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La Chiesa in Brasile

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    A colloquio con monsignor Aparecido Tosi Marques, presidente della Conferenza episcopale Nordeste1 del Brasile

    Dalla Chiesa una parola chiara sul rispetto della dignità umana


    di Nicola Gori

    Una Chiesa povera, in un territorio difficile, dove le diseguaglianze sociali condizionano la vita pubblica e privata. Una Chiesa che deve affrontare molti problemi e urgenze, primi fra tutti la miseria e la tutela della dignità della vita. Ma anche una comunità dalle grandi speranze, alimentate dalla fede di un popolo profondamente cattolico e aperto al trascendente. È questa la realtà religiosa e sociale della regione ecclesiale Nordeste 1 del Brasile che emerge in questa intervista rilasciata al nostro giornale dall'arcivescovo di Fortaleza, monsignor José Antônio Aparecido Tosi Marques, presidente  della Conferenza episcopale regionale.

    Quali sono le caratteristiche della Chiesa del Nordeste1?

    In questa regione la Chiesa è molto viva grazie alle sue comunità, alle parrocchie e alle realtà missionarie, ma anche per merito della pluralità delle iniziative di movimenti e nuove comunità ecclesiali coinvolte in un'intensa azione evangelizzatrice. È una Chiesa tradizionalmente molto cattolica:  quello di Ceará è considerato il secondo Stato più cattolico del Brasile, con circa l'85 per cento della popolazione che si dichiara ufficialmente credente. Le nostre diocesi si trovano interamente in questo Stato, caratterizzato in gran parte dal territorio semi-arido del nordest del Brasile. Già da molti anni, la Chiesa è impegnata nella ricerca di progetti di convivenza con questo territorio, coinvolgendo, oltre alle forze ecclesiali, altri organismi, in reciproca collaborazione con enti di Governo e della società civile. Fortunatamente, abbiamo avuto la gioia di vedere i risultati di alcuni di questi sforzi.

    Quali sono le sfide più urgenti che la Chiesa si trova ad affrontare?

    La Chiesa nel Ceará deve affrontare sfide quali la disuguaglianza sociale, con gli squilibri che genera, e la necessità di una evangelizzazione più profonda - al di là dell'aspetto devozionale molto presente - affinché la vita cristiana sia testimonianza dei veri valori del Vangelo nelle diverse dimensioni personali e sociali, così da suscitare una presenza incisiva nella società. Attualmente, la principale preoccupazione della Chiesa del Nordeste 1, con le sue nove diocesi, è proprio l'evangelizzazione. Questo comporta la formazione di discepoli missionari che nell'incontro con Cristo, nella sua sequela, nell'impegno evangelico verso i più poveri, costruiscano una società più solidale e fraterna, perché in Cristo tutti abbiano vita in abbondanza.

    Il problema della tutela della dignità dei minori e degli abusi nei loro riguardi interpella la comunità cristiana. Quali risposte si danno a questa drammatica emergenza?

    La Chiesa si è sempre impegnata nella difesa e nella tutela dei diritti umani. Per quanto riguarda i più piccoli, abbiamo anzitutto diversi ambiti della pastorale a loro dedicati:  oltre alla catechesi sacramentale e all'impulso dato alla realtà dell'Infanzia missionaria, lavoriamo per la pastorale dei fanciulli, dei minori, del popolo della strada e per quella carceraria, rivolta ai minori detenuti. Interpellata dall'appello per la tutela della dignità dei bambini e degli adolescenti contro gli abusi di cui sono vittime, la Chiesa ha avviato molte opere educative per l'accoglienza dei minori in situazioni a rischio, come i bambini e le bambine di strada e i giovani tossicodipendenti. Inoltre, in collaborazione con diverse istituzioni sociali, sta lavorando per affrontare le situazioni più gravi, come le aggressioni dirette contro i minori o il loro sfruttamento sessuale. Sta inoltre svolgendo un'esplicita azione chiarificatrice ed evangelizzatrice rispetto alla dignità umana attraverso l'azione delle Caritas, dei centri di difesa e di promozione dei diritti umani e della commissione brasiliana Iustitia et Pax.

    Dinanzi alle ingiustizie sociali, alla povertà e alla corruzione, la Chiesa ha la possibilità di far sentire la sua voce?

    La nostra Chiesa ha una lunga tradizione nel campo della lotta a favore della giustizia sociale, per il superamento delle situazioni di miseria sociale e di corruzione. Riguardo alla povertà, sono molte le opere locali di assistenza per rispondere a situazioni di urgenza o croniche, in sintonia con l'azione della Conferenza episcopale brasiliana. Sono anche molte le istituzioni sociali sorte su iniziativa della Chiesa o da essa ispirate, che si dedicano alla promozione umana di diversi soggetti - bambini, adolescenti, giovani, famiglie di zone a rischio, anziani abbandonati, malati - e si impegnano nel campo della formazione professionale e per la creazione di posti di lavoro e di reddito. Sono presenti e operativi nelle diocesi i Centri di difesa e promozione dei diritti umani (Cdpdh) e la commissione brasiliana Iustitia et Pax, sezione Ceará (Cbjp/Ce). La loro azione più incisiva è stata nel campo della lotta all'illegalità, nella formazione della coscienza civile e nella presentazione a livello nazionale di progetti di legge d'iniziativa popolare per combattere la corruzione elettorale. Tutto questo con buoni risultati e grande speranza.

    Lo spirito religioso che caratterizza la popolazione può divenire uno strumento utile per l'evangelizzazione?

    La Chiesa nel Ceará ha già una lunga storia di evangelizzazione che ha segnato molto il suo popolo, soprattutto nello stile di vita tradizionale delle famiglie e nei ritmi delle celebrazioni dei santi patroni nelle comunità, anche le più distanti, nei pellegrinaggi e nelle devozioni. I valori della fede sono profondamente radicati nel popolo del Ceará. Le sfide del nostro tempo, presenti nella cultura globalizzata, sono vive anche nella nostra società, persino in zone interne, un tempo molto protette. Esse sono essenzialmente:  il pluralismo delle offerte religiose, la perdita dei tratti distintivi dei valori familiari, le molteplici forme di indigenza vissute da un gran numero di cittadini, il disorientamento, i nuovi paradigmi di comportamento personale e sociale, le proposte consumistiche, l'aggressione alla vita, la corruzione.

