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 d) La legge scritta nel cuore dei pagani (2,12-16).

12Tutti quelli che hanno peccato senza la legge, periranno anche senza la legge; quanti invece hanno peccato sotto la legge, saranno giudicati con la legge. 13Perché non coloro che ascoltano la legge sono giusti davanti a Dio, ma quelli che mettono in pratica la legge saranno giustificati. 14Quando i pagani, che non hanno la legge, per natura agiscono secondo la legge, essi, pur non avendo legge, sono legge a se stessi; 15essi dimostrano che quanto la legge esige è scritto nei loro cuori come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano ora li difendono. 16Così avverrà nel giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini per mezzo di Gesù Cristo, secondo il mio vangelo.

Vv. 12 - 13 - Paolo fa due asserzioni fondamentali:

1° tutti vengono giudicati;

2° non coloro che ascoltano la legge, ma coloro che la praticano verranno giustificati!

I pagani peccano senza la legge, senza la torà scritta e trasmessa a Israele. I giudei regolano la loro vita secondo la legge. Ma che i primi non abbiano la torà e che i secondi abbiano nella torà tutto il loro mondo, in definitiva non ha molta importanza: entrambi, infatti, subiranno il giudizio di Dio.

V. 13 - Ed ecco la seconda proposizione fondamentale: ciò che conta non è l’ascolto della legge, ma la sua osservanza.

V. 14 - I pagani non hanno la torà, ma fanno spontaneamente le cose che la torà prescrive, e in questo modo essi sono torà per se stessi.

V. 15 - Questa capacità dei pagani di essere legge a se stessi si può spiegare come effetto e segno di una permanente creaturalità. I pagani mostrano di avere scritto nei loro cuori l’opera della legge ossia l’opera richiesta dalla legge, la quale si esprime nelle loro opere. Dunque anche i pagani hanno una scrittura, non però in un libro, ma nel loro cuore. Essi possiedono qualcosa di analogo alla Scrittura e ne sono responsabili, così come i giudei sono responsabili della torà che hanno ricevuto (Käsemann ). Il cuore è il luogo dove viene scritta e si può leggere l’esigenza dell’amore. E questa esigenza scritta nel cuore si fa udire mediante la coscienza che la trasmette. La coscienza legge, per così dire, ciò che è scritto nel cuore e l’annuncia all’uomo; e ciò avviene in modo tale che, nella riflessione della coscienza, si esprimano l’accusa e la difesa. Con la coscienza e tramite essa, l’esigenza della legge scritta nei cuori si esprime nei pensieri, nelle considerazioni, nelle riflessioni.

Queste riflessioni accusano, incolpano colui che non fa l’opera della legge scritta nel cuore, e difendono, discolpano e adducono ragioni a favore di chi compie l’opera della legge scritta nel cuore. È una sorta di continuo processo giudiziario che avviene nell’interiorità dell’uomo, è una ponderata discussione di questi pensieri, che soppesano la voce della coscienza dell’uomo. Nelle riflessioni morali sull’agire dell’uomo si esprime la coscienza che volge lo sguardo alla parola di Dio incisa nel buio del cuore, la coglie e se ne fa portavoce. E così anche il pagano che, per il fatto di essere creatura umana, percepisce la richiesta di questi pensieri della coscienza, si trova in uno stato di accusa e di difesa, in una sorta di incessante processo giudiziario.

V. 16 - Anche i pagani hanno una legge che esige l’opera della torà, ossia l’agàpe, l’amore. Ma è una legge scritta nei cuori, di cui rende testimonianza la coscienza con la controversia morale che in essa avviene. Questo dato di fatto risulterà palese soltanto nel giorno in cui Dio scoprirà ciò che l’uomo nasconde e lo giudicherà. Questo giudizio, secondo il vangelo predicato da Paolo, avverrà per mezzo di Gesù Cristo.

