovato a Roma il suo luogo. Qui egli riscopre le catacombe e ne fa esplodere un culto popolare che provoca nelle gerarchie anche un certo sospetto. Proprio lui - che aveva dichiarato di avere imparato tutto dai domenicani di San Marco - costringerà poi Cesare Baronio a scrivere gli Annales ecclesiastici che sono uno dei punti di partenza della storiografia erudita. In Filippo vi è ancora un nesso fortissimo tra il culto delle reliquie e il senso della storia: qui si trova per lui il punto di uscita dal fallimento subito da chi, per ragioni politiche e spirituali, si era trovato di nuovo in esilio.

    La memoria dei corpi santi è il culto santo di una gloria terrena: non è solo la rivincita dei vinti, esso svela il senso alla storia umana, da un lato nella sua incompiutezza, dall’altro nella sua direzione invincibile. La storia è una storia di interruzioni del senso: la modernità ha bisogno di sanare queste ferite e la gloria dei martiri sta lì per questo.

    L’umanesimo, la possibilità di cogliere un senso specifico della storia umana, aveva incontrato nel Savonarola un primo straordinario fallimento. Egli non era riuscito a far prevalere la centralità dell’uomo di fronte alla tirannia dei Medici, ed aveva giocato tutta la sua partita sulla politica, un punto in effetti difficile del sistema che da Tommaso aveva ereditato.

    Perciò l’ultimo Savonarola aveva cercato un’altra via per il riscatto dell’umanesimo impossibile. Anch’egli aveva cominciato a dire che "desiderava il cappello rosso", non quello dei cardinali, ma quello dei martiri.

    Questo linguaggio ha un senso mistico e si innesta in una certa cultura; ha una corrispondenza esatta nel desiderio della mistica domenicana che cominciava in Caterina da Siena, perché ella stessa invocava di "mille volte morire" per l’unità del mondo nel segno cristiano: e a sua volta lo desiderava per raggiungere la "vera gloria". A sua volta Savonarola desiderava una gloria storica, ma una vera gloria, quella necessaria al progresso della storia della chiesa sulla terra.

    3. Il convento di Santa Caterina de’ Ricci sarà una grande fabbrica delle reliquie. Questo corrisponde ad un’esigenza di senso e quindi ad una nuova figura dell’uomo. Ma corrisponde anche ad una nuova figura divina. Il momento più alto della conoscenza di Dio è divenuto Cristo, ma qui tale cristocentrismo ottiene una qualificazione ulteriore. Le reliquie hanno un volto nella storia e uno nella metastoria: esse parlano il linguaggio del giudizio ultimo, uno dei temi essenziali della profezia savonaroliana, che certo comprende la storia con la ragione, ma anche la volge all’attesa del giudizio.

    Anche in questo Savonarola vive una grande esperienza personale, ma all’interno della teologia della gloria di tradizione domenicana. Questa teologia si era chiesta perché Dio, dopo il primo giudizio generale e definitivo sull’anima, ricorresse ad un secondo giudizio e da Tommaso d’Aquino in poi (e molte volte dai pulpiti dei Predicatori ciò viene ricordato) si dirà che Dio aspetta il compimento della storia umana per dare alla buona fama il tempo di operare altro bene a vantaggio dei giusti: le reliquie sono apparecchiate per produrre nella storia questo bene e per essere infine per Cristo giudice documento ulteriore.