    Le diverse forme di pietà popolare contribuiscono ad avvicinare i credenti all'autentica fede?

    Non vi è dubbio che il terreno della pietà popolare è molto adatto a una nuova evangelizzazione, che si rivela necessaria proprio per approfondire l'esperienza cristiana, l'adesione a Gesù e alla sua Chiesa, l'esperienza di una vita coerente con il Vangelo. Da questo nuovo atteggiamento di discepoli ci si aspetta un impegno missionario in grado di trasformare le realtà umane con il fermento del Vangelo. A tal fine le manifestazioni religiose già esistenti costituiscono un'opportunità in  quanto,  accolte  e  illuminate  ancora  di  più dall'autenticità del Vangelo, possono portare a superare la dicotomia,  a volte esistente, fra fede e vita.

    Quali  risultati  ha  avuto questa opera di  richiamo  all'autentico  spirito  evangelico?

    Sono molte le attività evangelizzatrici che hanno seguito questo cammino, a partire dalle nuove forme di missione e dai nuovi mezzi ed espressioni, sia su iniziativa della Chiesa gerarchica sia grazie ai nuovi carismi e movimenti ecclesiali. C'è però ancora molto da fare. Sarà sempre a partire da una maggiore autenticità della Chiesa stessa che  l'evangelizzazione  diverrà  credibile.

    Il turismo offre possibilità di sviluppo e di crescita, ma comporta anche alcuni rischi in termini di sfruttamento e corruzione. Esiste una pastorale specifica in questo campo?

    Questo è un campo pastorale nuovo per noi. La realtà del turismo e della mobilità umana ci esorta a creare nuove forme di accoglienza e nuove azioni pastorali. È in tal senso che ci stiamo muovendo. La pastorale del migrante e la pastorale del turismo si stanno a poco a poco rafforzando e stanno trovando la propria strada per rispondere alle sfide che lo sviluppo e la crescita generati dalle nuove situazioni stanno presentando. Già si percepisce comunque che questi nuovi incontri umani sono anche opportunità per una testimonianza accogliente e fraterna, in grado di aprire spazi per la trasmissione della fede e per la vita stessa della Chiesa.



    (©L'Osservatore Romano - 23 settembre 2009)
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    00 23/09/2009 07:07
    Brasile: cresce la richiesta di un'educazione cristiana

    Un antico monastero diventa un Centro Arcidiocesano per la Formazione



    KÖNIGSTEIN, martedì, 22 settembre 2009 (ZENIT.org).-

    Di fronte alla crescente richiesta dell'educazione nella fede cristiana in Brasile, uno degli edifici ecclesiastici più antichi del Paese subirà un'importante trasformazione.

    Il monastero benedettino di João Pessoa, capitale dello Stato di Paraíba, nel nord-est brasiliano, diventerà un Centro Arcidiocesano per la Formazione, grazie anche al sostegno finanziario dell'associazione internazionale Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS).

    Il monastero è stato fondato nel 1596. La chiesa adiacente risale al 1724.

    Le autorità ecclesiastiche hanno lavorato a stretto contatto con i funzionari governativi per assicurare che la preziosa eredità del monastero non si perdesse durante i lavori di restauro.

    L'Arcivescovo Aldo Pagotto e monsignor Neuredo Henrique, dell'Arcidiocesi di Paraíba, hanno visitato il luogo all'inizio di settembre per verificare l'andamento dei lavori, che dovrebbero concludersi alla fine di ottobre.

    L'Arcivescovo Pagotto ha sottolineato il grande bisogno del Centro di Formazione per la Chiesa locale, soprattutto per i laici.Una parte del Centro è già stata completata e ospita un seminario propedeutico diocesano, dove i candidati al sacerdozio vengono preparati per un anno prima di entrare nel seminario maggiore.

    L'opera è portata avanti da un sacerdote della Comunidade Doce Mãe de Deus (Comunità della Dolce Madre di Dio), realtà nata vent'anni fa dal Rinnovamento Carismatico Cattolico che riunisce laici, clero e religiosi per azione pastorale ed evangelizzazione.

    Quest'anno hanno iniziato la preparazione propedeutica quindici studenti, scelti dopo una rigorosa selezione. Nove di loro entreranno nel seminario maggiore.Dopo la chiusura nel 1921, il monastero di João Pessoa venne abbandonato dai monaci, e da allora è stato usato da molti gruppi cattolici. Prima del suo restauro, è stato utilizzato, tra gli altri, dai gruppi della teologia della liberazione.
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    00 25/09/2009 06:55
    Intervista all'arcivescovo Sérgio da Rocha, presidente della Conferenza episcopale regionale Nordeste4 del Brasile, in occasione della visita "ad limina"

    Una Chiesa povera al servizio dei poveri


    di Nicola Gori

    Una Chiesa povera al servizio dei più poveri. Svolge la sua missione in una delle regioni forse tra le più disagiate del Brasile, nello Stato del Piauí, il meno sviluppato del Paese. Non dispone di molti sacerdoti, ma può contare sulla collaborazione di un laicato responsabile e maturo. È l'immagine della comunità ecclesiale nella regione Nordeste4 del Brasile così come si delinea dall'intervista rilasciata al nostro giornale dall'arcivescovo di Teresina, monsignor Sérgio da Rocha, presidente della Conferenza episcopale regionale, in occasione della visita ad limina Apostolorum.

    Come si potrebbe definire la Chiesa nella circoscrizione ecclesiastica regionale del Nordeste4?