Ripassiamo brevemente i Vv.12-16. In essi Paolo parla dei pagani, a proposito dei quali fa le seguenti affermazioni:

1° essi non hanno la torà;

2° ciononostante succede che i pagani facciano spontaneamente ciò che la torà esige;

3° essi sanno dal proprio cuore che è loro richiesta l’opera della legge, ossia l’agàpe;

4° la coscienza, quale voce del cuore, rende ad essi testimonianza circa le loro azioni e perciò essi si trovano in uno stato di perenne controversia: si accusano e si difendono;

5° da tutto ciò ne consegue che anche i pagani possono essere giudicati secondo il loro modo di agire;

6° proprio questo sarà manifestato nel giorno del giudizio.

e) La legge della circoncisione (2,17-29).

17Ora, se tu ti vanti di portare il nome di Giudeo e ti riposi sicuro sulla legge, e ti glori di Dio, 18del quale conosci la volontà e, istruito come sei dalla legge, sai discernere ciò che è meglio, 19e sei convinto di esser guida dei ciechi, luce di coloro che sono nelle tenebre, 20educatore degli ignoranti, maestro dei semplici, perché possiedi nella legge l’espressione della sapienza e della verità. . . 21ebbene, come mai tu, che insegni agli altri, non insegni a te stesso? Tu che predichi di non rubare, rubi? 22Tu che proibisci l’adulterio, sei adùltero? Tu che detesti gli idoli, ne derubi i templi? 23Tu che ti glori della legge, offendi Dio trasgredendo la legge? 24Infatti il nome di Dio è bestemmiato per causa vostra tra i pagani, come sta scritto.
25La circoncisione è utile, sì, se osservi la legge; ma se trasgredisci la legge, con la tua circoncisione sei come uno non circonciso. 26Se dunque chi non è circonciso osserva le prescrizioni della legge, la sua non circoncisione non gli verrà forse contata come circoncisione? 27E così, chi non è circonciso fisicamente, ma osserva la legge, giudicherà te che, nonostante la lettera della legge e la circoncisione, sei un trasgressore della legge. 28Infatti, Giudeo non è chi appare tale all’esterno, e la circoncisione non è quella visibile nella carne; 29ma Giudeo è colui che lo è interiormente e la circoncisione è quella del cuore, nello spirito e non nella lettera; la sua gloria non viene dagli uomini ma da Dio.

V. 17 - Paolo chiama per nome il suo interlocutore: tu che ti chiami giudeo e gli rinfaccia tutti i privilegi che egli accampa a suo favore. L’essere giudeo, l’avere la legge, l’avere Dio come proprio vanto e il farne un motivo di lode: ecco ciò che caratterizza gli israeliti nel loro concetto e nel concetto di Paolo.

V. 18 - I giudei conoscono la volontà della legge e sanno anche interpretarla adeguatamente. Essi si considerano come guide ed educatori dei popoli.

V. 19 - Per quanto concerne l’espressione guide dei ciechi si può ricordare la polemica di Gesù contro i farisei (Mt 15,14; 23,16-24) la quale è motivata dalla pretesa dei farisei di essere guide dei ciechi. Dio aveva effettivamente chiamato il popolo ebraico ad essere luce delle nazioni: Io, il Signore. . . ti ho formato e stabilito. . . come luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi (Is 42,6-7); È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti di Israele. Ma io ti renderò luce delle nazioni. . . (Is 49-6).

V. 20 - In quanto luce nelle tenebre del mondo, il giudeo è, mediante la legge, educatore degli stolti e maestro degli inesperti. Questo ufficio di guida dei ciechi, di luce dei popoli e di educatore del mondo, il giudeo se lo arroga in quanto possiede la legge, che è l’incarnazione della scienza e della verità.

A questo punto si ha una brusca frattura sintattica che appare come l’espressione eloquente del crollo di tutti i privilegi del giudeo (Strack-Billerbeck ). Seguono quattro proposizioni interrogative, anch’esse appartenenti allo stile della diatriba. La quinta, che comincia anch’essa con una frase interrogativa, riprende in termini generali le quattro precedenti. Tutte queste proposizioni mettono in evidenza il contrasto fra ciò che il giudeo insegna e ciò che il giudeo fa. Colui che insegna la legge è il primo a non osservarla.

