00 05/06/2009 20:57
XVI Simposio mariologico internazionale


 
di VINCENZO VITALE Maria, speranza dell’ecumenismo?

http://www.stpauls.it/madre/0712md/0712md18.htm

Si è svolto a Roma, presso il Marianum, il 2-5 ottobre scorso, il XVI Simposio mariologico internazionale, sul tema "Maria nel dialogo ecumenico in Occidente". Sembrerebbe, a prima vista, un tema poco ecumenico, eppure...

A uno sguardo superficiale, non si direbbe che Maria sia l’argomento più adatto per il dialogo ecumenico. Eppure, è questo l’argomento messo a tema dal XVI Simposio internazionale mariologico che si è svolto a Roma, al Marianum, dal 2 al 5 ottobre e intitolato "Maria nel dialogo ecumenico in Occidente".

Ad ascoltare i diversi interventi di teologi sia cattolici che protestanti nelle tre giornate di studio erano presenti un centinaio di persone. Il Convegno si è concluso con il conferimento del X premio "René Laurentin – Pro Ancilla Domini" a padre Stanislaw Napiorkowski, per i meriti nel campo dell’ecumenismo mariano.

Le prime due giornate del Simposio sono state dedicate allo studio e alla valutazione critica di tre documenti fondamentali per l’ecumenismo mariano: L’Unico Mediatore, i santi e Maria (1990), frutto del dialogo tra cattolici e protestanti negli Stati Uniti; Maria: grazia e speranza in Cristo (2004), nato invece del dialogo tra cattolici e anglicani (commissione ARCIC II), noto anche come Dichiarazione di Seattle; e Maria nel disegno di Dio e nella comunione dei santi (1997), di carattere non ufficiale, nato dal cosiddetto "gruppo di Dombes", un vero pioniere del dialogo ecumenico, nato nel 1936 per opera del sacerdote Paul Couturier. Hanno approfondito questi testi Ermanno Genre (valdese), Antonio Escudero, Serena Noceti, Giancarlo Bruni, John Flack (anglicano) e Salvatore Perrella.
Giancarlo Bruni (al microfono) con Silvano Maggiani.

Questi testi nascono da anni di incontri e studi preparatori. Ciò ha fatto dire al professor Giovanni Cereti, che ha presentato la diversa tipologia e una valutazione dei diversi tipi di documenti, che «è un fatto che il dialogo ci sia»: fatto impensabile anche solo fino a qualche decennio fa. Gli interlocutori si incontrano su un piano di parità, con la disponibilità a lasciarsi interpellare dall’altro, per «sminare il campo» (secondo l’espressione di Bernard Sesboüé).

Dalle relazioni è emerso con forza come le differenze tra la visione cattolica di Maria e quella protestante devono molto a sviluppi storici, condizionati da polemiche e incomprensioni reciproche. Il frutto di questo stato di cose è che «Maria è stata espulsa dall’immaginario protestante», come ha evidenziato Genre.Ma non è stato così per i padri riformatori: il professor Hamman (nella terza giornata) ha illustrato molto bene come Lutero, Zwingli e Calvino avessero una pietà mariana e come essi abbiano parlato positivamente di Maria, intendendo "purificarla" dagli eccessi della devozione medioevale con una maggiore fedeltà alle testimonianze della Scrittura.

È stato piuttosto il secolo XVII, quello della cosiddetta "ortodossia protestante", anche per reazione al cattolicesimo, che ha eliminato Maria dal discorso di fede: silenzio che – salvo una notevole eccezione proprio nel XVII secolo (il teologo protestante Drolencourt, autore di un libro intitolato De l’honneur qui doît être rendu à la Vierge Marie, dove scrive: «ogni cristiano deve volerle bene e lodarla , proporla come esempio di ben vivere e ben credere») – è durato fino al XX secolo. Questo pone un problema ecumenico notevole, in quanto siamo di fronte a «sensibilità , spiritualità e immaginari diversi», che «comportano diversi vissuti di fede» (Genre).