    La Chiesa del Nordeste4 ha un volto realmente missionario. Viviamo in un momento particolare di rinnovamento missionario nelle comunità, nello spirito di Aparecida. Nelle otto diocesi che compongono la nostra Chiesa locale si stanno realizzando con entusiasmo le visite e le missioni popolari nel quadro più ampio della missione continentale. La missionarietà, del resto, faceva già parte della vita della nostra comunità, abituata ai pellegrinaggi, all'incontro con gli altri, all'accoglienza fraterna. Per questo nella nostra regione il rinnovamento missionario raccomandato da Aparecida ha trovato una pronta e generosa risposta, soprattutto da parte dei fedeli laici. Oltre a ciò, nonostante la scarsità di risorse umane ed economiche, le Chiese del Nordeste4 stanno portando avanti da diversi anni, insieme con quelle del Nordeste5 (Maranhão), un progetto missionario in Mozambico, con l'invio di missionari, offrendo sostegno spirituale e materiale. Siamo in una regione molto povera del Brasile, ma abbiamo la ricchezza della fede, in particolare la pietà popolare, che anima la vita del nostro popolo. Abbiamo la gioia di avere nello stato del Piauí la più alta percentuale di cattolici del Brasile. Nonostante ciò non possiamo accontentarci. Come Chiesa missionaria, vogliamo avanzare sempre più nell'evangelizzazione dei poveri e dei sofferenti, delle periferie urbane e delle zone rurali, di quanti si trovano lontani dalle comunità, tenendo però anche presenti, con particolare attenzione, le sfide della cultura urbana, soprattutto i "nuovi areopaghi".

    Il Grido degli Esclusi è il tema di un'iniziativa che avete adottato recentemente. Rientra nel quadro del vostro impegno in favore dei poveri e per promuovere la giustizia sociale?

    La missione nel Nordest brasiliano non potrebbe non tener conto dei poveri, delle situazioni di esclusione, poiché viviamo fra i più bisognosi del Brasile. Fra di noi i poveri non sono solo evangelizzati, sono anche evangelizzatori. L'evangelizzazione esige la missione profetica. Quest'ultima però non si deve limitare alle parole, alla predicazione o alle semplici denunce. Deve essere accompagnata dall'annuncio, e anche dall'esperienza, dalla gioia e dalla speranza che nascono dall'incontro con Cristo. Deve tradursi in gesti concreti. Nelle nostre diocesi sono molte le iniziative intraprese dalle comunità parrocchiali, dalle pastorali sociali, dalle commissioni di Iustitia et Pax, dalle commissioni di difesa e promozione della vita, dalla Caritas, dai movimenti e organismi ecclesiali. Fra queste iniziative vi è il "Grido degli Esclusi", proposto dalla Conferenza episcopale brasiliana, in occasione della giornata in cui si commemora l'indipendenza del Paese (il 7 settembre), iniziativa che finora però si è diffusa poco nel Piauí. Nella Conferenza episcopale del Nordeste4 ha maggiore rilevanza il pellegrinaggio della terra e dell'acqua, che in questo anno 2009 ha avuto come tema "La migrazione forzata e il lavoro in condizione di schiavitù", problemi molto presenti nella realtà del Piauí. Nelle nostre diocesi si realizzano inoltre numerosi progetti sociali e iniziative di solidarietà, come è avvenuto quest'anno, in occasione delle alluvioni, provocate dalle forti piogge, che hanno lasciato molte famiglie senza tetto. La solidarietà dimostrata in innumerevoli modi dal popolo del Piauí è stata ammirevole.

    Qual è stato il ruolo dei laici nell'evangelizzazione?

    I laici sono stati i nuovi protagonisti della missione. I fedeli, uomini e donne, hanno avuto un ruolo fondamentale nell'evangelizzazione, soprattutto nella catechesi e nella missione continentale. È importante tenere presente che nel Piauí la fede è stata trasmessa da una generazione all'altra, nelle famiglie, grazie ai laici, poiché in molte zone era difficile che vi fosse un sacerdote. Vista la mancanza dei presbiteri, il che accade ancora oggi in alcune località, l'azione dei laici è divenuta sempre più necessaria. È cresciuta la consapevolezza della loro importanza nella vita delle comunità e nei diversi ambiti sociali. Dobbiamo però ancora fare molto per una loro maggiore partecipazione dei fedeli laici all'evangelizzazione.

    Come è stato accolto il documento di Aparecida nelle diocesi?

    Il documento di Aparecida è stato molto ben accolto nelle nostre diocesi. Sono stati organizzati diversi incontri di riflessione a vari livelli. Alcune situazioni sono state riesaminate proprio alla luce di Aparecida. Le otto diocesi del Piauí stanno mettendo in pratica il progetto della missione continentale, con il coordinamento di una commissione centrale. Si sta anche realizzando un grande progetto di distribuzione e utilizzazione di Bibbie, con il sostegno della Conferenza episcopale del Brasile, progetto che si dovrebbe realizzare in modo più intenso alla fine dell'anno in tutte le diocesi dello Stato.

    Cosa sta facendo la Chiesa per fronteggiare fenomeni sociali quali le migrazioni forzate, il lavoro in condizioni di schiavitù, la violenza?

    La realtà sociale dello Stato del Piauí è fra le più difficili del Brasile. Quasi il 60 per cento della popolazione del Piauí vive grazie all'aiuto del governo federale, con la "bolsa familia", e il 25,8 per cento è analfabeta. Il Piauí è generalmente additato come lo Stato più povero del Brasile. Fra le conseguenze di questa situazione ci sono la migrazione forzata e il lavoro in condizione di schiavitù, che colpiscono gran parte delle famiglie, provocando molta sofferenza e anche la morte di lavoratori, come è stato denunciato dalle commissioni di Iustitia et Pax e da enti della società civile. Cerchiamo di intensificare i nostri sforzi al servizio dei migranti, favoriamo l'incontro fra le Chiese di origine e le Chiese di destinazione dei migranti, andiamo a visitarli nelle piantagioni di canna da zucchero, nelle quali lavorano. Inoltre proponiamo diversi progetti. Solo nell'arcidiocesi di Teresina, sono più di quaranta i progetti sotto la responsabilità dell'azione sociale arcidiocesana.


