00 19/01/2010 12:12

Chi è il nuovo Arcivescovo di Bruxelles

Ecco come Osservatore vaticano commenta la nomina di mons. Léonard alla sede cardinalizia di Bruxelles.


L’annuncio della elevazione di Mons. Leonard alla sede di Malines-Bruxelles dato dal vaticanista de Il Giornale Andrea Tornielli, quindi la diffusione del "segreto" nell’ambito della Chiesa Belga, venerdì scorso, ha scatenato effervescenza e precipitazioni. Già da qualche tempo la notizia era nell’aria, suscitando grande emozione tra i soliti "bene informati" fintanto che la decisione finale del Papa non fosse nota (questo mantenere a lungo il segreto sulle nomine, è una caratteristica che distingue questo pontificato dal precedente). Nonostante i pre-annunci, poi l’anticipazione orchestrata da Tornielli, la pubblicazione ufficiale della elevazione del Vescovo Léonard resta un fulmine a ciel sereno nella Chiesa belga: il Papa nomina primate di una Chiesa esangue il più "conservatore" fra i vescovi belgi. Mons. André-Mutien Léonard compirà 70 anni il 6 maggio prossimo. Resterà pertanto arcivescovo di Malines-Bruxelles, secondo norma, per i prossimi 5 anni fino al compimento dei 75. Notiamolo subito: questo colosso belga bruno, amabile, sorridente, simpatico, sarà un arcivescovo ‘di transizione’, cosa che può d’altronde facilitargli un compito a priori assai difficile.

E’ a Roma che si è giocata tutta la battaglia, intorno al Papa, con un’ultima fase particolarmente logorante per i nervi. Essa ha avuto luogo tra i partigiani della ‘continuità’ (alla linea Danneels), che volevano far nominare, con l’appoggio del card. Re, Prefetto della Congregazione dei Vescovi, un candidato di ‘male minore’ (non riuscendo a far nominare il progressista De Kesel), ossia un moderato molle; e i partigiani della ‘rottura’, che cercavano di spingere alla nomina del vescovo belga più vicino alla linea Ratzinger, ossia il vescovo di Namur Léonard. Lo si potrebbe definire come ‘moderato più duro’, perché così procede la Restaurazione di Benedetto XVI: a forza di mutazioni di grado tende verso una mutazione di natura.

Quel vescovo intelligente ed umile – il che non esclude l’ambizione per la buona causa – condivideva d’altronde col card. Joseph Ratzinguer la capacità di lasciarsi contraddire, se in maniera argomentata, a proposito delle sue prese di posizione. Ma gli servirà una volontà di ferro e un coraggio a tutta prova per cambiare le cose a Bruxelles. Egli sarà almeno un interlocutore leale per i prelati pro restaurazione della Curia romana. E, cardinale al prossimo concistoro, darà un voto in più al loro candidato al futuro conclave…

Il vaticanista ratzingeriano Paolo Rodari era entrato molto significativamente in gioco ne Il Foglio sul tema qui lungamente sviluppato: " Il primate Danneels lascia dietro di sé cimitero". Il suo scopo, come il nostro, non era di maramaldeggiare l’arcivescovo dei Belgi prima del suo ritiro, ma di preparare l’opinione facendo ben comprendere ai lettori, specie quelli della Curia, che era necessaria una nomina che chiudesse quella pagina disastrosa. O almeno che tentasse di rettificare ciò che era stato fatto da 40 anni. E’ in fondo la nota dominante di questo pontificato: sotto un Papa che di fatto è stato eletto ‘per salvare il salvabile’ visto che la Chiesa del posconcilio correva alla catastrofe, si tratta da quel giorno di far prevalere, non senza difficoltà, le soluzioni che permettano di mettere in salvo quel che può essere ancora recuperato.