    Il tema dell’affidamento a Cristo del giudizio finale fa parte della dottrina originaria della Chiesa, ma ora esso è affiancato ad una teologia dell’uomo e dell’uomo-Dio. Il Cristo sostenuto dal ricordo del dolore della propria sofferenza e da quello del dolore dei suoi martiri, giudicherà la storia. Nella predicazione del giudizio come la vediamo nel Trecento, il giudizio è divenuto un teatro mnemotecnico dove gli angeli porgono a Gesù gli attrezzi che sono intervenuti nella sua passione, a ricordo di un dolore che molto bene ha compiuto nella storia: con questo carico, il Cristo può giudicare il mondo una seconda volta. Le reliquie dei santi vengono conservate perché la loro fama operatrice di bene valga in un secondo e finale giudizio, dove un Dio molto umano ha lungamente atteso. Con questa figura divina l’articolazione dell’episteme moderna ha un secondo pilastro. Essa rivivrà molte volte, in formulazioni anche profane, il tema del martirio e della reliquia, per giustificare una razionalità che altrimenti non trovava verifica. Ancora una volta si deve notare che sebbene le reliquie raccolte in San Vincenzo siano spesso antiche, le poche legate al Savonarola, il santo contemporaneo, danno un senso compiuto, una personalità storica evidente a tutte le altre.

    4. La crisi dell’umanesimo in Savonarola (forse la sua prima grande crisi) era legata al fatto che già di fronte a Cosimo, la ragione non riusciva a dominare gli avvenimenti, a dare un senso alla vita civile, che solo nella forza risolveva i suoi conflitti. Eppure Savonarola non riesce a rinunciare a questo senso storico, che la tradizione tomista aveva più che mai fondato. Cerca per questo una via alternativa: la giustizia può essere vinta sì, ma non avrà solo un riscatto in cielo, ne ha uno anche sulla terra, nella vera gloria, nella santa memoria, che la Chiesa deve coltivare.

    Questo primo punto recepiscono le suore di Caterina de’Ricci: apparentemente la vicenda del Savonarola non ha senso, egli è stato sconfitto, ma la storia ha invece senso nella memoria; egli nella memoria terrena è un vincitore.

    Se la ragione non controlla la politica (e i Medici vincono) la ragione controlla la memoria (e le suore di Prato vincono sui Medici, che avevano fatto di tutto, ma invano, per soffocare il culto del corpo santo del Savonarola). Senza una teologia moderna delle reliquie l’umanesimo non sarebbe stato pensabile. I conventi di San Vincenzo, in senso diverso di San Clemente e di San Niccolò a Prato possono vantare un interesse che supera quello della storia locale perché questa teologia ha in essi un luogo importante e precoce. Il nesso tra Savonarola e Prato può svelare molte cose della storia dell’umanesimo, che è tutt’uno con l’affermazione della mentalità storiografica dell’uomo occidentale.

    Francesco Santi (Via L. Bartolini, 27 - 50047 Prato) (tel. 0574/605.888
    frsanti@conmet.it)

