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Cristiani d’Irak, un disegno politico dietro l’ondata di omicidi

di Roberto Fabbri

VATICANO Chiesto aiuto a tutto il mondo. Oggi all’Angelus manifestazione in piazza San Pietro

Un complotto «in prospettiva elettorale» contro i cristiani dell’Irak. Sembra essere questa la più corretta lettura degli assassinii e del clima di terrore scatenato contro caldei e cattolici a pochi giorni dalle elezioni di domenica prossima. I rappresentanti politici della minoranza cristiana irachena, presente da quasi duemila anni ma ormai ridotta a poche centinaia di migliaia di persone, denunciano una campagna di persecuzioni violente con l’obiettivo di escluderli dalla società.
Epicentro delle violenze la provincia di Ninive e la sua capitale Mosul, nel nord del Paese a maggioranza etnica curda. Qui esistono alcuni distretti dove i cristiani sono ancora maggioranza e dove dallo scorso gennaio sono state uccise 12 persone, otto delle quali a Mosul. Le ultime tre vittime, mercoledì scorso, sono stati i membri di una famiglia, «uccisi come pecore» secondo le parole piene di sdegno del patriarca siro-cattolico di Antiochia Ignatius Joseph Younan III. I loro assassini sono militanti di movimenti integralisti islamici, che rimangono impuniti.
Conseguenze di tanta brutalità sono principalmente la paura e la rabbia, sempre più diffusi tra i cristiani iracheni. Sono circa 1.800 gli abitanti di Mosul che ormai da una settimana hanno abbandonato le loro case e smesso di recarsi al lavoro nel timore di finire assassinati. Anche gli studenti cristiani non frequentano più le lezioni nelle scuole e anche nell’Università, dopo che gruppi armati islamici hanno minacciato di accanirsi contro gli autobus che li accompagnano nelle varie facoltà. Sentendosi abbandonati dalle autorità, i cristiani iracheni gridano la loro collera e denunciano l’ingiustizia che si consuma nei loro confronti. «Se le forze di sicurezza irachene non sono in grado di difendere i connazionali cristiani - ha detto il patriarca di Antiochia in un appello al premier al-Maliki - perché il governo non fornisce loro delle armi? Questa situazione ha superato ogni limite e non vi è coscienza umana che possa sopportare ulteriormente questa totale assenza di sicurezza nella città».
Anche in seguito a queste proteste, il ministero degli Interni ha annunciato misure di prevenzione, quali l’installazione di posti di blocco e lo spiegamento di militari davanti ai luoghi di culto cristiani. Intanto vengono prese nuove iniziative di sensibilizzazione e la stessa Santa Sede attraverso il nunzio apostolico in Irak Francis Assisi Chullikat chiede aiuto alla comunità internazionale, dopo che il Papa aveva espresso nei giorni scorsi il suo «profondo dolore». Oggi a Mosul il consiglio dei vescovi ha deciso che per protesta non saranno celebrate Messe. Saranno però organizzate manifestazioni pacifiche, in parte coordinate con la locale comunità musulmana, contro l’escalation di violenze. E anche in piazza San Pietro, in occasione dell’Angelus di Benedetto XVI, si manifesterà in favore dei cristiani dell’Irak.

© Copyright Il Giornale, 28 febbraio 2010 consultabile online anche
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