00 09/09/2009 22:16
ho dovuto dare un nome
a quello che accade
In questi ultimi mesi ho dovuto fare i conti con la sofferenza di mio figlio che si è nuovamente manifestata. Quando tutto stava procedendo per il meglio, ecco che la nostra famiglia si è trovata di fronte ad un problema così grande con il quale fare i conti, rispetto al quale io e mio marito ci sentivamo e ci sentiamo impotenti e impreparati. Con tutte le domande e l’ansia per il presente e per il futuro: cosa sta succedendo a nostro figlio, come aiutarlo, come seguirlo? E poi: perché accade questo a lui e a noi? Contemporaneamente al lavoro sono accaduti fatti sorprendenti. La mia collega mentre stiamo discutendo vivacemente mi dice: «Tu sei l’unica persona che ho incontrato nella mia vita (lei è atea di estrema sinistra) che ha mosso in me un punto di curiosità rispetto all’esperienza di fede, è come se tu avessi aperto una ferita che non guarisce. Pensavo di aver chiuso i conti con questa vicenda nella mia vita». Durante un incontro assai difficile con il commissario capo, mentre si discuteva di una vicenda grave e lui tentava di osteggiarmi in tutti i modi, interviene il responsabile del mio servizio e gli dice: «Ma guarda che la mia collaboratrice è di Cl», come dire: è una persona seria, devi darle credito. Potete immaginare il mio stupore nel sentire il mio responsabile, convinto militante di sinistra, utilizzare la nostra esperienza per rendere credibile e ragionevole quanto si stava argomentando. E infine l’esperienza con il gruppo di studio delle medie. Con meraviglia guardo a questi ragazzi che arrivano entusiasti il mercoledì sempre più numerosi e fedeli a questo semplice gesto di aiuto. Mi accorgo che stare di fronte a loro e all’attesa che hanno nei nostri confronti, costringe a chiedermi perché, a chi guardano e a chi guardo io. È bello ritornare a casa e nel rivedere i figli, anziché essere rammaricata perché loro non sono come io vorrei, recuperare uno sguardo di misericordia e la domanda di conversione per me e per loro. Quello che è avvenuto è stato il cedere alla presenza di volti amici capaci di guardare a mio figlio, a me e a quello che stava accadendo come io non ero capace. La grande novità è stata sorprendere che c’era qualcosa di reale che sfidava tutto di me e mi costringeva a dare un nome a quello che stava accadendo: Cristo. Un po’ alla volta mi sono ritrovata più certa che quello che stava e sta accadendo sia nella forma dolorosa che in quella bella era ed è comunque per me e non contro di me. Iniziare a credere con certezza che è il Mistero che ha fatto e fa tutte queste circostanze non mi sta togliendo sicuramente la fatica, il dolore, la domanda che la croce mi sia tolta o che sia risparmiata a mio figlio, ma mi consente in questo momento di guardare e dire sì verso la direzione che Cristo mi sta indicando perché il mio destino buono si compia.
Lucia

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