| ******* | | Post: 3.891 Post: 241 | Registrato il: 11/11/2004 Registrato il: 27/11/2008 | Città: VARESE | Età: 46 | Sesso: Femminile |
| 24/08/2009 12.31 | |
Oggi va di moda sostenere l'errata teoria che un Concilio se non è Ecumenico NON è infallibile ed è dunque reformabile... si aggiunge confusione su confusione senza capire bene come nasce il termine ECUMENICO per un Concilio il cui significato NON è quello che si attribuisce all'ecumenismo attuale... inoltre NON ci si sforza neppure di comprendere cosa significa l'infallibilità e il reformare...
TUTTI I CONCILI RICONOSCIUTI DALLA CHIESA HANNO LO STESSO VALORE, LA STESSA INFALLIBILITà LA MEDESIMA CREDIBILITA' e rientrano in quello che chiamiamo: MAGISTERO UNIVERSALE DELLA CHIESA
Altro punto da chiarire è il seguente: magistero straordinario o ordinario? quale è quello infallibile? ENTRAMBI, lo spiega dettagliatamente Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica Ad Tuendam Fidem cliccando qui troverete il testo: difenderelafede.freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=8071772&...
dice il Papa:
Can. 750 - § 1. Per fede divina e cattolica sono da credere tutte quelle cose che sono contenute nella parola di Dio scritta o tramandata, vale a dire nell'unico deposito della fede affidato alla Chiesa, e che insieme sono proposte come divinamente rivelate, sia dal magistero solenne della Chiesa, sia dal suo magistero ordinario e universale, ossia quello che è manifestato dalla comune adesione dei fedeli sotto la guida del sacro magistero; di conseguenza tutti sono tenuti a evitare qualsiasi dottrina ad esse contraria.
§ 2. Si devono pure fermamente accogliere e ritenere anche tutte e singole le cose che vengono proposte definitivamente dal magistero della Chiesa circa la fede e i costumi, quelle cioè che sono richieste per custodire santamente ed esporre fedelmente lo stesso deposito della fede; si oppone dunque alla dottrina della Chiesa cattolica chi rifiuta le medesime proposizioni da tenersi definitivamente.
Da dove nasce la teoria errata che un Concilio se NON è ecumenico non ha valore e che il magistero ordinario non va applicato dai fedeli? DA ALCUNE FALSE INTERPRETAZIONI DEL DOPO CONCILIO VATICANO II...
Dopo l'ultimo Concilio e a partire proprio dalla Enciclica Humanae Vitae di Paolo VI, gruppi di teologi trovando campo fra molti sacerdoti confusi dal caos culturale di quegli anni, iniziarono a spargere semi avvelenati CONTRO IL MAGISTERO PONTIFICIO... diabolicamente iniziarono a far filtrare l'opzione che attraverso il Concilio NON ERA PIU' NECESSARIO OBBEDIRE, MA AGIRE ESCLUSIVAMENTE CON LA PROPRIA COSCIENZA...e cominciarono ad insegnare che solo il Magistero Straordinario era vincolante e che il Magistero Ordinario era invece opinabile a seconda delle proprie opinioni...
Paolo VI richiamò all'ordine molte volte questi teologi ma con scarso successo...un esempio di tale disastro lo troviamo nei famosi vescovi olandesi di quegli anni quando, avanzando con le proprie opinioni, inventarono un nuovo catechismo dentro il quale si giunse a dubitare perfino sulla Persona di Cristo...
Prima del Concilio Vaticano II NON si pose MAI in dubbio la validità di TUTTI i Concili riconosciuti dalla Chiesa, bastava infatti il semplice riconoscimento di questo per renderlo infallibile e non il termine "ecumenico"...
L'Enciclopedia Cattolica spiega come nasce il termine Ecumenico: www.enciclopediacattolica.it/wiki/Concilio_Ecumenico
Nei primi secoli di vita della Chiesa cristiana, nessuno si pose il problema di stabilire dei criteri per definire quando un concilio può dirsi veramente ecumenico. Il problema sorse solo più tardi, quando diversi sinodi o concili iniziarono, a torto, a definirsi “ecumenici”. A rendere necessario un intervento chiarificatore fu inoltre la tendenza sempre più evidente e marcata fra la Chiesa occidentale di Roma e la Chiesa orientale di Costantinopoli a diversificare le loro dottrine ecclesiologiche, in rapporto soprattutto al primato papale e alla preminenza dell’una o dell’altra sede apostolica.