    NOTE

    1 Su questo punto mi pare che vi sia un accordo tra gli studiosi, anche se poi diversi sono stati i pareri sui contenuti di questa città simbolo. Per uno status quaestionis si vedano ora gli Studi savonaroliani. Verso il V centenario. Atti del I seminario di studi. Firenze, 14-15 gennaio 1995, cur. G. Garfagnini, Firenze, 1996; Savonarola e la politica. Atti del II seminario. Firenze, 19-20 ottobre 1996, c. G. Garfagnini, Firenze, 1997 e l’introduzione di C. Leonardi, all’ed. critica del De veritate prophetica, di Gerolamo Savonarola, Firenze, 1997 (Per Verba. Testi mediolatini con traduzione). Per una panoramica sulla letteratura precedente cfr. M. Ferrara, Nuova bibliografia savonaroliana, Vaduz, 1981, con bibliografia commentata.
    2. Per questa ricerca, si avrà ancora come punto di partenza la documentazione raccolta da C. Guasti, Savonarola e i Pratesi, in Scritti Storici, Opere di Cesare Guasti, Prato, 1894, pp. 142-82 (su C. Guasti studioso di Savonarola si veda ora anche F. De Feo, "Girolamo Savonarola nel pensiero del venerabile C. Guasti" in Savonarola. Quaderni del quinto centenario, I,1-2 (1997), pp. 95-150, 61-138) e da Alessandro Gherardi, Il Savonarola e i Pratesi in Nuovi documenti e studi intorno a Girolamo Savonarola, Firenze, 1887, pp. 69-108. Più di recente si vedano i volumi di S. Bardazzi e E. Castellani su San Vincenzo a Prato, Prato, 19** e su San Clemente, Prato, 19**. Per un tema specifico ricordo che mostra ancora un certo interesse il codice Roncioniano Q II 18 (107). Il mss. databile all’inizio del secolo XVI, tramanda due sermoni del Savonarola; già segnalato da P. O. Kristeller, Iter Italicum, London-Leiden, 1977, II, 80 è stato di recente descritto dalla dott. S. Bianchi, nell’ambito del censimento dei manoscritti della Biblioteca Roncioniana a cura della Regione Toscana (Progetto Codex).
    3. P. O. Kristeller, Medieval Aspects of Renaissance Learning, New York, 1974, in part. pp. 29-94 e 165-178.
    4. Su questo tema si attendono ora a cura di M. Cortesi, gli atti del convegno fiorentino, tenuto presso la Biblioteca Medicea Laurenziana, nel febbraio 1997 su I Padri nell’Umanesimo, Firenze, Edizioni del Galluzzo, in c.s.
    5. Non abbiamo menzione degli Offici propri dedicati al Savonarola fino ad una lettera di Alessandro de' Medici del 26 agosto del 1583, ma siccome molto precocemente si iniziò a ricordare l'anniversario della morte nei conventi legati a San Marco, si è legittimamente presupposto che già nel 1499 secolo fosse stato composto un primo Officio. Sappiamo che tre ne furono composti tra 1597 e 1598 (uno fu dato alle stampe nel XVI secolo e poi da Cesare Guasti, nel 1863) un quarto fu pubblicato da A.Gherardi, Nuovi documenti, cit., pp. 358-64; forse ne è esistito un quinto.
    6. D. Di Agresti, Sviluppi della Riforma monastica savonaroliana, Firenze, 1980, pp. 53-102

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    00 15/11/2008 08:08
    "Sicuramente la Chiesa Cattolica ha avuto dei Papi santi e dei Papi
    scellerati. Tuttavia neanche il più corrotto di loro ha mai osato mettere in discussione le dottrine fondamentali della Chiesa
    "

    Questo è vero per tutti Papi ed è questo il vero "mistero" della Chiesa
    fondata da Nostro Signore Gesù Cristo.
    La Chiesa è una realtà umana e divina: la realtà umana è, appunto,
    costituita dagli uomini, che sono tutti peccatori ( Papi compresi: che
    devono umilmente confessare i propri peccati). Gli uomini che appartengono alla Chiesa devono tutti santificarsi seguendo la parola di Dio custodita e spiegata dai Vescovi uniti con il Sommo Pontefice e devono ricorrere alla grazia di Dio attraverso i sacramenti che la stessa Chiesa amministra.

    Quando la Chiesa insegna, essa insegna a tutti gli uomini, Papa compreso: Il Magistero è assistito dallo Spirito Santo e il Papa stesso deve mettere in
    pratica ciò che lui insegna alla Chiesa. Attraverso lo stesso Magistero
    possiamo giudicare se il comportamento personale di un Papa è conforme o no allo spirito del Vangelo.
    Questo ragionamento vale anche per Alessandro VI Borgia. Il Borgia sin da
    giovanissimo aveva fatto voto di castità ma non si era mai fatto scrupolo di trasgredirlo. Borgia era un bell'uomo, prestante, spirito colto ma
    temperamento gaudente, incapace di resistere alle tentazioni: dalle
    tentazioni della carne a quelle della tavola. Le donne con cui amoreggiò e
    da cui ebbe figli furono molte. In campo dottrinale, però, non insegnò mai
    alla Chiesa dottrine contrarie alla castità e favorevoli ai peccati che lui
    faceva. Il suo magistero conferma la continuità del dogma e della
    tradizione. Nonostante il suo temperamento, nutrì una speciale devozione per Maria, in particolare per la festa dello "spasimo": momento in cui si
    ricorda l'incontro di Maria con Gesù che porta la croce. Gli pareva che una
    persona, la quale coltiva questa devozione per i dolori del Figlio e della
    Madre, non potesse essere condannata.

