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La Vergine Maria...

Ultimo Aggiornamento: 05/11/2008 19:18
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05/11/2008 19:07

La Madre di Dio nella liturgia orientale

di GEORGE GHARIB

Il Monastero athonita di Dionissíu,
patrimonio monastico artistico e mariano

   

È forse il più bello e pittoresco degli insediamenti dell'Athos. - La sua arte è preziosa testimonianza della fede in Dio.

Il Monastero Dionissíu, dedicato alla nascita di Giovanni Battista, occupa il quinto posto fra i venti insediamenti monastici dell’Athos. Fondato verso la fine del secolo XIV, porta il nome del suo fondatore Dionisio, un greco originario di Korissos presso Kastoria. Il Monastero, caratterizzato da un piano architettonico originale, possiede un grande tesoro fatto di reliquie, opere d’arte, affreschi e icone. Il katholikón è affiancato da una cappella detta della Vergine dell’Acatisto; nella cripta dello stesso si conserva in un'urna il corpo di Nifone II, patriarca di Costantinopoli.

Veduta panoramica del Monastero di Dionissíu, con le ardite balconate a sbalzo.
Veduta panoramica del Monastero di Dionissíu, con le ardite balconate a sbalzo.

Dionissíu, dal nome del fondatore

Dioniso, fondatore del Monastero, è nato a Korissos, presso Kastoria nella Grecia, fra il 1308 ed il 1316 da una famiglia di media condizione sociale, ma rivelò presto la sua vocazione, e non appena ne ebbe l'età, si fece monaco. Successivamente si votò alla vita ascetica e contemplativa ritirandosi in una grotta sul pendio meridionale dell'Antiathos, raccogliendo intorno a sé numerosi proseliti che lo aiutarono a costruire prima una cappella e poi una chiesa più grande, dedicate entrambe a San Giovanni Battista. Durante una delle frequenti preghiere comunitarie notturne, presso l'imbarcadero di quella spontanea Comunità religiosa, Dionisio ebbe la visione di una fiamma immobile su di uno sperone di roccia a picco sul mare, e là dove era avvenuto il prodigio volle costruire un nuovo Monastero, cui diede il nome di "Nea Petra".

Il terreno, di proprietà del Monastero Chilandari, venne ceduto dal suo igumeno Doroteo, che in seguito fu prótos tra il 1356 ed il 1366, ed è quindi intorno a questi anni che si dovrebbe collocare la data della sua fondazione, anche perché la conferma da parte di Giovanni V Paleologo della donazione è datata 1366. Il Monastero venne detto anche di Kír Dioníssios e del Grande Comneno. Quest'ultimo nome gli derivò dal fatto che alla sua costruzione molto contribuì la donazione e poi la sovvenzione annuale di 1000 aspra (monete oro) che l'imperatore di Trebisonda Alessio III Comneno (1350-1390) non faceva mancare, grazie anche alla intercessione di Teodosio, fratello di Dionisio, metropolita di Trebisonda ed igumeno del Monastero athonita Filotheu. Alessio III emanò tra l'altro la crisobolla di fondazione del Monastero nel settembre del 1374: il documento, raffigurante l’Imperatore e la sua moglie ai lati di Cristo, si conserva con cura fra i documenti di fondazione del Monastero.

Qualche anno più tardi, tra il 1382 ed il 1389, Dionisio morì e fu proclamato santo. La sua memoria liturgica ricorre il 25 giugno, l’indomani quindi della festa della nascita del Battista, patrono del Monastero. I testi dell’ufficiatura che lo celebra è dovuta al monaco Gerasimo Mikragiannitis, innografo ufficiale del Patriarcato di Costantinopoli nella seconda metà del secolo scorso.

Il Tropario principale che ricorre ai Vespri così canta:

"Senza sporcarti, tu hai attraversato la tempesta di questa vita, sapientemente guidato dalla mano del Precursore; egli fu la tua guida verso Dio nel respingere i marosi delle tentazioni; ti preghiamo con lui: salvaci dalle nostre miserie".

