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La verità della carità


Nel pieno del concilio Vaticano II - a poco meno di due mesi dall'apertura del terzo periodo - Igino Giordani scrisse questo articolo pubblicato su "L'Osservatore Romano" del 18 luglio 1964.

Il dialogo della Chiesa col mondo prosegue; il dialogo dentro il mondo, facilitato dalla religione, incalza:  e più chiaro diventa l'obiettivo della pace nell'unità; universale si sta facendo l'aspirazione, che Gesù diede come testamento:  "Che tutti siano uno".
Le difficoltà sono ancora enormi; però diffusa, universale è la persuasione che sia meglio discutere a tavolino che massacrarsi sui campi di battaglia.

Questo "dialogo solenne, alto e nuovo, tra la Chiesa e la società moderna" (così come lo definì il cardinale Montini e lo svolge giorno per giorno Paolo VI), investe ogni tipo d'interlocutori:  ortodossi, anglicani, protestanti, monoteisti, politeisti, marxisti, scienziati, uomini dell'arte e della politica, atei...:  investe l'umanità, facilitando la distribuzione - e la comprensione - della Parola di Dio.
Ora la rivista "Comprendre", in un grosso volume, raccoglie testi vari di un'inchiesta sui rapporti tra cultura e religione:  inchiesta promossa - come informa Campagnolo, che l'ha diretta, - non per motivi astratti, ma per altre ragioni di vita:  e cioè per cercare d'accordo, religione e sapere, i modi per risolvere i problemi più gravi della convivenza odierna. "L'opera della religione cristiana - egli dice - e l'opera della cultura sembrano avvicinarsi con un ritmo sempre più rapido. Le Chiese lanciano in tutte le direzioni l'invito al dialogo...".

E da tutte le direzioni comincia a venire la risposta. La quale certe volte, è vero, pare così remota e stonata da scoraggiare. Ma si tratta appunto di promuovere una spiegazione, in vista di una possibile intesa, tra gruppi talora remoti, separati da fondamentali opposizioni. C'è di buono la volontà del dialogo, in tutti i casi.

Col titolo di "Dialogo" è sorta ora una rivista a Bologna per iniziativa del professor Aldo Testa, il quale intende promuovere un dialogo anche tra cristianesimo e socialismo. Solo che nell'impeto d'un ideale di collaborazione, egli scavalca e squassa le strutture essenziali; della religione, arrivando a confondere la trascendenza con la superstizioni, il socialismo col cristianesimo, semplificato con un "Cristo senza croce"..., che è come dire un cristianesimo senza Cristo... Ciò dice quale spazio desertico pauroso separi "quel" socialismo dalla religione:  però, se il dialogo s'ingaggia, la verità potrà essere liberata da ombre e da miti.

All'inchiesta di "Comprendere", su religione e cultura, han risposto studiosi d'ogni provenienza, i quali - si noti - quasi tutti, nel loro contesto, han citato il padre Teilhard de Chardin:  segno che quasi tutti vedono l'attualità e il beneficio d'una collaborazione tra gente della religione e gente della cultura. E quasi tutti citano il Toynbee, i cui studi sulla storia confermano la perenne e universale associazione di fede e gnosi (per dirla coi vocaboli degli antichi pensatori cristiani). Tutti poi si richiamano, direttamente o indirettamente, a Papa Giovanni XXIII.

Il primo a rispondere, Henri Janne, tende a provare che non esiste contrasto tra i due soggetti e che questa effettiva collaborazione alimenta e serve l'ansia d'unità dei popoli, alla quale corrisponde il pericolo comune, universale, delle armi di distruzione massiccia. Beni e mali ormai interessano l'intera umanità:  "Il mondo è "uno". E la specie umana, per la prima volta, prende coscienza della sua unità".
Una coscienza cristiana:  un solo Dio, una sola comunità di figli uguali e liberi (tra i testi più citati nell'inchiesta sono la Mater et Magistra e la Pacem in terris, dove sono sistemati i motivi e le norme della "comunità della famiglia umana").

Scrive Janne:  "Perché rifiutarsi di dire che Papa Giovanni XXIII, uno dei più grandi papi prodotti dalla cristianità, ha parlato a nome di tutti gli uomini, a nome nostro per tutti, nella sua enciclica Pacem in terris?".

E incalza Maurice Cranston:  "Pacem in terris è, in verità, un'opera d'una potenza intellettuale paragonabile a Zum Ewigen Friede di Emmanuele Kant, d'una attualità e di una urgenza senza rivali nei discorsi di qualsiasi uomo di Stato".

Un altro collaboratore, Robert A. Nisbet, studia le ripercussioni della tecnica sulla religione e la morale.
Ricordiamo  che esse furono più di  una volta investigate da Papa Pio xii. Un altro aspetto del problema è stato esaminato dallo scrivente, sotto la formulazione:  "Incarnare la fede nelle opere". La civiltà dei popoli è stata sempre all'altezza della loro religione:  e il cristianesimo ha suscitato la cultura, ha creato scuole, ha trasmesso le civiltà antiche, come servizio all'umanità di tutti i tempi e luoghi. Non esiste contrasto tra fede e opere, tra il Verbo e la scienza:  il contrasto è un fenomeno artificioso prodotto davvero dall'ignoranza a servizio del fanatismo ideologico o politico o castale.

Seguono saggi del domenicano Dubarle, di Hromàdka, del pastore de Péry, di Garaudy...
Questo nome è già ben noto nel settore dialogico. Ancora qualche mese fa egli propugnava un incontro tra cattolicesimo e marxismo, previa eliminazione dei contrasto tra i due come è presentato dagli esegeti sovietici di Marx:  e intendeva colpire, pur senza nominarlo, il capo dell'Istituto di ateismo scientifico di Mosca, Ilicef. Diremo, tra parentesi, che a leggere i più di questi scritti, si coglie la contraddizione patente che c'è tra "ateismo" e "scientifico". Il Garaudy, in questo saggio, fa marcia indietro, perché si limita a ribadire le tesi marxiste, secondo cui l'umanesimo si contrappone alla trascendenza:  tesi le quali prescindono dal principio fondamentale del cristianesimo secondo cui Dio si è fatto uomo. Non contrapposizione, ma unione vitale, in grazia dell'Uomo-Dio, tra spirito e materia, fede e opere, trascendenza e immanenza, pìstis e gnòsis... Quella del Garaudy è una dotta dissertazione, dove confluiscono, schemi scolastici abusati, la cui presenza dice l'utilità del dialogo non foss'altro per far conoscere l'essenza del cristianesimo.

So che qualcuno rimpiange i tempi dell'anticlericalismo, quando, insultando il prete, si documentava la presenza ardente della religione, mentre, cercando il colloquio con la religione, si propaga dal settore di fronte un'atmosfera d'indifferenza... Non credo. Dal dibattito sereno la fede emerge con un prestigio nuovo.

Nostro Signore colloquiava anche con farisei e sadducei. Tocca ai cristiani di far valere la verità, nella carità:  potremmo dire, la verità della carità. Su questo tema - su questa operazione - essi hanno l'esempio nel discorso incalzante e illuminante di Papa Paolo VI.


(©L'Osservatore Romano - 27 settembre 2009)
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