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Il Primato di Pietro per la Chiesa Ortodossa

Ultimo Aggiornamento: 05/11/2008 18:33
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Fozio Nikitopoulos

Pietro e la Pietra della fede

Un riferimento interpretativo negli atti del Niceno II su Mt 16,18 (*)

Nella sua relazione sul "Ruolo di Pietro e sua importanza nella Chiesa del Nuovo Testamento: attuale problematica esegetica" [1], il Prof. Giovanni Karavidopoulos ha parlato dell’interpretazione contestata delle parole di Gesù a Matteo 16,18: "super hanc petram aedificabo ecclesiam meam", mentre alla persona dell’Apostolo Pietro, attribuendo loro un peso di particolare valore a sostegno del primato jure divino del Vescovo di Roma in quanto successore di Pietro [2].

A questo punto mi si permetta come è noto, aggiungere una testimonianza rilevata dagli Atti del Concilio Ecumenico Niceno II, la quale rafforza la posizione degli ortodossi, che propongono, (nell’ambito della sincera ricerca della verità che tutti dobbiamo perseguire e al servizio della quale mira anche questo Colloquio), una diversa esegesi su tale passo [3].

Nella IV sessione di questo Concilio, tra gli argomenti presentati per sostenere l’ipotesi delle sacre iconi, fu letta anche una lettera del patriarca Germano I di Costantinopoli [4] diretta al Vescovo di Claudiopoli Tommaso [5].

Tutti i presenti udirono allora il riferimento del Patriarca al passo giovanneo, che esalta la fede come la vittoria che vince il mondo (1 Gv 5,4) ed intesero l’interpretazione secondo cui questa fede è la pietra nella quale Gesù edificò la sua Chiesa, che le forze degli inferi non possono abbattere.

Il testo suona così, nella sua versione latina: "Dicant igitur nobiscum beatissimus evangelista Joannes: Haec est victoria quae vicit mundum, fides nostra: addatur autem a nobis et dicatur: Haec est petra, supra quam Christus aedificavit suam ecclesiam, portis inferi, id est aggressionibus contrariarum virtutum inconcussam et inevertibilem" [6].

Certo il patriarca non si occupa direttamente del detto di Gesù a Pietro secondo Mt 16,18 ; importante però, ai fini del nostro dibattito, è il fatto che egli riprende quelle stesse parole di Gesù, riferendole appunto alla fede. Con tale connessione, considerata in base al principio esegetico "Scriptura per Scripturam" S. Germano offre una chiave valida e autorevole per l’interpretazione del passo matteano che ci interessa. Questa chiave assume la sua validità e autorevolezza in ragione appunto del contesto conciliare nel quale detta interpretazione fu enunciata e recepita.

In realtà nei Concili Ecumenici viene espressa ufficialmente la coscienza ecclesiale. La lettera del Patriarca Germano, presentata e accolta con plauso da un tale Concilio, come il Niceno II, manifesta senz’altro la coscienza ecclesiale dell’Oriente a tale proposito. Solo dell’Oriente o di tutta la Chiesa? Perché a Nicea, oltre ai Padri Orientali, erano presenti anche i Legati Pontifici, che non manifestarono alcuna obiezione o riserbo su quanto avevano ascoltato. Anzi la loro voce è da considerarsi in pieno accordo con quella degli altri Padri Conciliari, dal momento che proprio tutti coloro, designati negli Atti con termine collettivo di "Agia Synodos", avevano espresso il loro unanime consenso riguardo al testo letto, affermando: ""ivinitus sonantium Patrum doctrinae nos correxerunt. Ex ipsis haurientes veritatem potati sumus. Eos sequentes, mendacium persecuti sumus" [7]. Inoltre la firma dei Legati Pontifici appare sotto gli Atti e le definizioni del Concilio, accettato in seguito dal Papa Adriano I [8].