    (©L'Osservatore Romano - 25 settembre 2009)
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    A colloquio con il vescovo Westrupp, presidente della Conferenza episcopale «regionale Sul 1» del Brasile in visita «ad limina»

    La Chiesa solidale con il mondo del lavoro


    di Nicola Gori

    São Paulo è il più popoloso Stato brasiliano e il più importante dal punto di vista agricolo e industriale. Qui la Chiesa, viva e presente nell'ambito sociale, vuole essere una voce profetica a favore delle persone più deboli - lavoratori, disoccupati, immigrati - per difendere la dignità della vita e dei valori cristiani. Ma anche una comunità ecclesiale che solidarizza con le altre Chiese sorelle nel bisogno e con quanti si trovano in situazioni di disagio e di sofferenza. Di questi aspetti parla il vescovo di Santo André, monsignor Nelson Westrupp, presidente della Conferenza episcopale regionale Sul 1 del Brasile, in occasione della visita ad limina Apostolorum.

    Come si potrebbe definire la Chiesa della Conferenza episcopale regionale Sul 1?

    La Chiesa della Conferenza episcopale regionale Sul 1, presente in tutto lo Stato di São Paulo, è, nonostante le numerose e complesse questioni pastorali ed evangelizzatrici, una Chiesa dinamica, piena di vita e di speranza. La nostra Conferenza regionale è composta da sei arcidiocesi, trentacinque diocesi, un esarcato per i fedeli di rito armeno residenti in America Latina e in Messico, un'eparchia dei greco-melchiti e un'eparchia dei maroniti. Tutte realtà unite, che cercano di raggiungere mete comuni in diversi campi e settori dell'evangelizzazione.
    Ogni anno realizziamo un'assemblea delle Chiese particolari che compongono la Conferenza. Questa assemblea è l'istanza più importante ed esprime la comunione, la partecipazione e la missione delle varie diocesi. Lo scambio di esperienze pastorali fra le circoscrizioni ecclesiastiche favorisce la ricerca di cammini in grado di rafforzare la pastorale organica.

    In cosa si esprime il dinamismo della vostra Chiesa?

    Attraverso la realizzazione di alcuni progetti comuni. Come per esempio il progetto missionario Sul 1 - Norte 1. Si tratta di un aiuto missionario alle Chiese sorelle della Conferenza episcopale regionale Norte 1, attraverso risorse umane, inviando missionari e missionarie, e anche risorse finanziarie. Poi organizziamo attività pastorali, movimenti, organismi e associazioni di fedeli. Grazie a queste attività giungono diverse proposte che vengono presentate nelle nostre assemblee annuali. Esse hanno suscitato un nuovo ardore missionario nelle diocesi, con le loro parrocchie e comunità, utilizzando la dimensione biblico-catechetica. È stata anche creata una commissione in difesa della vita, molto attiva a livello regionale e nazionale. Chiaramente, in un contesto tanto pluralistico come quello attuale, le sfide sono molte, soprattutto nell'azione evangelizzatrice e in campo sociale.

    Quali atteggiamenti sono stati assunti dinanzi alla secolarizzazione e alla diffusione delle sette?

    Negli ultimi decenni del XX secolo, abbiamo constatato in Brasile un aumento del pluralismo dei valori etici, morali e religiosi. Questa dinamica ha accompagnato le trasformazioni economiche, culturali, tecnologiche e sociali, che hanno cambiato il modo di concepire il mondo e di agire, con riflessi sulla sfera religiosa. Nella nostra realtà il voler consumare e ottenere la soddisfazione immediata di desideri e di bisogni di ogni sorta ha negato l'essenza della vocazione umana e cristiana. Dal 2003 le Chiese particolari della nostra Conferenza hanno sentito l'urgenza di creare un progetto di azione missionaria permanente per evangelizzare la cultura dominata da un orientamento fondato sul secolarismo e per rispondere alla sfida costituita dalla diminuzione del numero dei cattolici, molti di essi attratti dalle nuove sette o dalla negazione della fede come valore fondamentale dell'essere umano. In questo contesto, le nostre Chiese hanno mobilitato risorse umane e materiali per dare nuovo dinamismo all'azione missionaria ed evangelizzatrice.
    Frutto di tutto ciò è stato il Progetto di azione missionaria permanente (Pamp), che contiene direttive di carattere biblico-catechetico, celebrativo e metodologico, al fine di accogliere e di andare incontro a tutti.

    L'opzione preferenziale per i poveri è stata sempre al centro dell'attenzione della Chiesa nella Conferenza episcopale regionale Sul 1?

    La Conferenza episcopale regionale Sul 1 cerca di essere presente fra i gruppi più vulnerabili, dove la vita è più minacciata. La commissione regionale per il Servizio della carità, della giustizia e della pace, assistita da un vescovo, ha il fine di promuovere la dignità della persona umana e la difesa dei suoi diritti. Tutte le pastorali sociali della nostra Conferenza regionale fanno parte di questa commissione e realizzano un lavoro realmente solidale verso i più bisognosi. Si distinguono inoltre le attività della Caritas brasiliana regionale, che cerca di promuovere e di rafforzare le iniziative di sviluppo solidale e sostenibile, e anche la difesa e il controllo sociale delle politiche pubbliche. Oltre a ciò, meritano di essere menzionate, con le loro finalità specifiche, le pastorali dei minori, dell'infanzia, della salute, della sobrietà, degli anziani e la pastorale carceraria.
    Una caratteristica comune a tutte le nostre diocesi è lo spirito di solidarietà verso le famiglie e le persone colpite da catastrofi naturali e da calamità pubbliche, organizzando le più diverse forme di aiuto. Inoltre, in tutte le parrocchie vengono raccolte donazioni, "cestas básicas", per le famiglie più bisognose. Inoltre, le nostre Chiese sono notoriamente impegnate nella difesa della vita, dal concepimento fino alla morte naturale. Molte sono state le iniziative prese in tal senso:  forum in difesa della vita e di bioetica, congressi in difesa della vita, atti pubblici, consapevolizzazione dei nostri parlamentari, attraverso lettere, telegrammi, e-mail.
    Siamo consapevoli del fatto che l'opzione per i poveri esige una pastorale rivolta ai costruttori della società, senza dimenticare che i poveri e gli emarginati sono a loro volta, come recita il documento di Aparecida "soggetti di mutamento e di trasformazione".

    La regione sta attraversando un momento difficile a causa della crisi che ha colpito l'industria automobilistica, con il conseguente licenziamento di lavoratori. Quali risvolti ha avuto sul piano pastorale?