Il Kondakion, che si canta al mattutino, lo celebra invece così:

"Noi tuoi servitori cantiamo Te, che hai somigliato al Precursore imitandolo, quale modello dei monaci e loro guida. Essendo tu vissuto sull’Athos come incorporeo, illumini ogni giorno a quanti a te inneggiano: Rallegrati, venerato padre Dionisio".

I tetti in ardesia e la torre del Monastero.
I tetti in ardesia e la torre del Monastero.

I tesori del Monastero

Molti pellegrini sostengono che il Monastero di Dionissíu, a circa un'ora da quello di Aghíou Pavlou, sia il più bello e pittoresco di tutti gli altri insediamenti dell'Athos. La sua architettura, secondo loro, costituisce una vera testimonianza della fede in Dio.

Il Monastero sorge poco discosto dal mare, nella parte sud-ovest della penisola. Le mura altissime poggiano su una roccia alta circa cento metri sul mare e da esse sporgono balconi e loggiati come sospesi nel vuoto. Data la ristrettezza della base, tutti gli edifici, anche all'interno, sono addossati attorno al cortile quasi inesistente e al katholikón non molto grande e dipinto di rosso.

Fino alla caduta di Costantinopoli nelle mani dei Turchi (1453) il Monastero godette dei benefìci derivati dalla protezione dei Paleologhi e in seguito il patriarca Nifone II, che vi era stato monaco e che aveva soggiornato a lungo in Valachia, si adoperò affinché assumessero il ruolo di mecenati i Voiovadi di Valachia Radu il Grande (1495-1508) e il suo successore Negaoe Basarab. Distrutto dopo un disastroso incendio nel 1534 e ricostruito grazie all'intervento economico dei principi rumeni, l'edificio appare ancora oggi come una fortezza. Nel secolo XVI Dionissíu, da cenobitico (che privilegia la vita comune), passò al sistema idiorritmico (che privilegia la vita individuale); divenne di nuovo cenobitico nel 1616; quindi, ritornato all’idiorritmia alla metà del secolo XVIII, rimase tale fino al 1805, quando fu definitivamente introdotta la vita cenobitica. Il numero dei monaci si aggira attualmente intorno alla cinquantina.

Alessio III Comneno e la moglie Teodora (nella crisobolla di fondazione del Monastero Dionissíu).
Alessio III Comneno e la moglie Teodora (nella crisobolla di fondazione del Monastero Dionissíu).

Il katholikón

Il katholikón, costruito fra il 1537 e il 1547 per volontà del principe di Moldavia Giovanni Pietro IV Rares e dedicato alla nascita di San Giovanni Battista, è dipinto esternamente nel tradizionale colore rosso vermiglio ed occupa gran parte del piccolo cortile del Monastero. Fu realizzato a seguito della distruzione del precedente edificio, causata dall’incendio del 1534.

Gli affreschi che decorano l'interno della chiesa a pianta centrale sono opera del pittore Zorzis, uno dei principali rappresentanti della cosiddetta 'scuola cretese' ed allievo di Teofane, che li realizzò nel 1547. L'iconostasi, ossia la parete coperta di icone che separa la navata centrale dal santuario, in legno scolpito, ricoperta di foglie d'oro, è barocca e appartiene agli inizi del XIX secolo. All’interno sono conservate altre icone di grande interesse, risalenti, le più antiche, al XIV secolo, nonché pregevoli opere in legno e avorio quali il trono episcopale (despotikón), i diversi leggii per sostenere le icone e i libri liturgici, come anche l'altare, realizzato nel 1685.

Nel santuario (vima) sono custoditi oggetti sacri e reliquie di Santi: il celebre reliquiario a forma di chiesa a cinque cupole di San Nifone, patriarca di Costantinopoli, opera del 1515 e dono del voivoda Neagoe Basarab; frammenti della Vera Croce; il braccio destro del Battista; reliquie di San Basilio di Cesarea, di San Gregorio di Nazianzo, del patriarca di Costantinopoli Fozio, della Maddalena e degli Apostoli Giacomo e Filippo. Vi si conserva anche un anello della catena usata per imprigionare l'Apostolo San Pietro, come riferito negli Atti degli Apostoli.