Un consenso differenziato

È possibile allora trovare un’unanimità che riguarda le cose necessarie e avere delle differenze legittime? Cosa appartiene all’una e che cosa alle altre? È questa la grande domanda e la sfida dell’ecumenismo mariano. Ed è proprio qui che, prima delle differenze, si profilano delle convergenze insospettate. Innanzitutto – così si dichiara in Maria: grazia e speranza in Cristo – «È impossibile essere fedeli alla Scrittura e non prendere sul serio Maria» (n. 6). Proprio il punto di partenza moderno del discorso mariano – cioè la Bibbia – rende possibile una notevole base comune (tema approfondito da Aristide Serra). Un lavoro pionieristico in tal senso è stato Maria nel Nuovo Testamento (1978), nato da uno studio a più voci tra cattolici e protestanti. Ma esiste un’enorme mole di studi biblici mariani (peraltro non sempre valorizzati).

La consegna del premio "Laurentin" a Stanislaw Napiorkowski.
I documenti di ecumenismo mariano, soprattutto Maria: grazia e speranza in Cristo, ma anche quello del gruppo di Dombes, vanno oltre e cercano di rileggere la storia, la tradizione della Chiesa indivisa (fino al 1500!), con tutto quello che comporta di comune (i diversi Simboli della fede, i Concili, i Padri della Chiesa…). Le persone coinvolte nella preparazione dei testi si sono messe in reciproco ascolto, cercando le origini storiche dei dissensi e di comprendere le motivazioni che stanno dietro a posizioni diverse. Da tutta questa mole di lavoro (i documenti meriterebbero di essere letti e usati anche nella catechesi, per la ricchezza di apporti) emergono con più chiarezza i punti di consenso e quelli ancora controversi.

Ma ormai tutti concordano a dire che Maria non è più motivo serio di divisione.
La terza giornata del Simposio è stata dedicata all’approfondimento di aspetti teologici e dogmatici dell’ecumenismo mariano: sono stati discussi da Carmelo Dotolo (che ha trattato il complesso tema del "consenso" e come intendere il dogma), Bernard Sesboüé (gerarchia delle verità), Cettina Militello (ricerca di nuovi linguaggi nella verità mariologica) e Gottfried Hamman (teologia e liturgia in ambito riformato). Di particolare interesse l’intervento di Dotolo, che ha sottolineato come i dogmi siano formulazioni dinamiche, aperte a un’ulteriore lettura: in questo contesto ha tentato una rilettura dei due dogmi dell’Immacolata e dell’Assunzione a partire dalla categoria dell’esodo.

Dunque Maria non più motivo di divisione. Non mancano (né vengono taciuti dai documenti) punti controversi (soprattutto il tema della mediazione e della cooperazione di Maria e i due dogmi dell’Immacolata Concezione e dell’Assunzione), ma sembra che siano «differenze compatibili con l’unità della fede». Ci sono differenze legittime nella fede – si parla tecnicamente di "consenso differenziato". Il principio di "gerarchia nelle verità" (cioè diverso rapporto con i fondamenti della fede), indicato dal Vaticano II (Unitatis redintegratio 11), magistralmente presentato da Bernard Sesboüé, permette di distinguere verità prime e verità seconde (ma non secondarie) e gioca un ruolo centrale nell’ecumenismo: partendo dal Credo, che presenta Maria nel secondo articolo, è possibile trovare la sua giusta collocazione (verticale: nel disegno di Dio; orizzontale: nella comunione dei santi) nella globalità della fede cristiana.