    Se la devozione della Madonna è un ottimo strumento di salvezza, si deve dire che Alessandro VI ha cercato di non essere privo di questo mezzo spirituale.
    Savonarola, che partì da una giustissima intenzione di apostolato, si incamminò, tuttavia, verso una posizione pericolosa: egli cominciò ad insinuare che gli atti di un Pontefice indegno sono
    nulli e si avvicinò alla vecchia eresia "conciliarista", anche se non poté mandarla ad effetto perché gli eventi precipitarono
    .....
    E fu probabilmente questo il suo errore fondamentale che lo condusse inesorabilmente ad un allontanamento dal ricevere un gesto di clemenza da parte di Alessandro VI il quale non glielo avrebbe mai negato.
    Di fatto fu proprio il Savonarola a non accogliere i tanti gesti di clemenza che provenivano da parte della gerarchia e spesse volte a nome dello stesso Pontefice, la sua fu una scelta certamente coerente con le sue predicazioni pubbliche per nulla eretiche, difficile per la storia attribuire ad una sola persona, in questo caso al Papa, tutta la responsabilità del tragico epilogo.


    Piccola Nota sulla figura del Papa.


    Il Catechismo Maggiore promulgato da San Pio X insegna:"- ogni cattolico
    deve riconoscere il Papa, qual Padre, Pastore e Maestro universale e stare a lui unito di mente e di cuore "- ( San Pio X, Catechismo Maggiore, n.204,
    Ares, Milano 1987 ).

    Questo atteggiamento di ossequio della volontà e dell'
    intelligenza verso gli insegnamenti che il Santo Padre rivolge alla Chiesa
    porta molti frutti spirituali e serve a difenderci dai molteplici inganni
    del diavolo che ci confonde le idee
    .

    Nostro Signore ha pregato per Pietro ed i suoi successori:"- Simone, (.) io
    ho pregato per te affinché la tua fede non venga meno, e tu (.) conferma i tuoi fratelli-" ( Lc 22,31-32 ).

    Se restiamo uniti con la mente e con il cuore agli insegnamenti
    del Santo Padre e interpretiamo le sue parole in continuità con la
    tradizione possiamo essere certi della promessa di Cristo:-E io ti dico che
    tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell'
    inferno non prevarranno contro di essa.-" ( Mt 16,18 ).

    Il Papa sarà sempre il fondamento della Chiesa contro cui il
    diavolo non può prevalere: dove è Pietro, lì è la roccia della Chiesa di
    Cristo
    . E questo vale anche per i quei Pontefici che nella propria vita personale non hanno brillato per santità. L'uomo non è fedele, Dio si!

    Cristo aggiunge delle precisazioni riguardanti il ruolo
    assegnato a Colui che porterà il nome di Pietro: -" a te darò le chiavi del
    regno dei cieli e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli,
    e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli"- ( Mt
    16,19 ).

    Quello che Gesù conferisce a Pietro è un potere supremo sulla vita terrena del regno e questo potere è una novità assoluta in rapporto alla tradizione ebraica. Il sommo sacerdote, la più alta autorità in ambito religioso, non era mai stato considerato pietra di fondazione e non
    disponeva di un potere sovrano simile a quello dato a Simone.

    Tale compito supera le qualità e le capacità di un povero pescatore della
    Galilea. Gesù lo sa e con la sua scelta manifesta l'intenzione di garantire
    personalmente la missione di Pietro: in ogni momento il discepolo riceverà
    dall'alto ciò che sarà richiesto nell'esercizio della sua funzione.

    Gesù non pretende affatto di preservare Pietro da ogni difetto, né da ogni
    debolezza. L'episodio del triplice rinnegamento di Pietro mostra che la
    scelta operata da Gesù non è rimessa in questione a causa delle colpe
    personali del suo discepolo.

