00 17/02/2010 11:11
A proposito dello scandalo in Germania

La Chiesa e i bambini


Riportiamo, in una nostra traduzione, un articolo pubblicato lo scorso 11 febbraio sulla "Frankfurter Allgemeine Zeitung" dal direttore - psichiatra e teologo - dell'Alexianer-Krankenhaus, ospedale psichiatrico di Colonia.

di Manfred Lütz

L'abuso sessuale sui minori da parte di sacerdoti cattolici è un crimine particolarmente ripugnante. Il sacerdote, infatti, ha un ruolo paterno nei confronti del minore e quindi l'atto ha in sé qualcosa d'incestuoso.
Rischia così di andare persa la fiducia di base nella credibilità dei rapporti umani, e proprio la Chiesa non può rimanere indifferente quando in questo modo viene distrutta o gravemente scossa anche la fiducia in Dio.
Ora, nel 2002 la Conferenza episcopale tedesca ha diffuso delle direttive, in base alle quali tutte le diocesi hanno introdotto una procedura chiara. Sono stati nominati degli interlocutori per le vittime, istituiti gruppi di esperti, chiamati importanti specialisti tedeschi per le perizie. In tutto ciò non ha avuto alcuna importanza l'appartenenza religiosa degli esperti. Due anni fa, poiché erano emerse accuse contro un parroco defunto, l'arcidiocesi di Colonia si è presentata spontaneamente in pubblico per chiedere alle altre vittime di farsi avanti. Con successo. Anche l'apertura nei confronti della stampa, dimostrata ora dal direttore del Kanisiuskolleg a Berlino, segue questa linea.
 Riducendo all'essenziale l'attuale agitarsi della stampa tedesca, i casi degli anni Settanta e Ottanta di cui si è venuti ora a conoscenza mostrano ancora una volta quanto siano importanti le misure prese alcuni anni fa. Non sono vere novità. Se il clamore pubblico supera ogni confine, vi sono motivi socio-psicologici. Nella nostra "società senza padre", prefigurata da Alexander Mitscherlich, e in cui tutti rifiutano i compiti di dare regole e di introdurre nella storia, compiti che Freud attribuiva al padre, alla Chiesa cattolica spetta un ruolo poco attraente. Nel vuoto lasciato dalla "assenza interna ed esterna di padri", la pubertà e la protesta cadono nel nulla.
I sessantottini avevano nel cancelliere federale dell'epoca, Kiesinger, un padre sostitutivo da libro illustrato. Oggi, i politici, sostenuti demoscopicamente, evitano qualsiasi protesta e, se necessario, sarebbero disposti a unirsi a una manifestazione di protesta contro se stessi. Anche il padre Stato non esiste più. Soprattutto, i tedeschi, devoti all'autorità, ai quali sono venuti meno per sempre i loro imperatori e le loro guide, aggirano questo vuoto e hanno trovato nella Chiesa cattolica un oggetto sostitutivo contro il quale rivolgere le proteste. Che a capo di questa Chiesa vi siano degli uomini, e a capo di tutto un Santo Padre, facilita la proiezione di tutti i conflitti non vissuti con il padre, della pubertà recuperata, di tutte le proteste non altrimenti indirizzabili, su una istituzione che riconosce delle norme e che non nega la sua identità storica.
Il sesso è il tema preferito della pubertà e, in effetti, quando si tratta di agire contro la Chiesa non di rado appare puberale il contributo ai dibattiti di persone per il resto completamente adulte. Allora, qualcuno per attaccare il celibato non esita perfino a ricorrere alla vecchia tesi macho che "il sesso è necessario". Soprattutto, però, per noi tedeschi la Chiesa cattolica è adattissima a dispensarci dalle nostre responsabilità storiche. Quando Papa Giovanni Paolo ii, allo Yad Vashem, trovò parole commoventi che suscitarono profonda impressione in Israele, ma anche in America, furono soprattutto i tedeschi a criticarlo perché avrebbe dovuto scusarsi in modo più chiaro per la Shoah. Immaginiamo:  il Papa polacco, anche lui vittima dell'occupazione tedesca, viene invitato dai tedeschi a scusarsi con maggior vigore per le colpe tedesche! Difficile est satiram non scribere.
Nel 1970 il noto sessuologo Eberhard Schorsch durante un intervento al Bundestag, senza essere contestato dichiarò:  "Un bambino sano in un ambiente intatto elabora le esperienze sessuali non violente senza che abbiano conseguenze negative durature". L'ambiente di sinistra coccolava i pedofili. Nel 1969, prima di congedarsi per entrare nella Rote Armee Fraktion, Jan Carl Raspe nel suo Kursbuch elogiò la Comune ii, dove gli adulti spinsero i bambini, nonostante la loro resistenza, a tentativi di rapporti sessuali. Tra i Verdi, nel 1985 vi fu la richiesta di decriminalizzare il sesso con i bambini e nel 1989, la celebre casa editrice Deutscher Ärtzteverlag pubblicò un libro che chiedeva apertamente che venissero permessi i contatti pedosessuali. All'epoca si combatteva in particolare la morale sessuale cattolica in quanto ostacolo repressivo alla "emancipazione della sessualità infantile".