Vincenzo Vitale
   
  
Per presentare in modo accessibile la questione ecumenica mariana, abbiamo intervistato padre Giancarlo Bruni, docente al Marianum, ecumenista esperto e convinto (è legato alla comunità di Bose) che con affabilità e precisione ha risposto alle nostre domande.
  • Laurentin parlava a suo tempo della "questione mariana". Qual è oggi in ambito ecumenico? Quali sono i problemi in gioco?
«La questione mariana oggi in ambito ecumenico è questa: la consapevolezza che la figura di Maria e la riflessione sulla figura di Maria è un dato che ci riguarda tutti da vicino: cattolici, ortodossi, protestanti, per la semplice ragione che Maria è una figura biblica».
  • È, in effetti, è una delle poche figure di cui il Nuovo Testamento dice qualcosa oltre a quelle di Gesù, Pietro e Paolo.
«È una figura biblica, inscindibile da Cristo e inscindibile dalla Chiesa. Quindi cattolici, ortodossi e protestanti si sono resi conto che non possono non rivedere insieme questa figura, per rendersi conto che lei non è un motivo reale di divisione, ma molte ragioni della divisione sono confluite in Maria, che è diventata come il luogo in cui sono state proiettate molte altre divisioni, mentre lei come figura e la riflessione su di lei non è motivo di divisione tra i cristiani. E la cosa bella oggi è che cattolici, ortodossi e protestanti l’hanno riaccolta come sorella di fede nel cammino delle Chiese».
  • Certamente oggi c’è un buon consenso su Maria sulla base biblica. Ma la divisione più grande si gioca sulla tradizione, e tutto quello che è seguito alle divisioni (dopo oltre un millennio di cammino comune). Come gioca questo? Le sensibilità ecclesiali sono state condizionate dalle controversie?
«Detto in termini semplici e ampi (il discorso di per sé è più complesso) si può dire così: cattolici, ortodossi e protestanti si sono messi d’accordo a dire: "rivediamo insieme la figura biblica di Maria" e hanno concluso: "la Maria dei Vangeli non divide". Poi hanno fatto questa riflessione: "Vediamo ora come la Maria dei Vangeli è stata vissuta, pensata e celebrata storicamente". È il problema della tradizione. Questi dialoghi ecumenici hanno messo in risalto un cosa: sulla Maria dei primi sette Concili e sulla Maria del primo millennio la tradizione è concorde. Insieme, confessiamo, dichiariamo Maria come la Madre vergine di Dio. Quindi anche ristudiando insieme il problema della tradizione, si riconoce che c’è una tradizione del primo millennio che è di unità sostanziale».
  • Ma poi cosa succede?
«Le cose mutano con il secondo millennio soprattutto nel Medioevo in cui c’è una specie di spostamento di accento. Nel Medioevo nasce una visione cristologica di un certo tipo (lo dico a grandi termini): Gesù è il giudice severo, ecco allora che nasce il ricorso a sua madre come la madre buona e di misericordia. E quindi nasce anche una devozione molto spinta, molto forte nei confronti di Maria.«Ed è qui poi che, mentre l’ortodossia rimane a sé, nellOccidente come reazione a questo modo di fare nasce la Riforma. E anche su Maria la Riforma, soprattutto i padri riformatori, non negano la presenza di Maria, ma cercano di ricollocare e di riportare Maria dentro il proprio alveo, che è l’alveo cristologico, che è l’alveo ecclesiologico, che è l’alveo del suo carattere esemplare.«Quello che contestano è che a volte c’è una pietà e forse una teologia, un pensare che pone quasi una rivalità tra Gesù e Maria. Qui nasce la divisione, che è diventata nei secoli sempre più netta, per cui il cattolicesimo è quello di Maria, il protestantesimo è quello non mariano. Questa situazione è mutata con il dialogo ecumenico e negli ultimi quarant’anni si sono visti di nuovo dei progressi enormi, quando il "dossier" mariologico è stato riaperto e quando in ambito cattolico, a partire dal concilio Vaticano II, Maria è ricollocata in Cristo e nella Chiesa.«Perché il vero problema – e lo dice anche il documento di Dombes – è proprio questo: la collocazione di Maria».
  • Come collocare Maria nell’insieme della fede cristiana?
