00 02/04/2009 08:40
“Sant’Agostino (anno 400 circa): “Io mi sottometto all’autorità dei libri canonici e a nessun’altra. Tutto ciò che è necessario alla fede e alla condotta della vita si trova nelle dichiarazioni chiare della Scrittura” (De doctrina christiana, 137)”



Le coordinate non corrispondono a nulla. Il De Doctrina Christiana ha 4 libri, e nessuno di questi ha 137 capitoletti. Ho così supposto che l’edizione in questione non abbia diviso l'opera in 4 libri, e sommando il numero di capitoletti di ogni libro ho trovato le coordinate corrispondenti nell’edizione standard. Il risultato è stato IV,9, ma il testo tratta di tutto fuorché la Traditio. A questo punto io non posso fare miracoli. Quando si cita un testo lo si dovrebbe fare con la numerazione standard, o dando le coordinate secondo il Migne, o secondo il Corpus Christianorum. Series Latina. Altrimenti non si può lavorare. In un momento di particolare zelo, siccome la tua citazione conteneva la parola “canonici” , che in latino si dice in un solo modo, ho preso un’edizione on-line della Patrologia latina cui la mia università è abbonata e ho provato a cercare nella pagina la parola “canonicus”, e per essere ancora più sicuro di beccare tutti i derivati e le desinenze ho dato istruzione al pc di cercare solo l’inizio, cioè “canon”. Il risultato è che nessuna attestazione della parola nel De Doctrina Christiana ha qualcosa a che fare con quel testo. C’è un'unica ricorrenza dove Sant’Agostino dice che si sottomette all’autorità dei soli libri canonici, e riporterò il testo sotto, ma non stava affatto parlando di una contrapposizione tra canone e Traditio bensì spiegava che si sottomesse ai canonici e rigetta gli apocrifi. La citazione in questione seguirà dopo, ora limitiamoci ad esporre qual è il vero parere di Agostino sulla Traditio e sulla Bibbia, dando delle coordinate in modo decente.
Qual è dunque il parere del santo dottore sulle Scritture? Da chi esse derivano la propria autorità? L’idea di Agostino è uguale a quella dei cattolici di oggi: dalla Chiesa, che da Agostino è detta: “Colonna e sostegno della verità” (1Τm 3, 15). Egli infatti dice: "Non crederei al Vangelo se non mi ci inducesse l'autorità della Chiesa cattolica” (Contra ep. man. 5, 6)
Agostino in realtà è cristallino sulla necessità della Tradizione: “'Quanto invece alle prescrizioni non scritte ma che noi conserviamo trasmesse per via della tradizione e sono osservate in tutto il mondo, ci è facile capire che sono mantenute in quanto stabilite e raccomandate dagli stessi Apostoli o dai Concili plenari, la cui autorità è utilissima alla salvezza della Chiesa; di tale genere sono le feste celebrate nella ricorrenza anniversaria della Passione, Risurrezione e Ascensione del Signore, la discesa dello Spirito Santo, e simili altre ricorrenze che si osservano dalla Chiesa Cattolica ovunque essa è diffusa” (Le lettere, 54,1,1)

Cito un testo di A. Trapè sul rapporto in Agostino tra Scrittura e Tradizione, la fonte è la migliore possibile visto che l’autore è il fondatore dell’Istituto Patristico "Augustinianum" di cui fu professore prima e Preside poi:


Agostino legge la Scrittura nella Chiesa e secondo la tradizione. Ai manichei dice: " Non crederei al Vangelo se non mi ci inducesse l'autorità della Chiesa cattolica " (9); ai donatisti ricorda le due qualità della tradizione apostolica: l'universalità e l'antichità (10); ai pelagiani replica: deve ritenersi per vero ciò che la Tradizione ha tramandato, anche se non si riesce a spiegarlo (11), perché i Padri " hanno insegnato alla Chiesa ciò che hanno imparato nella Chiesa " (12).

In realtà l'insistenza di Agostino sulla tradizione è continua, non solo sulla tradizione ecclesiale dei riti o cerimonie liturgiche e usi che variavano spesso col variare delle chiese, sui quali scrisse un'opera in due libri (= Epp. 54-55), ma anche e soprattutto sulla tradizione apostolica. Ai manichei spiega le forti parole ricordate or ora - " Non crederei al Vangelo... " -, dicendo che i vangeli egli li accetta dalla tradizione apostolica attraverso " l'ininterrotta successione dei vescovi " (13). Nella controversia donatista enuncia il principio che permette di tornare fino agli Apostoli: "Ciò che la Chiesa universale tiene e non è stato stabilito dai concili ma è stato sempre ritenuto, si deve giustamente credere che sia stato tramandato dall'autorità apostolica "(14).