E’ vero che la lettera in questione come tutto il Concilio, trattava il problema delle sacre iconi e non quello esegetico su Mt 16,18; per cui l’autorità delle firme e dell’accettazione va riferita proprio a quel punto fondamentale. Altrettanto vero è, però, che i verbali di un Concilio Ecumenico hanno sempre un particolare valore ai fini della comprensione dell’insegnamento che il Concilio stesso ha voluto confermare e del magistero della Chiesa, in genere. Di certo un errore udito in assemblea conciliare, non potrebbe passare tacitamente in essa. Ecco perché l’affermazione del Patriarca Germano, duita là sia pure per accidens, cioè con valore del tutto marginale rispetto al problema centrale che si agitava, dobbiamo ugualmente tenerla in considerazione: fu presentata in contesto conciliare, fu accettata da tutti e comunque non contestata da nessuno, neppure dai Legati Pontifici e dallo stesso Papa Adriano, divenuto come è noto – il grande sostenitore e difensore del Niceno II in Occidente [9]. Questi fatti ci inducono ad accogliere l’esegesi presentata in quella lettera, secondo la quale la pietra su cui Gesù volle edificare la sua Chiesa (stando a Mt 16, 18) va intesa come la fede in Gesù Cristo il Figlio di Dio vivente confessata da Pietro (v. 16) [10].


Note

(*) Intervento nel corso del IX Colloquio Cattolico-Ortodosso (Bari 27-29 Maggio 1990) sul tema: "Il Primato del Vescovo di Roma: una problematica ecumenica". Gli Atti del colloquio sono stati pubblicati nella Rivista di Theologia Ecumenico-Patristica Nicolaus (Bari) XIX (1992) 3 – 169; vi manca però il testo di questo intervento, pubblicato in seguito nel N° XX (1993) 163-165 della stessa Rivista. Lo riportiamo qui, con l’aggiunta di qualche dato bibliografico nelle note originali.

(1) Vedi negli Atti sopramenzionati, Jean Karavidopoulos, "Le rôle de Pierre et son importance dans l’Eglise du Nouveau Testament: problématique exégétique contemporaine", in Nicolaus XIX (1992) 13-29.

(2) Vedi in proposito l’insegnamento del Concilio Vaticano I nella Costituzione Dogmatica "De Ecclesia Christi", Pastor Aeternus 18 VII, 1870, in H. Denzinger – A. Schönmetzer, Enchiridion Symbolorum ect., 34 ed. Herder, 1967, 3953 ss.

(3) Vedi, per es., Cr. Androutsos, Simbolica dal punto di vista Ortodosso (in greco), Salonicco3 [1963], p. 91, e P.N. Trempelas, Dogmatica della Chisa Cattolica Ortodossa (in greco), t. 2, Atene2 1979, pp. 394-395.

(4) Eletto nel 715, dimesso nel 730 (a causa della politica iconoclasta dell’imperatore Leone III Isaurico), morto nel 740 e onorato come Santo (Confessore) in Oriente e in Occidente. Vedi J.-P. Migne, PG 98, 9-10.

(5) Vedi testo in J. D. Mansi – D. Passioneo, Sacrorum Conciliorum Nova et Amplissima Collectio, t. XIII, Parigi 1902, Ristampa Anastatica, Akademishe Druk-und Verlagsanstalt, Graz-Austria 1960, col. 107-127; PG 98, 163-187.

(6) Mansi, o.c., col. 111B; PG 98, 170 AB.

(7) Mansi o.c., col. 127 C; PG 98, 187 D. L’affermazione unanime dei Padri Conciliari venne dopo l’esclamazione del patriarca Costantinopolitano Tarasio, il quale, terminata la lettura della lettera del suo predecessore, disse: "Clamaverunt custodes ecclesiae catholicae, sancti videlicet patres nostri, qui semper supra intelligibile ejus vigilantes arientes, omne proelium et inane verbum repulerunt; et hanc indiscerptam servantes, universam phalangem adversantim persecuti sunt...", Mansi, ob., col. 127 B; PG ib., 187 BC.

