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Il testo viene ripreso dalle norme del MR ma con una "semplificazione": si

omette il verbo praestat. Per cui la norma 262 iniziava subito con il verbo

extruatur; quindi non più, "...é preferibile che l’altare maggiore sia staccato

dalla parete...", ma "...l’altare maggiore sia staccato dalla parete in modo

che si possa facilmente girare intorno e celebrarvi rivolto verso il popolo...".

La formulazione del testo nelle IGMR mette in primo piano l’indicazione di

separare l’altare dalla parete per potervi celebrare verso il popolo. Non più

"sarebbe preferibile che" (in forma di suggerimento), ma "sia costruito

staccato dalla parete.."; cioè nel costruire nuove chiese, o nel restaurare e

adattare quelle già esistenti, si costruisca l’altare maggiore staccato dalla

parete per poter celebrare verso il popolo (ossia una formulazione più

prescrittiva).

Orbene, mentre nella Istruzione Inter Oecumenicis è chiaro che queste

variazioni sono un suggerimento, la IGMR,del 1970 e del 1975 gli

attribuiscono un significato più prescrittivo.

Questo fino al 20 aprile del 2000, quando nella editio typica tertia del MR,

la norma, riportata al n. 299 della IGMR (nel frattempo ci sono state altre

aggiunte di cui non entriamo in merito), subisce un’ulteriore variazione:

"Altare extruatur a pariete seiunctum, ut facile circumiri et in eo celebratio

versus populum peragi possit, quod expedit ubicumque possibile sit.".

Viene aggiunta la clausola "quod expedit ubicumque possibile sit" tradotta

dall’edizione italiana "il che è desiderabile ovunque sia possibile".

Un Responsum della Congregazione per il Culto Divino del 25 settembre del

2000 fa chiarezza su tale aggiunta emendandola "quod expedit ubi [sic]

possibile sit".

Guardiamo più da vicino la versata questio!

La parola expedit (è utile, conviene, è vantaggioso) non costituisce una

forma obbligatoria, ma anch’essa mette in evidenza solo un suggerimento, e

sembra voler colmare la lacuna lasciata dal verbo praestat (è meglio, è

preferibile), sebbene abbia una sfumatura di significato più vincolante

rispetto a quest’ultimo, non ritenuto dalle IGMR del 70 e del 75, seppur

contenuto nella Istruzione Inter Oecumenicis 91.

La modalità con cui è stata formulata questa breve clausola tende ad

evidenziare la convenienza della posizione versus populum (anche se

consigliata e non imposta). Questo significato di preferenza per la forma

versus populum è ulteriormente rafforzato dall’avverbio ubicumque.

Nel Responsum si fa riferimento alla clausola, ma in questi termini: "...ubi

possibile sit" e non "ubicumque possibile sit". L’avverbio ubicumque è

sostituito con un altro avverbio ubi. I due avverbi non si equivalgono ma

hanno sfumature di significato diversi: ubi indica più semplicemente una

congiunzione temporale, in accordo con il contesto di un’azione possibile e

circostanziata: "...lì dove è possibile...", oppure, "...quando è possibile....".

Infatti il valore dell’avverbio ubi è circostanziato e definito, più semplice

dell’avverbio ubicumque. Per cui la n. 299 dovrebbe essere quod expedit ubi

possibile sit, letteralmente, "la qualcosa è consigliabile, conveniente, lì dove

sia possibile". Invece ubicumque ha un valore indefinito, ossia "... la

qualcosa si faccia dovunque sia possibile..." oppure, "...in qualunque

luogo...", oppure "... in ogni luogo...". Il valore dell’avverbio ubicumque è

più forte rispetto ad ubi; una specie di rafforzativo tendente a estendere la

possibilità di un’azione (la qual cosa è consigliabile in qualsiasi luogo

possibile, ovunque...).