    Dio ha preso possesso della persona di Simone solo per quanto
    riguarda il suo insegnamento pubblico alla Chiesa, per il resto Simone resta
    un uomo soggetto alle tentazioni degli uomini, libero di dannarsi o di
    santificarsi.
    Gli atti di Pietro in quanto persona, dunque, devono essere
    distinti dagli atti di Pietro in quanto maestro di fede e di morale.

    La Santità di un Papa è auspicabile ma per aderire con il cuore e con la
    mente all'insegnamento del Papa non occorre avere la prova della sua
    perfezione personale: quando il Papa parla alla Chiesa è sempre Cristo che
    parla attraverso lui.

    Un Papa può e deve essere rimproverato per i suoi comportamenti personali se questi deviano dai suoi stessi insegnamenti pubblici alla Chiesa e da quelli dei suoi predecessori: bisogna sempre distinguere tra la persona, oggetto di censure, e la carica e la dottrina, oggetto di obbedienza e ossequio.



    ( Bruto Maria Bruti )


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    ALESSANDRO VI:

    PICCOLA RIFLESSIONE SULLA DIFFERENZA FRA ABUSO E IDEOLOGIA


    Alessandro VI fu un peccatore ma non giustificò dottrinalmente i peccati.
    Come possiamo giudicare le cattive azioni di Alessandro VI? Grazie
    all'esistenza della dottrina della Chiesa che, nonostante i limiti e i
    peccati dei suoi uomini, indica sempre ciò che è bene e ciò che è male e non trasforma il male in bene.


    Chi teorizza come cosa buona l'uccisione di un innocente si è allontanato
    dalla verità in modo più grave rispetto a chi uccide l'innocente e sa di
    aver fatto una cattiva azione. Trasformare il male in bene e il bene in
    male: questa è la Bestemmia contro lo Spirito Santo che non sarà perdonata.



    Vladimir Il'ic Ul'janov, detto Lenin, primo segretario del partito comunista
    sovietico, scrive: "
    nella nostra lotta per il potere non dobbiamo
    arrestarci davanti a nessun principio morale. Dobbiamo essere pronti a compiere qualsiasi illegalità, inganno menzogna
    "

    ( V.I. Lenin, Opere scelte, edizioni in lingue estere, Mosca 1946-1948; cfr
    F. Camillo Gubetti, Per uno stato nuovo, Volpe ditore, Roma 1972, p.120 ).

    E ancora: " se per la causa del comunismo dovessimo eliminare i nove decimi della popolazione non dobbiamo fermarci davanti a ciò"

    ( V.I. Lenin, ibidem; cfr F. Camillo Gubetti, ibidem, p. 73 ).


    Sulla base della filosofia del materialismo dialettico, Antonio Gramsci (
    fondatore del partito comunista italiano, segretario del partito nel 1924,
    fondatore del quotidiano l'Unità ) scrive che il moderno principe di Niccolò
    Machiavelli è il partito comunista che nasce dallo sviluppo storico: esso è
    la cellula in cui si riassumono i germi della volontà collettiva ( cfr
    Antonio Gramsci, Le opere, la prima antologia di tutti gli scritti, ed
    Riuniti, Roma 1997, pag 357 ).

    Scrive Gramsci:"- Il moderno principe, sviluppandosi, sconvolge tutto il
    sistema di rapporti intellettuali e morali in quanto il suo svilupparsi
    significa appunto che ogni atto viene concepito come utile o dannoso, come virtuoso o scellerato, solo in quanto ha come punto di riferimento il
    moderno Principe stesso e serve a incrementare il suo potere o a
    contrastarlo"- ( cfr Antonio Gramsci, ibidem, pag 360 ).

    Quando un cristiano si comporta male è la sua stessa dottrina che lo giudica. Quando gli uomini, invece, abbandonano "la via, la verità e la vita", essi diventano schiavi delle ideologie e le ideologie giustificano il male che compiono trasformandolo in bene.

