Gli allegri nuclei allargati dipinti dalle fictioncozzano con le difficoltà dei figli "condivisi"
Il richiamo del Papa sulla sofferenza dei figli nelle famiglie allargate, “che si sentono orfani non perché figli senza genitori, ma perché figli che ne hanno troppi”, è stata commentata con prevedibile sufficienza da chi – magari per via di necessità fatta virtù – lavora per sostenere l’esatto contrario: non di infelicità, ma di maggiori opportunità (la vita è bella perché è varia?) gode il bambino che ha a disposizione due case e due o più famiglie, senza contare le “new entry”, come simpaticamente si definiscono eventuali nuovi fidanzati e fidanzate di mamma e papà. Come sempre, la fiction funziona da specchio deformante e da veicolo del convincimento. La famiglia italiana ideale sembra diventata quella dei “Cesaroni”: allegri, simpatici, tanti, mescolati, “tutti insieme appassionatamente a Natale, durante le vacanze estive, nei weekend. Magari non (sempre) con gli ex partner, ma (quasi) sempre con i figli di ognuno”, come scriveva tempo fa il Corriere della sera. Lì sì che ci si diverte, non nelle noiosissime e piatte famiglie dove nessuno divorzia, senza frizzanti “new entry”. Poi (fonte non sospetta) irrompe la realtà. Una lettera al settimanale Vanity Fair, indirizzata alla psicologa Irene Bernardini, racconta di un bambino di otto anni che, pensate un po’, “non riesce a ‘dividersi’ con la famiglia del papà” e dà segni di visibile sofferenza. Lo dice, piuttosto scocciata, la nuova compagna del padre, stupita e “stanca di discussioni”, per via di quel ragazzino triste restìo a fraternizzare con i quattro figli di lei, e che in questo modo rovina l’umore a tutta la (nuova) famiglia. Tra i Cesaroni e la realtà, c’è di mezzo il mare.
Nicoletta Tiliacos