00 09/01/2010 06:48

I missionari a difesa degli ultimi indigeni del Brasile




Denunciato in una lettera al presidente Lula il rischio di genocidio nello Stato di Rondônia

Porto Velho, 8. "È intollerabile che la società e lo Stato brasiliano scendano a patti o si mostrino negligenti di fronte all'evidente disprezzo, all'oppressione e al genocidio, in pieno ventunesimo secolo, che sta colpendo gli ultimi popoli nativi liberi nel territorio nazionale". A denunciare il rischio di estinzione delle popolazioni indios rimaste in Amazzonia è il Consiglio indigenista missionario (Cimi), organismo in seno alla Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile, che in una lettera indirizzata anche al presidente della Repubblica e capo del Governo, Luiz Inácio "Lula" da Silva, manifesta "profonda preoccupazione per le critiche condizioni di sopravvivenza dei popoli indigeni" che vivono in isolamento volontario e recentemente entrati in contatto con l'esterno. Il Cimi fa riferimento, in particolare, agli indigeni rimasti nello Stato di Rondônia, nel Norte. "A causa del loro distacco dalla società maggioritaria e dall'assenza di voce nei forum di discussione pubblica e politica - si legge nel documento - questi popoli vivono in condizioni di invisibilità sociale, che li rende vittime privilegiate di una serie di azioni deleterie, portate a termine da voraci fronti di espansione, soprattutto in territorio amazzonico".
L'organizzazione cattolica ricorda gli anni Settanta e Ottanta, periodo nel quale le "azioni di genocidio" nella Rondônia sono state più sanguinose. I gruppi colpiti dalle persecuzioni, per sopravvivere, sono stati costretti a fuggire, nascondendosi e camuffandosi. In quest'epoca, "la prospettiva di sviluppo dell'Amazzonia come "terra senza uomini", nella quale sarebbe necessario insediare "uomini senza terra", ignorando la millenaria presenza indigena, ha promosso l'occupazione illegale e l'illecita appropriazione di terreno da parte dei latifondisti e degli esploratori provenienti in maggioranza dal centro-sud del Paese, i quali rapidamente hanno sovvertito la logica di adattamento dei lavoratori rurali trasferiti per incentivo statale". Contemporaneamente, sottolinea il Consiglio indigenista missionario, "hanno realizzato una brutale pulizia territoriale ed etnica attraverso ripetute carneficine ai danni di numerosi popoli nativi".
Nella lettera, inviata anche al ministro della Giustizia, alla procura generale della Repubblica e al ministero pubblico federale dello Stato di Rondônia, si parla di "metodi violenti con punte di crudeltà", come l'incendio di villaggi, l'abbattimento di abitazioni, l'avvelenamento con ratticidi mischiati ad alimenti offerti in dono, episodi di schiavismo e abusi sessuali, di esecuzioni sommarie, di caccia all'uomo e di torture di ogni tipo. Una sopravvivenza messa in pericolo anche dalla costruzione in Amazzonia delle dighe previste dal "Programma di accelerazione della crescita" deciso dal Governo, che consente l'avanzata indiscriminata della deforestazione e delle coltivazioni. "Con nostra vergogna e meraviglia - è scritto nel testo - non sono fatti lontani, bensì eventi storici registrati nelle ultime decadi, quando il Brasile dovrebbe vivere nel pieno stato democratico di diritto". Tra gli ultimi episodi di violenza, il Cimi ricorda l'attentato subito dall'ultimo sopravvissuto conosciuto di un'etnia massacrata in Rondônia - noto come l'indio di Buraco - nonostante nei suoi confronti fossero state poste delle misure di protezione. Un fatto che conferma "l'azione intimidatoria criminosa" contro "un patrimonio umano, biologico, culturale, storico e spirituale del popolo brasiliano e dell'umanità".
Vivere degnamente e in pace, sotto l'effettiva protezione dello Stato:  questo il diritto che la Chiesa rivendica in nome delle popolazioni indigene.


(©L'Osservatore Romano - 9 gennaio 2010)