    Le ideologie aboliscono la nozione stessa di abuso perché la verità viene sostituita con le esigenze della volontà generale (illuminismo ),
    del materialismo biologico ( nazional socialismo ) o dialettico ( comunismo ).

    Con l'illuminismo, che ha dato origine alla Rivoluzione Francese, la legge
    morale naturale non è più la misura dell'autorità, il metro di giudizio che
    indica i suoi limiti: l'autorità della volontà generale non ha più limiti,
    essa diventa onnipotente. Infatti le moderne democrazie illuministe
    introducono nella legislazione l'omicidio-aborto e l'omicido-eutanasia e
    considerano famiglia il rapporto omosessuale.

    I diritti non sono più sacri, assoluti, definitivi, inviolabili: essi
    nascono dal potere della volontà generale che può modificarli, per cui
    diventano relativi, transitori, soggetti al potere dell'uomo che in questo
    modo diventa padrone di altri uomini.
    La democrazia illuminista diventa
    soltanto la dittatura di una maggioranza su di una minoranza
    .

    Per il materialismo dialettico o biologico l'uomo non è più un valore, non
    esistono più diritti naturali sacri ed inviolabili ma solo il diritto della
    forza perché ogni cosa diventa soltanto il prodotto dello scontro di forze
    cieche ed impersonali

    Le ideologie materialiste hanno gravi conseguenze sul piano dei diritti
    umani perché teorizzano il male come cosa buona.

    Riassumo brevemente la filosofia emblematica di De Sade ( dove si
    può trovare una sintesi e un'anticipazione delle filosofie del
    darwinismo sociale, del materialismo biologico di Rosemberg e Hitler
    e del materialismo dialettico di Marx )

    Il filosofo illuminista della rivoluzione francese, Donatien Alphonse
    Francois de Sade ha sviluppato in modo coerente la filosofia materialista, giungendo alle sue estreme e logiche conseguenze. Egli scrive che la natura non è altro che materia in azione: non c'è bisogno di cercare un agente estraneo alla natura dal momento che il movimento è inerente alla materia la quale produce continuamente combinazioni in virtù della sua energia. (1)

    Nella natura, scrive de Sade, avvengono continue trasformazioni, le
    distruzioni di cui l'uomo si vanta sono pure illusioni: "" L'assassinio non
    è affatto una distruzione; chi lo commette non fa che variare le forme;
    rende alla natura degli elementi di cui la mano di quest'abile natura si
    serve subito per ricompensarsi con altri esseri; ora, poiché le creazioni
    non possono essere che dei godimenti per chi vi si abbandona, l'assassino ne prepara dunque uno alla natura; le fornisce materiali che essa utilizza all'istante, e l'azione che gli sciocchi hanno la follia di biasimare non è
    altro che un merito agli occhi di questo agente universale.

    E' il nostro orgoglio che crede di poter innalzare l'omicidio a crimine.
    Ritenendoci le prime creature dell'universo, abbiamo stupidamente immaginato che tutte le lesioni che riguardassero questa sublime creatura dovessero necessariamente costituire un crimine enorme"". (2)

    Scrive de Sade che, poiché il dolore viene avvertito molto più vivamente
    del piacere, lo choc che noi abbiamo dal procurare dolore agli altri si
    ripercuote in noi stessi, mettendo in circolo più energia, interessando
    anche gli organi del sesso e disponendoli ad un piacere maggiore. (3)

    Bisogna preoccuparsi dei dolori causati al prossimo? Così risponde de
    Sade, che sviluppa in modo coerente i fondamenti del suo materialismo:" (.)
    I dolori causati al prossimo? Li risentiamo noi?
    No; al contrario, abbiamo appena dimostrato che la loro produzione ci
    procura una sensazione deliziosa.
    A che titolo dunque dovremmo avere riguardi per un individuo di cui non
    ci importa nulla? A che titolo gli eviteremo un dolore che non ci costerà
    mai una lacrima, mentre sarà certo fonte per noi di grande piacere?
    Quando mai abbiamo provato un solo impulso della natura che ci spingesse ad anteporre gli altri a noi, se a questo mondo ciascuno deve badare a se stesso?
    Ci venite a parlare di una chimerica voce della natura, che ci direbbe di
    non fare agli altri quello che non vorremmo fosse fatto a noi; ma questo
    assurdo consiglio non ci è mai venuto che da uomini, e da uomini deboli.

