00 18/10/2009 07:44

Brunero Gherardini: il motu proprio e l'ermeneutica della continuità


Ecco la relazione al convegno sul motu proprio di mons. Brunero Gherardini, colonna della scuola teologica romana. Il quale, nonostante lo spessore della relazione, si è rivelato ricco di verve e sense of humour. Si può ben dire che il monsignore non le manda a dire.

Il motu proprio riafferma la continuità della Tradizione ecclesiastica in campo liturgico. Il relatore ha riferito però del "morso edace della polemica" (bell'espressione: edace da edere, mangiare) che ha accompagnato questa decisione papale. Polemica proveniente perfino da vescovi e cardinali: cardinali che dovrebbero essere cardini del pontificato, e non suoi "picconatori" (citiamo). Ecco la rottura, lo scandalo e la contraddizione.

Anche la revoca delle scomuniche ai vescovi lefebvriani ha visto equivoci e polemiche strumentali. Specie da parte dei "cosiddetti fratelli maggiori".

Che cosa si intende per ermeneutica? Secondo Gherardini, il Papa non aveva in animo, con quella parola, di tornare a concetti idealistici e soggettivistici, bensì voleva dare un nome a criteri interpretativi.

Per il gruppo della Scuola di Bologna, il Vaticano II chiude un'epoca e ne apre un'altra. Il linguaggio stesso del postconcilio, suggerito dall'entusiasmo (quindi non dalla riflessione, o dalla razionalità) parlava di 'nuova autocoscienza ecclesiale', nuova ecclesiologia, prima e dopo, chiesa nuova, profetica e futura, e vecchia morta e seppellita.

Essendo la fede per sempre, la sua continuità è una necessità logica: fedeltà assoluta alla immutabilità del proprio statuto, la Tradizione. Tradere significa trasmettere, consegnare, comunicare in latino. E di questa trasmissione, dicono Matteo e Paolo, nemmeno un angelo venuto dal cielo avrebbe potuto scambiare un apice o uno iota. I Padri della Chiesa, e tra questi S. Agostino, parlano di traditio dominica o traditio apostolica.

In Giovanni si dice: lo Spirito Santo che vi manderò vi ricorderà quanto vi ho insegnato. Si noti: non aggiungerà nuove cose, ma semplicemente ricorderà un corpus di verità già rivelato da Gesù Cristo nella Sua missione terrena.

S. Paolo a Timoteo affermò che la grazia ricevuta con l'imposizione delle mani lo abilitava a trasmettere la verità ricevuta a uomini 'sicuri'. Ecco già in atto la catena della successione apostolica. Tertulliano parla di trasmissione della 'semente apostolica'. Gli Apostoli trasmisero solamente quanto avevano da Cristo ricevuto ratione Ecclesiae. Non i carismi personali, ma le sole verità riguardanti la Fede e la Chiesa. Al successor viene trasmesso un deposito di cui diventa custos et traditor, ossia custode e trasmissore. Ossia di quod semper, quod ubique, quod ab omnibus creditum est.

Tradizione non è comunque fissità, poiché acquisizioni sempre nuove possono aversi approfondendo la conoscenza della verità, che è di sempre e per sempre. Nova et vetera. Significati prima nascosti o non pienamente recepiti verranno, sotto l'azione dello Spirito Santo, alla superficie della conoscenza cristiana. La Tradizione è vivente, ma non nel senso con cui i novatori usano quel participio. Per i novatori è vivente la tradizione che assorbe le dinamiche del momento contemporaneo. Per tradizione vivente si intende da taluni 'maturazione culturale' della Chiesa. Ma una tradizione del genere, più che vivente, è morta. Oggi è convinzione dei novatori che il Concilio Vaticano II è, allo stato, la risposta ai problemi del momento e quindi, più 'vero' (per quel criterio) di quanto l'ha preceduto.

Ma la verità è una, di Cristo, ed è stabilita fino alla fine dei secoli.

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