    La crisi nell'industria automobilistica non ha colpito solo i lavoratori di questo settore. In un'economia che si organizza a catena, un problema in un settore si ripercuote su tutti gli altri. Le Chiese particolari si sono attivate con diverse iniziative. Alcune di esse hanno sensibilizzato e influenzato i Governi e le autorità, affinché fossero definite politiche pubbliche e sociali e fosse promosso uno sviluppo economico fondato sui valori umani ed etici. Vari programmi sociali nelle parrocchie, in collaborazione con lo Stato e l'iniziativa privata, hanno cercato di aiutare le famiglie che avevano perso il lavoro. Grande impegno è stato profuso per riqualificare i lavoratori e creare attività in grado di generare entrate. Dal punto di vista della formazione, è stato fatto uno sforzo significativo per incentivare le comunità a partecipare ai consigli municipali, statali e federali, responsabili della formulazione delle politiche sociali. In questo campo, è necessario ricordare l'impegno degli imprenditori cattolici e di quelli di buona volontà che hanno offerto un contributo importante, ideando strategie per ridurre il processo di licenziamento dei lavoratori. Occorre aggiungere che i programmi sociali attuati nelle nostre comunità ecclesiali hanno generato posti di lavoro. Tutte queste azioni, è importante ricordarlo, sono mezzi per evangelizzare persone e strutture.

    Attualmente, quali sono i rapporti fra Chiesa, sindacati e mondo del lavoro?

    La nostra Conferenza episcopale ha cercato di stabilire un rapporto di dialogo permanente con i sindacati e i meccanismi che fanno parte del mondo del lavoro. La Chiesa non ha mai tralasciato questo aspetto. La Chiesa nello Stato di São Paulo è stata sempre solidale con la sofferenza dei lavoratori, per mezzo delle pastorali e degli organismi della Conferenza episcopale del Brasile. La Chiesa si preoccupa di essere, in questo campo, una voce profetica, con l'annuncio e con la denuncia, in difesa della vita e dei valori cristiani. Un'altra sua azione consiste nell'essere presente fra gli imprenditori, attraverso seminari, dibattiti, al fine di creare un'economia più solidale. La prossima campagna della fraternità affronterà più da vicino questo tema tanto importante. Non si può lasciare il mondo del lavoro in balia dei capricci di un mercato depredatore. Il ruolo missionario della Chiesa è di influenzare i principi di un'etica che garantisca lo sviluppo non solo dell'economia, ma anche dell'essere umano nel suo insieme. In questo settore, la trasformazione costante della tecnologia travolge i progetti ed esige sempre nuove risposte. Per questo siamo vigili e pronti a collaborare in tutto ciò che riguarda la missione della Chiesa.

    La teologia della liberazione ha ancora un'influenza sulla comunità ecclesiale?

    La produzione bibliografica sulla teologia della liberazione è attualmente quasi inesistente. Negli ultimi quindici anni nessuna pubblicazione importante sul tema è stata fatta nello Stato di São Paulo. L'uso delle scienze sociali come mediazione di lettura della realtà praticamente non appare più nella produzione teologica. Ciò vuol dire che, a livello teorico, la teologia della liberazione non ha avuto continuità. In pratica, però, si osserva ancora una certa influenza di questa teologia su alcuni settori delle comunità ecclesiali di base, della pastorale operaia, del movimento dei "senzaterra" e della pastorale della gioventù. Non essendoci continuità teorica, non c'è evoluzione del pensiero, il che vuol dire che l'influenza della teologia della liberazione sulla nostra comunità ecclesiale è scarsa. Sarebbe auspicabile che l'ideologia politica come espressione dell'impegno della fede in campo sociale, fosse sostituita dai principi della dottrina sociale della Chiesa.



    (©L'Osservatore Romano - 14 novembre 2009)
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    A colloquio con monsignor Ramos Krieger, arcivescovo di Florianópolis, in visita "ad limina"

    Un futuro per i giovani vittime di violenza e droga


    di Nicola Gori

    Una Chiesa luogo di incontro tra etnie e popolazioni diverse, che nel corso dei secoli si sono integrate e hanno dato vita a una realtà dinamica e in continua espansione. Uno Stato, quello di Santa Catarina, dagli indici di sviluppo tra i più alti dell'intero Paese, dove oltre l'80 per cento della popolazione vive in aree urbane e oltre il 70 si definisce cattolico. È questa la realtà religiosa e sociale del territorio della regione ecclesiastica Sul4 del Brasile. Ne parla in questa intervista al nostro giornale monsignor Murilo Sebastião Ramos Krieger, arcivescovo di Florianópolis e presidente della Conferenza episcopale regionale, in visita ad limina Apostolorum.

    Quali sono i tratti caratteristici della Chiesa nel Sul4 del Brasile?

    La Conferenza episcopale regionale Sul4, con le sue dieci diocesi, è formata da un mosaico di etnie, ognuna con i suoi valori e le sue tradizioni. Agli indigeni che abitavano qui, si unirono i portoghesi, soprattutto dalle Azzorre, nel XVIII secolo, gli africani nel xix, i tedeschi, gli italiani, i polacchi, gli ucraini e gli austriaci, alla fine del XIX secolo. A partire dalla metà dello scorso secolo, lo Stato di Santa Catarina ha vissuto un vasto processo di urbanizzazione. Attualmente, dei quasi sei milioni di abitanti, distribuiti in 293 municipi, l'83 per cento vive nelle aree urbane e solo il 17 per cento nelle zone rurali. Negli anni quaranta del secolo scorso, la situazione era opposta. Cerchiamo metodi efficaci per evangelizzare le città, ossia per entrare nei condomini, negli edifici, nelle periferie. Circa il 73 per cento della popolazione si definisce cattolica. In seno al cattolicesimo vi è una ricca presenza di diverse espressioni della religiosità popolare. Risaltano le Festas do Divino, i Ternos de Reis, la processione de Passos e quella do Senhor Morto, le fraternità, i santuari. È soprattutto attorno a queste espressioni che il popolo ha conservato la sua fede ed è stato evangelizzato. Attualmente si sta lavorando molto nell'ambito dei gruppi biblici di riflessione, coordinati da responsabili laici. Sta anche crescendo il ministero delle visite e della benedizione delle case. La nostra regione è stata, per lungo tempo, un grande "granaio" di vocazioni sacerdotali e religiose. Ora sentiamo il bisogno di dare un nuovo impulso a questa pastorale. Nell'assemblea regionale di pastorale del 2008, abbiamo constatato la necessità di passare da una "pastorale di conservazione" a una pastorale decisamente missionaria, in linea con gli orientamenti di Aparecida. Abbiamo osservato quanto sia urgente, in un mondo segnato dall'individualismo, lavorare affinché la spiritualità del nostro popolo sia più biblica ed ecclesiale.