    L'uomo forte non si sogna neppure di usare un simile linguaggio. Furono i
    primi cristiani che, perseguitati ogni giorno per il loro imbecille sistema,
    gridavano a chi voleva ascoltarli: " Non bruciateci, non scorticateci!

    La natura dice che non bisogna fare agli altri quello che non vorremmo
    fosse fatto a noi". Imbecilli! La natura, che ci consiglia sempre di godere,
    che non imprime mai dentro di noi altro movimento, altre aspirazioni,
    potrebbe, un momento dopo, con una inconseguenza senza pari, assicurarci che non bisogna affatto pensare a procurarci un godimento, se questo può fare del male agli altri? (.) La natura, nostra madre comune, non ci parla che di noi stessi; niente è egoista come la sua voce, e ciò che noi vi possiamo distinguere più chiaramente è l'immutabile e santo consiglio che essa ci dà di godere, non importa a spese di chi. Ma gli altri, potreste obiettare, possono vendicarsi.Alla buon'ora! Sarà il più forte ad avere la meglio.
    Ebbene, ecco il primordiale stato di guerra e di distruzione perpetua per il
    quale la sua mano ci ha creati, e nel quale solamente ad essa conviene che rimaniamo"". (4)

    ( Bruto Maria Bruti )


    Bibliografia:

    1) CFR D.A.F. de Sade, La Filosofia nel boudoir, a cura di Virginia Finzi
    Ghisi, trad. italiana, Dedalo libri, Bari 1974, pp.53-54

    2) D.A.F. de Sade, ibidem, p.86

    3) CFR, ibidem, pp.102-103

    4) D. A.F. de Sade, ibidem, pp.103-104

    *************

    (chiusa questa parentesi)


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    Cattolico_Romano
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    00 15/11/2008 08:09
    CONTROSTORIA

    Un volume con le lettere inedite del confessore smentisce la «leggenda nera» e ne rivaluta il ruolo politico e religioso
    Riabilitare Lucrezia?

    Gabriella Zarri ricostruisce il fervore spirituale della figlia di Alessandro VI

    Grazie a nuovi documenti emerge il ritratto di una donna lontana da quella tramandata di corrotta e avvelenatrice


    Nell'affresco di Pintoricchio degli Appartamenti Borgia in Vaticano, appare raffigurata nelle vesti di Santa Caterina di Alessandria, con una cascata di riccioli biondi, il volto purissimo di adolescente.

    Nella leggenda, è stata volentieri raffigurata come un'anima nera.
    E' Lucrezia Borgia, figlia amatissima di Alessandro VI Borgia, un papa che ha lasciato nella storia un'immagine a tinte assai fosche e a cui solo in anni recenti, come nella mostra romana del 2003, la storiografia si è avvicinata con occhio attento a mettere in rilievo, oltre agli scandali della sua corte romana, il suo importante ruolo politico, religioso ed ecclesiastico.

    A Lucrezia, Gabriella Zarri, attenta indagatrice della religiosità della prima età moderna, dedica ora un volume rigoroso e di piacevolissima lettura, significativamente intitolato La religione di Lucrezia Borgia, pubblicato a cura dell'Associazione Roma nel Rinascimento nell'ambito delle iniziative del Comitato nazionale per il V centenario di Alessandro VI.

