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B  -   IL BATTESIMO DI GESU' (3, 21-22)

Il battesimo che Gesù introduce è "in Spirito Santo e fuoco" e non più come la semplice purificazione praticata dal Battista. Si ha, così, il vero ritratto del precursore, che rifiuta ogni tentazione messianica, coltivata forse dai suoi discepoli, per puntare tutto su Gesù. Frattanto, quasi a completamento del ritratto, Luca anticipa la notizia della carcerazione del Battista ad opera di Erode Antipa, per il suo adulterio con Erodiade.[26] In un certo senso, qui Luca si conceda da Giovanni: non lo farà più comparire e ometterà il racconto del suo martirio, che egli pure leggeva in Mc 6.

I riferimenti tuttavia non mancheranno: Lc 7, 18-33 lo presenterà attivo anche dall'interno della sua prigione, mentre Lc 9, 7-9 lo supporrà già messo a morte.

Il battesimo di Gesù da parte di Giovanni conclude la rappresentazione del precursore. Luca introduce, rispetto a Matteo e Marco, in questa grande epifania di Gesù come "Figlio prediletto" di Dio, due elementi: il primo è la preghiera, un tema caro all'evangelista, mentre il secondo è la visibilità della presenza dello Spirito Santo sotto il segno "corporeo" della colomba.

“Il cielo si aprì”: il cielo si apre per permettere la comunicazione tra il mondo del divino e gli uomini. L’apertura dei cieli è un motivo ricorrente nei testi di rivelazione, e prelude sempre a una visione: così per esempio: Is 6,1; Ez 1,1 e anche At 7,56. Nel nostro episodio, però, l’apertura dei cieli non prelude a una visione del mondo celeste, bensì alla discesa dello Spirito Santo. Il riferimento veterotestamentario più opportuno sembra essere Is 63,19: “Oh, se tu aprissi i cieli e scendessi! Davanti a te i monti tremerebbero!”. Si tratta di un versetto in cui l’orante chiede a Dio di riaprire il cielo, di manifestarsi e di scendere in mezzo al popolo, così da attuare un nuovo esodo. Questo suggerimento al passo di Isaia suggerisce un significato importante al battesimo di Gesù: dopo un lungo periodo di silenzio da parte di Dio e da parte del suo Spirito, ora inizia il tempo atteso, nel quale Dio di nuovo si dona agli uomini e torna a parlare.

"Colomba in forma corporea": le tradizioni più antiche  (Os 11,11; Sal 68,14) raffigurano il nuovo popolo d'Israele e la comunità escatologica con l'immagine della colomba. Luca intende dire che Gesù poteva quasi stendere la mano e toccare la nuova comunità che si stava formando attorno a lui, il che sarebbe stato possibile in un modo del tutto speciale quando la Pentecoste avrebbe realizzato la promessa del battesimo di Gesù.

"Dal cielo venne una voce": “dal cielo” non significa tanto la provenienza quanto l’autorevolezza. E’ uno stile biblico comune che ricorre sotto varie forme, e si riferisce a un messaggio o a un'azione che esprime le speranze di Dio e la sua determinazione (Es 19,9; 1 Sm 3,4 ss; 7,10; Sal 29).

"Tu sei il mio Figlio diletto": le parole "Figlio mio" sono una deliberata sostituzione neotestamentaria dell'ebraico "ebed" (servo). Poiché il servo del Signore è sia un individuo ideale, sia il rappresentante dell'intera comunità (Is 42,1). Gesù è completamente incarnato nella comunità escatologica, fino al punto da essere battezzato come tutti gli altri uomini; ma egli incarna pure nella unicità singolare della sua persona i loro ideali più sublimi e le loro speranze. A motivo della sua unione totale con ogni debolezza, il Servo Gesù deve assoggettarsi anche alla morte umana in modo da poter infondere la vita in ogni sfera dell'esistenza umana. Questa associazione del battesimo di Gesù con la sua futura morte e risurrezione emerge chiaramente in Lc 12,50 (Mc 10,38). Sembra che in Luca l'espressione "Figlio mio" completata dal precedente riferimento allo Spirito Santo, sia una confessione della divinità di Gesù.