In quella pelagiana, poi, contro la novità difende la fede della chiesa antica attraverso la testimonianza dei Padri che sono stati "gli interpreti delle Scritture" e i trasmettitori della dottrina degli Apostoli. Per questo dedica due libri dei sei del Contra Iulianum a dimostrare l'autorità teologica dei Padri e ad addurre le loro testimonianze: vuol convincere l'avversario che non ha inventato nulla di nuovo quando insegna la dottrina del peccato originale, ma che la novità sta tutta dall'altra parte(15).

c)Scrittura e Tradizione convergono nell'autorità della Chiesa. È infatti la Chiesa che determina il canone della Scrittura (16), che trasmette la Tradizione e interpreta l'una e l'altra (17), che dirime le controversie (18) e prescrive la regula fidei (19). Perciò "resterò sicuro nella Chiesa", dice Agostino, "qualunque difficoltà si presenti" (20), perché "Dio ha posto la dottrina della verità nella cattedra dell'unità" (21). Perciò - sentenzia altrove - " +tutto il mondo può con sicurezza giudicare" (22).

Merita una particolare attenzione l'accenno alla regula fidei e alla cattedra dell'unità. La regula fidei, che occorre consultare nei passi oscuri della Scrittura, consiste nel simbolo (23), contro il quale non si può andare se non errando. Per questo insegna al suo popolo di non ascoltare quelli che propongono dottrine ad esso contrarie, perché sono dottrine eretiche. Nel De agone christiano, dopo aver ricordato appunto le parole del simbolo, fa un elenco di queste dottrine ripetendo per 19 volte la formula: " Non ascoltiamo quelli che dicono... " (24).

In quanto cattedra dell'unità si deve osservare che in essa ha un posto fondamentale e normativo, come si dirà (25), la Sede di Pietro, oltre che i concili. La parola decisiva della "Sede di Pietro" toglie, nelle controversie dottrinali, ogni motivo di dubbio (26) e chiude perciò la questione mossa dagli avversari. Agostino vi si attiene senza esitare. Sono note le sue parole: " La questione è terminata. Voglia il cielo che termini finalmente anche l'errore! " (27).

9 - Contra ep. man. 5, 6; cf. Contra Faustum 28, 2.
10 - Cf. De bapt. 4, 24, 31.
11 - Cf. Contra Iul. 6, 5, 11.
12 - Opus imp. c. Iul. 1, 117; cf. Contra Iul. 2, 10, 34.
13 - Contra Faustum 28, 2; cf. Contra ep. man. 4, 5.
14 - De bapt. 4, 24, 31.
15 - Cf. De nupt. et concup. 2, 12, 25: " Non sono io ad inventarmi il peccato originale, in cui fin dall'antichità ha creduto la fede cattolica; piuttosto, senza dubbio sei tu, che lo neghi, il nuovo eretico ".
16 - Cf. De doctr. christ. 2, 7, 12.
17 - Cf. De Gen. ad litt. l. imp. 1, 1.
18 - Cf. De bapt. 2, 4, 5.
19 - Cf. De doctr. christ. 3, 1, 2.
20 - De bapt. 3, 2, 2.
21 - Ep. 105, 16.
22 - Contra ep. Parm. 3, 4, 24.
23 - Cf. Ench. 15, 56; Retract. 2, 3.
24 - De ag. christ. 14, 16 s.
25 - Cf. Contra duas ep. pelag. 2, 3, 5.
26 - Serm. 131, 10.
27 - Cf. Ep. 120, 3, 13.



(da Agostino Trapè, Introduzione generale a Sant’Agostino, Roma, 2006, Città Nuova, parte V, cap. 1)

E' stato citato all'inizio un brano dal De Docrtina Christiana, penso sia il caso di andare a leggere di cosa stessa parlando in quell’opera. Agostino dice l’esatto contrario di quanto gli si vuol far dire. Afferma infatti che l’autorità della Scrittura, e la sua accettazione stessa, dipende dal consenso ecclesiale, e, per inciso, questo è anche il brano dove elenca il canone delle Chiese nel suo periodo storico, e i deuterocanonici ci sono ovviamente:


“8. 12. Quanto a noi, riportiamo la considerazione a quel terzo gradino del quale avevamo stabilito di approfondire ed esporre ciò che il Signore si fosse degnato di suggerirci. Pertanto sarà diligentissimo investigatore delle divine Scritture colui che, prima di tutto, le legge per intero e ne acquista la conoscenza e, sebbene non le sappia penetrare con l'intelligenza, le conosce attraverso la lettura. Mi riferisco esclusivamente alle Scritture cosiddette canoniche, poiché, riguardo alle altre le legge con tranquillità d'animo chi è ben radicato nella fede cristiana, per cui non succede che gli disturbino l'animo debole e, illudendolo con pericolose menzogne e fantasticherie, gli distorcano il giudizio in senso contrario alla retta comprensione. Nelle Scritture canoniche segua l'autorità della maggior parte delle Chiese cattoliche, tra le quali naturalmente sono comprese quelle che ebbero l'onore di essere sede di un qualche apostolo o di ricevere qualche sua lettera. Riguardo pertanto alle Scritture canoniche si comporterà così: quelle che sono accettate da tutte le Chiese cattoliche le preferirà a quelle che da alcune non sono accettate; in quelle che non sono accettate da tutte preferirà quelle che accettano le Chiese più numerose e autorevoli a quelle che accettano le Chiese di numero inferiore e di minore autorità.
(Questo è quello che intendevo dicendo che per la mentalità del cristianesimo antico è la Chiesa la garante dall’autorità della Scrittura. La Scrittura, ancora in questo periodo quando inl canone è già relativamente solido, non si può riconoscere da se stessa bensì solo perché la Chiesa ti indica qual è il canone, ed è sull'autorità delle Chiese apostoliche che è da ritenersi vero prorpio quel canone e non un altro N.d.R.) (…)

8. 13. Il canone completo delle Scritture, al quale diciamo di voler rivolgere la nostra considerazione, si compone dei seguenti libri: i cinque libri di Mosè, cioè Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio, e poi il libro di Gesù figlio di Nave, un libro dei Giudici, un libretto chiamato di Rut, che peraltro sembra appartenere ai Libri dei Regni, come loro principio. Vengono poi i quattro Libri dei Regni e i due dei Paralipomeni, che non vengono dopo di essi ma sono a loro congiunti e procedono gli uni a fianco degli altri simultaneamente. Sono libri di storia, che contengono indicazioni temporali collegate fra loro e insieme la successione ordinata dei fatti. Ci sono poi narrazioni storiche poste, per così dire, in ordine differente, narrazioni che non rispettano né l'ordine storico né si collegano le une con le altre. Così è Giobbe, Tobia, Ester, Giuditta, e i due Libri dei Maccabei e di Esdra, i quali piuttosto sembrerebbero proseguire quella storia ordinata che si protraeva fino ai Libri dei Regni e dei Paralipomeni. Successivamente vengono i Profeti, tra i quali un libro di Davide, i Salmi, e tre di Salomone: i Proverbi, il Cantico dei Cantici e l'Ecclesiaste. Difatti gli altri due libri, intitolati l'uno la Sapienza e l'altro l'Ecclesiastico, per una certa somiglianza vengono detti di Salomone. È in effetti tradizione quanto mai costante che li abbia scritti Gesù figlio di Sirach; tuttavia, siccome sono stati accolti fra i Libri aventi autorità, li si deve annoverare al gruppo dei profetici. Restano i Libri di coloro che propriamente si chiamano Profeti: un libro per ciascuno di coloro che si chiamano i dodici Profeti, i quali, collegati fra loro (mai infatti hanno avuto esistenza separata), costituiscono un unico libro. I nomi di questi Profeti sono i seguenti: Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia. Poi ci sono i Profeti autori di libri più grandi: Isaia, Geremia, Daniele, Ezechiele. Con questi quarantaquattro libri si chiude l'autorità canonica del Vecchio Testamento 13. Compongono il Nuovo Testamento i quattro libri del Vangelo: secondo Matteo, Marco, Luca e Giovanni; le quattordici Lettere dell'apostolo Paolo: ai Romani, due ai Corinzi, una ai Galati, agli Efesini e ai Filippesi, due ai Tessalonicesi, una ai Colossesi, due a Timoteo, una a Tito, a Filemone, e agli Ebrei; due lettere di Pietro, tre di Giovanni, una di Giuda, una di Giacomo; e finalmente il libro degli Atti degli Apostoli e quello dell'Apocalisse di Giovanni.”
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