00 27/07/2009 06:48
La richiesta per il 23 agosto avanzata da un forum ecumenico presieduto dall'arcivescovo Cheenath

In Orissa una giornata per la pace e l'armonia


Bhubaneswar, 25. Una festa non solo per l'Orissa ma per tutta l'India, nonostante le sofferenze inferte alla comunità cristiana, nonostante le continue provocazioni, nonostante talvolta lo scoramento. Nonostante tutto. A un anno dall'avvio dell'ultima cruenta ondata di violenza, coincisa con l'uccisione dello swami Laxamananda Saraswati, un leader indù, i cristiani chiedono che il 23 agosto sia celebrata in Orissa la giornata per la pace e l'armonia. La proposta, avanzata alle autorità civili, è il frutto dell'impegno di un forum ecumenico presieduto dall'arcivescovo di Cuttack-Bhubaneswar, Raphael Cheenath. In un comunicato dell'organismo si afferma che "la pace e l'armonia sono state spezzate dall'orribile omicidio dello swami, in seguito al quale sono esplose le violenze contro uomini, donne e bambini nel distretto di Kandhamal e in tutta l'Orissa. I criminali hanno macchiato l'immagine dell'Orissa e dell'India agli occhi della comunità internazionale".



Il comunicato sottolinea altresí che "i cristiani aspettano con pazienza che i veri colpevoli siano puniti in base alla legge" ma che è altrettanto importante che "simili eventi non abbiano a ripetersi" e, per questo, è aggiunto "è necessario indire il 23 agosto come giorno di pace e armonia, affinché i piani diabolici dei criminali di dividere la società su basi religiose siano fermati". "Dobbiamo - è aggiunto - perdonare e dimenticare il passato e costruire una forte e integrata società civile che non sia devastata dai piani dei criminali".

Il forum, cui aderiscono anche il leader delle minoranze in Orissa, Swarupananda Patra e il portavoce dell'Utkal Christian Council, Bibhudata Das, ha peraltro proposto un piano che tocca vari punti per "sradicare la campagna di odio e violenza dalla pacifica Orissa". Oltre all'indizione della giornata di pace, per la quale si chiede il sostegno del Governo e della comunità internazionale e, in particolare, delle Nazioni Unite, si richiama la società civile al valore dell'unità, per combattere i piani che promuovono discordia e divisioni. Inoltre si sollecita il Governo a garantire la necessaria sicurezza alle minoranze e a estendere la protezione anche agli swami, ai loro seguaci e agli ashram, perché le violenze contro i leader indù sono utilizzare come pretesto dai criminali per colpire le minoranze.

Il forum non manca poi di evidenziare la drammatica condizione dei numerosi rifugiati che vivono ancora nei campi di soccorso allestiti dal Governo, soprattutto nella zona di Kandhamal. L'arcivescovo Cheenath esorta dunque l'autorità statale a intraprendere le necessarie misure per assistere in maniera adeguata i rifugiati che hanno paura di tornare nei loro villaggi a causa del persistere delle minacce da parte degli estremisti indù.

"Vogliamo dare a tutti gli uomini di buona volontà - afferma l'arcivescovo - un messaggio positivo, di perdono e riconciliazione, per costruire insieme una società pacifica, giusta e fraterna". "Uniamoci - è l'invito conclusivo del presule - per la pace e l'armonia nello Stato dell'Orissa e in tutta l'India".
In Orissa, come in altri Stati dell'India, pur non essendosi più manifestate ondate di violenza a danno dei cristiani, si registrano tuttavia isolati ma ripetuti episodi di aggressioni e minacce. La tensione quindi non si è affievolita ed è accompagnata dallo sconforto soprattutto in coloro che ancora vivono nei campi per i rifugiati. Il recente report provvisorio della commissione investigativa del Governo dell'Orissa sulle violenze è stato accolto con delusione da parte della comunità cristiana. L'arcivescovo Cheenath per l'occasione aveva dichiarato che "non serve un'indagine per conoscere meglio la verità, ma serve l'intenzione politica di attuare ciò che dice la Costituzione indiana e la legge". Il presule ha ricordato che "la Chiesa è una vittima delle violenze" e che né lui né la comunità cristiana sono stati consultati per la pubblicazione del rapporto provvisorio. Per l'arcivescovo "le indagini svolte in questo modo rischiano di tramutarsi in una perdita di tempo e di giustificare la penosa tendenza a evitare di fare i nomi dei colpevoli e arrestarli subito".

Intanto, come riferito nell'edizione di ieri de "L'Osservatore Romano", altre due persone, un giovane e sua moglie, entrambi seguaci del partito comunista-maoista, si sono costituti alla polizia ammettendo il coinvolgimento nell'assassinio dello swami Laxamananda Saraswati, della cui morte sono ancora falsamente accusati i cristiani. Precedentemente tre persone, due uomini e una donna, sempre seguaci del partito, si erano presentati spontaneamente alla polizia ammettendo anche loro il coinvolgimento nell'omicidio. Ora  però la comunità cristiana attende che questo capitolo che la vede implicata ingiustamente nell'uccisione dello swami sia chiuso in maniera definitiva.


(©L'Osservatore Romano - 26 luglio 2009)
__________________________________________________