00 12/03/2010 07:04
Vogliono colpire il Papa

Vogliono colpire il Papa: questo papa, in qualità di cardinale, resse la diocesi di Monaco, e lì stanno cercando tracce di scandali, tipo quelli che vengono fuori da altre diocesi tedesche, austriache e olandesi.
Il ministro della Giustizia tedesco accusa il Vaticano di non collaborare. E fa il nome di Ratzinger. Quando presiedeva la Congregazione della Fede, aveva emanato una direttiva che imporrebbe a tutti i fedeli, a conoscenza di abusi dentro la Chiesa, di far restare la denuncia dentro la Chiesa, pena la scomunica.
Un’accusa infondata.
Gli scandali sessuali sono una macchia sgradevole nella Chiesa, ma non diamole anche le colpe che non ha.
L’accusa di sabotare la giustizia è stata mossa anche qui in Italia, perfino in tv: se n’è fatto portavoce Michele Santoro ad Annozero sugli scandali sessuali di preti in Inghilterra.
Tutti coloro che lanciano queste accuse citano due norme della Chiesa, la “
Crimen sollicitationis” (1962) e la “De delictis gravioribus” (2001). La prima contiene, e la seconda ribadisce, l’obbligo di denuncia. Ma di denuncia a chi? Alla Chiesa o alla magistratura? Il testo dice che i processi sui “delitti più gravi” (scandali sessuali dei preti) “sono riservati alla competenza esclusiva della Congregazione per la Dottrina della Fede”. Che vuol dire “esclusiva” ?
Il termine fu inteso nel senso che escludeva i tribunali laici, quindi la magistratura.
Ma il testo del Vaticano non intende questo. Intende un’altra cosa.
Con “competenza esclusiva della Congregazione” vuol escludere la competenza di altri tribunali ecclesiastici minori: il Vaticano giudica così gravi quegli scandali, che vuole occuparsene direttamente a Roma.
Lo ha chiarito “Avvenire”,
con un articolo di Massimo Introvigne, il 30 maggio 2007.
Che in tutti i reati punibili secondo il codice penale e civile ogni cittadino, laico o religioso, debba collaborare “ lealmente” con lo Stato, sta scritto nel Catechismo compilato da Ratzinger prima di essere Papa (artt. 1916 e 2238).
Il punto che riguarda la scomunica dice che il fedele che conosce quei delitti incorre nella scomunica non se denuncia quei crimini fuori dalla Chiesa, bensì se “non” li denuncia.
Dunque, tutto il contrario di quel che pensa la ministra tedesca. Si sente spesso ripetere che gli scandali sessuali dentro le istituzioni cattoliche si impediscono con l’abolizione del celibato.
Recentemente lo ha ribadito il teologo svizzero Hans Kung, capofila dei critici verso il pontificato “spettacolare” di Giovanni Paolo II (”un disastro”) e il pontificato “restauratore” di Benedetto XVI (”un passo indietro”).
Ma guardiamo bene gli scandali sessuali dei preti pedofili nel mondo, USA, Irlanda, Germania e ora Austria e Olanda: sono sempre preti con bambini o ragazzi (maschi). Preti omosessuali.
Il peccato dei seminari e dei monasteri non è la sessualità, è l’omosessualità.
L’abolizione del celibato non lo elimina. A monte c’è un’incauta selezione dei seminaristi: il problema comincia lì.
Quanto poi alle mancate, parziali, reticenti denunce degli scandali sessuali dei preti da parte dei cattolici, la risposta migliore la dà una lettrice a un giornale: “Prima di dire una cosa io mi domando: a chi giova, a Cristo o a Satana?”. Per lei, la denuncia di uno scandalo di preti giova a Satana. Centinaia di milioni di cattolici nel mondo la pensano così. La Chiesa deve fare una ristrutturazione antropologica: far capire a questi cattolici che il bene sta dove sta la verità, e il male (o, se la Chiesa preferisce, il Maligno) dall’altra parte.

© Copyright Alto Adige, 11 marzo 2010 consultabile online anche
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