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Larghezza e buone maniere nel beneficare

XV. Che se poi alcuno si astenga bensì dall’appropriarsi i beni destinati a quelle, ma le copra di innumerevoli contumelie, le insulti e monti in furia contro di esse, non solo non avrà alleviato la confusione che loro ispira la povertà, col largire soccorsi, ma avrà cagionato loro un maggior affanno con i maltrattamenti. Ché sebbene, spinte dalla necessità del ventre, esse diventano assai impudenti, non ostante ciò soffrono a queste maniere violente; quando adunque per l’urgenza della fame sono necessitate a chiedere, e col chiedere s’inducono a comportarsi sfrontatamente, indi per la loro sfrontatezza vengono coperte di rimproveri, allora un molteplice peso di abbattimento apportatore di densa tenebra, si stende su l’anima loro. Chi si occupa di loro dovrà quindi essere tanto longanime, non solo da non accrescere la loro confusione con modi irritati, ma anche da attutire la maggior parte di quella che hanno già, con parole di conforto. Poiché, come chi godendo di grande abbondanza, se riceve insulto non sente la comodità che arreca il possesso delle sostanze per il colpo dell’offesa ricevuta; così quegli che ascolta parole affabili e che accetta l’offerta accompagnata da una voce confortatrice, si rallegra maggiormente e gioisce, e il soccorso a lui largito gli si duplica per le buone maniere onde è porto. E queste cose non dico da me stesso, ma secondo colui che ha fatta la prima esortazione: "Figlio, dice, nel beneficare non recare vituperio, e in ogni dono non recare dolore con le tue parole; non forse la rugiada lenirà l’arsura? così é migliore la parola che il dono. Ecco che la parola é al di sopra della buona largizione e l’una e l’altra sono presso l’uomo che gode fama di giusto" (Eccl. 18,15-17). Né solo giusto e longanime dev’essere chi soprintende alle vedove, ma non deve esser da meno come amministratore; il che se manchi in lui, trarrà a non minor rovina le sostanze dei poveri. Già taluno cui fu affidato questo ministero e che aveva radunato molto oro, non se lo divorò lui, ma neppur lo spese a vantaggio dei bisognosi, tranne di pochi; la maggior parte ripose e conservò fino a che sopraggiunto il tempo perverso, lo abbandonò nelle mani dei nemici. C’è bisogno dunque di molta previdenza, si da non prodigare né lesinare le provvigioni della Chiesa, ma distribuire subito ai poveri le somme offerte e radunare i tesori della Chiesa a norma delle intenzioni dei sudditi. Inoltre l’accoglienza degli ospiti e la cura degli infermi, qual dispendio di denaro non credi tu che richiedano, quale sollecitudine e prudenza da parte di chi ne é incaricato? le spese che tali bisogne richiedono non sono affatto minori di quelle di cui ho detto poc’anzi; spesse volte di necessità sono anche maggiori: onde chi vi soprintende dev’essere sagace nel procurare con circospezione e assennatezza, in guisa da disporre i proprietari a largire i loro beni con zelo e senza rammarico, per non danneggiare le anime dei donatori mentre provvede al sollievo degli infermi. Più ancora conviene qui far prova di longanimità e serietà; perché i malati sono una classe di difficile contentatura e d’animo debole; onde se non si circondano da ogni parte di premura e di sollecitudine, basta anche quella piccola trascuratezza per cagionare all’infermo grande tristezza.

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