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La Vergine Maria...

Ultimo Aggiornamento: 05/11/2008 19:18
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05/11/2008 19:08

Il Monastero Pantokrátoros
e la icona mariana della Gheróntissa

   

Ricco di storia, di devozione e di arte, è celebre per le tante icone, particolarmente quella detta dell'Anziano, scarsamente conosciuta in Occidente, ma molto famosa nel mondo ortodosso.

Il  monastero Pantokrátoros è il settimo insediamento monastico del Sacro Monte in ordine gerarchico; il termine significa "del Pantokrátor", uno dei principali nomi di Cristo, generalmente tradotto con "Onnipotente". Il mistero a cui è consacrato il Katholikón è però quello della Trasfigurazione, la cui festa ricorre con grandissima solennità il 6 agosto. Per l’occasione c’è un grande concorso di monaci e laici che vi giungono in battello, a dorso di mulo o a piedi. Fra loro vi sono i cantori dei Monasteri vicini che aiutano a celebrare l’agrypnía, ossia veglia di tutta la notte, in mezzo ad una infinità di ceri e di lampade ad olio che creano un'atmosfera quasi irreale che lascerà un ricordo indimenticabile, specie nei rari turisti venuti da lontano. Il Monastero è greco e segue la regola idiorritmica. Fra le numerose icone mariane venerate dai Monaci si segnala quella detta "Panaghía Gheróntissa", ossia dell'Anziano, per la ragione che vedremo.

Vista panoramica dal mare del Monastero Pantokrátoros.
Vista panoramica dal mare del Monastero Pantokrátoros.

Origine e breve storia del Monastero

Il Monastero Pantokrátoros, che somiglia a una fortezza, sorge su di un promontorio roccioso lungo il litorale nord-est della penisola athonìta, praticamente a metà strada fra il confine settentrionale e la punta meridionale. Il Monastero è di piccole dimensioni e ospita attualmente una cinquantina di monaci; possiede numerose dipendenze, fra cui la skíti russa del Profeta Elia, e 16 kellía, o celle monastiche: tra queste, quella della Dormizione della Vergine, chiamata anche dell’Axión estin, da cui proviene la famosa icona miracolosa dallo stesso nome, ora conservata nel prótaton di Karyes. Da Pantokrátoros dipendono anche 36 kalíve, cioè singoli edifici facenti parte dell'agglomerato monastico di Kapsala, lungo la strada per Karyes.

La fondazione del monastero si fa risalire all’anno 1357, data attestata dal sighíllion di Callisto, patriarca di Costantinopoli, ad opera dei fratelli Alessio e Giovanni, due monaci di origine greca. Il Monastero deriva il suo nome da quello di un insediamento preesistente, che forse prendeva a sua volta il nome dalla località in cui era stato costruito, Pantokrátor.

I due fratelli ingrandirono a poco a poco il piccolo kellíon fino a dargli le dimensioni di un vero e proprio monastero, e lo abitarono fino alla morte. Alessio, a suo tempo grande stratopedarca (= generale imperiale), e Giovanni, grande primicerio (= cancelliere), erano imparentati con Giovanni V Paleologo (1341-1391), Imperatore di Bisanzio, che fece al nuovo Monastero alcune importanti donazioni sull’isola di Lemnos, dando così avvio alla sua autonomia economica. I suoi successori continuarono in seguito con la pratica delle donazioni: così l’Imperatore Manuele II (1391-1425) ed il Patriarca di Costantinopoli Antonio contribuirono nel 1393 al restauro del Monastero, colpito da un disastroso incendio. Anche Giovanni VIII (1425-1448) si distinse per le sue elargizioni.

Pantokrátoros visto dal lato sud-ovest.
Pantokrátoros visto dal lato sud-ovest.

Verso la fine del XIV secolo, Pantokrátoros ottenne anche la competenza sugli eremitaggi di Fakinos, Falakros, Sotiros, San Demetrio, Sant'Ausenzio e su Ravdúchu. I primi quattro erano già noti nel X secolo, mentre l’ultimo, consacrato alla Presentazione della Vergine al Tempio, agli inizi del XIV secolo occupava la quattordicesima posizione nella gerarchia dei Monasteri athonìti, e oggi è sopravvissuto come kellíon di Pantokrátoros.