«Secondo il documento di Dombes, nel disegno di Dio e nella comunione dei santi; poi, per il capitolo VIII della Lumen gentium, in Cristo e nella Chiesa, fino al documento cattolico-anglicano, dove è letta anche all’interno di tutta la storia della salvezza che è una storia di grazia e di speranza».
  • Si può prendere Maria isolatamente dal resto del mistero cristiano? C’è in questo senso una tentazione tipicamente cattolica della devozione mariana?
«No, non si può isolare Maria. Credo che per superare il rischio di una tentazione cattolica, che è quella di separare, di isolare Maria, di farne un discorso a se stante, – e questo lo dice anche tutto il magistero – bisogna ricollocare Maria all’interno della liturgia. Si deve partire "dal Padre per il Figlio nello Spirito nella comunione dei santi", e dentro la comunione dei santi vedere il ruolo e il significato di Maria. Maria va ricollocata. Qui allora la si legge bene.«E la si legge in questo contesto in termini proprio esemplari: Maria diventa come dice Lumen gentium VIII il "tipo" e l’"esemplare" della Chiesa. Come Dio sta davanti all’uomo, come il Padre per il Cristo nello Spirito sta davanti all’uomo, allora ecco che nella comunione dei santi che hanno preso con sé Maria, si guarda Maria e lì si capisce: la prima parola che Dio dice a Maria è quella che dice all’uomo, quando s’avvicina: "Rallegrati!". Sono venuto per renderti una creatura bella e buona, hai trovato grazia presso di me. Mi chino con amore su di te. Ti chiedo di essere il luogo che dà ospitalità al Figlio e che lo genera al mondo per esempio con la santità della vita.«E come l’umanità, la Chiesa stanno davanti a Dio, al Padre per il Figlio nello Spirito? Guardo ancora Maria: fiat, ti dico di sì, alla tua venuta, alla tua opera in me, al compito che mi dai di generare il Figlio al mondo, dico di sì. Lo dico nel Magnificat, ma lo dico anche nel gladius (la spada): "una spada ti trapasserà l’anima". Perché la grazia è sempre ad alto prezzo.«Allora Maria non è più tanto nella linea di una devozione spicciola, ma diventa davvero un esemplare nella vita della Chiesa. Diventa esemplare di come Dio sta davanti a noi e di come noi stiamo davanti a Dio».
  • Questo mi sembra assolutamente ecumenico.
«Su questo paradigma dell’esemplarità di Maria convergono cattolici, ortodossi e protestanti. Direi che è un punto comune di partenza».
  • E come possiamo inquadrare in questa visione teologale il fatto che Cristo è l’unico Mediatore e il fatto che noi preghiamo Maria come mediatrice?
«Qui ci sono delle differenze. Le possiamo tradurre così. Ogni preghiera è al Padre per il Figlio nello Spirito nella comunione dei santi. Per cui un protestante ti direbbe così: "Io mi rivolgo al Padre, cioè prego, il Padre per il Figlio nello Spirito con Maria".«Il cattolico dice: "Ma nella comunione dei santi io mi rivolgo al Padre per il Figlio nello Spirito. Ma posso anche dire a Maria di rivolgersi con me o di rivolgersi e di portare al Figlio un’invocazione, una preghiera che io ho fatto a Maria". Per cui la differenza è questa: il protestante prega con Maria, il cattolico con Maria ma in più invoca anche Maria. Però Maria invocata vuol dire questo: porta al Figlio nello Spirito quella preghiera che il Figlio – e solo il Figlio – porta al Padre.«Oggi a livello ecumenico si dice che queste due prassi non generano divisione sostanziale. Sono consensi differenziati».
  • Cosa si può fare per una buona catechesi mariana, di qualità teologale?
«Io do questa indicazione: una buona catechesi mariana è presentare la Maria biblica; una buona catechesi mariana è presentare la Maria liturgica, in comunione con quella biblica; una buona catechesi mariana è presentare una mariologia della esemplarità: Maria è l’icona della Chiesa, vedi come Dio sta davanti a noi e come noi dobbiamo stare davanti a Dio.«Una buona catechesi mariana è anche quella poi che ammette questa amicizia nella comunione dei santi. Allora posso dire a Maria che cammina con me: "senti, al tuo unico Figlio amato da te, da me, da noi, puoi dirgli questa cosa?". Ma allora la cosa è comprensibile dentro il concetto di comunione dei santi che camminano insieme, dove uno intercede per l’altro presso l’unico intercessore presso il Padre, che è la misericordia di Dio fatta carne.
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