00 25/11/2008 11:30

c) Opinioni su Gesù (6, 14-16)


Nessuno contesta che Gesù operi con autorità. Ma diversa è l'interpretazione che ne viene data. I parenti lo hanno giudicato fuori di sé (3,21). Gli Scribi hanno attribuito le sue opere a Satana (3,22). Ora la folla cerca di darsi ragione del fenomeno ricorrendo alle categorie religiose che appartenevano alla superstizione popolare.<o:p></o:p>

La sola ragione che non viene presa in considerazione è la presenza di Dio in Gesù, una presenza da ascoltare, dalla quale lasciarsi convertire, non invece da spiegare, catalogare, integrare in un contesto già costituito.<o:p></o:p>

Erode sembra pensare a Gesù come a Giovanni Battista redivivo, ma non prendiamolo troppo sul serio. Uomini come Erode non credono a queste cose, preferiscono lasciarle al popolo, salvo approfittarne quando fa comodo.<o:p></o:p>

Qualche ammirazione per uomini coerenti e integerrimi come il Battista ce l'hanno, ma non al punto da lasciarsi da loro convertire. Sono pronti a lasciar spazio ai profeti, purché le loro denunce si fermino alla periferia, quando i profeti arrivano al nocciolo della questione, li fanno tacere. Tutto ciò mette in pericolo il loro potere e allora viene tolto di mezzo senza scrupolo.<o:p></o:p>

In Mc. l'annotazione (concernente il giudizio di Erode su Gesù) è più completa di quella di Mt. 14, 1-2. L'altra annotazione 6, 14b-15 (concernente il giudizio degli altri) è un'anticipazione di 8,28. L'accento è posto su questa aggiunta ed evidenzia il tema dell'intera pericope fino a 8,30: chi è Gesù?<o:p></o:p>

d) Morte di Giovanni Battista (6, 17-29)<o:p></o:p>

Marco non pone qui il martirio di Giovanni per esigenze di ordine storico, ma per una intenzione teologica. Collocato tra l'invio in missione dei discepoli e il loro ritorno, l'episodio acquista un significato preciso: è un segno premonitore dell'opposizione del mondo a Gesù (e ai suoi seguaci) e della loro sorte: il martirio (sia per Gesù che per gli apostoli).<o:p></o:p>

Marco riporta una versione popolare della fine del Battista: la sua morte è stata causata dal rimprovero rivolto da Giovanni ad Erode per il suo peccato di adulterio con Erodiade, moglie di suo fratello Filippo.<o:p></o:p>

Mentre la versione di Giuseppe Flavio è diversa: Erode temendo che egli con la sua grande influenza potesse spingere i sudditi alla ribellione fece imprigionare Giovanni nella fortezza del Macheronte sul lato est del Mar Morto, dove alla fine lo fece decapitare (Antichità giudaiche 18,119).<o:p></o:p>

L'evangelista non dà importanza alle particolarità storiche, preferisce la versione popolare. Così il profeta muore per la malvagità di una donna e la debolezza di un sovrano. Sembra una tragica ironia che rientra nello scandalo della storia. Da che mondo è mondo, i giusti sono spesso morti per cose di poco conto, barattati per cose di poco prezzo: l'onore della bandiera, il prestigio, la faccia da salvare.<o:p></o:p>

Ricapitolando, Mc. ha presentato la morte del Battista in termini molto analoghi a quelli che si riscontrano nella storia di Ester, sviluppando il parallelismo tra Giovanni e Gesù, ne ha fatto un'anticipazione del destino di Gesù.<o:p></o:p>

e) Il ritorno degli apostoli (6,30)<o:p></o:p>

Questo versetto chiude la sezione iniziata in 6,7 (la missione dei Dodici). Questo è l'unico passo marciano in cui i dodici sono chiamati "apostoli", mentre egli di solito li chiama "discepoli".<o:p></o:p>

Il ritiro di Gesù nel deserto è chiaramente motivato dall'uccisione di Giovanni da parte di Erode.<o:p></o:p>

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LA SEZIONE DEI PANI (6,31-8,26)<o:p></o:p>

