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L’anima come città

23. Pensa di essere un re che ha come una città sottomessa l’anima del figlio: una città infatti è realmente l’anima.

E come nella città alcuni rubano, altri agiscono giustamente, altri lavorano, altri fanno semplicemente tutto ciò che capita, così anche nell’anima ci sono pensieri e ragionamenti: gli uni combattono contro chi commette ingiustizia, come fanno in una città i soldati; altri si prendono cura di tutto, del corpo e della casa, come fanno gli amministratori nelle città; altri danno ordini, come fanno i comandanti; altri trattano di cose licenziose, come fanno i dissoluti; altri di cose sante, come fanno i saggi; e gli uni sono effeminati, come sono le donne tra di noi, altri discorrono con maggiore dissennatezza, come i bambini; gli uni danno ordini come degli schiavi, ciò che sono i servitori; gli altri da nobili, ciò che sono i liberi.

24. Abbiamo dunque bisogno di leggi, onde poter esiliare i malvagi, accogliere i buoni e non permettere che i malvagi si rivoltino contro i buoni.

Infatti allo stesso modo che in una città, se uno ponesse delle leggi che concedono molta impunità ai ladri, sconvolgerebbe tutto; e se i soldati non impiegassero il coraggio secondo il bisogno, metterebbero tutti in pericolo; e se ciascuno, tralasciato il proprio posto, inseguisse quello di un altro, comprometterebbe il buon ordine con l’ambizione, così pure anche qui.

25. Una città è dunque l’anima del bambino, una città fondata ed ordinata da poco, una città che ha cittadini stranieri, non ancora esperti di nulla.

È molto facile guidare costoro. Infatti quelli allevati in una cattiva costituzione, come ad esempio i vecchi, malvolentieri sarebbero disposti a cambiare, ma non è impossibile: possono trasformarsi anche quelli, se vogliono; invece coloro che sono inesperti di tutto, facilmente sarebbero disposti ad accogliere le leggi da te.

26. Imponi dunque delle leggi temibili e severe a questa città ed a quelli che vivono in essa e diventa giudice di quelli che le trasgrediscono: infatti non serve a nulla imporre delle leggi, se poi non seguisse anche il castigo.

27. Imponi dunque delle leggi e bada attentamente ad esse: infatti la nostra legislazione riguarda tutta la terra e noi oggi fondiamo una città.

Siano dunque muri e porte i quattro sensi: tutto il resto del corpo sia come una fortezza e le sue porte gli occhi, la lingua, l’udito, l’olfatto, se vuoi anche il tatto, poiché attraverso queste porte entrano ed escono i cittadini di questa città, cioè i pensieri mediante queste porte hanno esito cattivo e buono.

 

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