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Parte Prima: Traduzione e Sintesi

A. Lectio IV ad vv. 17-22.

Hoc autem praecipio non laudans quod non in melius sed in deterius convenitis. Primum quidem convenientibus vobis in ecclesia audio scissuras esse et ex parte credo. Nam oportet et hereses esse ut et qui probati sunt manifesti fiant in vobis. Convenientibus ergo vobis in unum iam non est dominicam cenam manducare. Unusquisque enim suam cenam praesumit ad manducandum et alius quidem esurit alius autem ebrius est. Numquid domos non habetis ad manducandum et bibendum? Aut ecclesiam Dei contemnitis et confunditis eos qui non habent? Quid dicam vobis? Laudo vos? In hoc non laudo.

1. Dopo aver ripreso i Corinzi sul modo di vestire delle donne, che si riunivano per i sacri misteri con il capo scoperto, Paolo condanna le divisioni nelle assemblee. Lo fa in due modi: in generale ed in particolare (specialis).

1.1. Innanzitutto, Paolo si occupa del loro errore in generali, costringendoli all'obbedienza, riguardo al fatto che le donne portino il velo nelle assemblee. Egli dice "Questo vi ordino", in modo tale da convincerli con il comando, dopo aver cercato di convicerli con la ragione e con il richiamo alla consuetudine.

Quindi, Paolo non loda, ma condanna che essi si radunino in assemblea non per il meglio, come dovrebbe essere, ma per il peggio. Gli animali gregari si radunano secondo un istinto naturale, per ottenere un bene corporale. L'uomo, animale gregario e sociale, come dice Aristotele, deve agire secondo ragione e si raduna in unità per un qualche bene: ad esempio, gli uomini si riuniscono nella città per un bene mondano (saecularis), come la sicurezza e la tranquillità (sufficentia) della vita. Allo stesso modo, i fedeli devono riunirsi insieme per un bene spirituale, come afferma anche la Scrittura. Invece i Corinzi si riunivano per un male, a causa delle loro colpe.

1.2. In secondo luogo, Paolo affronta la questione in particolare.

1.2.1. Come prima cosa, Paolo esprime il suo giudizio sull'errore dei Corinzi (iudicium culpae), affermando di aver appreso che, quando si radunano in assemblea, vi sono tra loro divisioni. Le divisioni non si confanno alla Chiesa, dal momento che essa è costituita nell'unità, come è detto in Ef 4,4.

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Partendo dal termine "Innanzitutto" usato da Paolo, Tommaso apre una quaestio sul peccato più grave: la Glossa, commentando questo brano di Paolo, dice che è la divisione (dissensio), mentre per la Scrittura sono la superbia e la cupidigia (superbia et cupiditas). Tommaso risolve la contrapposizione distinguendo tra "peccati personali", tra i quali i primi sono la superbia e la cupidigia; ed i "peccati della moltitudine", tra i quali il primo è il dissenso, che distrugge il rigore della disciplina.

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1.2.2. In secondo luogo, Paolo afferma di credere (credulitas) che queste divisioni avvengano veramente, nella loro comunità, dal momento che alcuni di loro sono dediti alla contesa (proni ad contentionem), come dice in 1 Cor 1,11. Altri invece non lo sono, ad esempio quanti dicono: "Io sono di Cristo".

1.2.3. In terzo luogo, Paolo dichiara la ragione per cui crede a queste divisioni. Egli dice che non solo le divisioni, ma persino le eresie sono necessarie.

A questo punto, Tommaso considera che cosa sia l'eresia ed in che modo sia necessaria.

1.2.3.1. Che cos'è l'eresia. Come dice Girolamo, essa deriva dal greco e vuole dire "scelta": eresia vuole dire scegliere per sé quella dottrina che si ritiene migliore. L'eretico segue, per propria scelta, una disciplina "privata", e non quella "pubblica", che è tramandata da Dio. Egli aderisce decisamente a questa disciplina privata, disprezzando quella tramandata da Dio e seguendo pertinacemente il proprio errore. L'eresia può colpire direttamente la fede, rifiutando quegli articoli che si devono credere per se stessi, oppure indirettamente, rifiutando quegli articoli, che non si devono credere di per se stessi, ma negando i quali si giunge a qualcosa di contrario alla fede. In ogni caso, eretico è soltanto chi persevera a tal punto da non recedere dal suo errore, nonostante ne abbia visto le conseguenze. La pertinacia fa l'eretico: essa proviene dalla superbia e conduce a preferire la propria interpretazione a quella di tutta la Chiesa.

1.2.3.2. In che modo l'eresia è necessaria. Ora, se l'eresia è necessaria, gli eretici dovrebbero essere elogiati e non estirpati.

Si dice che una cosa è "necessaria" in due diversi modi: secondo l'intenzione (intentio) di chi si occupa di una determinata cosa (ad es., diciamo che i processi sono necessari perché per mezzo di essi i giudici stabiliscono la giustizia e la pace nelle cose umane); secondo l'intenzione di Dio, che preordina il male per ottenere un bene (ad es. Dio permette la persecuzione dei tiranni perché risplenda la gloria dei martiri). In questo secondo senso, Paolo dice che è necessario che ci siano le eresie. Dio ha preordinato la malizia degli eretici per il bene dei fedeli, perché la verità risplenda ancora di più e si manifesti la debolezza della fede di coloro che credono e così possano essere "messi alla prova".

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