TORNA ALL'INDICEC  -  LA GENEALOGIA DI GESU' (3, 23-38)


Ormai Gesù è pronto per inaugurare il suo ministero ed è a questo punto che Luca ne introduce la genealogia[27], posta da Matteo in apertura del suo vangelo. Il percorso è qui inverso da Gesù si risale non solo fino a Davide e Abramo (come in Matteo), ma fino ad Adamo, quasi a sottolineare l'universalità della salvezza offerta da Cristo e l'origine divina della razza umana.

Unico tra gli evangelisti, Luca segnala l’età di Gesù. A questa breve annotazione fa seguire un albero genealogico, che non ha pretese di storicità ma nasconde - sotto l’aridità di un elenco di nomi – importanti insegnamenti teologici.

Gesù è legato alla storia del suo popolo, solidale con essa e ne costituisce il punto di arrivo. Bisognerebbe avere la pazienza di leggere, dietro i nomi citati, le vicende che essi rappresentano. Sono spesso vicende di peccato, di infedeltà, di amore da parte di Dio e di tradimento da parte dell’uomo. Gesù è solidale con tutto questo: non con il peccato, ma con questi uomini, con questa storia.

Ma la genealogia, come si è detto, si prolunga fino ad Adamo, fino a Dio. Il Cristo è di tutti, non solo degli ebrei. La storia di Gesù è inscindibile da quella ebraica, e questa è inscindibile dalla storia del mondo.

La genealogia non parla di Maria né della generazione di Gesù ad opera dello Spirito Santo. Luca lo ha già detto ampiamente nei racconti dell’infanzia. Qui soltanto un cenno indiretto, che però il lettore è in grado di capire: “figlio di Giuseppe, come si credeva”. Per comprendere Gesù occorre guardare in alto: Egli è generato dallo Spirito senza concorso di uomo. Ma occorre anche guardare alle spalle, risalendo fino ad Adamo “figlio di Dio”. Le due filiazioni, quella che scende dall’alto e quella che viene dal basso, in Gesù si incontrano.

Di solito si costruisce un albero genealogico per distinguere le proprie origini da quelle degli altri uomini. Qui è l’opposto: la genealogia è riportata non per separare ma per unire, non per contrapporre ma per collegare. E’ questa la direzione costante dell’intero evento cristologico, già inscritta, quasi fosse un codice genetico, nelle stesse origini di Gesù. Il paradosso è che Gesù è il solo che potrebbe vantare una diversità. La linea orizzontale delle due origini è, infatti, attraversata da una linea verticale che vi ha introdotto un’assoluta novità. Ma Dio non ragiona come gli uomini. Questi si illudono di affermare la propria originalità separandosi. Gesù, invece, esprime la sua novità e la sua trascendenza facendosi vicino.


TORNA ALL'INDICED  -  LE TENTAZIONI DI GESU' (4, 1-13)


Luca introducendo la genealogia rischia di eliminare il legame fondamentale stabilito dalla tradizione tra il battesimo e la tentazione. Egli ricorda, dunque, questa scena dicendo che Gesù ritorna dal Giordano ed esplicita il legame con la genealogia e la teofania battesimale: è come Figlio di Dio riempito dello Spirito Santo che Gesù sarà messo alla prova. Viene condotto dallo Spirito nel deserto, luogo ambiguo dove, secondo la Bibbia, l'essere umano può entrare in contatto con forze maligne, oppure entrare in comunione con il Dio vivente.

Dalla fonte "Q" Luca attinge una riflessione cristiana sul Cristo basata su tre citazioni del Deuteronomio accuratamente scelte, allo scopo di illustrare un'esperienza fondamentale di Gesù. Caso unico nella letteratura evangelica: Gesù in quest'occasione non si esprime che attraverso tre prove che il popolo d'Israele aveva conosciuto durante l'esodo e alle quali aveva ceduto; Gesù, invece, risulta vincitore dell'Avversario.

La tradizione presentava probabilmente i tre episodi nello stesso ordine di Matteo: il pane[28] ( la ricerca dei soli beni materiali); la parte più alta del tempio[29] (è il mettere Dio alla prova nella ricerca di segni messianici che sbalordiscono); i regni del mondo[30] (il compromesso con il male per assicurare il proprio potere di messia).

