00 06/12/2008 19:39
Riporto un interessante documento scritto dal dott. Barra che scrive sulla rivista il Timone:

“In questa conversazione affronteremo un argomento fondamentale della dottrina cattolica: la confessione, o sacramento della Riconciliazione.
E’ un argomento abbastanza contestato, non solo in generale, ma anche nei suoi aspetti particolari. Molti non comprendono e non accettano il fatto che si debba confessare le proprie colpe, i propri peccati accusandosi davanti ad un sacerdote. Altri ritengono che sia sufficiente rivolgere direttamente a Dio la richiesta di perdono, anche per i peccati più gravi, e
accusano la Chiesa di essersi arrogata un potere che non le appartiene.
Come vedete, non mancano le contestazioni. E dobbiamo dire, anche se con qualche dispiacere, ma per amore di verità, che persino in casa cattolica si è giunti a contestare la Confessione, quasi a negarle lo statuto di Sacramento. Sono contestazioni esplose soprattutto negli anni post-conciliari che hanno provocato il danno di rendere la Confessione “fuori moda”, al punto che oggi i Confessionali sono spesso vuoti e diversi lamentano il fatto che molti fanno la Comunione ma senza una adeguata Confessione.
Insomma, ce n’è abbastanza per affrontare, seppure a grandi linee, l’argomento della Confessione. Come è nostra consuetudine, vogliamo dare prima sinteticamente e semplicemente, alcuni dati fondamentali sulle ragioni della dottrina cattolica riguardanti il Sacramento della riconciliazione e poi, in un secondo momento, vogliamo interrogare la storia per chiederle, attraverso documenti e testimonianze, di dirci che cosa pensavano i primi cristiani riguardo questo importantissimo sacramento. Mi pare di poter dire che si tratti di un argomento di grande attualità, soprattutto in quest’anno giubilare, nel quale la Chiesa ci offre la straordinaria opportunità di ottenere l’indulgenza plenaria, di ottenere il perdono dei peccati che abbiamo commesso e lo sconto totale delle pene. Per ottenere l’indulgenza plenaria, lo sapete bene, la Chiesa pone, tra altre condizioni, anche quella di fare una buona Confessione.
La prima domanda alla quale ogni cattolico, a  maggior ragione chi si occupa di apologetica, deve sapere rispondere può essere formulata in questo modo: dove nasce il sacramento della Riconciliazione? Chi lo ha istituito? In quale occasione? Dove sta scritto, diremmo in altri termini, che bisogna confessarsi per ottenere il perdono dei propri peccati?
Voi sapete che il valore di Sacramento viene negato alla Confessione sia dai membri della numerosa e variegata famiglia protestante, sia dagli appartenenti alla famiglia dei Testimoni di Geova. E naturalmente, quando ci capita di incontrare chi fa parte di queste famiglie religiose, talvolta ci sentiamo chiedere ragione del nostro “andare a confessarci” e , in questo caso, seguendo l’insegnamento di San Pietro, noi cattolici dobbiamo essere “pronti a rendere ragione” della nostra fede. Anticipiamo subito, e poi giustifichiamo, la risposta a questa domanda, risposta che deve essere chiara, precisa, illuminante e sicura: il sacramento della Riconciliazione è stato istituito da nostro Signore Gesù Cristo. Non è stata la Chiesa, in un determinato momento della sua storia, magari con il pretesto di controllare la vita privata dei suoi membri, ad inventare il Sacramento della Confessione, ma esso è stato voluto inequivocabilmente da nostro Signore Gesù Cristo.
Ricordo, a beneficio di tutti coloro che leggono, che quella che ho appena enunciato è una verità dogmatica, definita dal Concilio di Trento proprio per sgomberare il campo dal pericolosissimo e gravissimo per la fede errore protestante. Ogni cattolico è tenuto a credere che la Confessione sia un Sacramento istituito da Gesù Cristo. Chi si pone contro questa verità non confessa tutta intera la fede cattolica. Prima di richiamare alla memoria i brani della Sacra Scrittura dai quali emerge chiaramente la volontà di Gesù Cristo di istituire  il Sacramento della Confessione, sarà bene ricordare una verità fondamentale: la Sacra Scrittura insegna che solo
Dio ha il potere di rimettere i peccati.
Il vangelo di San Marco è chiarissimo. Al capitolo 2 versetto 7, leggiamo: “Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?”. È una domanda che si pongono gli Scribi che Gesù aveva promesso di perdonare i peccati al paralitico che gli avevano portato.
Gesù non contesta il contenuto di questa osservazione; Gesù sa benissimo che solo Dio può rimettere i peccati ma, essendo Egli Dio – e questo dovrebbe far riflettere i Testimoni di Geova che non credono alla divinità di Cristo – si attribuisce il potere divino di perdonare i peccati e dimostra tutto il diritto che ha di attribuirsi questo potere divino guarendo istantaneamente il paralitico. Dunque, se è vero che il potere di rimettere i peccati, stando alla Sacra Scrittura, appartiene solo a Dio, è altrettanto vero che l’esercizio di questo potere è stato affidato da Dio stesso alla sua Chiesa. E questa verità emerge in modo chiarissimo e indubitabile proprio dalla Sacra Scrittura ed è confermata dalla prassi bimillenaria della Chiesa.
A questo punto potrebbe sorgere spontanea una domanda:
dove si legge che l’esercizio di questo potere è stato affidato alla Chiesa?
Rispondiamo subito. Si legge, per fare un primo esempio, nel Vangelo di san Giovanni, al capitolo 20. Ascoltiamo bene queste parole di Gesù. Il momento è solenne, Gesù, dopo essere stato crocifisso, è risorto e incontra gli Apostoli rinchiusi nel Cenacolo. Ecco che cosa dice loro: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”.
E’ un brano importante e al tempo stesso estremamente chiaro:  Gesù, che è Dio, che ha il potere di rimettere i peccati, dona agli apostoli, quindi alla Chiesa, l’esercizio di questo potere: il potere di rimettere i peccati. Questo è propriamente il Sacramento della Riconciliazione o confessione, Sacramento con il quale vengono rimessi i peccati ben confessati. Sacramento istituito da Gesù Cristo, non certamente inventato dalla Chiesa.
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