00 23/06/2010 20:23
Bisogna superare gli squilibri globali partendo dalla "Caritas in veritate"

Per una nuova progettualità


Anticipiamo alcuni stralci dell'intervento introduttivo che il vescovo segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace terrà il 24 giugno al settimo Simposio internazionale dei docenti universitari che si svolgerà a Roma fino a sabato 26 sul tema "Caritas in veritate. Verso un'economia al servizio della famiglia umana. Persona, società, istituzioni".

di Mario Toso

Siamo convinti che la Caritas in veritate, che ha visto la luce all'inizio del terzo millennio, in un momento storico di trasformazioni tumultuose e di costruzione di nuove istituzioni commisurate a un mondo sempre più globalizzato, può divenire la magna charta di un impegno rinnovatore delle culture e della concezione dello sviluppo della famiglia umana, nonché delle connesse politiche e delle legislazioni. come già la Rerum novarum di Leone XIIi a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento.
In una società "liquido-moderna", per dirla con l'espressione di Zygmunt Bauman, che tutto avvolge e tutto inghiotte, e che assume le sembianze di una convivenza senza un costrutto unificante se non quello del mercatismo e della tecnocrazia, epigoni ideologici della modernità, la Caritas in veritate offre la speranza di una rinascita spirituale e morale, un supplemento di riflessività e le basi di una nuova progettualità atta a superare gli squilibri globali.
 La Dottrina o Insegnamento o Magistero sociale della Chiesa è un sapere teorico-pratico di tipo sapienziale e sintetico. È frutto dell'armonizzazione di molteplici saperi, composti entro un quadro unitario di senso, offerto e incontrato - ce lo dice la stessa Caritas in veritate col suo incipit - in quel "grembo" di vita e di saggezza che è rappresentato dalla comunione esistenziale con la Carità e la Verità di Cristo. La sintesi culturale elaborata dall'enciclica, per divenire l'anima di una prassi riformatrice e costruttrice, dev'essere articolata e specificata nei vari ambiti dell'esistenza umana.
Con questo vii simposio si intende dar vita ad una fase di approfondimento scientifico dei contenuti della Caritas in veritate che prelude a quella successiva della sperimentazione. Nell'enciclica si incontrano principi di riflessione, criteri di giudizio, orientamenti pratici che richiedono di essere sviluppati e integrati dal punto di vista teorico-pratico, dell'operatività storicamente contestualizzata. Ad esempio, vi si legge:  "La dignità della persona e le esigenze della giustizia richiedono che, soprattutto oggi, le scelte economiche non facciano aumentare in modo eccessivo e moralmente inaccettabile le differenze di ricchezza e che si continui a perseguire quale priorità l'obiettivo dell'accesso al lavoro o del suo mantenimento, per tutti" (n. 32). Subito dopo sono addotte altre ragioni fondamentali di una politica attiva del lavoro per tutti coloro che ne sono capaci. Oltre a quelle antropologiche ed etiche appena segnalate, esse sono di natura economico-sociale, psicologica, civile, culturale e giuridica.
L'aumento sistemico delle ineguaglianze tra gruppi sociali all'interno di un medesimo Paese e tra le popolazioni dei vari Paesi, ossia l'aumento massiccio della povertà in senso relativo, non solamente tende a erodere la coesione sociale, e per questa via mette a rischio la democrazia, ma ha anche un impatto negativo sul piano economico, attraverso la progressiva erosione del "capitale sociale", ossia di quell'insieme di relazioni di fiducia, di affidabilità, di rispetto delle regole, indispensabili ad ogni convivenza civile. È sempre la scienza economica a dirci che una strutturale situazione di insicurezza genera atteggiamenti antiproduttivi e di spreco di risorse umane, in quanto il lavoratore tende ad adattarsi passivamente ai meccanismi automatici, anziché liberare creatività. Anche su questo punto c'è una convergenza tra scienza economica e valutazione morale. I costi umani sono sempre anche costi economici e le disfunzioni economiche comportano sempre anche costi umani. Va poi ricordato che l'appiattimento delle culture sulla dimensione tecnologica, se nel breve periodo può favorire l'ottenimento di profitti, nel lungo periodo ostacola l'arricchimento reciproco e le dinamiche collaborative.
È importante distinguere tra considerazioni economiche o sociologiche di breve e di lungo termine. L'abbassamento del livello di tutela dei diritti dei lavoratori o la rinuncia a meccanismi di ridistribuzione del reddito per far acquisire al Paese maggiore competitività internazionale impediscono l'affermarsi di uno sviluppo di lunga durata. Vanno, allora, attentamente valutate le conseguenze sulle persone delle tendenze attuali verso un'economia del breve, talvolta brevissimo termine" (n. 32). Ecco la conclusione a cui giunge l'enciclica, che smentisce il giudizio di astrattezza rivoltole da alcuni:  "Ciò richiede una nuova e approfondita riflessione sul senso dell'economia e dei suoi fini, nonché una revisione profonda e lungimirante del modello di sviluppo, per correggerne le disfunzioni e le distorsioni. Lo esige, in realtà, lo stato di salute ecologica del pianeta; soprattutto lo richiede la crisi culturale e morale dell'uomo, i cui sintomi da tempo sono evidenti in ogni parte del mondo" (n. 32).
In definitiva, non solo la Caritas in veritate indica l'obiettivo da raggiungere, un obiettivo davvero ambizioso ma anche la strada da percorrere:  "una nuova e approfondita riflessione sul senso dell'economia e dei suoi fini, nonché una revisione profonda e lungimirante del modello di sviluppo" (n. 32). Si tratta, pertanto di riflettere sui problemi odierni, di discernere e di iniziare ad abbozzare nuove progettualità, relativamente a un'economia che ponga al centro la persona e sia, di conseguenza, al servizio del bene della famiglia umana.
Così, si esprime ancora la Caritas in veritate in proposito, infondendo coraggio a noi, assetati di giustizia e di pace:  "Gli aspetti della crisi e delle sue soluzioni, nonché di un futuro nuovo possibile sviluppo, sono sempre più interconnessi, si implicano a vicenda, richiedono nuovi sforzi di comprensione unitaria e una nuova sintesi umanistica. La complessità e gravità dell'attuale situazione economica giustamente ci preoccupa, ma dobbiamo assumere con realismo, fiducia e speranza le nuove responsabilità a cui ci chiama lo scenario di un mondo che ha bisogno di un profondo rinnovamento culturale e della riscoperta di valori di fondo su cui costruire un futuro migliore. La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, a puntare sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative. La crisi diventa così occasione di discernimento e di nuova  progettualità.  In questa chiave,  fiduciosa  piuttosto che  rassegnata, conviene affrontare  le  difficoltà del momento presente" (n. 21).


(©L'Osservatore Romano - 24 giugno 2010)