Come tutti i Monasteri del Monte Athos, anche Pantokrátoros attraversò una lunga crisi economica sotto il dominio turco, che superò grazie agli aiuti dei principi delle regioni danubiane e dei benefattori greci. Degni di menzione sono Vlad III Kalogheros, che elargì al monastero una sovvenzione annuale, ed il voivoda di Valacchia Neagoe Basarab. Tali aiuti gli permisero di risalire rapidamente di rango; dal 1574 Pantokrátoros occupa infatti il settimo posto nell’ordine gerarchico della teocrazia athonìta. Nel 1631 gli fu annesso il Monastero di Kastsoarele di Valacchia, che fu fonte di notevole apporto economico; altri consistenti aiuti ebbe in seguito da parte di Giovanni Mavrocordatos (1716-1719) e dalla zarina Caterina la Grande di Russia, la quale autorizzò tra l’altro i monaci di Pantokrátoros a raccogliere le elemosine entro i confini del suo Impero. Il Monastero venne in seguito ancora devastato dalle fiamme, dapprima nel 1773, quando fu distrutto in gran parte e quindi restaurato, e successivamente nel 1948, quando fu ridotta in cenere l’ala nord-est. Pantokrátoros è stato rinnovato recentemente con i finanziamenti dello Stato greco per la tutela del patrimonio culturale e artistico, dopo che il Monastero, nel 1950, fu interamente distrutto da un nuovo e violento incendio.

Cortile del Monastero, la torre ed il katholikón, entrambi del XIV secolo.
Cortile del Monastero, la torre ed il katholikón, entrambi del XIV secolo.

Il katholikón e l’icona della Panaghía Gheróntissa

Il katholikón, dedicato alla Trasfigurazione, è stato edificato a trifoglio nel 1363, secondo la tradizionale tipologia agiorita, ma con la particolarità che lo spazio fra i due cori ed il santuario (víma) è maggiore rispetto alla consuetudine e che le due Cappelle laterali che lo affiancano: la próthesis destinata alla preparazione dei doni eucaristici, ed il diakónikon assegnato a sacrestia, sono a forma di torri culminanti a cupola. Nel 1847 i due narteci sono stati riuniti per comporre la lití, locale destinato alle processioni liturgiche, ed è stato realizzato un atrio a vetrate, sormontato dal campanile.

I grandi affreschi che ornano i muri sono stati eseguiti da maestri di scuola macedone nel XIV secolo, ma hanno subìto a più riprese, nel 1536, 1847 e 1854, restauri e rimaneggiamenti. Alcuni affreschi sono fortunatamente rimasti integri; è il caso, ad esempio, di quello della Dormizione della Vergine situato, come di solito nelle chiese bizantine, sulla parete ovest della navata (naós) al di sopra della porta principale d'entrata.

Nel katholikón sono sepolti i due fondatori del Monastero, Alessio e Giovanni, e sono conservate numerose reliquie, quali una cospicua porzione della Santa Croce, e alcune antiche, preziose e venerate icone. Fra queste spicca l'icona miracolosa detta Panaghía Gheróntissa, ossia dell'Anziano, così denominata in quanto, secondo la tradizione, avrebbe apostrofato l'officiante della liturgia, chiedendogli di accelerare i tempi della celebrazione al fine di poter portare la Comunione ad un confratello anziano morente. Della Madonna raffigurata nell’icona i calogeri raccontano diversi prodigi: si narra, ad esempio, che in un periodo di carestia riempì un'intera giara di olio, che accecò un turco che l'aveva gettata in un pozzo e che nel 1950 protesse il Monastero dal violento incendio, estinguendone miracolosamente le fiamme.

Madre di Dio 'Bogoljubskaja', del tipo iconografico della deoméne (l'orante), come l'icona della Gheróntissa venerata nel katholikón del Monastero Pantokrátoros.
Madre di Dio 'Bogoljubskaja', del tipo iconografico della deoméne (l'orante)
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come l'icona della Gheróntissa venerata nel katholikón del Monastero Pantokrátoros.

Si narra che tutti gli sforzi per spegnere il fuoco furono vani, finché i Monaci, in pericolo di vita, presero l'icona della Madre di Dio, la elevarono al cielo, e poi, cantando, attraversarono illesi le fiamme. La Madre di Dio li avrebbe così salvati!