(8) La sua posizione attenta, per quanto riguarda la dichiarazione formale circa l’accettazione del concilio, si comprende bene nel contesto della politica ecclesiastica della Sede Romana di quel tempo, tanto nei confronti di Costantinopoli (pressione per la restituzione delle diocesi e dei possedimenti ecclesiastici dell’Italia Meridionale, della Sicilia e dell’Illirico Orientale, sottratti a Roma dall’Imperatore Leone III), quanto nei confronti dello Stato Franco (evitare la crisi nelle sue relazioni con Carlomagno, la cui posizione negativa nei confronti del Niceno II veniva respinta dal papa Adriano stesso) verso il quale aveva avvolto le sue preferenze per guadagnare appoggi. Cfr. anche, Salv. Manna, "Il ruolo della Sede Romana nella promozione del Niceno II, Papa Adriano I", in Atti del III Convegno Storico Interecclesiale (Bari 11-13 Maggio 1987), Levante Ed., Bari 1988, pp. 232-234.

(9) Cfr. Salv. Manna, l.c., p. 224 s.

(10) Da notare che negli stessi termini si era espresso, prima di S. Germano, anche S. Giovanni Crisostomo: "Et ego dico tibi, tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam, id est, super fidem confessionis" (In Mathaeum Hom. LIV, 2, PG 58, 534); "Petro namque nihil ultra adjecit Christus, sed quasi fides ejus perfecta esset, ecclesiam dicit se super confessionem ejus aedificaturum esse" (In Joannem Hom. XXI, 1, PG 59, 128); e altrove; "Itaque cum Petro dixisset Beatus est, Simon Bar Jona (Math. 16, 17), promisissetque futurum, ut Ecclesiae fundamenta super illius confessionem jaceret, ..." (In Epistolam ad Galatas Comm., 1, PG 61, 111). V. Pure Con. Mouratidis, L’essenza e il regime della Chiesa secondo l’insegnamento di Giovanni Crisostomo (in greco), Atene 1958, p. 227; idem, Ammetteva San Giovanni Crisostomo il Primato Papale? (ristampa dal bollettino Ecclesia, in greco), Atene 1959, p. 8. Per le diverse interpretazioni che sono registrate nella letteratura della Chiesa indivisa, sul concetto della parola di Gesù a Pietro (la "pietra" intesa come Gesù stesso oppure la fede a Gesù ossia ogni discepolo, gli Apostoli oppure Pietro o la Cattedra di Pietro o la fede di Pietro, v. J.M. Tillard, "La présence de Pierre dans le ministère de l’évêque de Rome" in Nicolaus. XIX (1992) 56, dove le rispettive citazioni alle fonti e alla sua opera: La présence de Pierre dans le ministère de l’évêque de Rome, Parigi 1982, pp. 134-154. A tale proposito osserva lo stesso autore: "Dire comme on le fait depuis Tertullien, à la lumière de Matthieu (16, 17-19), que l’Eglise est fondée sur Pierre c’est, quoi qu’il en soit de la façon dont on interprète ce fondament – la foi de Pierre ou la personne même de Pierre – dire que l’Eglise est bâtie sur le témoignage apostolique. Car, même dans la scène de Césarée telle que Matthieu la rapporte, Pierre n’est pas détaché des autres "disciples". Il ne s’ajout pas à eux. Encore moins prend-il leur place. Il parle dans leur groupe et dit la réponse du groupe. Pierre fait émerger, en sa propre confession, la foi du groupe. Ceci explique pourquoi dans la grande Tradition, en Orient comme en Occident, on oscille – et parfois dans les écrits du même auteur, entre une interprétation personelle de la parole de Jésus à Pierre (elle vise sa personne) et une interpretation collective (elle vise la communauté apostolique)" ("La Présence de Pierre...", l.c. pp. 55-56. Cfr. anche Cr. Androutsos, p.c., p. 91-92, P.N. Trempelas l.c. (nota 3).