    In realtà, come Gabriella Zarri ci racconta, dalla sua «leggenda nera» Lucrezia era già stata riscattata in passato. Il primo a presentarcela in maniera positiva, come una pedina in un gioco assai più grande di lei e una moglie innamorata che cerca invano di salvare il marito dalla morte, era stato Gregorovius nel 1874, in una sua felice biografia centrata soprattutto sugli anni romani della vita di Lucrezia, fino al 1502, anno in cui la giovane principessa lascia per sempre Roma per trasferirsi, sposa del duca Alfonso I d'Este, a Ferrara.

    Ma l'immagine che emerge dal libro della Zarri va ben al di là di una rivalutazione in chiave "innocentista"di Lucrezia. Ella vi appare infatti non una fanciulla ingenua, ma una donna capace di governare le terre della Chiesa, e perfino in temporanea sostituzione del padre, la stessa Chiesa. Una donna profondamente religiosa, che si dimostra, se non proprio una santa, certamente una protagonista della vita religiosa del suo tempo.

    Un personaggio insomma, al pari di molte altre principesse e sovrane di quegli anni, profondamente coinvolto in quei movimenti religiosi di riforma della Chiesa che precedono il Concilio tridentino e in parte vi preludono. Un mondo ancora estremamente complesso, percorso da fremiti mistici che più tardi non avranno più spazio nella Chiesa, ma che in questi primi anni del Cinquecento sono ancora vivi e mescolati con la religiosità ufficiale.

    E qui, la penna dell'autrice ci conduce magistralmente per mano fra monache pretendenti alla santità, suore con le stimmate, dame di corte che si chiudono in conventi di clausura, letture devozionali e riti religiosi, in una corte, quella ferrarese, che appare in questi anni tutta intrisa di una straordinaria e non banale religiosità.

    E' non a caso, Ferrara, la città di Girolamo Savonarola e dei suoi seguaci. Il frate domenicano, nemico acerrimo di papa Borgia e della sua Roma in cui, come più tardi Lutero, vedeva una città simoniaca e corrotta, era stato ucciso e poi bruciato sul rogo a Firenze nel 1498 per volere di Alessandro VI, ma il suo movimento riformatore non era finito con lui.

    A Ferrara, esso trovava protezione alla corte estense, il cui duca, Ercole I, era stato un devoto di fra' Girolamo.

    E nella città estense, il culto di Santa Caterina da Siena e delle terziarie domenicane in odore di santità - le cosiddette sante vive - fu appunto uno dei tramiti, come in questo libro dimostra Gabriella Zarri, del movimento savonaroliano e della sua estensione dai conventi alla corte estense.

    A questo fervore religioso non fu estranea la giovane Lucrezia, arrivata a Ferrara, per precisa volontà del duca, accompagnata da due suore in odore di santità, e poi sempre legata, come dimostrano le sue lettere, ad una intensa frequentazione dei conventi domenicani femminili intrisi di savonarolismo, di cui fu oltre che protettrice anche, in un caso, fondatrice. Nel 1514, infine, ella si scelse inoltre come direttore spirituale un esponente di spicco del savonarolismo radicale, il predicatore fra' Tommaso Caiani, le cui lettere alla duchessa, pubblicate in appendice al volume della Zarri, provano la vicinanza della duchessa alla religiosità savonaroliana.

    Insomma, una Lucrezia santa, a sostituzione di una Lucrezia avvelenatrice ed incestuosa? Senza arrivare a tratteggiare un'immagine di santità, Gabriella Zarri tratteggia però un quadro di una religiosità attiva ed intensa, resa ancora più intrigante dalla contraddizione con l'esecuzione fiorentina del 1498 del riformatore Savonarola, il grande nemico di papa Borgia. Qualcosa di simile, insomma, ad una riparazione, ci suggerisce l'autrice, ma anche qualcosa di più di una riparazione, come provano, oltre al suo epistolario, le immagini di santità attraverso cui Lucrezia ha voluto lasciare ai posteri il suo volto. Un'identificazione voluta nella santità che nel suo libro Gabriella Zarri ricostruisce non come un impulso individuale ma come un programma religioso di cui la duchessa si fa attiva protagonista.


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