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II°
I DONI DI GRAZIA DELLA GIUSTIFICAZIONE PER FEDE
(5,1-8,39)

Con 5,1 comincia una parte nuova che è in un certo senso la più importante di tutta la lettera e che giunge fino a 8,39. Essa ha i suoi presupposti in 1,18-3,20 e soprattutto in 3,21-4,25. Nel mondo dei pagani che respingono Dio e dei giudei che mirano alle opere e si ritengono giusti per merito loro, Dio ha manifestato ed eseguito nella persona espiatrice di Gesù Cristo la sua giustizia, ossia la sua azione salvifica, di modo che noi, al pari di Abramo, diventiamo giusti non per le opere della legge, ma per la fede. Rispetto a ciò i cap. 5-8 hanno il compito di sviluppare questo annuncio della giustificazione per fede procurata dall’opera salvifica di Gesù Cristo e di svilupparlo sotto un aspetto ben determinato, spiegando tutto ciò che è implicito nell’essere giustificati per fede, elencando i doni che esso comporta.

1) La speranza di coloro che sono giustificati per fede (5,1-11)

1Giustificati dunque per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo; 2per suo mezzo abbiamo anche ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio. 3E non soltanto questo: noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata 4e la virtù provata la speranza. 5La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.
6Infatti, mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo morì per gli empi nel tempo stabilito. 7Ora, a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto; forse ci può essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene. 8Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. 9A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. 10Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. 11Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, dal quale ora abbiamo ottenuto la riconciliazione.

V. 1 - Paolo afferma che noi siamo stati giustificati per la fede.

Usando l’aoristo passivo egli si riferisce a qualcosa che è già avvenuto a noi e che ci contraddistingue in quanto cristiani. In 5,1 si allude evidentemente a un momento preciso della vita dei cristiani che appartiene al passato: si tratta del battesimo. Dalla data del battesimo si può dire che i cristiani sono giustificati per fede. Per Paolo il battesimo è il sacramento della fede perché esige la fede e conduce alla fede, e perché esso avvia il battezzato all’esistenza di fede. Nella fede postbattesimale si mantiene la giustificazione ricevuta per la fede e nella fede nel battesimo, e così il credente, giustificato una volta nel battesimo, riceve continuamente una nuova giustificazione. Ma in concreto che cosa ne è venuto a noi che siamo stati giustificati per la fede? Anzitutto abbiamo pace in rapporto con Dio. Questa pace si è instaurata quando noi nemici di Dio fummo riconciliati con Dio da Gesù Cristo. La pace non è dunque lo stato di equilibrio dell’animo e neppure una disposizione del nostro vivere. Pace non indica neppure primariamente il nostro comportamento pacifico. La pace è in primo luogo la pace di Dio intesa come lo stato di pace che ci sorregge e del quale siamo divenuti partecipi in quanto giustificati per la fede. Questa pace con Dio ci è data in continuità dal nostro rapporto con il nostro Signore Gesù Cristo.

Noi abbiamo la nostra salvezza non solo dall’unico e irripetibile evento della morte e risurrezione di Gesù Cristo celebrato nel battesimo, ma anche da una continua e perdurante azione di Gesù risorto e glorificato presente e operante nel suo Spirito.

Vv. 2 - 3 - Per mezzo di Cristo si è dischiusa e fatta accessibile la grazia in cui ci troviamo. La pace di cui si è parlato al v.1 ora viene considerata sotto un altro aspetto: è una pura grazia, una immeritata propensione di Dio verso di noi. La grazia è l’opera compiuta da Dio in Gesù Cristo la quale ci avvolge nel suo abbraccio.

Noi non soltanto ci troviamo in pace con Dio e investiti della sua grazia, ma ci gloriamo per la potenza della gloria di Dio. Per Paolo il gloriarsi è una fiducia profonda nella quale l’uomo si immerge gioiosamente e che si manifesta nella professione solenne e nella lode. Il gloriarsi è il condensato della fiducia. C’è un gloriarsi autonomo, il gloriarsi di sé che si potrebbe chiamare autoedificazione o gonfiarsi (cf 1Cor 3,21) e c’è un gloriarsi in Dio o in Gesù Cristo (Fil 3,3; 1Cor 1,31; 2Cor 10,17; Rm 2,17; 5,11) che effettivamente edifica, che costruisce l’esistenza, e che è l’agàpe. Per questo Paolo può dire: la carità non si gonfia (1Cor 13,4) e la carità edifica (1Cor 8,1). L’amore edifica perché in esso l’uomo respinge la tendenza ad autoedificarsi con le proprie qualità (con le proprie opere, con i riconoscimenti che riceve) e nell’amore del prossimo e di Dio rigetta la propria individualità egoistica. Ma gloriarsi rappresenta anche in un certo senso un modo di stabilire e di rafforzare la fiducia, come risulta chiaramente da Rm 2,17 e 2,23a. Quando un uomo trae il suo vanto dalla legge (o dalle opere della legge) egli, davanti a se stesso o davanti agli altri, si appoggia o si affida alla legge, la quale viene dunque ad essere il suo fondamento. Vantarsi è avere una fiducia radicale. Quando invece l’uomo si vanta di Dio e del Signore Gesù Cristo (1Cor 1,31; 2Cor 10,17; Fil 3,3, ecc.) allora al gloriarsi si lega il movimento della gioia e del giubilo. In questo caso il vantarsi assume il senso di un riconoscimento gioioso. Il vanto diviene un’attestazione di ringraziamento e di lode (Dt 33,29; Sal 88,17-18; Ger 17,14; ecc.).