In realtà, sembrerebbe che i Monaci, in passato, non avessero agito così bene nei confronti dell'icona: un'antica leggenda narra infatti di quando, attaccati dai pirati, i Monaci si erano nascosti nella torre. Pensando che i religiosi avessero nascosto la cassa del Monastero e volendo farli uscire, i briganti presero l'icona dalla chiesa e andarono vicino ad un pozzo. I Monaci, però, non si mossero affatto per salvare l'immagine della Vergine; così i pirati, irritati, gettarono l'icona nel pozzo e se ne andarono via. Molti anni dopo, tormentato dalla coscienza, il capo dei predoni inviò un parente al Monastero e fece chiedere dell'icona: l'avevano tutti dimenticata miseramente nel pozzo! Quando la trassero fuori, constatarono con sorpresa che l'immagine della Vergine non aveva subìto alcun danno dall'acqua. Un monaco russo la restaurò e la rivestì con una lamina d’argento che la ricopre tuttora.

Nell’icona, appartenente al tipo iconografico della Deoméne, od Orante, la Madonna è rappresentata sola e senza il Bambino; è a pieno corpo e in piedi, le mani alzate in atto di supplica; ai suoi piedi è raffigurata una giara più o meno grande, che allude al miracolo narrato sopra. Questa icona, scarsamente conosciuta in Occidente, gode di grande fama nel mondo ortodosso e in tutti gli ambienti raggiunti dai monaci athonìti nel mondo.

Cristo Pantokrátor tra la Madre di Dio e San Giovanni Battista - Icona su legno, Ufficio Archeologico dell'Accademia Ecclesiastica di Mosca.
Cristo Pantokrátor
tra la Madre di Dio e San Giovanni Battista - Icona su legno,
Ufficio Archeologico dell'Accademia Ecclesiastica di Mosca.

Come un museo di opere d'arte

Fra le numerose icone conservate e venerate nel Monastero, particolarmente pregevoli sono due 'portative' dipinte sui due lati, raffiguranti la prima il Cristo Pantokrátor risalente agli anni 1350-1360 e recante sul retro (oggi separato dal verso) la figura di Sant'Atanasio Athoníta; la seconda rappresenta invece la Vergine in conversazione con il Battista. Quest'ultima, soggetto molto raro nell’iconografia bizantina, è resa con grande maestria e forte estro mistico, proponendo un incontro inconsueto dei due personaggi. Per i conoscitori, l’opera costituisce il capolavoro di un grande artista del secolo XIV, vissuto a Costantinopoli.

Il refettorio (trápesa) è situato al primo piano dell'ala ovest del Monastero. L’edificio attuale, realizzato nel 1741 e affrescato nel 1749, ha pianta rettangolare. Oggi il refettorio è utilizzato unicamente in occasione di particolari feste, in quanto il Monastero segue la regola idiorritmica.

Il Monastero Pantokrátoros è dominato da una grande Torre di pietra risalente alla sua fondazione e possiede numerose Cappelle: otto all’interno delle mura e sette all'esterno. Fra queste, le più pregevoli sono quella della Dormizione della Vergine, a nord della lití del katholikón, decorata da affreschi del 1538 ridipinti nel 1868, e quella di San Giovanni Battista, nell'ala sud del Monastero.

La Biblioteca, i cui locali si trovano al piano terra dell'ala nord-est, custodisce 350 manoscritti, di cui 68 su pergamena, e 3.500 volumi stampati. Le opere di maggior pregio sono un salterio del IX secolo, ricco di immagini, e il tetravangelo di San Giovanni il Kalivita, del XII secolo.

Nel tesoro (skevofilákion) sono conservati oggetti e paramenti sacri, reliquari, croci, ególpia (medaglioni che porta il vescovo sul petto), ecc.; vi è anche un prezioso epitáfios, drappo liturgico finemente ricamato su cui è rappresentato il Cristo morto vegliato dagli Angeli e dall’Addolorata. Vi sono custoditi, fra l'altro, un frammento dello scudo di San Mercurio (III secolo), il braccio dell'Apostolo Andrea, reliquie di San Teodoro Stratilate e dei Santi Cosma e Damiano ed un frammento della Vera Croce, dono dell'imperatore Andronico Paleologo.

George Gharib

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