Rodari sapeva del resto che i ratzingeriani influenti in materia di nomine non avevano molta scelta: per ottenere la decisione, non potevano che spingere la candidatura del vescovo di Namur. Il contraccolpo di questa nomina supererà di gran lunga quello che essa rappresenta realmente: nello stato in cui si trova la Chiesa del Belgio, mons. Léonard, prelato classico e in fin dei conti molto prudente, passa né più né meno che per un ayatollah integralista! Non ha forse osato, nel 2007, parlare di "anormalità" in merito all’omosessualità? Cosa che aveva scatenato in tutto il Reame un linciaggio mediatico senza precedenti, che le indiscrezioni della sua accessione alla sede primaziale hanno fin d’ora riattivato. Gli affari della Chiesa diventano del resto talmente surreali che non è impensabile che alcune autorità pubbliche belghe arrivino a manifestare il loro disaccordo per la nomina di un prelato ‘integralista’. Un certo numero di media lo tratta né più né meno da ‘nazista’… perché ha espresso riserve circa l’adozione di bambini da parte delle coppie omossessuali.

Questa inetta demagogia delle autorità belghe (cfr. l’incredibile voto di protesta della Camera dei Rappresentanti, il 2 aprile 2009, contro le affermazioni del Papa sul preservativo nell’aereo che lo portava in Africa) è d’altronde divenuta il grande atout in favore della nomina di Léonard: la diplomazia vaticana, peraltro poco portata a simili gesti, non poteva che essere tentata di rispondere con uno schiaffo alla classe dirigente del Regno. La regola informale dell’alternanza linguistica fiamminghi-valloni a Bruxelles ha fatto il resto.

Ma soprattutto, quel poco di vitalità cattolica che ancora rimane in Belgio (dove, tra le altre enormità, si è vista la venerabile università cattolica di Lovanio prendere posizioni scandalose in materia di bioetica) non si trova forse nella diocesi di Namur?

Mons. Léonard, che fu amico del card. Lustiger di Parigi – ma un lustigeriano che mantiene ottime relazioni coi tradizionalisti –, è senz’altro il più cattolico tra i vescovi belgi oggi in carica: di qui il fatto che i seminari della sua diocesi contino una trentina di seminaristi (contro i 6 di Malines-Bruxelles) su 70 circa in tutto il Belgio. Della formazione delle vocazioni André Léonard si era fatto un specialità sotto il pontificato di Giovanni Paolo II e il suo leitmotiv era che una vita ‘equilibrata’ e ‘sviluppata’ è possibile nella Chiesa del Concilio. Ma bisognerebbe oggi cercare soluzioni più nuove di questa, che sembra aver fatto il suo tempo.

Si possono fare due previsioni sulla base di questa nomina.

La prima è che è impossibile che essa resti isolata. Con altre designazioni nelle diocesi belghe in futuro, la S. Sede non potrà che sostenere la linea che ha voluto marcare con la nomina di mons. Léonard. Uno dei primi atti di questo prelato sarà d’altronde di chiedere di poter scegliere un nuovo ausiliare di Malines-Bruxelles per il Brabante fiammingo, poiché mons. Jan De Bie, che ricopriva l’incarico, ha dato le dimissioni un anno fa per ragioni di salute. Questa designazione di un ausiliare fiammingo sarà particolarmente importante, perché è impossibile che mons. Léonard possa governare da solo una diocesi che il suo predecessore, aiutato dal suo ausiliare progressista (e nelle intenzioni ora frustrate, successore) mons. De Kesel, ha per così dire minato.

La seconda considerazione è che, in questa nomina come in altre meno importanti, il potere del card. Re si è rivelato traballante: appare che l’onnipotente ‘vice-papa’ dell’ultima parte del pontificato di Giovanni Paolo II non è più che un Prefetto in sospensione condizionata, alla testa della Congregazione dei Vescovi. Nell’attesa d’essere rimpiazzato nei prossimi mesi, deve fare i conti con il nuovo Segretario della Congregazione, il portoghese Manuel Monteiro de Castro, che ha ormai tanto peso quanto lui.

Il che non vuol dire che la rete antirestaurazionista della Curia romana sia smantellata; tutt’altro. Per descrivere in una parola una situazione romana estremamente complessa al termine delle peripezie della difficile nomina di Malines-Bruxelles, si può dire che nel quinto anno, o quasi, del pontificato di Papa Ratzinguer, non è ancora per nulla evidente che i ratzingeriani governino la Curia, ma è divenuto palese che gli anti-ratzingeriani non la dominano più.

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