    La difficile situazione dei giovani - segnata da disoccupazione, violenza, ingiustizie sociali - interpella anche la comunità ecclesiale. Quali iniziative sono state prese?

    Il prodotto interno lordo dello Stato di Santa Catarina occupa la settima posizione fra le ventisette unità della Federazione. Il nostro Stato è fra i tre Stati brasiliani con il migliore indice di sviluppo umano. Ciononostante, dobbiamo ancora fronteggiare gravi problemi sociali, uno dei quali è la violenza urbana, che ha come cause principali il traffico e il consumo di droghe. Nella regione di Grande Florianópolis si sta realizzando, con la Chiesa come protagonista, un lavoro nel campo della formazione e della preparazione professionale dei giovani. Poiché le risorse governative per queste iniziative sono insufficienti e instabili, si cerca di coinvolgere la società - soprattutto gli imprenditori - nei diversi programmi, a partire da una certezza:  un giovane che ha prospettive di vita non si lascerà coinvolgere dal mondo della droga. I risultati sono stati molto positivi:  un significativo numero di giovani delle periferie, preparati in corsi preuniversitari, frequenta ora l'università locale. Altri, dopo essere stati formati, entrano nel mercato del lavoro.

    Dinanzi alla povertà e ai bisogni primari di gran parte della popolazione, quali strumenti di solidarietà sono stati attivati?

    Il servizio nella società, soprattutto quello diretto ai più poveri, è sostenuto dalla pastorale sociale nei suoi molteplici campi:  Caritas, pastorale dell'infanzia, dei giovani, della salute, dei minori, pastorale carceraria, microprogetti alternativi. Ci si sforza di organizzare bene le Campagne di fraternità, che sono un fattore importante della presenza pubblica della Chiesa utile per rafforzare i fondi diocesani di solidarietà. In occasione delle grandi inondazioni che hanno colpito lo Stato di Santa Catarina nel 2008, la maggior parte delle persone senza alloggio sono state assistite proprio in queste strutture.

    In che modo la Chiesa fa udire la propria voce contro la corruzione a livello sia politico sia economico?

    Si promuove la partecipazione di persone e associazioni legate alla Chiesa nei diversi consigli municipali che - laddove funzionano - sono importanti strumenti per l'approvazione di politiche pubbliche. Si tratta, tuttavia, di una presenza ancora un po' timida. Già in occasione della recente campagna Ficha limpa, per impedire la candidatura di persone con gravi problemi con la giustizia, Santa Catarina è stato uno degli Stati che ha maggiormente collaborato con raccolte di firme in ogni parrocchia. Più che elaborare testi propri sulla corruzione politica ed economica, le nostre diocesi hanno divulgato le frequenti note della Conferenza episcopale del Brasile sulle sfide che deve affrontare il Paese.

    Come viene promossa l'evangelizzazione in una società che si sta secolarizzando sempre di più?

    Torno all'assemblea che abbiamo tenuto nel 2008. Per rispondere alle sfide che avevamo di fronte, ci siamo resi conto della necessità di promuovere l'attività dei laici nell'evangelizzazione, intensificare la formazione biblica e catechetica dei laici, ampliare la presenza pubblica della Chiesa, anche nel mondo universitario, ricercare una pastorale organica e d'insieme, rafforzare il processo di iniziazione cristiana e la promozione vocazionale e mettere in atto una salda pastorale urbana e del turismo. Abbiamo scelto alcune priorità:  nell'ambito dell'assistenza alla persona, il ministero delle visite a domicilio e dell'accoglienza; nell'ambito della comunità, i gruppi di riflessione in famiglia e la pastorale organica; nell'ambito della società, l'articolazione delle pastorali sociali. Chiaramente questi obiettivi erano già fra le nostre preoccupazioni e, in maggiore o minor grado, li stavamo già realizzando. Ora però, oltre alle direttive della Conferenza episcopale nazionale, abbiamo una spinta in più per raggiungere questi obiettivi:  gli appelli del documento di Aparecida.


    (©L'Osservatore Romano - 4 dicembre 2009)
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    Intervista al vescovo di Rio Grande monsignor Stroeher

    Sostegno alla vita e attenzione per i poveri


    Centosessanta anni sono ormai trascorsi dalla fondazione della prima diocesi facente parte della Conferenza episcopale regionale Sul3 del Brasile. Una comunità che da allora è diventata adulta e a sua volta missionaria. Attualmente la Chiesa è impegnata su vari fronti, a cominciare dalla difesa della vita, dal suo concepimento fino al  suo  termine.  In  occasione della visita  ad  limina  Apostolorum,  abbiamo chiesto a monsignor José Mário Stroeher, vescovo di Rio Grande e presidente della Conferenza, di illustrarci la realtà di questa comunità

    Come potrebbe definire la realtà della Chiesa Conferenza episcopale della regione Sul3 del Brasile?

    La realtà della regione ecclesiastica Sul3 è ricca di speranze. Centosessanta anni fa venne creata la prima diocesi nello Stato. Nel 1848 sorse la diocesi di São Pedro do Rio Grande do Sul. Nel 2010 si celebrerà il centenario della creazione dell'arcidiocesi di Porto Alegre. Ma anche altre festeggeranno l'anniversario della fondazione, dato che nel 1910 furono create le diocesi di  Pelotas,  Santa  Maria  e Uruguaiana.
    In questi centosessanta anni la vita cristiana è cresciuta e le vocazioni si sono moltiplicate. Molti missionari sono partiti per altre terre. Oggi le diocesi comprese nella regione del Sul3 sono diciotto, raggruppate in quattro organismi interdiocesani.