Questa sezione è basata su un'unità pre-sinottica ed è composta dalle due moltiplicazione dei pani (6, 31-44; 8, 1-9) e da una pericope che si riaggancia a entrambi questi miracoli (8, 14-21).<o:p></o:p>

La tradizione evangelica ha dato al miracolo della moltiplicazione dei pani molta importanza.<o:p></o:p>

Marco (e Matteo) riporta due moltiplicazioni dei pani talmente simili che è difficile evitare la conclusione che si tratti di due versioni del medesimo episodio. Bisogna perciò leggere i due racconti insieme. E bisognerà chiedersi perché Mc. ha ritenuto ambedue le versioni, anziché accontentarsi di una sola come Luca?<o:p></o:p>

Innanzitutto diciamo che Mc. trovò due racconti della moltiplicazione dei pani e li inserì ambedue nel vangelo a distanza ravvicinata: quale può essere lo scopo di un così evidente doppione?<o:p></o:p>

I due racconti non sono una pura e semplice ripetizione; nel secondo vi sono elementi nuovi rispetto al primo, come ad esempio una maggiore sottolineatura della misericordia di Gesù verso la folla (8, 2-3) e, soprattutto, è diversa l'ambientazione geografica: la seconda moltiplicazione avviene nella regione della Decapoli, cioè in territorio pagano. Già questo può rivelarci una prima intenzione di Marco: dopo aver raccontato che Gesù nutrì una folla giudaica di 5.000 persone, egli vuole raccontare che Gesù nutrì pure una folla pagana di 4.000 persone.<o:p></o:p>

L'universalismo rientra negli interessi di Marco ed egli approfitta delle diverse occasioni per rompere il quadro giudaico della storia di Gesù e farci intravedere il suo significato universale.<o:p></o:p>

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A. PRIMA MOLTIPLICAZIONE DEI PANI PER I 5.000 (6, 31-44)<o:p></o:p>

Questa prima moltiplicazione dei pani è da leggere accanto alla seconda, ma ha un significato nel nostro contesto che non possiamo tralasciare: Gesù è rifiutato, ma egli cerca gli uomini ostinatamente, è pronto a rinunciare alla sua solitudine per aiutarli. D'altra parte Egli è sempre più incompreso: alla incredulità di Nazaret e di Erode corrisponde la poca fede dei dodici (6,30 ss.). Anch'essi hanno il cuore indurito.<o:p></o:p>

"Riposatevi un po'": Mt. 14,13 indicherebbe che il ritiro di Gesù nel deserto fu determinato dall'uccisione di Giovanni per mano di Erode; Mc. invece, indica il "riposo" dopo la missione, come la motivazione del ritiro di Gesù nel deserto.<o:p></o:p>

"Il luogo è deserto": l'accento sul deserto, sul mangiare e sul pane richiama alla mente il miracolo della manna (Es. 16, 12-35).<o:p></o:p>

"Prese i cinque pani": la descrizione dei gesti originali di Gesù è stata ampliata con dettagli presi dall'istituzione dell'Eucarestia. (14,22).<o:p></o:p>

"Dodici ceste": gli avanzi, simbolo dei doni sovrabbondanti di Dio (Es. 16, 19-24), sono sufficienti per sfamare le dodici tribù del nuovo Israele. Al termine di questo miracolo non ci sono le solite espressioni di meraviglia e ciò corrobora l'impressione che Mc. lo abbia voluto presentare non tanto come un miracolo quanto come un segno messianico che svelasse ai dodici il segreto della persona di Gesù.<o:p></o:p>

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B. GESU' CAMMINA SULLE ACQUE (6, 45-52)<o:p></o:p>

Tutti e tre gli evangelisti (Mc. Mt. Lc.) collocano questo miracolo dopo il miracolo del pane, all'apice della popolarità di Gesù in Galilea.<o:p></o:p>

"Costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca": c'è un costante contrasto tra Gesù e i dodici; qui viene espresso nella loro riluttanza a partire.<o:p></o:p>

"Salì sul monte a pregare": il fatto che Gesù si ritiri dai dodici per pregare fa pensare che il fervore messianico costituisse per lui una tentazione.<o:p></o:p>

"Il vento era contrario": nessuna delle narrazioni menziona esplicitamente una tempesta.<o:p></o:p>