Desideriamo far notare due aspetti NON IRRILEVANTI:

1) l'autore del testo ammette che la questione NON trattava comunque esplicitamente la questione del Primato.....

2) quando l'autore conclude dicendo: Questi fatti ci inducono ad accogliere l’esegesi presentata in quella lettera, secondo la quale la pietra su cui Gesù volle edificare la sua Chiesa (stando a Mt 16, 18) va intesa come la fede in Gesù Cristo il Figlio di Dio vivente confessata da Pietro (v. 16) [10]........NON tiene in considerazione il verso di Luca 22,31 il quale andrebbe esaminato con i versi di Matteo in questione e con i versi di Gv.21,15 Inoltre, grazie anche al Vento Ecumenico il cui testo appare vecchio, và considerato che la stessa Chiesa Ortodossa NON è UNANIME A QUANTO DAL TESTO RIPORTATO dal momento che vi è piena comunione con alcune Chiese Ortodosse le quali riconoscono questo primato.

Chi realmente si oppone a questo primato oggi è il Patriarcato di Mosca, mentre il Patriarcato detto, appunto Ecumenico della vecchia Costantinopoli (oggi Istanbul) pur non essendosi espressi in maniera ufficiale e definitiva, concordano con il testo di Lc.22,31

La strada è aperta!

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Quanto state per leggere è tratto da un sito web ORTODOSSO (in blu le riflessioni di una sorella):

IL PRIMATO PAPALE:

PENSIERI DEL SANTO PAPA GREGORIO MAGNO SUL PRIMATO PETRINO

 Protosacerdote Gregorio Cognetti

Tutti sanno che una delle divergenze principali tra Ortodossi e Romano-Cattolici è costituita dal ruolo del Vescovo di Roma nella Chiesa Universale. Per i Romani, il Papa è il capo della Chiesa Universale. Secondo la dottrina Ortodossa, invece il Papa di Roma è soltanto un vescovo, uguale in dignità agli altri vescovi. A questo punto è interessante leggere un’opinione qualificata: quella di S.Gregorio Magno, Papa di Roma (+ 604), la cui festa si celebra nella Chiesa Ortodossa il 12 Marzo.

Contemporaneo di S.Gregorio, era Patriarca 1 di Costantinopoli S.Giovanni il Digiunatore (festa il 2 Settembre), S.Giovanni era un asceta dalla vita molto pia. (...)S.Giovanni, come dimostrato da tutta la sua vita, non era certo persona da tenere ad onori terreni, tuttavia, nell’anno 587 l’Imperatore Mauirizio gli conferì il titolo ufficiale di “Patriarca Ecumenico”.

(notiamo che un imperatore conferiva il titolo di Patriarca...a differenza del Papa che veniva eletto in una riunione con tutti i vescovi, questo aspetto non è di poco conto!)

<O:P><O:P>Oggi questo titolo è indubbiamente altisonante, ma così non era nel VI secolo. Ecumenico viene dalla parola greca oikoumene, che letteralmente significa “il mondo abitato”. Vuoi per scarse conoscenze geografiche, vuoi per la tipica superbia dei conquistatori, i Romani prima, e i Bizantini poi, identificavano “il mondo abitato” con l’impero Romano. Nel VI secolo, appunto, la parola “ecumenico” era usata correntemente come sinonimo di “imperiale”. Costantinopoli era la città “ecumenica”. Il bibliotecario capo di Costantinopoli, per esempio, si chiamava “bibliotecario ecumenico”, ma questo stava a significare soltanto che egli era il bibliotecario della città imperiale, e non che avesse la benchè minima autorità su tutti i bibliotecari dell’Impero. “Patriarca Ecumenico” pertanto, nel greco di allora, veniva inteso soltanto come “Patriarca della città imperiale”: nient’altro che una maniera differente di dire “Patriarca di Costantinopoli”. A riprova, l’uso sporadico di questo titolo è attestato già molto tempo prima.