    L'evangelizzazione è una priorità della Chiesa. Come viene promossa nelle varie diocesi?

    Ogni tre anni teniamo l'assemblea regionale  dell'azione evangelizzatrice e definiamo un progetto comune per le diciotto diocesi. In questo triennio le priorità sono la tutela della vita, la formazione e la gioventù. L'asse centrale  è  la  conversione  per  la  missione.

    La crisi economica sta favorendo la presa di coscienza dei valori umani e cristiani finora poco considerati?

    La crisi economica può portare le persone a un maggiore avvicinamento a Dio oppure a ricorrere ancora di più ai beni materiali. Attualmente assistiamo a una rinascita religiosa, con il moltiplicarsi  di  gruppi di credenti. Allo  stesso  tempo,  sta   crescendo l'interesse per la Bibbia. La lettura orante  della  Parola  di  Dio rafforza la  fede  nelle  persone  e  nelle comunità.

    Con quali strumenti i vescovi intervengono per una vita politica più giusta e libera dalla corruzione?

    In ogni organismo interdiocesano esiste una scuola di formazione politica. La Campagna di fraternità affronta ogni anno un tema legato al senso civico e all'inserimento dei cristiani nella vita sociale e politica. Nel 2010 il tema sarà l'economia e la vita.

    Nella pastorale delle vostre Chiese locali che posto occupa la difesa della dignità della vita umana?

    La priorità principale delle nostre Chiese locali è la tutela della vita. Tutte le attività pastorali si prodigano nella lotta per una maggiore tutela della dignità delle persone, soprattutto fra le più bisognose. Dal 1° al 7 ottobre di ogni anno si celebra la settimana nazionale della vita. L'8 ottobre si celebra la giornata nazionale del nascituro. I servizi pastorali, i vescovi e i cristiani in generale si preoccupano di impedire che una mentalità permissiva in tema di aborto si diffonda nella società e si rifletta anche nella legislazione. Finora, grazie a Dio, ci siamo riusciti. Nell'ultima conferenza nazionale sulla salute, il clima generale, contrariamente ad altre volte, è stato di sostegno alla vita.


    (©L'Osservatore Romano - 4 dicembre 2009)
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    00 09/01/2010 06:48

    I missionari a difesa degli ultimi indigeni del Brasile




    Denunciato in una lettera al presidente Lula il rischio di genocidio nello Stato di Rondônia

    Porto Velho, 8. "È intollerabile che la società e lo Stato brasiliano scendano a patti o si mostrino negligenti di fronte all'evidente disprezzo, all'oppressione e al genocidio, in pieno ventunesimo secolo, che sta colpendo gli ultimi popoli nativi liberi nel territorio nazionale". A denunciare il rischio di estinzione delle popolazioni indios rimaste in Amazzonia è il Consiglio indigenista missionario (Cimi), organismo in seno alla Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile, che in una lettera indirizzata anche al presidente della Repubblica e capo del Governo, Luiz Inácio "Lula" da Silva, manifesta "profonda preoccupazione per le critiche condizioni di sopravvivenza dei popoli indigeni" che vivono in isolamento volontario e recentemente entrati in contatto con l'esterno. Il Cimi fa riferimento, in particolare, agli indigeni rimasti nello Stato di Rondônia, nel Norte. "A causa del loro distacco dalla società maggioritaria e dall'assenza di voce nei forum di discussione pubblica e politica - si legge nel documento - questi popoli vivono in condizioni di invisibilità sociale, che li rende vittime privilegiate di una serie di azioni deleterie, portate a termine da voraci fronti di espansione, soprattutto in territorio amazzonico".
    L'organizzazione cattolica ricorda gli anni Settanta e Ottanta, periodo nel quale le "azioni di genocidio" nella Rondônia sono state più sanguinose. I gruppi colpiti dalle persecuzioni, per sopravvivere, sono stati costretti a fuggire, nascondendosi e camuffandosi. In quest'epoca, "la prospettiva di sviluppo dell'Amazzonia come "terra senza uomini", nella quale sarebbe necessario insediare "uomini senza terra", ignorando la millenaria presenza indigena, ha promosso l'occupazione illegale e l'illecita appropriazione di terreno da parte dei latifondisti e degli esploratori provenienti in maggioranza dal centro-sud del Paese, i quali rapidamente hanno sovvertito la logica di adattamento dei lavoratori rurali trasferiti per incentivo statale". Contemporaneamente, sottolinea il Consiglio indigenista missionario, "hanno realizzato una brutale pulizia territoriale ed etnica attraverso ripetute carneficine ai danni di numerosi popoli nativi".
    Nella lettera, inviata anche al ministro della Giustizia, alla procura generale della Repubblica e al ministero pubblico federale dello Stato di Rondônia, si parla di "metodi violenti con punte di crudeltà", come l'incendio di villaggi, l'abbattimento di abitazioni, l'avvelenamento con ratticidi mischiati ad alimenti offerti in dono, episodi di schiavismo e abusi sessuali, di esecuzioni sommarie, di caccia all'uomo e di torture di ogni tipo. Una sopravvivenza messa in pericolo anche dalla costruzione in Amazzonia delle dighe previste dal "Programma di accelerazione della crescita" deciso dal Governo, che consente l'avanzata indiscriminata della deforestazione e delle coltivazioni. "Con nostra vergogna e meraviglia - è scritto nel testo - non sono fatti lontani, bensì eventi storici registrati nelle ultime decadi, quando il Brasile dovrebbe vivere nel pieno stato democratico di diritto". Tra gli ultimi episodi di violenza, il Cimi ricorda l'attentato subito dall'ultimo sopravvissuto conosciuto di un'etnia massacrata in Rondônia - noto come l'indio di Buraco - nonostante nei suoi confronti fossero state poste delle misure di protezione. Un fatto che conferma "l'azione intimidatoria criminosa" contro "un patrimonio umano, biologico, culturale, storico e spirituale del popolo brasiliano e dell'umanità".
    Vivere degnamente e in pace, sotto l'effettiva protezione dello Stato:  questo il diritto che la Chiesa rivendica in nome delle popolazioni indigene.


