00 13/03/2010 19:58
“Essere preti in modo alto e difendere il celibato”

Gli errori di pochi non compromettano il servizio di molti. Bisogna difendere il celibato, ridefinire che cosa significhi oggi essere rappresentanti di Cristo e interpretare correttamente il sacerdozio alla luce del Concilio». Secondo quanto si apprende in Curia, oggi Benedetto XVI accoglierà con questo vibrante
appello i vescovi e cardinali chiamati a Roma per discutere della difficile situazione del clero.
Nella stessa mattinata sarà a rapporto dal Papa il presidente dell’episcopato tedesco, monsignor Zollitsch. «Nessuna attenuante per i sacerdoti che commettono abusi sessuali», assicura il vescovo Silvano Tomasi, osservatore vaticano all’Onu.
Mentre il vescovo Gianfranco Girotti, reggente della Penitenzieria apostolica (il dicastero vaticano delle confessioni), sostiene che un penitente che si è macchiato del peccato di pedofilia, «se è pentito sinceramente» lo si assolve, mentre l’aborto viene considerato dalla Chiesa «un peccato speciale», monsignor Tomasi chiarisce che «non ci possono essere scuse o giustificazioni per i preti che commettono l’odioso crimine della pedofilia». Quindi, «la protezione dei minori dalle aggressioni deve essere in cima alle priorità della Chiesa. Gli studiosi hanno dimostrato che i minori abusati reagiscono in modi differenti alla violenza sessuale e tra di loro si registrano maggiori probabilità di gravidanze adolescenziali, vagabondaggio, tossicodipendenza e alcolismo». Dunque, «tutte le istituzioni ecclesiastiche» hanno l’obbligo di «lottare per porre fine a questo serio problema».
Nei Sacri Palazzi è forte la spinta verso una soluzione drastica: accertamenti rapidi, riduzione allo stato laicale, denuncia alla magistratura ordinaria. Ma c’è chi frena rispetto alle procedure sommarie.
«Lo scandalo degli abusi va affrontato seguendo rigorosamente il diritto canonico - mette le mani avanti l’arcivescovo Raymond Leo Burke, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica -. La ferita gravissima dello scandalo pedofilia potrà essere affrontata nel modo giusto dalla Chiesa non prescindendo dall’applicazione delle pene ecclesiastiche. E’ questa l’unica strada in grado di salvaguardare la Chiesa stessa».
Il forte coinvolgimento dei mass media e degli avvocati, prosegue monsignor Burke, «ha aumentato il livello dello scandalo e reso molto difficile il giudizio oggettivo sulla situazione in sè e sui singoli casi». Per questo «il giusto rimedio che proteggerà e salvaguarderà la Chiesa va cercato nella prassi canonica». Insomma, il capo della Cassazione vaticana non ritiene giusto «prescindere da un’accurata e completa considerazione delle pene ecclesiastiche nei casi di sacerdoti accusati dei delitti».
La posizione di Benedetto XVI, però, è di totale intransigenza. Negli episcopati nazionali e in settori di Curia si annidano resistenze al «via libera» ai magistrati in quelle che vengono considerate «questioni interne» della Chiesa. Con la «tolleranza zero» di Ratzinger, invece, nulla legittimerà l’omertà davanti alla «vergogna» e le diocesi avranno l’obbligo di farsi carico delle «sofferenza delle vittime». I preti pedofili verranno subito denunciati alle autorità civili e rimossi dall’incarico.
«Chi compie simili nefandezze si esclude da solo dal sacerdozio: con la Chiesa ha chiuso per sempre e dovrà risponderne alla giustizia terrena oltreché a quella divina», spiega uno stretto collaboratore del Pontefice. Insomma, tempestiva rimozione e divieto assoluto di riassegnare ad altro incarico. «Il delitto di pedofilia è un grave peccato che offende Dio e la dignità umana», ribadirà il Papa nella lettera ai fedeli sugli abusi. E ieri il suo allievo Schönborn ha aperto l’assemblea diocesana di Vienna reclamando un «mea culpa» generale: «Da questa crisi devastante la Chiesa può uscire solo purificandosi con un pentimento vero, altrimenti sarà tutto inutile». Sulla stessa linea il Pontefice chiede ai sacerdoti «scelte controcorrente per evitare compromessi». Nelle condizioni di libertà «in cui oggi è possibile esercitare il ministero sacerdotale», evidenzia Benedetto XVI, è necessario che i preti vivano in «modo alto» la loro vocazione per «suscitare nei fedeli il senso del peccato, dare coraggio e far nascere il desiderio del perdono di Dio».

© Copyright La Stampa, 12 marzo 2010