00 11/01/2010 20:13


Il saluto del decano del Corpo diplomatico al Papa

Un ordine mondiale più giusto ed equo


All'inizio dell'udienza di Benedetto XVI, svoltasi lunedì 11 gennaio, il decano del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, l'Ambasciatore di Honduras, Alejandro Emilio Valladares Lanza, ha salutato il Papa a nome dei presenti. Di seguito una nostra traduzione italiana del discorso.

Santo Padre,
È con rinnovata emozione che mi faccio interprete del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede per porgere a Vostra Santità, in questo nuovo anno, i voti più ferventi che formuliamo per la sua salute, la sua felicità personale e per il lieto e fecondo proseguimento del suo Ministero Apostolico.
Avrei voluto che oggi il mio discorso alla Vostra Augusta Persona fosse portatore di notizie incoraggianti sul futuro tanto incerto del nostro mondo.  Purtroppo  continuano  a  prevalere  il dubbio e persino l'inquietudine, sebbene alcuni segni positivi ci permettano di credere ancora nella capacità  dell'uomo  di vincere l'avversità e di operare per la pace, il bene  del prossimo e il futuro dell'umanità. 

Nel discorso che ha pronunciato, l'8 gennaio 2009, davanti alla nostra Assemblea, lei, Santità, ha condannato il ricorso alle armi per risolvere i problemi che, dai tempi più remoti, assillano il nostro pianeta.
Purtroppo, nel corso degli ultimi dodici mesi, il suo appello non è stato compreso. I conflitti che, già da alcuni anni, affliggono numerosi angoli della Terra, continuano a seminare morte e desolazione.
A essi si sono aggiunti nuovi scontri e l'espressione di una violenza sempre più cieca e crudele che gettano nella disperazione uomini, donne e bambini, pronti al peggio per ritrovare un po' più di libertà e aspirare a un po' meno di miseria.
I mass media si fanno troppo spesso eco di queste situazioni drammatiche con  una compiacenza a volte colpevole.

Durante l'anno appena trascorso la terra e gli elementi hanno manifestato la loro collera. Si sono succeduti terremoti, cicloni e inondazioni. Queste catastrofi naturali fanno riflettere, anche se, indubbiamente, non sono l'espressione della vendetta del nostro pianeta sconsideratamente ipersfruttato e inquinato da decenni. A tale proposito, noi nutrivamo, tutti, serie speranze nei lavori della Conferenza mondiale sul riscaldamento climatico di Copenaghen, dove si è riunito un numero mai raggiunto prima di Capi di Stato o di Governo. La buona volontà non è mancata ma i risultati sono stati ben al di sotto di quelli che si era legittimamente in diritto di aspettarsi. È chiaro tuttavia che gli uni come gli altri, i Paesi ricchi o emergenti come quelli in via di sviluppo, hanno preso coscienza degli sforzi indispensabili che bisognerebbe compiere per salvaguardare il nostro pianeta. È un segno rassicurante per l'esito delle riunioni già in programma nei prossimi mesi.

Nello stesso tempo, una crisi finanziaria ed economica senza precedenti, ha mostrato, se ce ne fosse ancora bisogno, che l'uomo dovrebbe adoperarsi per stabilire un nuovo ordine economico mondiale più giusto e più equo.
La nostra società, superata dall'evoluzione indubbiamente troppo rapida della scienza, della tecnica e dei costumi, deve reagire al rischio di vedere scomparire, in definitiva, i valori morali e umani che ne costituiscono gli elementi strutturali senza i quali rischia di affondare.
Nel corso dell'anno 2009, lei, Santità, ha effettuato due viaggi, la cui risonanza ha segnato l'opinione mondiale. Ha ricevuto molti responsabili politici ai quali ha trasmesso il messaggio di pace, di tolleranza e di amore della Chiesa cattolica.

L'ultima sua enciclica, Santità, Caritas in veritate, illumina felicemente il senso di ogni amore con la luce che si irradia in pienezza dalla Persona di Nostro Signore Gesù Cristo poiché "il fare è cieco senza il sapere e il sapere è sterile senza l'amore".
In questo periodo di grave crisi spirituale, culturale, economica e sociale, lungi da ogni sentimentalismo e persino al di là di un'indispensabile giustizia fondata sul merito, le soluzioni realmente gratificanti per l'uomo si trovano solo nel dono totale di sé all'altro, riflesso del Totalmente Altro, nella diversità che spesso turba.

È questa la verità che la Chiesa ha sempre desiderato rivelare a ogni uomo e all'uomo nella sua totalità, affinché possa realizzare pienamente la sua vocazione trascendente.
Questo sviluppo integrale dell'umanità, dal necessario rispetto della natura e della sua legge fino a quello dovuto a ogni coscienza, è in definitiva il rispetto di ogni vita umana nella sua complessità metafisica, fisica e sociale. In realtà non è questo il fine di ogni enciclica? Al di là del discorso rivolto ai vari responsabili delle comunità cristiane, è l'insieme dell'umanità che la sua parola, Santità, ha voluto raggiungere per risvegliare le coscienze e rallegrare i cuori.

In effetti, come non riconoscere che l'intelligenza e l'amore sono doni meravigliosi che il Signore ha fatto a tutti e a ognuno. Quando queste due facoltà si uniscono per dare vita all'intelligenza del cuore riflettono al centro stesso dell'intelligenza universale la capacità donata all'uomo dal suo Creatore  di  leggere,  fra le righe della complessità cosmica, storica e personale, i desideri così rivelati di ognuno di noi, che non sono altro che quelli dell'amore ricevuto, dato e condiviso.

I frutti ben visibili dello sforzo ecumenico e del dialogo interreligioso testimoniano, da decenni, la preoccupazione della Sede Apostolica di rispettare la volontà di Nostro Signore "perché tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me ed io in te". Santità, mi permetta di concludere riprendendo il suo invito ai credenti nel messaggio per la Giornata mondiale della pace 2010:  "Invito tutti i credenti ad elevare la loro fervida preghiera a Dio, onnipotente Creatore e Padre misericordioso, affinché nel cuore di ogni uomo e di ogni donna risuoni, sia accolto e vissuto il pressante appello:  Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato".

Buon e felice anno, Santità.


(©L'Osservatore Romano - 11-12 gennaio 2010)
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