Tutti i guai cominciarono quando il titolo fu tradotto in latino: diventò infatti “Patriarcha universalis”. E papa Gregorio reagì perchè credette che Giovanni si arrogasse il primato nella Chiesa. Naturalmente, come abbiamo visto, questa non era affatto l’intenzione del Patriarca. Alcuni autori di matrice Romano-Cattolica affermano che la reazione di Gregorio era intesa a rivendicare il primato a sè stesso. Ma non è vero. I lettori possono controllarlo: le lettere di S. Gregorio Magno sono a disposizione di chiunque voglia consultarle 2. Cominciamo proprio dalla lettera che egli inviò al Patriarca Giovanni: “Considera, te ne prego, che, a causa di questa tua sconsiderata presunzione la pace dell’intera Chiesa è turbata e che ciò [cioè il titolo di Patriarca Ecumenico] è in contraddizione con la grazia che è stata data in comune a tutti noi; nella quale grazia senza dubbio tu stesso hai il potere di crescere se avrai la volontà di farlo. E tu diverrai molto più grande se ti asterrai dall’usurpare un titolo superbo e folle: e tu progredirai nella misura in cui non ti farai arrogante a scapito dei tuoi confratelli... Certamente Pietro, il primo degli Apostoli che era egli stesso un membro della Chiesa santa e universale, Paolo, Andrea, Giovanni, che cosa erano essi se non capi di comunità individuali? Ed erano tutti membra sotto lo stesso Capo... tutti costituenti il Corpo del Signore in quanto membra della Chiesa, e nessuno di essi volle essere chiamato universale....ai presuli di questa sede Apostolica, dove io sono servo per volontà divina, fu offerto dal venerabile Concilio di Calcedonia l’onore di essere chiamati universali 3. Eppure nessuno di essi si è mai fatto chiamare con tale titolo, perchè, se qualcuno in virtù del rango pontificale avesse assunto su di sè stesso la gloria della unicità, sarebbe sembrato che la negasse a tutti i suoi confratelli...”

(Libro V; Lettera XVIII)

(Infatti "Papa" non vuol dire Patriarcha Universalis, ma pàpas "Padre" che in termini ecclesiastici vuole più semplicemente significare "Colui che rappresenta il popolo della Chiesa, quale Pastore posto a vigilare in comunione con tutti i vescovi della Chiesa, il gregge affidato", la differenza non è poca, perciò ciò che intendeva s.Gregorio non era certo negare tale ufficio)Non conosciamo la risposta di S. Giovanni. Probabilmente non rispose affatto, perchè morì circa un anno dopo la data della lettera di S.Gregorio (le comunicazioni a quell’epoca erano molto difficili, ed un anno era un tempo assolutamente ragionevole perchè una lettera arrivasse da Roma a Costantinopoli). Comunque S. Gregorio continuò ad esprimere il suo pensiero sull’Episcopato Universale.
Comunque S. Gregorio continuò ad esprimere il suo pensiero sull’Episcopato Universale. Difatti egli scrisse congiuntamente ad Eulogio, Papa di Alessandria e ad Atanasio, Patriarca di Antiochia nei seguenti termini: “Questo nome di Universalità fu offerto dal Santo Concilio di Calcedonia(3) al pontefice della Sede Apostolica dove io sono servo per volontà divina. Ma nessuno dei miei predecessori ha mai acconsentito di usare un titolo così profano, infatti, senza dubbio se un Patriarca viene chiamato Universale, viene diminuito il nome di Patriarca per tutti gli altri. Ma lungi da ciò, lungi dalla mente di un Cristiano che qualcuno desideri arraffare per sè stesso ciò che potrebbe sembrare un abbassamento dell’onore dei suoi confratelli...” (Libro V; Lettara XLIII)