    (©L'Osservatore Romano - 9 gennaio 2010)
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    00 14/04/2010 19:37
    A colloquio con il presidente della Conferenza episcopale regionale "Norte2" del Brasile

    Una Chiesa in prima linea


    di Nicola Gori

    Una comunità che ha pagato con il sangue la difesa dei poveri e dei diseredati, che ancora oggi si oppone con vigore allo sfruttamento sistematico delle risorse naturali dell'Amazzonia da parte di latifondisti e multinazionali e reclama con coraggio il rispetto della dignità umana degli indios, custodi non solo di una ricca tradizione culturale e religiosa, ma anche dell'ambiente. È l'immagine della Chiesa regionale Norte2 del Brasile così come presentata - nell'intervista al nostro giornale - dal vescovo di Cametá, monsignor Jesús María Cizaurre Berdonces, presidente della Conferenza episcopale regionale, in visita ad limina Apostolorum.

     Giustizia sociale e distribuzione equa della risorse sono tra le raccomandazioni fondamentali della Caritas in veritate. In quale misura costituiscono sfide per la vostra Chiesa?

    La promozione della giustizia e della promozione sociale del popolo della regione amazzonica è per noi una questione fondamentale. Dall'incontro di Santarém, nel 1972, alzare la voce in difesa dell'Amazzonia e dei suoi popoli è diventata una della più impellenti priorità pastorali.

    Da chi dovete difendere il popolo dell'Amazzonia?

    Intanto da tutti quelli che, spinti dalla smania di guadagno, distruggono le foreste in modo indiscriminato, estraggono le materie prime dal sottosuolo senza portare alcun beneficio per la popolazione locale o intendono avviare grandi progetti idroelettrici senza guardare alle conseguenze per la natura e per coloro che vivono lungo il fiume.

    In questo impegno rientra la posizione assunta dai vescovi davanti al progetto di realizzare una diga sul fiume Xingu. Perché?

    C'è da dire innanzitutto che dietro questi comportamenti irriguardosi nei confronti dell'ambiente e dei suoi abitanti vi è in realtà un progetto di sviluppo regolato dal guadagno facile che non tiene conto della popolazione più povera. La Chiesa cattolica in Amazzonia, al contrario, difende un modello di sviluppo sostenibile che tiene conto della promozione umana e sociale delle persone e rispetta l'ambiente. È questa la nostra lotta. Si capisce da ciò l'opposizione della Chiesa presente nella regione Norte2 al progetto idroelettrico che il Governo vuole realizzare a Belo Monte, sul fiume Xingu, senza ascoltare le popolazioni locali, indigene e non indigene.

    Anziché di dighe, di cosa avrebbe più bisogno la popolazione di questa regione?

    In Amazzonia la natura è ricca e il nostro popolo che vive nella foresta difficilmente soffre la fame. Il vero problema è l'analfabetismo, cioè la mancanza di un'istruzione adeguata allo sviluppo umano. A ciò si aggiunga la mancanza di una benché minima rete di servizi sanitari e di altri servizi pubblici per cui è facile intuire il desiderio di migrare nelle aree urbane, anche a costo di affrontare la fame, la disoccupazione e la violenza. Le migrazioni verso le città hanno provocato l'affollamento delle periferie creando situazioni disumane, hanno generato altra violenza e insicurezza sociale.

    E ciò cosa comporta per l'evangelizzazione?

    Nelle nostre zone interne l'evangelizzazione avviene principalmente attraverso le comunità ecclesiali di base e le diverse pastorali che, nonostante le grandi distanze, cercano di portare il messaggio di Gesù Cristo ovunque. Nelle città la sfida è più grande. La pastorale urbana sta affrontando grandi difficoltà per consolidarsi. I problemi sociali e la mentalità postmoderna, regolata dal consumismo, dalla ricerca del piacere e dalla dittatura dell'"io", ostacola un'evangelizzazione più profonda capace di giungere al cuore dell'essere umano.

    Per questo motivo siete scesi in campo contro la corruzione e l'impunità sia a livello politico che amministrativo?

    È stato necessario. Negli ultimi quattro anni in Brasile si ripetono episodi sistematici di corruzione mai visti prima. La corruzione si insinua ormai a tutti i livelli e ovunque. L'impunità o i ritardi della giustizia hanno contribuito ad aggravare la situazione. La Chiesa si è espressa tantissime volte contro la corruzione e l'impunità. Noi vescovi da tempo denunciano la politica del Governo statale, che nei suoi investimenti dimentica intere aree interne. Allo stesso modo denunciamo i grandi progetti del cosiddetto "agronegócio" - cioè quell'insieme di operazioni di produzione, distribuzione e trasformazione dei prodotti agricoli - distruggono l'agricoltura familiare e le foreste; lo sfruttamento sessuale dei bambini e degli adolescenti; il traffico di esseri umani verso altri paesi; la violenza dei potenti, che non esitano a uccidere chi ostacola i loro piani. Molti della nostra comunità sono stati minacciati di morte. Nessuno però ha mai desistito. Abbiamo pagato un prezzo pesante in termine di vite vigliaccamente stroncate. Ma il sangue di questi martiri moderni alimenta la determinazione degli altri numerosi profeti della Chiesa in Amazzonia.

    Come vivono i giovani questa situazione?

    È una situazione che richiede una grande attenzione pastorale. Negli ultimi anni, i giovani hanno riflettuto sulle politiche pubbliche che li riguardano e hanno chiesto la loro attuazione. Alcuni sono entrati in politica, nei sindacati e nelle associazioni. Ma vanno seguiti attentamente, molto attentamente.

    Ci sono sacerdoti in grado di seguire queste indicazioni pastorali o pensate a un incremento di formazione?

    La formazione del clero è un'altra delle nostre priorità. Stiamo del resto vivendo un periodo d'oro per il risveglio di vocazioni e ministeri. Per questo tutte le diocesi e le prelature sono particolarmente impegnate nel settore della formazione del clero, proprio nella consapevolezza del dono che sta facendo il Signore alla nostra Chiesa. La difficoltà più grande da affrontare ora è il sostentamento economico dei seminaristi. Colgo l'occasione per ringraziare Benedetto XVI per il suo significativo aiuto in questi anni.


    (©L'Osservatore Romano - 15 aprile 2010)