Vv. 21 - 22 - Nella prima metà del verso la formulazione è ancora generica. Ma poi seguono tre esempi particolari che illustrano in concreto la discrepanza tra teoria e pratica. L’accusa è dura. Il giudeo, secondo Es 20,15 e Dt 5,10 predica pubblicamente di non rubare, ma lui ruba. Vieta l’adulterio (Es 20,14; Dt 5,18), ma lui commette adulterio. Ha in orrore gli idoli, ma lui sottrae ai templi oggetti sacri. La sottrazione di cose sacre da un luogo sacro era considerato in antico uno dei crimini più grandi.

Vv. 23 - 24 - Il giudeo viene ora menzionato come uno che ripone la sua gloria nella legge. Ed ecco il rimprovero: colui che, professando e lodando Dio, imposta la sua vita sulla legge, proprio costui trasgredisce la legge e disonora Dio. E questa accusa è avvalorata dalla citazione della parola di Dio (Is 52,5; Ez 36,20). Paolo rinfaccia al giudeo che proprio lui, che ritiene di avere tanta familiarità con Dio e con la sua volontà, di essere il banditore della sua legge e il giudice dei pagani, proprio lui, trasgredendo la legge profana il nome di Dio fra i pagani.

Ma al giudeo che agisce in tal modo non serve neppure la circoncisione, che è per lui il segno della sua alleanza con Dio e quindi, secondo lui, un pegno di salvezza. Paolo afferma questo nei Vv.25-29, dove controbatte punto per punto questa persuasione giudaica. I rabbini ritengono che la circoncisione salverà Israele nell’era messianica, così come il sangue della Pasqua l’ha già salvato dall’Egitto (cfr. Pirqe R. Neth. 29 |14d|). Ma per Paolo questa convinzione fondamentale del giudeo è superata. La circoncisione o la non circoncisione non sono più i criteri ultimi e decisivi della salvezza o della perdizione.

V. 25 - La circoncisione è utile solo se si osserva la legge. Chi trasgredisce la legge è né più né meno, un pagano. Nulla può sostituire l’osservanza della torà. Anzi, la trasgressione della legge trasforma lo stato di circoncisione in uno stato di incirconcisione (At 11,3; 1Cor 7,18-19); in altre parole fa del giudeo un pagano. E allora non è più figlio di Abramo e membro del popolo dell’alleanza: e questa è una conseguenza radicale, ripugnante per il giudeo stesso.

Vv. 26 - 27 - I pagani che adempiono la legge vengono considerati come i giudei. Il verbo futuro allude al giudizio escatologico di Dio. Dio accoglierà i pagani che osservano i suoi comandamenti, come se fossero membri del suo popolo. Ancora una volta quello che conta ed è decisivo è la pratica della legge. E avverrà che i pagani che adempiono la legge giudicheranno i giudei che la trasgrediscono.

Vv. 28 - 29 - Ma qual è il motivo per cui il pagano che osserva la legge giudicherà il giudeo che non la osserva, ma soltanto la possiede ed è circonciso. Perché è vero giudeo soltanto colui che è circonciso nel cuore. Questa verità è già contenuta nell’AT: Circoncidete il prepuzio del vostro cuore e non continuate a indurire la vostra cervice (Dt 10,16); e inoltre Lv 26,41; Dt 30,6; Ger 4,4; 6,10; 9,25; Ez 44,7-9.

La circoncisione del cuore, già attestata dalla legge e dai profeti, consiste nella conversione e nell’osservanza dei comandamenti e proprio per questo può trovarsi anche tra i pagani. Trasgredendo la legge il giudeo diventa pagano, osservando la legge il pagano diventa un vero giudeo. È giudeo infatti colui che è circonciso nel cuore mediante lo Spirito e riceve lode da Dio.

Dal v.25 in poi il pagano contrapposto al giudeo appare sempre più come il pagano convertito al cristianesimo. Anche in 3,1-20 la posizione in cui si colloca Paolo non è ancora del tutto chiara.

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