(leggete attentamente le parole di s.Gregorio perchè sono molto importanti...Patriarca Universale non sarebbe stata la stessa cosa di "Papa", ma avrebbe assunto contorni molto più forti in questione di comando, mentre per la Chiesa Cattolica infatti, non è vero che solo il Papa si muove, ma l'insieme dei vescovi decide con il Papa...)

ad Eulogio, Papa di Alessandria:

Vostra Santità... voi mi scrivete dicendo ‘Come avete comandato’. Questa parola, ‘comando’, io vi prego di allontanarla dal mio orecchio, perchè voi sapete chi sono io e chi siete voi: perchè, in quanto a posizione, voi siete miei fratelli, quanto a virtù, padri miei...

“...nella prefazione della lettera che mi avete indirizzato, nonostante ve lo avessi proibito, avete ritenuto opportuno fare uso di un titolo superbo, chiamandomi ‘Papa Universale’. Ma io prego la Vostra Soavissima Santità di non farlo più, perchè ciò che voi date ad un altro oltre il ragionevole limite, voi lo sottraete a voi stesso... Perché se Vostra Santità mi chiama Papa Universale, voi negate a voi stesso ciò che voi date a me nel chiamarmi universale...”

(Libro VIII; Lettera XXX)

Dunque il sito Ortodosso usa questa Lettera di s.Gregorio per dire che egli negava il primato....tuttavia c'è un aspetto inquietante e contraddittorio: S. GREGORIO ERA IL VESCOVO DI ROMA NOMINATO A CAPO DELLA CHIESA DI ROMA......Dai suoi scritti va tenuto conto che egli era stato un monaco asceta, e di certo non difettava in umiltà, occupare quel ruolo al quale era stato chiamato di certo lo metteva spesso in difficoltà di fronte a chi lo riteneva superiore, ciò che intende sottolineare Gregorio è IL SERVIZIO, mentre il titolo di Patriarca Universale sarebbe andato oltre il concetto di "servizio"....Per correttezza occorrebbe che tale sito inserisse le altre Lettere di Gregorio, quelle di quando poeticamente il suo rammarico per aver dovuto abbandonare la vita contemplativa e farsi CARICO DI UN COSì GRANDE FARDELLO - parole sue- intendendo appunto, LA GUIDA DELLA CHIESA....Non dimentichiamo inoltre che fu proprio Lui, san Gregorio Magno a gettare le basi del futuro Stato Pontificio! Il problema vero è che non possono essere usate queste parole di Gregorio per arrivare a dire che questo grande Santo rinnegava il primato petrino...Egli lo considerava UN SERVIZIO....)