"Credettero che fosse un fantasma": questo stesso motivo ricorre nelle apparizioni pasquali (Lc. 24, 37-39).<o:p></o:p>

"Sono io": la parola di Gesù arriva come una risposta alla domanda dei discepoli in 4,41. E' una formula di rivelazione (lett. "Io sono"), attribuita solo a Dio (Es. 3,14).<o:p></o:p>

"Non avevano capito il fatto dei pani": la conclusione di Mc. è totalmente diversa da quella di Mt. 14,53; l'evangelista Mc. pone chiaramente in evidenza che i discepoli furono incapaci di comprendere il segreto dell'identità di Gesù (4,13.40, 7,18; 8, 17-21). Se essi avessero penetrato il mistero della moltiplicazione miracolosa, avrebbero riconosciuto chi era colui che veniva camminando sulle acque del mare.<o:p></o:p>

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C. GUARIGIONI A GENEZARET (6, 53-56)<o:p></o:p>

La presenza di Gesù sulla sponda occidentale dopo la moltiplicazione miracolosa e la traversata del lago è di nuovo menzionata in Mc. 8,10.22 e in Gv. 6, 24-25. Ma il nome del luogo varia: Dalmanuta (Mc. 8,10), Betsaida (Mc. 8,22); Genezaret (Mc. 6,53), Cafarnao 8Gv. 6,24).<o:p></o:p>

Il resto di questa pericope è una composizione riassuntiva dell'evangelista che usa materiali isolati tradizionali, più ampiamente narrati altrove.<o:p></o:p>

"La gente l'aveva riconosciuto": le folle entusiaste della Galilea servono da introduzione-contrasto all'ostilità dei capi di Gerusalemme (7, 1-23).<o:p></o:p>

"Tutti quelli che lo toccavano, erano guariti": anche le guarigioni sono menzionate con il verbo al passivo e l'impressione è che Gesù stesse ancora cercando, senza riuscirvi, di sfuggire alle folle.<o:p></o:p>

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D. DISPUTA SULLE TRADIZIONI FARISAICHE (7, 1-23)<o:p></o:p>

Il capitolo 7 ci offre un interessante dibattito intorno alla legge e alla tradizione.<o:p></o:p>

Gli Scribi erano i teologi e gli interpreti della legge: la loro ambizione era la fedeltà alla volontà di Dio. Ma credevano di essere fedeli alla legge "ripetendola" e pensavano di essere attuali frantumandola in una casistica sempre più complicata. In tal modo finivano col chiudere la legge e con l'allontanarla sempre più dall'autentica volontà di Dio. Non è allargando o modificando la casistica che si attualizza la legge.<o:p></o:p>

Inizialmente la Legge o Torà comprendeva solo il Pentateuco, successivamente la riflessione portata avanti da Scribi, Farisei e dai Profeti sul Decalogo, entrò a far parte del grande nucleo della Legge. <o:p></o:p>

La Torà, quindi, sarebbe la grande riflessione fatta lungo i secoli da Scribi, Farisei, Sacerdoti e Profeti, necessaria per vivere nella libertà e rimanere popolo di Dio.<o:p></o:p>

Possiamo dire che questa riflessione si colloca in un momento storico molto preciso: nell'anno 440 a.C. al tempo del governatore Neemia (Libro di Neemia cap. 8), la Legge (che comprendeva ormai tutto l'A.T.) viene portata davanti al popolo e lo scriba Esdra, spiega la Legge di Mosè. <o:p></o:p>

Qui inizia quella grande tradizione che va sotto il nome di tradizione orale, cioè insegnamenti di Scribi, Farisei e Sacerdoti, desunti dal Decalogo e proposti al popolo come via d'attuazione e di comprensione del loro cammino, secondo l'insegnamento di Dio. La Torà, quindi, presenta due dimensioni: la tradizione scritta e poi dal 440 a.C. in poi quella orale, dove Scribi, Farisei, Sacerdoti riflettendo sul Decalogo hanno tratto delle norme e delle indicazioni per il popolo e queste norme erano molto più pesanti e gravosi della tradizione scritta, cioè della Torà, e siccome queste norme venivano dai sacerdoti, avevano un peso morale molto più forte e condizionante. Ne N.T. Gesù spesso si scaglierà contro questa interpretazione della Legga fatta da Scribi e Farisei, soprattutto quella che riguardava la purificazione solo esteriore, trascurando il comandamento dell'amore. <o:p></o:p>