L'Ultima Cena, affresco del refettorio.
L'Ultima Cena, affresco del refettorio.

La Cappella della Vergine Akathistos

La Madre di Dio è presente e venerata, come in tutte le chiese del Monte Athos, in numerose icone di tutti i formati e di tutte le epoche. A Maria vengono riservati i maggiori onori e segni di culto e devozione in una propria Cappella, detta della Vergine dell'Acatisto, la quale rappresenta il gioiello più prezioso del Monastero. Alla Cappella, sita all'angolo nord-ovest del katholikón, si accede dal nartece. E’ decorata da affreschi realizzati nel 1615 dal pittore Macario e restaurati alla fine del XIX secolo. Gli affreschi mostrano alcune scene dell'Apocalisse: le potenze infernali, rappresentate dai devastatori del Monastero, Crociati e Turchi insieme, riportano alla mente le terribili immagini delle apocalissi moderne, come Dresda e Hiroshima.

La Cappella deve il suo nome alla icona taumaturgica che vi è conservata e che è oggetto di profonda venerazione sull’Athos e in tutto il mondo ortodosso. È dono di Alessio III Comneno, imperatore di Trebisonda (1375), a Dionisio, fondatore del Monastero. Secondo la tradizione, questa sarebbe una delle tante repliche dell’originale ritratto della Madonna dipinto dall'Evangelista Luca, e più precisamente quella che il patriarca di Costantinopoli Sergio portò in processione durante l'assedio della città da parte degli Avari nel 625. Scampato il pericolo, Sergio fece cantare, per gratitudine alla Vergine, l'inno cosiddetto Acatisto, che significa "in piedi", ossia da recitarsi alzati in piedi. L'icona fu portata da Costantinopoli a Trebisonda, e poi donata dall'imperatore Alessio al Monastero.

L’icona attuale, molto danneggiata e nascosta da una pesante lastra preziosa decorata da innumerevoli gioielli, appartiene al tipo mariano dell’Eleousa in cui Maria e il Bambino portato sul braccio sinistro della Madre si scambiano gesti di affetto; all’icona viene anche dato il nome di Myrrovlítissa, titolo che deriva da un miracolo compiuto dall'icona nel 1592 quando, rubata dai pirati, scatenò una violenta tempesta ed esalò un penetrante profumo di mirra. I pirati, terrorizzati, la riportarono nel monastero dove si fecero monaci.

L'ala meridionale dell'artistico refettorio.
L'ala meridionale dell'artistico refettorio.

Santi, monaci di Dionissíu

Il Monastero, secondo la tradizione athonita, è stato un vivaio di Santi, monaci vissuti in diverse epoche nel Monastero. Si citano i nomi di Gennadio, di Giuseppe 'il saggio in Dio', di Gioasaf e di Macario, di Leonzio, la cui tomba emana sempre miracolosamente un profumo di buon odore, di Filoteo, celebrato come gioiello degli asceti che la Madre di Dio ha liberato dal carcere. Molti di questi sono venerati attraverso le loro reliquie conservate nel Monastero. Fra i Santi più celebrati vissuti nel Monastero vi è il patriarca di Costantinopoli Nifone II il quale, dopo due elezioni (nel 1486-1488 e 1497-1498), rifiutò una terza elezione al Patriarcato, ritirandosi all'Athos senza farsi riconoscere e visse nell'umile condizione di semplice monaco. Solo dopo la sua morte, avvenuta nel 1508, se ne scoprì l'identità e, per l'esempio delle sue virtù, fu proclamato Santo.

I monaci dell’Athos celebrano la sua memoria l’11 agosto, ritenuto giorno della morte. Per l’occasione si canta una lunga ufficiatura, opera del monaco Gerasimo Mikragiannitis sopra menzionato.

Il Tropario dei Vespri così lo esalta:

"Ti sei illustrato con le opere della fede facendo risplendere tutta la Chiesa di Cristo, per cui tu sei stato esaltato per la tua umiltà; glorificato tramite la tua ascesi sull’Athos, tu sei divenuto il gioiello dei Patriarchi, o glorioso Nifon. Colma di grazie divine quanti con fede e amore a te inneggiano".

George Gharib



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