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Il testo dal sito Ortodosso prosegue dicendo:
Questa storia ci insegna un’altra lezione. Molte volte, quando assistiamo ad eventi che ci sembrano indegni della gloriosa immagine della Santa Chiesa Ortodossa, spesso ci chiediamo “Ma perchè Dio permette che tali brutte cose accadano nella sua Chiesa?”. Senza dubbio molta gente, all’epoca di questi avvenimenti si rattristò, a causa dell’equivoco che avvelenò i rapporti tra due pii Vescovi, tra due grandi Santi della Chiesa. E sicuramente, allora come adesso, qualcuno si sarà chiesto: “Ma perchè Dio permette che tali brutte cose accadano nella sua Chiesa?”. Oggi la risposta è chiara. Il Santo Spirito ha permesso questo equivoco affinchè venisse ben documentata l’opposizione all’ universalità del primato papale da parte di uno dei più grandi Papi della storia. Senza queste lettere, non avremmo una così drammatica evidenza della inconsistenza della dottrina del primato.
...........
Francamente possiamo dire che FA MALE A NOI LEGGERE COMMENTI DEL GENERE...e di vedere USATO malamente un grande Papa come s.Gregorio Magno.....se chi ha scritto il testo avesse ragione, verrebbe da chiedersi: perchè Gregorio lasciò la sua vita contemplativa accettando, se pur riluttante, la nomina a vescovo di Roma ben sapendo che era già in uso il termine di PAPA e che già esisteva il primato petrino?
In modo equivoco forse s.Gregorio Magno accetto' di diventare Papa e di farsi interpellare come dalla Chiesa dai vescovi di allora?
La verità è che Gregorio RICONOSCEVA DI PARI DIGNITA' ECCLESIALE il Partiarcato di Costantinopoli e il suo Patriarca....e il suo stato di grande umiltà lo metteva in imbarazzo dal momento che le contese erano già iniziate prima che salisse al soglio pontificio. Ciò che non fa rilevare chi ha scritto il testo è invece che il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, prima che morisse, Eulogio "Papa in Alessandria" farà dire a Gregorio:
Vostra Santità... voi mi scrivete dicendo ‘Come avete comandato’. Questa parola, ‘comando’, io vi prego di allontanarla dal mio orecchio, perchè voi sapete chi sono io e chi siete voi: perchè, in quanto a posizione, voi siete miei fratelli, quanto a virtù, padri miei
.......
Gregorio chiama "Santità" il Vescovo di un grande Patriarcato come era Alessandria, ma egli cosa gli aveva scritto? COME AVETE COMANDATO .....Gregorio, invaso dalla virtù dell'umiltà e consapevole che il suo primato non lo rende superiore in quanto vescovo, NON VUOLE SENTIRE PAROLE DEL TIPO "COMANDARE".....perchè vede nell'esercizio UN SERVIZIO e non un comando....è in questa chiave che va letta la lettera di Gregorio....
Inoltre non dimentichiamo che se fosse vero ciò che dice il sito Ortodosso, male si concilierebbe il fatto che Gregorio, per difendere Roma dall'invasione longobarda..... PRESE L'INIZIATIVA DI RADUNARE LA GUARNIGIONE IMPERIALE, evitando però la guerra in cambio di un trattato che egli stesso portò avanti, PAGANDO UN TRIBUTO purchè Roma si salvasse come infatti avvenne, nell'anno 539.
Leggiamo ancora dal sito Ortodosso:

Come tutti ben sanno, la dottrina Romano-Cattolica del primato pontificio si basa su due punti:

1) Una presunta effettiva supremazia di S.Pietro sugli altri Apostoli (e quindi non un semplice primato d’onore);

(ma questo è falso....il Primato inteso dalla Chiesa Cattolica e ribadito dal Vat. II NON è la supremazia-padronanza... su tutti i vescovi, ma un primato sulle decisioni di fede che però andranno sempre VALUTATE ED INTERPRETATE IN COMUNIONE CON TUTTI I VESCOVI.....)

2) La trasmissione di questa supremazia ai Vescovi di Roma, in quanto esclusivi successori dì S. Pietro.

L’opinìone di S. Gregorio Magno sul primo punto l’abbiamo già vista espressa nella lettera a S.Giovanni il Digiunatore, quando affermava che S.Pietro, S.Paolo, S.Andrea, S.Giovanni e gli altri Apostoli erano tutti ugualmente capi delle comunità particolari, e tutti ugualmente membra del Corpo di Cristo, e ugualmente sottoposti a Lui.

(ma abbiamo anche letto che Gregorio intendeva ben altro....)