Anche qui in 5,2 ci gloriamo va inteso in questo significato fondamentale di profonda fiducia, a cui si accompagna un’edificazione della vita e che prorompe in una giubilante sicurezza. L’oggetto e il fondamento di questo gloriarsi è posto nella speranza della gloria di Dio. E forse si può cogliere un nesso tra le due proposizioni abbiamo pace con Dio e ci gloriamo nella speranza della gloria di Dio nel senso che la pace con Dio che noi abbiamo in quanto giustificati per la fede, è la pace di coloro che vivono nella gloria di Dio presente e futura, e che si protendono verso di essa. Nello stato di grazia proprio di colui che è giustificato per fede, avere pace con Dio è anche avere speranza nel futuro nel quale irrompe il regno di Dio. È una pace che trascende ogni intelligenza (Fil 4,7) e che quindi non può essere compresa e sperimentata fuori di Cristo, fuori dell’ambito della fede. L’esistenza cristiana è una vita vissuta nella speranza (Rm 8,24; 12,12; 15,13). Anche le tribolazioni, che in definitiva servono a rafforzare la speranza, sono motivo di vanto perché da esse ricaviamo l’edificazione della nostra vita. Infatti in un tale vanto che paradossalmente intende la sciagura come salvezza e il tramonto della vita come inizio della vera vita, si dimostra la fiducia sconfinata e si corrobora la speranza.

Un buon commento all’affermazione di Rm 5,3: ci gloriamo anche delle tribolazioni è costituito da 2Cor 4,16-18: Per questo non ci scoraggiamo, ma anche se il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria, perché noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono d’un momento, quelle invisibili sono eterne.

Coloro che sono giustificati per la fede e quindi vivono in pace con Dio, si trovano in uno stato di grazia e sono pieni di speranza nella gloria futura, sanno per esperienza che la tribolazione - intesa alla luce della fede e della speranza - produce la perseveranza (o pazienza). La speranza si manifesta nella pazienza.

V. 4 - Questa pazienza che è frutto della speranza, a sua volta produce una virtù collaudata. Da questa certezza di aver dato buona prova di sé nasce una nuova speranza. Coloro che sono giustificati per la fede possono anche vantarsi delle tribolazioni e trarne l’edificazione della loro vita.

V. 5 - La speranza non inganna, non conduce alla vergogna, perché lo Spirito Santo ha riversato l’amore di Dio nei nostri cuori. L’amore di cui si parla è quello che il Padre in Gesù Cristo, mediante lo Spirito Santo, nutre per noi. Tale amore afferra l’uomo nell’intimità più profonda dell’essere, là dove soltanto Dio può giungere e vedere, là dove i pensieri dell’uomo storico e le sue decisioni effettive sovente cozzano con le sue conoscenze e rappresentazioni oggettive. In questo centro dell’esistenza umana è penetrato, mediante lo Spirito, l’amore di Dio, che ora lo regola e lo muove. L’uomo giustificato per fede è afferrato e posseduto nel fondo della sua persona dall’amore di Dio tramite lo Spirito, perciò la speranza nella quale egli conduce la propria vita, che si ravviva anche e soprattutto nelle tribolazioni, è una speranza concreta ed infallibile. I Vv.6-11 ci spiegheranno di che amore di Dio si sta parlando. È il meraviglioso amore di Dio in Gesù Cristo morto per i nemici di Dio, l’amore che dischiuderà il futuro della salvezza ai giustificati e ai riconciliati.

Vv. 6 - 7 - Le argomentazioni di questi versetti servono solo a preparare l’enunciato vero e proprio, che si trova nel v.8. Cristo è morto per amore e a vantaggio dei deboli, dei peccatori, dei ribelli a Dio. Ciò è singolare, anzi sconcertante, poiché a stento si può trovare uno disposto a morire al posto di un uomo giusto. Cristo invece è morto per i peccatori e gli empi. Con i nostri criteri umani non è possibile darne una spiegazione: quella morte appare assurda.

V. 8 - Questo verso chiarisce meglio l’amore di Dio menzionato al v.5. Il costante amore di Dio per noi è l’amore attestato dall’evento della morte di Cristo per noi peccatori.

Vv. 9 - 10 - Coloro che sono giustificati per fede - nel sangue di Gesù Cristo - ora davvero saranno salvati dal giudizio dell’ira di Dio, e ora davvero coloro che sono riconciliati con Dio tramite la morte di Gesù Cristo verranno salvati grazie alla vita di Gesù Cristo risorto dai morti. Cristo è l’irrevocabile per noi di Dio (cf. 8,21-39).

V. 11 - Non ci vantiamo soltanto per tutto ciò che abbiamo detto su Gesù Cristo e sull’amore di Dio, che sono la garanzia della nostra futura salvezza, ma ci gloriamo anche di Dio stesso per mezzo di Gesù Cristo, il quale nella sua condizione di Risorto, concede a noi la riconciliazione e in virtù del quale edifichiamo con vanto la nostra vita nella speranza della sua gloria.

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