00 25/11/2008 12:20
IL RACCONTO DELLA RISURREZIONE (Mt 28, 1-20)
 
Osservando il Nuovo Testamento si scopre che il tema della risurrezione è presente dovunque, in una grande varietà di forme: predicazione, catechesi, liturgia, racconti. Ciò dimostra che la fede nella risurrezione penetrava tutte le manifestazioni della vita della Chiesa. E questo è facilmente comprensibile: è infatti a partire dalla risurrezione che la Chiesa comprende il Cristo e se stessa.
I racconti evangelici sono tra loro molto diversi. Gli evangelisti si sono permessi molta più libertà che nei confronti della passione. Sono molto più attenti agli aspetti teologici dell’avvenimento, anche se tutti ne affermano, energicamente, la realtà e la concretezza, diciamo la storicità.
Gli interessi degli evangelisti – pur nel rispetto dell’originalità di ciascuno – sembrano ricondursi a due: un interesse apologetico, cioè l’esaltazione della fede nella risurrezione come un fatto reale, e un interesse teologico (la risurrezione è un fatto di salvezza per noi). All’interno di questa duplice prospettiva, dobbiamo cogliere l’originalità di Matteo.
·        L’apparizione di Gesù alle donne  (28, 1-15) 
Per Matteo la risurrezione di Gesù fu un avvenimento strettamente soprannaturale: non fu veduto né poteva essere visto da nessuno. Matteo è quello che ha dato a questa scena un maggior numero di particolari. A prima vista egli ci dà l’impressione che le donne siano state testimoni oculari dell’avvenimento. Esse si dirigono al sepolcro di buon mattino, ma non per ungere o imbalsamare il corpo di Gesù, come dicono Marco e Luca, ma per “visitarlo”. Matteo, infatti, ha già dato notizia delle guardie poste a custodia del sepolcro che impedivano a chiunque l’accesso, quindi le donne non potevano entrare nella tomba per ungere il corpo di Gesù.
Matteo non si limita a descrivere, come invece Marco, la pietra ribaltata, ma dice che ci fu “un gran terremoto”, e che un angelo del Signore “dall’aspetto della folgore e in vesti bianche” discese dal cielo. Sono elementi simbolici, derivati dalle teofanie apocalittiche, in particolare da Daniele (7,9 e 10,6.8-9). Sono tutti motivi che si collegano ai temi della manifestazione di Dio e del giudizio. Con questi tratti Matteo ci offre un codice di lettura e ci apre il senso della risurrezione stessa: è il gesto escatologico (finale) di salvezza che impegna gli uomini in una risposta di fede.
L’angelo non si limita ad affermare che il Cristo è risorto, ma attira l’attenzione sulla croce: la risurrezione è la vittoria della croce, ne svela il senso positivo e salvifico.
La via dell’amore percorsa con ostinazione da Gesù non è dunque vana: contrariamente al giudizio degli uomini, essa è la via che porta alla vita e costruisce il mondo nuovo. Il giudizio di Dio è diverso da quello degli uomini.
Nello stesso racconto Matteo include anche l’apparizione del Risorto alle donne. Gesù le saluta con un invito alla gioia. Esse cadono in ginocchio davanti al Signore, in atteggiamento di adorazione, e ricevono da lui la missione di dare la notizia ai suoi discepoli , che chiama “suoi fratelli”, come in altre occasioni (12,49; 25,40).
·        La missione degli Apostoli  (28, 16-20) 
Tre sono i temi conclusivi del Vangelo di Matteo: la potenza del Figlio dell’uomo, la missione universale della Chiesa e la presenza del Signore risorto nella sua comunità.
Queste ultime parole di Matteo ci introducono nel tempo della Chiesa. Il loro interesse è ecclesiale, non cristologico. Infatti l’apparizione di Gesù è raccontata di sfuggita: “e vedendolo”. Non è su di essa che cade l’accento, all’evangelista non interessa più convincere della realtà della risurrezione (ciò è stato fatto in precedenza), ma mostrare le conseguenze che dalla risurrezione derivano per la fede della Chiesa.
La piena manifestazione di Gesù avviene in Galilea, dove erano stati invitati ad andare i discepoli (26,32; 28, 7-10). Perché in Galilea? Probabilmente per far comprendere che Gerusalemme aveva cessato di essere il centro del culto e della religiosità. Da allora l’accesso a Dio, al vero tempio, non era più circoscritto a un luogo – “né su questo monte né in Gerusalemme” (Gv 4,21) – ma a una persona, alla persona del Cristo.
La piena rivelazione avviene “sul monte che Gesù aveva loro fissato”. Matteo non ci informa su questo particolare del suo vangelo. Non sappiamo di nessun monte che Gesù avesse loro indicato in precedenza; il monte è ricordato unicamente per il suo simbolismo: il monte è il luogo della rivelazione. La rivelazione di Dio nell’AT avvenne sul monte Sinai. La rivelazione di Gesù (nuovo Mosè), avvenne sul monte delle beatitudini (dove egli manifesta il suo insegnamento e le sue esigenze morali) e sul monte di Galilea (dove manifesta la sua autorità e la sua missione).
La prima parola di Gesù Risorto è una rivelazione: “Mi è stata data ogni potere in cielo e in terra”. Con questo Gesù dichiara di essere il compimento della profezia di Daniele (7, 13-14) intorno al Figlio dell’uomo: “Ecco apparire sulle nubi del cielo uno, simile a un figlio di uomo…”.  Questa “signoria universale” del Signore risorto è la radice da cui scaturisce l’universalità della missione. Tutto il breve discorso di Gesù è dominato dall’idea di pienezza e universalità. Fare discepoli fra tutte le genti non significa, necessariamente, che tutti debbono convertirsi. Ciò che importa è che il popolo di Dio sia “fra tutte le genti”, magari una minoranza, ma fra tutte le genti.
Scopo della missione è “fare discepoli”, è la definizione più sintetica e corretta dell’esistenza cristiana: il cristiano è un discepolo. Non si tratta di offrire un messaggio, ma di instaurare una relazione stretta e personale con Cristo: il discepolo si lega alla persona del maestro e si impegna a condividere il suo progetto di vita. I discepoli non insegnano qualcosa di proprio, ma solo “tutto ciò che egli ha comandato”.
Il vangelo termina come era cominciato. All’inizio ci fu annunziato il nome dell’Emmanuele, Dio con noi, come era stato annunziato dal profeta Isaia (1,23). Ora ci si assicura che quella profezia è diventata realtà permanente: “Io sarò con voi fino alla fine del mondo”.  In altre parole, Gesù continua a essere l’Emmanuele, il Dio con noi.
TAVOLA SINOTTICA
 CONCLUSIONE
 