Fu proprio durante il VII Concilio ecumenico, il Concilio di Nicea del 787, che per la prima volta furono stabiliti dei criteri di ecumenicità dei Concili. Nella sesta sessione di quel concilio, per confutare la pretesa di ecumenicità del Sinodo di Hieria del 754, i Padri conciliari affermarono che quel sinodo non poteva dirsi ecumenico, per i seguenti motivi:
« Non ebbe come collaboratore il papa della Chiesa romana di allora, o i sacerdoti che sono con lui, né per mezzo di suoi legati, né per mezzo di una sua enciclica, come è la norma del concilio. »
« Neanche vi acconsentirono i patriarchi dell’Oriente, di Alessandria, di Antiochia e della Città Santa, o i consacrati che sono con loro e i vescovi. »
« Le loro dichiarazioni sono state fatte come in un luogo segreto, e non dal monte dell’ortodossia. Per tutta la terra non si diffuse la loro eco, come quella degli apostoli, e fino ai confini del mondo le loro parole (cfr Salmo 18,5), come quelle dei sei santi concili ecumenici. »
« Come può essere settimo quello che non è in armonia con i sei santi concili ecumenici prima di esso? Infatti quello che sarebbe stato celebrato come settimo, deve essere coerente con il novero delle cose decise prima di esso. Ciò che non ha niente a che vedere con le cose computate, non deve essere computato. Se uno per esempio mette in fila sei monete d’oro e poi aggiunge a queste una monetina di rame, non può chiamare quest’ultima settima, perché è fatta di materia diversa. L’oro infatti è prezioso e di grande valore, mentre il rame è materiale a buon mercato e senza valore. » (Secondo concilio di Nicea, VI sessione.)
Così i Padri conciliari definirono come ecumenico un concilio che avesse queste caratteristiche:
- deve avere il papa come collaboratore, o direttamente, tramite la sua presenza, od anche indirettamente, tramite dei rappresentanti, o legati papali; inoltre devono essere presenti i rappresentanti di tutti i Patriarchi della cristianità; - deve essere accettato dagli altri Patriarchi della Chiesa, cioè, oltre che da quello di Roma, dai Patriarchi di Costantinopoli, Antiochia, Gerusalemme e Alessandria; - deve essere recepito dai fedeli, dalla base; e soprattutto deve essere coerente con i precedenti concili ecumenici, porsi cioè in linea di continuità teologica, morale e disciplinare.
L’attuale ecclesiologia cattolica pone alcuni principi nella definizione e nella composizione di concilio ecumenico:
- esso è sede dell’esercizio supremo della potestà sulla Chiesa universale da parte del Collegio dei Vescovi (Codice di diritto canonico 337,1; Lumen Gentium 22,3; Catechismo della Chiesa Cattolica 884); - spetta solo al Papa di Roma convocare, presiedere, trasferire, sospendere, sciogliere un Concilio ecumenico, come pure approvarne i decreti (Codice di Diritto Canonico 338,1; Lumen Gentium 22,3); - spetta solo al Papa di Roma determinare le questioni da trattare nel Concilio ecumenico, ed approvare eventuali questioni aggiunte dai Padri conciliari (Codice di Diritto Canonico 338,2); - possono partecipare al Concilio ecumenico i Vescovi membri del Collegio dei Vescovi, (Codice di Diritto Canonico 339,1) ed altre persone chiamate a parteciparvi (Codice di Diritto Canonico 339,2); - se la Sede Apostolica diventa vacante durante la celebrazione del Concilio, questo è interrotto fino all’elezione del nuovo Pontefice (Codice di Diritto Canonico 340); - solo i decreti conciliari approvati e confermati dal Papa e da lui promulgati hanno forza obbligante (Codice di Diritto Canonico 341,1).
Nel 1586 Roberto Bellarmino nella sua opera “De conciliis et ecclesia militante”, riprese una lista di concili medievali già proposta dallo spagnolo Pontac in una cronografia pubblicata una ventina di anni prima, e la consacrò con il proprio prestigio e la propria autorità teologica. Così il catalogo di Bellarmino affiancò ai concili del primo Millennio cristiano, 7 concili medievali, che egli qualificò col titolo di ecumenici: d’ora in avanti l'approvazione dei cinque patriarcati antichi non sarà più ritenuto un criterio necessario per l'ecumenicità, essendo sufficiente l’azione e il consenso papale.
ergo...la canonicità di un Concilio non è la sua "ecumenicità" bensì IL CONSENSO PAPALE...tutti i Concili riconosciuti dalla Chiesa e con l'approvazione del Pontefice, portano in sè l'ecumene, l'UNIVERSALITA' di cui necessitano perchè i Documenti da essi scaturiti possano trovare applicazione in tutto il mondo...
riguardo poi al Magistero straordinario o ordinario, rispose appunto Giovanni Paolo II proprio con il MP Ad Tuendam Fidem postato sopra....
E' necessario pertanto comprendere, per chi vuole dirsi Cattolico, che c'è stato un vero attentato all'obbedienza magisteriale attraverso false interpretazioni dell'ultimo Concilio e che MAI la Chiesa, riconoscendo un Concilio, lo ha definito reformabile solo perchè non aveva il titolo di "ecumenico"...
Soggetti depositari dell'infallibilità.
