00 07/06/2010 18:13
Il Papa conclude il viaggio a Cipro consegnando l'"Instrumentum laboris"
del prossimo Sinodo e invocando uno sforzo internazionale per risolvere le tensioni in Medio Oriente

La speranza per un mondo in cerca di pace


 La "triste divisione" di Cipro è l'emblema delle tensioni e dei conflitti che ancora lacerano drammaticamente il Medio Oriente. Il Papa l'ha avuta davanti agli occhi durante i tre giorni di permanenza nell'isola:  ne ha fatto esperienza diretta soggiornando nella nunziatura apostolica - situata nella zona cuscinetto controllata dalle Nazioni Unite - oltre ad averne ascoltato testimonianze di prima mano dai racconti dei profughi dal nord del Paese. E perciò, al momento del congedo - avvenuto nel pomeriggio di domenica 6 giugno - l'ha evocata espressamente, tornando a chiedere per Cipro "un futuro  migliore  e  più  sicuro"  fondato su verità, riconciliazione e mutuo rispetto.
Un appello che ha richiamato quello lanciato poche ore prima durante la messa a Nicosia, quando il Pontefice aveva denunciato le sofferenze dei cristiani e aveva chiesto "uno sforzo internazionale urgente e concertato" per trovare "soluzioni giuste e durature" ai conflitti che infiammano la regione mediorientale:  "Prima che tali conflitti - aveva precisato - conducano a uno spargimento maggiore di sangue". Parole nette ed esplicite, con le quali Benedetto XVI ha accompagnato la consegna dell'Instrumentum laboris del prossimo Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente ai rappresentanti delle Chiese locali e degli organismi coinvolti nella preparazione dell'assemblea. Un testo a cui aveva lavorato anche il vescovo Luigi Padovese - assassinato giovedì 3, proprio alla vigilia della visita papale - che il Pontefice ha ricordato con accenti commossi, invitando a leggere nella sua morte "un lucido richiamo alla vocazione che tutti i cristiani condividono a essere, in ogni circostanza, testimoni coraggiosi di tutto ciò che è buono, nobile e giusto".
Del valore della testimonianza resa in situazioni di difficoltà e sofferenza il Papa ha parlato anche ai sacerdoti, ai religiosi e ai laici che hanno partecipato sabato pomeriggio alla messa nella chiesa della Santa Croce a Nicosia. A loro ha dettato un'ispirata e profonda meditazione sul significato della croce. Che non è - ha puntualizzato - solo "uno strumento di tortura, di sofferenza e di sconfitta", tantomeno "un simbolo privato di devozione" o "un distintivo di appartenenza a qualche gruppo all'interno della società". Il suo vero significato - ha aggiunto - "non ha nulla a che fare con l'imposizione forzata di un credo o di una filosofia". In realtà, essa parla di amore e di speranza. Anzi, è "il simbolo più eloquente della speranza che il mondo abbia mai visto". Nella croce i poveri, gli oppressi, i malati, gli emarginati trovano la certezza che Dio "innalza gli umili, dà forza ai deboli, fa superare le divisioni, e vincere l'odio con l'amore". Per questo "il mondo ha bisogno della croce". Senza di essa, "sarebbe un mondo senza speranza, un mondo in cui la tortura e la brutalità rimarrebbero sfrenate, il debole sarebbe sfruttato e l'avidità avrebbe l'ultima parola". Solo la croce può mettere fine "al cerchio malefico della violenza" e trasformare "la realtà del peccato e della morte nel suo opposto".



(©L'Osservatore Romano - 7-8 giugno 2010)