00 27/06/2010 20:43
Re:
martinicm, 27/06/2010 18.27:

Figuriamoci se non si doveva arrivare a sputare veleno accusatorio sul Vaticano II.




Prendo in prestito le parole di un mio caro amico che scrive: Io credo che una corretta analisi della situazione attuale debba farsi a posteriori: partire dai fatti, risalire alle cause, individuare le soluzioni. Mi pare che oggi vi siano due atteggiamenti contrapposti: quello di chi tutto attribuisce alle mutazioni della società e quello di chi indivuda nel cambio di rotta inaugurato dal Concilio Vaticano II (mi riferisco, qui, solo alle riforme disciplinari, lasciando fuori il problema della dottrina) la radice ultima del problema. Se diamo ragione ai primi, ci troviamo di fronte a un punto morto: dobbiamo, cioè, accettare la legge del determinismo storico, per cui la società, evolvendosi, schiaccia la Chiesa e questa non può fare nulla per contrastarlo. Bisognerebbe dunque rassegnarci ad una lenta, ma inesorabile agonia. Se invece ci mettiamo dalla parte dei secondi, vediamo che la crisi ha la sua origine nelle innovazioni secolarizzatrici degli ultimi decenni, che hanno permesso un dilagare delle idee mondane all'interno della Chiesa stessa, inibendone così la sua specificità. Questo ci consente anche di avere una chiave della soluzione: tornando alla tradizione, cioè non solo alla dottrina, ma anche alla prassi di sempre (senza escludere ovviamente le piccole riforme), si può invertire la rotta della crisi, ricreare compattezza della Chiesa e di lì partire alla riconquista della società. Del resto, la seconda posizione ha dalla sua la storia e la statistica. La crisi è cominciata esattamente in corrispondenza del cambio di rotta a cui abbiamo accennato. Non vedere tra le due cose un rapporto di causa ed effetto (senza che ciò implichi la volontarietà della causa), significa precludersi la realtà di ieri e la soluzione di oggi.