Sono il Papa e tutto l'episcopato, cioè l'insieme dei vescovi in unione col Papa, loro capo.
a) Il Papa. Il Papa è infallibile quando parla ex cathedra. De fide.Lo è anche nell'ordine del Magistero sia straordinario quanto quello ordinario quando esprime lezioni e catechesi di ordine etico, morale e dottrinale per il bene della Chiesa e di tutti gli Uomini.
b) I vescovi. L'insieme dei vescovi è infallibile quando, o riunito in Concilio ecumenico o disperso sulla faccia della terra, in unione con il Papa, propone una dottrina di fede o di morale come verità a cui tutti i fedeli devono attenersi. De fide.
Il Concilio di Trento insegna che i vescovi sono i successori degli Apostoli (D. 960 [D S. 1768]); similmente il Concilio Vaticano I (D. 1828 [DS. 3061]). Quali successori degli Apostoli, essi sono, al par di quelli, i pastori ed i maestri dei fedeli (D. 1821 [DS. 3050]). Essendo per ufficio maestri della fede sono titolari dell'infallibilità attiva assicurata al magistero ecclesiastico.
Si distinguono due forme di attività nel magistero dell'episcopato, l'una straordinaria, l'altra ordinaria:
1) In modo straordinario i vescovi esercitano il loro infallibile potere magisteriale nel concilio generale o ecumenico in unione con il Papa; ed è proprio nelle decisioni dei concilii generali che l'attività dei loro magistero, istituito da Cristo, ha la più chiara manifestazione. Nella Chiesa fu sempre viva la convinzione che le decisioni dei concilii generali sono infallibili.
2) I vescovi esercitano il loro infallibile potere in modo ordinario quando, nelle proprie Diocesi, uniti moralmente con il Papa, annunciano concordemente le medesime dottrine di fede o di morale. Il Concilio Vaticano I dichiarò espressamente che anche le verità rivelate proposte dal magistero ordinario ed universale della Chiesa devono essere credute per fede divina e cattolica (D. 1792 [DS. 3011]), decreto ripreso da Giovanni Paolo II nella Ad Tuendam Fidem.
Ora chi detiene il magistero ordinario e universale è precisamente l'episcopato diffuso su tutta la faccia della terra. La concordanza dei vescovi nella dottrina può essere stabilita dai catechismi che essi redigono, dalle loro pastorali, dai libri di preghiera che essi approvano e dalle decisioni dei sinodi particolari. E' sufficiente una concordanza moralmente universale in cui non deve mancare l'espressa o tacita approvazione del Papa, quale capo supremo di tutto l'episcopato.
Il singolo vescovo nel proclamare le verità di fede non è infallibile. La storia della Chiesa mostra che singoli membri dell'episcopato sono caduti in errore e in eresie, per es. Fotino, Nestorio. Per conservare integra la dottrina tradizionale, è sufficiente l'infallibilità collegiale dell'intero episcopato. Il singolo vescovo è però per la sua diocesi, in forza del suo ufficio, l'autentico, cioè autorevole maestro della fede, purché sia in comunione con la Santa Sede e si attenga alla dottrina generale della Chiesa.
Ricapitolando:
NON esiste un Magistero ecclesiale o Pontificio fallibile, sia quello straordinario, quanto quello ordinario devono trovare nel fedele che voglia dirsi Cattolico la piena adesione;
la confusione e la disobbedienza nascono da false interpretazioni attribuite al Concilio Vaticano II che Paolo VI condannò aspramente...
Così disse il card. Bertone spiegando l'autorità della Dominus Jesus:
" una dottrina può essere insegnata dal Magistero come definitiva sia con un atto definitorio e solenne ( dal Papa "ex cathedra" e dal Concilio ecumenico) sia con un atto ordinario non solenne (dal Magistero ordinario e universale del Papa e dei Vescovi in comunione con lui). Entrambi questi atti sono tuttavia infallibili.
È inoltre possibile che il Magistero ordinario del Papa confermi o riaffermi dottrine che appartengono d'altronde alla fede della Chiesa: in questo caso, il pronunciamento del Papa, pur non avendo il carattere di una definizione solenne, ripropone alla Chiesa dottrine infallibilmente insegnate come da credersi o da tenersi definitivamente, ed esige quindi dai fedeli un assenso di fede o definitivo.
Nella fattispecie della Dichiarazione "Dominus Iesus", si deve dire che esso resta un Documento della Congregazione per la Dottrina della Fede, che non gode quindi della prerogativa dell'infallibilità, in quanto emanato da un organismo inferiore al Papa e al collegio dei Vescovi in comunione con il Papa. Tuttavia gli insegnamenti delle verità di fede e di dottrina cattolica in esso contenuti, esigono da parte di tutti i fedeli un assenso definitivo e irrevocabile, non già in forza e a partire dalla pubblicazione della Dichiarazione, ma in quanto essi appartengono al patrimonio di fede della Chiesa e sono stati infallibilmente proposti dal Magistero in precedenti atti e documenti.
Fraternamente CaterinaLD
"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri." (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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