Carissimi,
sto seguendo con interesse i vostri interventi su questo passo che, a è dibattuto anche da parte di tanti esegeti e non è stato definito in una spiegazione univoca. Alcuni esegeti leggono il brano dando valore letterale (interessantissimo quello del card. Martini riportato da Caterina) altri invece con accenti diversi danno un valore solo metaforico (è il caso di mons.Ravasi).
Mi ha fatto riflettere l'intervento di Enrico e il successivo dibattito, se a togliere la vita sia Dio oppure satana.
Vi comunico l'idea che mi sono fatto del caso in questione dopo aver letto tutti gli interventi in corso, che potranno comunque anche portare nuovi spunti.
Questo caso di Anania e Saffira, vi confido che fino a ieri non trovava nella mia mente una soluzione che mi risultasse convincente. Infatti nel caso si legga il passo in modo letterale e storicamente accaduto, se si considera solo la punizione del peccato ancorchè grave di quei coniugi, si arriva a oscurare la misericordia infinita di Dio che traspare da tanti testi come quelli che seguono:
Sal 144,8 Paziente e misericordioso è il Signore, lento all'ira e ricco di grazia.
2P 3,9 Il Signore .. usa pazienza verso di voi, non volendo che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi.
Poi pensavo che se invece si legge il caso in modo simbolico, si oscura la concretezza e immediatezza del testo che sembra essere raccontata con dovizia di particolari e con la piena consapevolezza di Pietro di quanto sarebbe accaduto sia ad Anania che subito dopo a Saffira.Con la conseguenza , che un timore si diffuse in tutta la comunità. CIò non credo sarebbe avvenuto se non dopo un fatto eclatante così come raccontato da Luca che pur avendo scritto dopo un certo tempo ha fatto inchieste ed ha certamente mutuato le notizie da testimoni di prima mano.
Se il fatto non fosse stato vero non capirei perchè abbia dovuto raccontare un fatto di tale gravità.
Che si possa trattare anche di un monito per tutti i cristiani, come dice Martini, sono daccordissimo, ma resta il fatto che i coniugi sembrano non avere ricevuto la possibilità di salvarsi, avendo bestemmiato contro lo Spirito Santo. Il peccato contro lo Spirito Santo venne rimproverato da Cristo anche ai farisei che lo accusavano di operare con l'aiuto di Belzebù (Mar 3,29 ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito santo, non avrà perdono in eterno: sarà reo di colpa eterna».
30 Poiché dicevano: «È posseduto da uno spirito immondo». ), ma non sembra che questi farisei pur trovandosi in così grave colpa siano stati colpiti immediatamente allo stesso modo di Anania e Saffira.
Ricordiamo anche che la bestemmia contro lo Spirito resta tale solo se vi è la piena consapevolezza di ciò che si è commesso e l'impenitenza finale e cioè sino all'ultimo respiro. Se Dio è misericordioso dovrebbe aver concesso a quei disgraziati almeno il tempo di comprendere la gravità del loro peccato e il tempo necessario per il pentimento.
E quindi il dilemma : come mettere in ragionevole collegamento la storicità dell'accaduto con la misericordia e la pazienza di Dio tanto spesso richiamata nel Nuovo Testamento, anche di fronte al peccato della crocifissione di Cristo stesso?
Non ritengo di poter mettere la parola fine al dilemma ma vi dico quale considerazione mi ha fatto venire in mente la conversazione in corso.
Paolo dice ai Corinti quanto segue:
1Co 5,3 Orbene, io, assente col corpo ma presente con lo spirito, ho già giudicato come se fossi presente colui che ha compiuto tale azione:
4 nel nome del Signore nostro Gesù, essendo radunati insieme voi e il mio spirito, con il potere del Signore nostro Gesù, 5 questo individuo sia dato in balìa di satana per la rovina della sua carne, affinché il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore.
Riflettendo su questa espressione, ho pensato che Pietro abbia attuato con quei coniugi questa stessa prerogativa che Paolo esprime nei confronti di un Corinto macchiatosi di un gravissimo peccato. In sostanza sembra che Paolo abbia estromesso quel corinto dalla CHiesa, abbandonandolo perciò stesso all'azione di satana, per lo scempio del suo corpo ma non per quello del suo spirito. Anzi proprio quello scempio avrebbe prodotto secondo Paolo, la salvezza della sua anima. Torna quindi l'ipotesi di Enrico che cioè non è stato DIo stesso a provocare direttamente la morte dei coniugi, anche se ovviamente satana non può agire senza il Suo permesso, come richiamato nel caso di Giobbe.
Questa chiave di lettura mi permette di ritenere valido il testo letterale e di continuare a sperare nella misericordia di Dio.
Se vi sono altre considerazioni che possono aiutarmi a capire e a coniugare ancora meglio queste due componenti, a mio avviso irrinunciabili, vi ringrazio sin d'ora, tenuto conto che il dilemma mi ha assillato fino a ieri.
Con affetto