Ecco allora alcune affermazioni importanti di Gesù: <o:p></o:p>

1.     Comandamento di Dio e tradizioni degli uomini devono essere tenuti distinti (vv. 8-9). Non sono sullo stesso piano, perenne il primo e provvisorie le seconde. E le tradizioni (anche se nascono come sforzo di interpretazione del comandamento: addirittura come tentativo di circondarlo di venerazione) non devono essere tali da nascondere il comandamento stesso, tali da distrarci dall'essenziale. <o:p></o:p>

2.     Una seconda affermazione: Gesù rifiuta la distinzione giudaica fra puro e impuro, fra una sfera religiosa, separata, in cui Dio è presente e una sfera ordinaria, quotidiana, in cui Dio è assente. Non ci si purifica dalla vita quotidiana per incontrare Dio altrove: il peccato lo portiamo dentro di noi. Secondo i Farisei andando al mercato c'era il pericolo di una impurità a motivo del probabile contatto con peccatori e pagani. L'affermazione di Gesù, alla luce di questo caso, acquista un ulteriore significato: non solo l'abolizione fra il sacro e il profano, ma anche l'abolizione di ogni divisione fra gli uomini, fra puri e impuri. <o:p></o:p>

3.     Infine l'assurda tradizione del "Qorbàn", cioè l'uso tradizionale di sostituire con un "offerta votiva" (questo è il significato originale di "korbàn") al tempio quanto era da riservare per il sostentamento dei genitori anziani e incapaci. Questo, quindi, permetteva ai figli di disobbligarsi con coscienza tranquilla dal dovere di mantenere i genitori impediti. Gesù svela l'ipocrisia di questa tradizione che, sotto le apparenze legali e sacrali, risulta una vera e propria violazione del decalogo (Es. 20,12) e della parola di Dio e delle sue genuine richieste (Es. 21,17). <o:p></o:p>

"I farisei e alcuni scribi venuti da Gerusalemme": come in 3,22 la menzione di Gerusalemme mostra che gli scribi rappresentavano l'atteggiamento ufficiale di influenti capi giudaici nei confronti di Gesù.<o:p></o:p>

"Mangiavano il pane con le mani impure": è oggetto di discussione se l'abluzione delle mani prima di mangiare fosse un obbligo per tutti i giudei o soltanto per i sacerdoti, è possibile che fosse una prassi tra i giudei pii, farisaici o meno. In ogni caso, qui ci si attendeva che i discepoli di Gesù seguissero la prassi, e "alcuni" di loro lo ignoravano.<o:p></o:p>

"Senza essersi lavate le mani": diversamente da Mt. 15,1 ss. scritto per cristiani giudei, Marco aggiunge una lunga spiegazione degli usi in questione per l'utilità dei suoi lettori pagani.<o:p></o:p>

"Le tradizioni degli antichi": un termine rabbinico per quell'insieme di leggi non scritte che i farisei consideravano vincolanti esattamente come la Torà.<o:p></o:p>

"Mosè dice": Gesù cita il quarto comandamento, mostrando che egli accetta la forza vincolante della legge mosaica scritta.<o:p></o:p>

"Non vi è niente fuori dall'uomo": il parallelismo antitetico di questo detto è una caratteristica della dizione semitica ed è una prova dell'autenticità di questo detto di Gesù. Le sue implicazioni furono capite soltanto quando la Chiesa dovette affrontare il problema se i gentili dovessero o meno osservare le regole dietetiche giudaiche (At. 10,14 ss.; 15, 28-29, Gal. 2, 11-17).<o:p></o:p>

"Annullate la parola di Dio": la condanna di queste pratiche tradizionalmente accettate è una contestazione senza mezze misure.<o:p></o:p>

"Dichiarando così puri tutti i cibi": questo è un commento redazionale dell'evangelista che pone in rilievo le implicazioni delle parole di Gesù.<o:p></o:p>

"Quello che esce dall'uomo": pensieri e parole che procedono dalla sua parte più intima.

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