Luca avrà invertito la seconda con la terza tentazione, in modo che l'ultima - la più importante - si svolgesse a Gerusalemme.

Qual è, ci si chiederà, la radice storica di questa scena iniziale che Luca ha ereditato? Alcuni studiosi negano la storicità della scena della tentazione. Dobbiamo tuttavia tenere conto del fatto che gli altri vangeli ci descrivono Gesù provato e tentato nell'ultima parte della sua vita, e dobbiamo prendere atto della forte tradizione a favore della realtà della scena del deserto. E' possibile che Mt e Lc (oppure Q) abbiano ampliato un'antica ma breve tradizione (Mc) e abbiano aggiunto dettagli tratti da avvenimenti più tardivi in base a definite e diverse prospettive teologiche.

La prima tentazione di Lc ci richiama alla mente Gv 6, 26-34; la seconda, Gv 6,15, la terza, Gv 7, 1-4. Altre somiglianze ricorrono in Mt 12, 38-42; 16, 1- 4; 27,42. Come Matteo e Luca raggruppano secondo un loro ordine personale detti e azioni di Gesù, ignorando dettagli cronologici o geografici, allo scopo di comporre o il discorso della Montagna (Mt 5-7) o la relazione del viaggio (Lc 9,51 ss.), così un procedimento analogo potrebbe essere la spiegazione del modo in cui reali tentazioni sparse lungo la via di Gesù sono trasposte in un nuovo contesto al fine di concentrare l'attenzione su implicazioni teologiche.

Perché la Chiesa fece ciò? E infatti certo che il racconto della tentazione esisteva già in "Q" quando Luca si mise a scrivere. Di fronte a un determinato episodio (Gesù che dopo il suo battesimo si ritira nel deserto) dobbiamo tenere conto di una duplice realtà: certamente quella delle tentazioni, ma soprattutto quella di un messianismo terreno, è stata certamente una dimensione costante del ministero di Gesù, ma allo stesso tempo c’è stato il continuo rifiuto di Gesù nel cedervi. Nel vangelo di Lc (10,25; 11,6 ss; 22,42) se ne incontrano tracce precise, che culminano in una realtà inoppugnabile: Gesù è stato un messia povero e sofferente.


TORNA ALL'INDICEIV.           IL MINISTERO GALILAICO (4,14-9,50)


I sinottici, come la primitiva predicazione apostolica, omettono completamente il ministero giudaico all'inizio della vita pubblica di Gesù (cfr. At 10,37 ss.), che è invece così notevole in Giovanni. Stando alle informazioni di Gv, Gesù prima di inaugurare un ampio apostolato in Galilea, sarebbe stato a Gerusalemme per una festa di Pasqua  (Gv 2, 13.23), e in quel periodo scacciò i cambiavalute del tempio (Gv 2, 13-22) ed ebbe un incontro segreto con il fariseo Nicodemo (Gv 3,1 ss.). Le sue azioni straordinarie attirarono l'attenzione dei visitatori provenienti dalla Galilea (Gv 4,45).

Mentre Lc, da teologo, afferma che Gesù ritornò il Galilea "con la potenza dello Spirito" (4,14). Mt spiega che Gesù "si ritirò per sottrarsi all'ostilità dei sacerdoti e dei farisei (Mt 4,12; Gv 4,1).

Luca ci offre una narrazione ordinata del ministero pubblico, porta Gesù a Gerusalemme alla fine, per mettere in evidenza il punto culminante del rifiuto da parte dei giudei e l'inizio di un apostolato su scala mondiale a favore dei pagani. L'espansione universale del regno ha inizio il giorno di Pentecoste (At 2).

Abbiamo qui un'indicazione dei motivi per cui Lc fa un uso selezionante di Mc. Benché il ministero galilaico in Luca (4,14-9,59) riproduca quello di Mc (1,14-9,39), tuttavia Lc omette liberamente il ministero di Gesù nel territorio pagano, presente in Mc (6,45-8,26), perché il suo intento è quello di voler comporre la narrazione di un ministero ininterrotto in Galilea, per dare il massimo risalto al rifiuto incontrato da Gesù a Gerusalemme.

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