00 27/11/2009 22:08
 


Ha già raccolto 107.000 firme il manifesto ecumenico che fa appello alla coscienza cristiana

La dichiarazione di Manhattan e la popolarità di Obama


di Marco Bellizi

Sono arrivate a 107.000 le adesioni alla Manhattan Declaration, il manifesto ecumenico firmato da cattolici, ortodossi ed evangelici degli Stati Uniti nel quale si stabiliscono principi irrinunciabili in tema di difesa della vita, del matrimonio e della libertà religiosa. Il dato è fornito dal sito in rete aperto proprio in occasione del lancio del manifesto.

Il peso politico, oltre che spirituale, della Manhattan Declaration - della quale "L'Osservatore Romano" ha dato notizia già nel numero del 22 novembre scorso - è evidente. L'amministrazione Obama sta vivendo in queste settimane un passaggio cruciale, nel quale il presidente gioca molto della sua credibilità rispetto alle promesse fatte nel corso della campagna elettorale e in considerazione dei risultati non lusinghieri che si continuano a registrare nei sondaggi in merito alla popolarità dell'inquilino della Casa Bianca. Sotto i riflettori c'è infatti in queste ore la riforma sanitaria. Il progetto presentato e ammesso al dibattito in Senato è in alcuni punti sensibilmente diverso da quello approvato solo poche settimane fa dalla House of Representatives grazie alla decisiva introduzione dell'emendamento Stupak. Quest'ultimo aveva raccolto le indicazioni della Conferenza episcopale stabilendo con chiarezza il divieto dell'uso di fondi federali per finanziare misure a favore dell'aborto e il rispetto del diritto all'obiezione di coscienza degli operatori sanitari. I vescovi degli Stati Uniti avevano espresso il loro plauso a questo passaggio parlamentare, con il quale per altro si ribadisce ciò che è stato fuori discussione fino a questo momento grazie alle disposizioni del precedente emendamento Hyde.

Ora però qualcosa è cambiato. Il linguaggio del progetto presentato in Senato è diverso, meno cogente di quello approvato dalla Camera, e la circostanza non può essere considerata casuale. È stato infatti lo stesso Obama, in una recente intervista, ad affermare che l'emendamento Stupak ha introdotto nel progetto di riforma sanitaria parole non equilibrate rispetto alla necessità di contemperare il rispetto delle diverse sensibilità religiose e dei "diritti delle donne".

La linea del presidente si insinua fra queste due posizioni a prima vista confliggenti. Da una parte c'è l'impegno assunto esplicitamente da Obama, il quale ha assicurato che nella riforma sanitaria non si destineranno fondi federali all'aborto e che verrà rispettato il diritto all'obiezione di coscienza. Dall'altra, soprattutto, gli influenti gruppi pro choice spingono per una ulteriore liberalizzazione delle pratiche abortive.

La Manhattan Declaration sottolinea in proposito un'evidente contraddizione:  mentre l'opinione pubblica - vi si legge - "si è mossa in una direzione pro vita, forze potenti e determinate hanno lavorato per espandere l'aborto, la ricerca distruttiva degli embrioni, il suicidio assistito e l'eutanasia". I sondaggi effettuati negli ultimi mesi confermano questa lettura. I pro life continuano a essere in crescita e hanno superato ormai il numero degli statunitensi che ritengono che l'aborto debba essere consentito in un ventaglio più ampio di circostante e nel corso di un periodo più esteso della gravidanza.

In questo senso la dichiarazione di Manhattan - è infatti nel quartiere di New York che il manifesto è stato concepito - spiega il mutamento dell'opinione pubblica statunitense. Si legge fra l'altro:  "Non ci faremo intimidire e ridurre al silenzio e all'acquiescenza o alla violazione delle nostre coscienze da nessun potere terreno, sia esso culturale o politico, senza alcuna considerazione delle conseguenze che su di noi possono ricadere". E inoltre:  "Renderemo pienamente e senza riluttanza a Cesare ciò che è di Cesare. Ma in nessuna circostanza renderemo a Cesare ciò che è di Dio". A firmarla sono stati, fra gli altri, Jonah Paffhausen, primate della Chiesa ortodossa in America, e Robert Duncan, primate anglicano del Nord America. E il reverendo William Owens, presidente della Coalizione dei pastori Afro Americani. Firme come queste potrebbero spingere gli esperti dei flussi elettorali dello staff di Obama a riprendere in mano la calcolatrice.


(©L'Osservatore Romano - 28 novembre 2009 )