Per quanto riguarda invece il secondo punto, S.Gregorio riteneva che la successione sul “trono di Pietro” fosse si un onore di cui mostrarsi responsabilmente degni, ma che non conferisse alcun potere particolare:anzi, che addirittura fosse ugualmente condiviso tra il Papa di Roma, il Papa di Alessandria e il Patriarca di Antiochia. Leggiamo infatti cosa egli scrive al già più volte citato Eulogio, Papa di Alessandria: “Vostra soavissima Santità: mi avete parlato molto nella vostra lettera della Cattedra di S.Pietro, il primo degli Apostoli, e infatti colui che mi parla della Cattedra di S.Pietro, altri non è che colui che occupa la Cattedra di S.Pietro... difatti il suo seggio è in tre luoghi. Infatti egli ha esaltato il seggio in cui si è degnato di fermarsi e di finire la sua vita 4. Egli stesso ha adornato il seggio dove mandò il suo discepolo ed evangelista 5 Egli stesso ha stabilito il seggio in cui, prima di lasciarlo, sedette per sette anni 6. Pertanto il seggio è uno, su cui per autorità divina tre vescovi ora presiedono: tutto ciò di buono che sento di voi, io lo assumo per me, e se voi pensate qualche cosa di buono di me, assumetelo a vostro merito, perchè noi siamo una sola cosa in Lui che dice: come Tu, padre, sei in me, e io in Te, così essi siano una sola cosa in noi “.

(Libro VII; Lettera XL)

Non è per fare la pignola, ma le parole di Gregorio vanno analizzate.....perchè la sede di Costantinopoli e di Bisanzio accusarono il Papa di Roma di NON aver preso una comune decisione sulla calata dei Longobardi?......Non dimentichiamo che MAI LA CHIESA DI ROMA si oppose ad una identificazione con gli altri Patriarcati, la divisione divenne graduale nel tempo, quando questi Patriarcati (e la storia ce lo dimostra) si distaccarono dal senso di Cattolicità della Chiesa richiudendosi nelle reciproche Diocesi come fece la stessa Bisanzio....C'è da chiedersi il perchè questi Patriarcati siano andati SCOMPARENDO....se fosse stata volontà di Dio avere non una ma tre sedi ( e lo stesso Gregorio dice che la sede è UNA SOLA CHE DIVIDE IN TRE, PER ORA ....DICE GREGORIO), ci dovremmo chiedere il perchè la sede vescovile di Roma abbia resistito nonostante le tempeste, mentre oggi il Patriarcato di maggior risonanza è quello di Mosca che non esisteva al tempo di Gregorio....insomma, il rischio sarebbe stato di avere NON UNA MA TRE CHIESE....a causa appunto non solo delle divisioni, ma anche dell'ingrandimento delle diocesi, dell'aumento della popolazione....

Perciò al contrario di ciò che afferma il testo Gregorio invece....fu DIFENSORE DELLA SEDE di Pietro a Roma come moltissime sue omelie lo ribadiscono ai vescovi e che divennero materia di catechesi per i vescovi in epoca mediovale....

Non si può prendere una sola lettera di Gregorio, perchè ne ha scritte ben OTTOCENTO... nelle quali spiega anche il perchè dell'importanza della SUPREMAZIA NEL SENSO DEL SERVIZIO PETRINO, cioè, da quando in Oriente viveva l'Imperatore al quale erano tutti soggetti compreso il Patriarca, cosa che non avvenne mai in termini dottrinali per il vescovo di Roma....Questa lettera presa come esempio di negazione di un primato, dice tutt'altro...invitando invece ai Patriarchi di  RICORDARSI CHI ERANO per non cedere alle pressioni dell'Imperatore che assoggatava a sè il diritto anche nelle leggi della Chiesa.....

La questione del titolo "Patriarca Universalis" ledeva il primato del titolo di Papa, ecco perchè Gregorio vi si oppose....diversamente perchè Gregorio si firmava nelle ottocento lettere "Papa" ? sarebbe una contraddizione....

Diciamo la verità: fu l'Imperatore Maurizio ad OPPORSI all'opposizione del Papa Gregorio, accusandolo di voler per sè il titolo di supremazia QUALE PADRONANZA SU TUTTE LE CHIESE...leggetela in questa chiave ed allora la lettera di Gregorio vi apparirà coerente al pericolo che egli avvertiva, cioè...la stessa disgregazione della Chiesa non più in semplici patriarcati, ma in vere Chiese senza un unico Pastore VISIBILE.....

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