A conclusione delle nostre riflessioni possiamo tentare di riassumere brevemente le caratteristiche principali della persona di Gesù Cristo che Matteo ha messo particolarmente in rilievo, nel suo Vangelo: Gesù è il Maestro, il nuovo Mosè, superiore all’antico, il profeta portatore della parola di Dio ultima e definitiva. Egli è il re d’Israele nel quale si adempiono tutti gli annunzi e le speranze dell’AT. Però non compie solo l’antico, ma inizia il nuovo. Egli è il creatore del nuovo popolo: la Chiesa, che si delinea in questo vangelo con le sue istituzioni e i suoi ministeri, con l’ordinamento comunitario e il primato di Pietro.
La Chiesa riceve dal Messia la vera interpretazione della Legge. Gesù è l’incarnazione della volontà definitiva di Dio, cioè l’interprete autentico e ultimo della legge. La Chiesa è il vero Israele. L’Israele giudaico ha rinunziato alla missione universalistica che Dio gli ha affidato, quella cioè di essere la luce delle nazioni e, per questo, Dio lo ha privato della sua elezione e ha affidato la sua vigna ad altri (21,41).
Il passaggio avvenuto dall’Israele “secondo la carne” all’Israele “secondo la Spirito” non comporta in primo luogo un cambiamento di pensiero, ma di azione: mettersi, cioè, sulla linea tracciata dal discorso della montagna e nel fare la volontà di Dio.
Al termine della lettura non solo del Vangelo di Matteo, ma dei Sinottici, la persona di Gesù ci appare, abbastanza ricca e diversificata. Marco ci ha presentato il Cristo della Croce (segreto messianico: il vero volto di Cristo si rivela proprio nella morte in Croce: “Questi era veramente il Figlio di Dio”). Luca, invece, ci ha fatto scoprire il volto mansueto e misericordioso di Cristo: “amico dei pubblicani e peccatori”). Matteo, come abbiamo visto, Gesù-Maestro. Il Vangelo di Giovanni ci presenterà il mistero dell’incarnazione di Cristo.
Nei limiti dei mezzi ma con la buona volontà che ha animato tutti nell’assiduità dell’ascolto, ci sembra di poter dire: abbiamo conosciuto qualcosa di più della vita di Gesù. Ma non è sufficiente, perché Gesù oltre che conoscerlo, bisogna seguirlo, viverlo: nella sua parola, nella testimonianza della vita, nei fratelli.
Il messaggio finale di Matteo è un’assicurazione della presenza viva di Gesù nella Chiesa, una presenza che è rivolta al compimento finale della Chiesa. La risurrezione non fu un semplice ritornare in vita ma l’inizio di una nuova esistenza nella quale la vita di Cristo diventa permanente in quel gruppo (che oggi è la Chiesa) che continua la sua missione.
La Chiesa stessa è la testimonianza della risurrezione, perché la sua vita e la sua attività sono una costante testimonianza che Gesù vive.
 SCHEMA GENERALE
 
I.      PROLOGO: Genealogia e racconti dell’infanzia (1, 1-2,23)
La genealogia di Gesù (1, 1-17)
La nascita di Gesù (1, 18-24)
L’adorazione dei Magi (2, 1-12)
La fuga in Egitto e strage degli innocenti (2, 13-23)
II.      PRIMO LIBRO: L’annuncio del regno (3, 1-7,29)
Sezione narrativa: l’inizio del ministero (3, 1-4,25)
Discorso: Il Discorso della Montagna (5, 1-7,29)
III.      SECONDO LIBRO: Ministero in Galilea (8, 1-11,1)
Sezione narrativa: ciclo di dieci miracoli (8, 1-9,34)
Discorso: Il discorso missionario (9,35-11,1)
IV.      TERZO LIBRO: Controversie e parabole (12, 2-13,52)
Sezione narrativa: incredulità e ostilità dei Giudei (11,2-12,50)
Discorso: le parabole del Regno (13,1-52)
 V.      QUARTO LIBRO: La formazione dei discepoli (13,53-18,35)
Sezione narrativa: episodi prima del viaggio a Gerusalemme (13,53-17,27)
Discorso: il discorso ecclesiastico (18, 1-35)
 VI.      QUINTO LIBRO: Giudea e Gerusalemme (19,1-25,46)
Sezione narrativa:viaggio a Gerusalemme ed eventi in essa (19,1-23,39)
Discorso: il discorso escatologico (24,1-25,46)
 VII.      IL RACCONTO DELLA PASSIONE (26,1-27,66)
VIII.      IL RACCONTO DELLA RISURREZIONE (28, 1-20)
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