Solo alla fine degli anni Ottanta soprattutto i consultori femministi hanno giustamente spiegato che non esistono rapporti sessuali non violenti tra bambini e adulti. Tuttavia, non è sempre stato facile trovare una via di mezzo adeguata tra banalizzazione e scandalo. Poi l'ondata investì anche la Chiesa cattolica e molti suoi rappresentanti non riuscirono più a capire il mondo. Se fino a poco prima coloro che avevano sostenuto la decriminalizzazione della pedofilia li avevano messi in ridicolo per la loro morale rigida e del tutto fuori moda, improvvisamente si ritrovavano a essere loro i veri malfattori a causa del loro lassismo.
Anche nel dibattito attuale solitamente viene ignorato il contesto sociale e la Chiesa cattolica viene isolata come capro espiatorio di tutti questi sogni anormali e scandalosi del sesso infantile fatti quarant'anni fa in ambienti alternativi. I critici della Chiesa, e anche alcuni suoi rappresentanti, colgono la gradita opportunità per far suonare il solito disco:  la colpa è delle strutture ecclesiastiche, della morale sessuale, del celibato. Non è però altro che un aperto abuso degli abusi, ma soprattutto una pericolosa disinformazione che protegge i colpevoli.
La verità è che tutte le istituzioni che hanno a che fare con bambini e giovani attirano persone che cercano un contatto illecito con i minori. Ciò vale per le associazioni sportive, per le strutture di assistenza ai giovani e naturalmente anche per le Chiese. Uno dei principali esperti in Germania, Hans-Ludwig Kröber, non trova nessuna indicazione di una maggiore frequenza di casi di pedofilia tra gli insegnanti celibi rispetto agli altri. Purtroppo la scienza non ha ancora saputo sviluppare un metodo di screening che consenta di individuare tali persone. Rimane quindi solo l'osservazione responsabile e la pronta reazione in caso di anomalie. In questo le strutture della Chiesa sono perfino d'aiuto. Essa può reagire in modo più coordinato e professionale rispetto a una associazione sportiva locale. D'altro canto, se del responsabile dei giovani che ha commesso abusi in Bassa Baviera si parla solo nelle pagine della cronaca del giornale locale, quando si tratta di un parroco ci sono titoloni in tutto il Paese. Giustamente, dato che si tratta di un grave reato. Però in questo modo viene creata un'immagine distorta per quanto riguarda la frequenza.
Inoltre, la combinazione di sacralità, sessualità e volti di bambini certamente suscita sempre particolare attenzione. Qualunque cosa si possa pensare della morale sessuale cattolica, anche nei tempi della banalizzazione della pedofilia, essa era, per chiunque la rispettava, un baluardo contro l'abuso dei bambini. E citare in questo contesto il celibato è un atto particolarmente irresponsabile. In una conferenza che si è tenuta a Roma nel 2003, i principali esperti internazionali - tutti non cattolici - hanno dichiarato che non esiste un collegamento tra questo fenomeno e il celibato.
Certamente il riferimento al celibato non di rado rientra nelle menzognere strategie di discolpa di quanti commettono gli abusi. Naturalmente si favorisce la causa dei colpevoli, anche in modo non intenzionale, se ora si diventa preda di un "furore di autoflagellazione" (Kröber) e si fa rivivere la caricatura del vecchio mito dei gesuiti - segretezza, "trattamento individuale" intensivo - citandola come possibile causa. Ovviamente tutti i contatti a due possono essere strumentalizzati da quanti commettono gli abusi. Il dieci per cento degli psicoterapeuti prima o poi supera il confine dell'abuso. Ma la psicoterapia stessa non è responsabile dell'abuso, proprio come non lo è la cura delle anime ignaziana, anche quella rivolta agli scolari.
Occorre sfruttare senza paraocchi le scoperte della scienza, prendere misure protettive e preventive e cercare la trasparenza. Qualsiasi vescovo che oggi volesse ancora nascondere sotto il tappeto una qualunque cosa in questo campo dovrebbe avere perso completamente il senno. A noi tedeschi, però, bisogna augurare di trovare finalmente il coraggio di rinunciare alle solite proiezioni quando si tratta di questo tema serio e di accettare la banalizzazione degli abusi sessuali sui bambini che è stata compiuta per lungo tempo come parte della colpa di tutti noi. Si può prendere esempio da Eberhard Schorsch, che nel 1989 ha preso pubblicamente le distanze dalla sua affermazione sconsiderata del 1970.


(©L'Osservatore Romano - 17 febbraio 2010)